Lo Strapaese del Bunga Bunga e di Bongo Bongo. Svegliaaaaa! Mentre loro fanno quattrini e scopano come ricci a noi ce la mettono a quel posto

E dunque siamo ridotti a Paese del Bunga Bunga. Guarda caso, l’espressione Bunga Bunga inizia per B in entrambe le parole, eguali tra loro, esattamente come Berlusconi-Bossi. Parole queste ultime due diverse nella scrittura ma riferite a personaggi eguali tra loro non solo negli interessi politici, ma anche in certo andazzo.
Della vita privata del signor Berlusconi Silvio non ci interessa il classico fico secco, e anzi abbiamo anche invidia: beato lui che è beato tra le donne, per giunta giovanissime. Beato lui che può, anche e soprattutto a quattrini. Male fa la sinistra – se così la possiamo chiamare – a prendersela con il capo del governo su questo piano. Che è un piano perdente, perché se alla politica si sostituisce il moralismo e l’accidia vuol dire che non si ha una linea politica. Come del resto è ben chiaro da tempo. Ma la politica non si improvvisa in base all’andamento della vita sessuale del signor Berlusconi Silvio, anche se capo del governo, usare le sue mutande come coperta non serve a coprire il vuoto di proposte di chi lo vorrebbe mandare a casa. Pierluigi Bersani ha gridato pubblicamente “Qualcuno stacchi la spina a questo governo” senza rendersi neppure conto che quel “qualcuno” o è la sinistra capeggiata dal PD dello stesso Bersani oppure non è niente. Forse Bersani si illude che esista un “qualcuno” in grado di cacciare Berlusconi da palazzo Chigi? Il capo dello Stato non può – purtroppo – convocarlo al Quirinale e farlo arrestare dai carabinieri, facendolo poi uscire su una autombulanza come fece il re con Mussolini. Né è pensabile – per fortuna – che provvedano i militari, perché sarebbe un golpe. Bersani dovrebbe stare perciò bene attento a come parla. Fermo restando il fatto che ridursi a un tale balbettio è più che comprensibile per un partito che non solo NON ha mai voluto sbarrare la strada a Berlusconi oberato dal mega conflitto di interessi che sta colando a picco l’Italia ridotta al Bunga Bunga, ma NON ha mai neppure voluto far rispettare la legge: in base alle vigenti leggi infatti Berlusconi in quanto titolare di una concessione da parte dello Stato (per l’esattezza, la concessione delle frequanze televisive che lo hanno fatto straricco) NON poteva – e NON può – presentarsi alle elezioni come candidato, ma solo come cittadino che va a votare. Purtroppo la corruzione di vario stampo e natura e l’insipienza dei vari personaggi della sinistra si sono lasciate bungabungare dalla presa per il sedere del “mero proprietario”. Ma veniamo al sodo.
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Avetrana Italia. Esattamente come Milano e Roma. Con un degno capo del governo e degnissimi smemorati di Santa Madre Chiesa

A Milano, la famosa capitale europea  della Padania, un taxista è stato ridotto in fin di vita da un mascalzone inviperito perché aveva investito il cane della sua fidanzata. Che avrebbe dovuto semmai essere presa lei a pedate, visto che NON portava il cane al guinzaglio e quindi è sua la responsabilità di averlo fatto finore sotto le ruote del taxi.  Ad Avetrana, nel Sud profondo, una ragazzina di 15 anni è stata massacrata dallo zio e dalla cugina per non avere gradito una palpata di sedere dello stralunato parente, ammesso e non concesso che il movente non sia ancor più sordido. Degno contorno, da ovunque arrivano nella cupa Avetrana pullman di turisti del macabro… A Roma, nella capitale d’Italia, un giovane uso a essere prepotente ha ucciso con un pugno una donna per non fare la fila alla metropolitana, per giunta dopo averla raggiunta a bella posta dopo la fila. E come se non bastasse, il suo branco di amici, animaleschi forse quanto lui, hanno reclamato contro il suo arresto ai domiciliari e protestato con forza per il suo trasferimento in carcere: “La tizia morta non era neppure italiana, era solo una rumena, e poi lui non l’ha fatto apposta, mica la voleva uccidere”. Un sintetico ed efficare esempio della mancanza di senso di responsabilità, oltre che di civiltà, dei nostri tempi. Ogni tempo ha le sue tare. Continua a leggere

Gli elfi gay sbarcano in Europa

Non allarmatevi se andando per boschi vi capiterà di imbattervi in strani esseri che gli americani chiamano “fatine del bosco”, ovvero Faeries. Sono i novelli Peter Pan, le ninfe, i  moderni elfi che cercano, attraverso la vita agreste, di tornare alle radici, esplorare una coscienza alternativa ai propri stili di vita. Hanno un comune denominatore: sono gay e lesbiche. Non si può parlare di gruppo ma di movimento che dagli States si sta spostando in Europa e magari anche in Italia. Sono i nuovi hippies, libertari, che scelgono i santuari della natura per rendere sacra la sessualità, sfidare le alterazioni delle coscienze, i costumi di una nazione, celebrare un nuovo stile di vita gay e della sua cultura. E per farlo con maggiore persuasione emulano il mondo dell’incanto, delle favole, spaziando da J. K. Rowling, autrice della saga di Harry Potter a  Jack Keoruac, profeta della beat generation.

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Blonde Redhead addio!

Chissà per quale motivo malsano quando il musicbiz si interessa finalmente di un artista e decide di lanciarlo alla grande sul mercato, quello automaticamente cambia pelle, perde i connotati che ci hanno fatto innamorare, non sembra più lui. Arriva al successo quando non lo merita più. E’ successo a tanti, troppi. Che sia il discografico a pretendere una virata easy listening o viceversa che sia questa ad attirare l’attenzione di quello, il risultato non cambia. Sentire per credere l’ultimo disco dei Blonde Redhead, “Penny Sparkle”. Te li ritrovi ultimamente dappertutto, e sempre con lodi sperticate. Peccato che non siano più loro. Che mi frega se fanno graziose canzoncine? Io voglio ben altro. Dove sono quelle melodie oblique, dolenti e insolenti, alla Elephant woman? Che me ne faccio di questi tre mosci, con tanto di tastiere anni Ottanta che mi schifavano già allora? E che comunque altri hanno già usato, magari anche meglio, trent’anni fa? Ma dai…

La principale contraddizione dell’impero romano d’occidente

Lo svolgimento dell’impero romano d’occidente, sino a quando Costantino non deciderà di trasferire la capitale a Bisanzio, non è per così dire una semplice lotta tra le prerogative aristocratiche del Senato e quelle militari degli imperatori, poiché nessun imperatore avrebbe potuto sussistere senza l’appoggio politico del Senato, anche se il Senato si opponeva sempre a quei provvedimenti imperiali che intaccavano le sue prerogative, e che in genere venivano presi proprio perché la situazione economica della società e finanziaria dello Stato era sempre ai limiti del collasso, proprio a causa dell’atteggiamento irresponsabile (schiavistico e monopolistico) dei senatori.

Nella fase imperiale il Senato non vuole rinunciare ai privilegi acquisiti così faticosamente in età repubblicana, dopo secoli di guerre puniche, di guerre di conquista e di guerre civili. Solo che questo atteggiamento provoca tensioni a non finire, che rischiano di destabilizzare l’impero. Almeno sino ad Ottaviano l’Italia è flagellata da continue guerre interne, più devastanti di quelle esterne. E’ sufficiente fare un esempio per rendersene conto: per abbattere i congiurati di Cesare (Bruto e Cassio), nella battaglia di Filippi si scontrarono 200 mila militari e di nuovo, altri 200 mila quando Ottaviano volle far fuori Antonio, ad Azio (1).

Antonio passava per traditore perché voleva trasferire la capitale dell’impero ad Alessandria d’Egitto, dopo aver sposato Cleopatra, ma forse aveva capito, prima di Ottaviano, che democratizzare il Senato sarebbe stato impossibile, anche dopo averne massacrato un terzo degli appartenenti, con in effetti lui e Ottaviano fecero, riducendolo da 900 a 600 membri, e sperando, illusoriamente, che almeno quest’ultimi fossero “fidati”.

Agli occhi della plebe e dei militari gli imperatori passavano per “salvatori della patria”, proprio perché il Senato appariva come il luogo per eccellenza dell’arbitrio e della corruzione. Ma se i militari ebbero modo di sfruttare questa convinzione, ottenendo, a loro volta, privilegi a non finire, la plebe rimase oppressa come prima, al punto che finì col favorire la penetrazione dei barbari nei confini dell’impero, e a trasformarsi progressivamente da “pagana” a “cristiana”.

La democrazia degli imperatori fu, nei confronti delle masse proletarie, solo propagandistica, in quanto il contrasto col Senato in ultima istanza restò apparente. Gli imperatori non si servirono mai delle sommosse popolari per dirigerle contro gli aristocratici terrieri, anzi, le repressero tutte molto duramente; persino i cristiani, che certamente rivoluzionari non erano, furono costantemente usati come capro espiatorio delle contraddizioni sociali, almeno sino alla svolta costantiniana. E questo inevitabilmente indebolì l’impero nei confronti della pressione esterna dei germanici.

Quando proprio non ne potevano più dei condizionamenti del Senato, gli imperatori, sotto pretesti di tipo militare, trasferivano le loro sedi operative in zone strategicamente rilevanti (più vicine ai confini). L’unica cosa significativa che gli imperatori riuscirono a ottenere contro il Senato, al fine di ridimensionarne i poteri, fu quella di estendere il diritto di cittadinanza a tutti gli abitanti delle province, cioè a fare della borghesia di queste colonie un puntello del loro potere militare.

Tuttavia l’idea di gestire l’impero in maniera assolutamente centralizzata, accentuandone gli aspetti fiscali e burocratici, che continuò anche dopo Diocleziano, il cui assolutismo monarchico poté essere imitato con successo da Costantino proprio grazie ai cristiani, fu un disastro assoluto per le sorti dell’impero, i cui abitanti, ridotti allo stremo, cominciarono a vedere i “barbari” come i propri liberatori.

Questa smania di centralizzare vasti territori geografici tornerà in auge, nell’Europa occidentale, al tempo del feudalesimo carolingio, con la benedizione della chiesa romana, che se ne servì per sbarazzarsi, in Italia, sia dei longobardi ariani che dei bizantini ortodossi, riuscendo a costituire un proprio Stato politico che durerà circa mille anni, e che anzi, seppur ridotto al minimo, permane ancora oggi.

In pratica le ambizioni del vecchio Senato pagano erano state ereditate dal nuovo “Senato” cristiano, anzi “cattolico-romano”, influenzando i destini di tutta l’Europa occidentale e, se vogliamo, del mondo intero, poiché sarà proprio sulla base dell’arroganza politica del clero cattolico che nascerà, come reazione, la prassi borghese, che seppe sostituire al primato della forza fisica quella della forza economica, al primato della terra quello del capitale, sfruttando proprio le ambiguità della religione cristiana, che predica l’umanesimo teorico e permette il peggior antiumanesimo pratico.

(1) Da sottolineare che quello fu il momento di maggior debolezza dell’impero e fu davvero un peccato  che in Palestina non si riuscì a compiere l’insurrezione del movimento nazareno.

Omicidio Scazzi: avevo visto giusto. Ma non ne sono contento. Ormai anche la stampa è avvelenata dalla tv, più che la notizia e l’uso dell’intelligenza critica per vagliarla interessa la spettacolarizzazione, il sensazionalismo, con annessi scoop di aria fritta modello “Chi l’ha visto?”. Ho passato la notte a chiedermi perché Sabrina, la “cugina del cuore”, nei vari video parlando di un tale orrore sorride… Come la signora Anna Maria Franzoni

Mi chiedo come sia possibile che ad avere sospettato – se non capito – per primi siamo stati solo noi, qui a Blitzquotidiano e nel mio blog, mentre il grande stuolo di giornalisti e opinionisti che si sono occupati a vario titolo del caso si limitava a divagare. A spettacolarizzare. A fare del sensazionalismo perfino inaccettabile, come la deprecabile puntata di “Chi l’ha visto?”. E poi hanno il coraggio e la faccia di bronzo di sospendere “Anno Zero” e Michele Santoro!
L’argomento che ho messo in rete l’8 ottobre, cioè due puntate fa, e del quale ho curato una versione per il giornale online www.blitquotidiano.com, parla purtroppo chiaro. Tant’è che mentre io ho parlato del caso Scazzi all’interno di un discorso più vasto, e col solito titolo lungo e pluricomprensivo, Blitzquotidiano ha invece sparato un titolo secco: “Il martirio di Sarah Scazzi e la confessione dello zio assassino, Michele Misseri. Per Pino Nicotri non è attendibile”.
E Il succo del mio discorso in entrambe le versioni era lo stesso:
– probabilmente l’assassino confesso Michele Misseri, zio di Sara, si addossava tutte le responsabilità per proteggere la sua famiglia, in particolare la figlia Sabrina, la “cugina del cuore” della povera Sara;
– l’orribile vicenda di Avetrana ci avrebbe procurato “ancora molta amarezza. Non sparirà in tempi brevi dalle cronache giornalistiche prima di arrivare a una ricostruzione dei fatti credibile. Siamo in presenza di un caso giudiziario e di una personalità che potrebbe fare impallidire sia Perry Mason che Gogol o Dostoevskij”.
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Lettera aperta all’onorevole Veltroni: eviti di parlare a vanvera di cose che non conosce. Ci invii, semmai, un commento su due argomenti purtroppo di attualità. No, non un’altra “Lettera al mio Paese”: solo un commento.

Egregio onorevole Veltroni,

le scrivo in quanto giornalista autore in particolare di due libri sul cosiddetto “rapimento” di Emanuela  Orlandi e di uno, recentissimo, sulla cosiddetta Banda della Magliana  intitolato “Cronaca criminale”. Sono perciò tra i più titolati a rispondere alla sua sbalorditiva lettera pubblicata su Repubblica il 7 ottobre contro la sepoltura del “boss della banda della Magliana” Enrico De Pedis nella basilica romana di S. Apollinare. Il caso vuole che “Cronaca criminale” faccia parlare per la prima volta, e per varie pagine, la signora Carla vedova De Pedis, le cui parole già da sole contengono la demolizione di quanto da lei scritto su Repubblica.
Come prima osservazione c’è da porle una domanda: perché definisce De Pedis “un boss” di quella banda? In base a quali sentenze?
La risposta purtroppo è semplice e sconfortante: lei, onorevole Veltroni, parla basandosi non su sentenze, ma su affermazioni fatte da pentiti, più volte colti in fallo come mendaci  e con uno di loro, Vittorio Carnovale, addirittura condannato per calunnia e gli altri, da Fulvio Lucioli ad Antonio Mancini, demoliti dai magistrati della Cassazione. Affermazioni a loro volta trasformate, nonostante tutto, in Verità grazie a inchieste giornalistiche abborracciate e programmi della Rai più attenti a fare a qualunque costo rumore che a fare informazione. Mancini e i suoi imitatori sono arrivati a “rivelare” in tribunale che “la pistola usata per uccidere il giornalista Mino Pecorelli venne affidata subito dopo il delitto a De Pedis”. Peccato che De Pedis quando veniva ucciso Pecorelli, marzo 1979, era chiuso in carcere e ci rimase ancora fino all’anno successivo, motivo per cui la bugia di Mancini&C è risultata clamorosa. Peccato anche che tutte le ormai famose accuse di omicidi e rapimenti siano state lanciate quando De Pedis era passato ormai da tempo a miglior vita, e quindi impossibilitato a difendersi. La famosa frase “Vile, tu uccidi un uomo morto” dovrebbe essere un ammonimento per tutti. E invece….
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La Svizzera apre le porte al turismo omosessuale

Bello il ragazzo in foto, vero? Fa parte di una campagna pubblicitaria elvetica lanciata in occasione dei mondiali di calcio disputati in Germania nel 2006. Era rivolta alle signore annoiate e sole, lasciate temporaneamente dai mariti corsi a tifare i propri beniamini negli stadi. Quelle immagini, però, finirono per ammaliare i gay che le pubblicarono ovunque e promisero in cuor loro che la Svizzera valeva una vacanza. Ora, a quanto pare, ad offrire la ghiotta occasione è proprio l’Ente del Turismo elvetico che ha lanciato una campagna pubblicitaria rivolta alla comunità omosessuale.

Sul sito dell’Ente è stata aperta una pagina con informazioni, destinazioni e offerte rivolte esclusivamente ad un pubblico gay e lesbico. Per un weekend o per una settimana si possono visitare luoghi come Lousanne, Lucerna, Zurigo, Arosa, a prezzi vantaggiosi e con un’accoglienza di rispetto e attenzioni. Pare, ad esempio, che ad Arosa, si sia sviluppata una vita notturna fantastica per le persone omosessuali, anche se, in quanto a raffinatezza e stile Zurigo resta imbattibile.

Per attrarre il turista gay-lesbico, l’Ente Nazionale del Turismo elvetico ha stanziato 150 mila franchi per la campagna pubblicitaria, sviluppando accordi con molti hotel, luoghi di divertimento, eventi culturali, pronti ad accogliere questo segmento di clientela che si dice parecchio esigente. Le ragioni di questa scelta le ha spiegate Véronique Kanel, portavoce di Suisse Tourisme, al quotidiano Le Matin:

«La prima è che la comunità omosessuale dispone di una rete di comunicazione molto ben strutturata che ci permette di far crescere la nostra visibilità all’estero. Poi c’è il fatto che i turisti gay, mediamente, spendono molto di più degli eterosessuali visto che appartengono a quella categoria di persone con doppio stipendio e sono senza figli. Le nostre città – afferma ancora Véronique Kanel – sono molto aperte e la combinazione di natura, cultura e divertimento attira particolarmente questa clientela».

Sarà così? Intanto i primi ad essere contenti sono proprio loro; i gay elvetici, sicuri che questo impegno porterà nuova linfa vitale all’economia locale e aprirà nuovi processi di democrazia per il movimento lgbtq elvetico. Qui, infatti, da giugno 2005, le coppie omosessuali registrate godono gli stessi diritti delle coppie sposate, con benefici che vanno dalla pensione, all’eredità, alla previdenza professionale. Forse, vista la mancanza di diritti in Italia, qualche coppia deciderà di fare una bella vacanza in Svizzera, e magari restarci. Chissà!

Più scandalismo e “mistero” che informazione e verità. La versione dello zio di Sara mi pare riduttiva, utile a scansare furbescamente condanne pesanti. Intanto resiste sempre il muro di gomma di “Chi l’ha visto?” su certi particolari del “rapimento” di Emanuela Orlandi

Dunque, a uccidere Sara Scazzi è stato lo zio. Lo zio materno. Notizia che mi ha fatto venire in mente un altro zio, Mario Meneguzzi, zio materno di Emanuela Orlandi, la bella ragazzina sedicenne del Vaticano scomparsa il 22 giugno 1983, sfiorato da qualche dubbio degli inquirenti rivelatosi però infondato. “Un giorno mi accorsi che un’auto lo seguiva, e commisi la fesseria di avvertirlo”, racconta Giulio Gangi, l’ex agente del Sisde, come si chiamavano allora i servizi segreti civili, che in qualità di amico di Monica Meneguzzi, figlia di Mario e quindi cugina di Emanuela, aveva iniziato a interessarsi del caso fin dai primissimi giorni dopo la scomparsa della ragazza. “Quella macchina infatti era della polizia”, prosegue Gangi: “E a mettergliela alle calcagna erano stati i magistrati che probabilmente nutrivano qualche sospetto su di lui”.
Dopo la scomparsa della nipote, lo zio Mario si installò in casa Orlandi su richiesta del capofamiglia, Ercole, il papà di Emanuela, perché, come mi spiegò lo stesso Ercole, “eravamo troppo distrutti per poter rispondere alle molte telefonate, spesso di mitomani. Perciò chiesi a Mario di fermarsi a casa nostra e di rispondere lui ai visitatori che suonavano alla porta e a chi telefonava”.
I dubbi dei magistrati non hanno avuto seguito. Evidentemente si sono rivelati ingenerosi e infondati.
Ciò premesso, c’è da fare un’altra considerazione, che in qualche modo accomuna il caso Scazzi con il caso Orlandi e gli annessi  depistaggi di entrambi.
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Nasce Equality Italia, la prima lobby per i diritti civili

Ieri presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati, è stata presentata Equality Italia, la prima lobby per i diritti civili nel nostro Paese. Fondatore di questa nuova realtà per il mondo lgbtq (lesbico, gay, bisessuale, transessuale, queer) Aurelio Mancuso, noto militante del Movimento omosessuale italiano ed ex presidente nazionale di Arcigay. Alla presentazione hanno partecipato anche Paola Concia , Flavia Perina, Benedetto Della Vedova, Barbara Pollastrini, Rosaria Iardino, Gianni Cuperlo, Imma Battaglia, Irene Tinagli, Paola Balducci e Ivan Scalfarotto, Carlo Guarino. Da tempo, troppo tempo, l’associazionismo omosessuale si è sempre identificato con una politica di sinistra, sperando, invano, che proprio quella parte politica desse risultati concreti in termini di leggi di diritto per le coppie di fatto, contro l’omofobia, contro ogni discriminazione. Il risultato è stato negli anni deludente, nonostante la presenza di gay e lesbiche all’interno delle formazioni politiche e dentro il Parlamento: molti buoni propositi, zero risultati. Continua a leggere

Il Coming out di Tiziano Ferro:”Sono omosessuale e ho la libertà di dirlo”

“Dissi alla mia fidanzata che pensavo di essere attratto anche dai ragazzi”. Lei rise: “Non può essere vero”. Il racconto che Tiziano Ferro fa dalle pagine di “Vanity Fair” ha qualcosa di dolce e struggente. E’ il racconto di una sessualità rifiutata, impaurita dagli eventi e da un mondo dove l’omosessualità è presente eppure negata; è la fine di un incubo che per tanti anni, troppi, ha ferito la vita di una persona, facendola essere quella che non è mai stata. Il coming out di Tiziano Ferro è l’uscita da un tunnel che, come lui stesso si è augurato, possa aiutare altri a non commettere gli stessi errori, a non restare per anni dentro una gabbia di inutili ipocrisie. Dell’omosessualità della popstar nostrana, in realtà se ne parlava da tempo, si lasciavano cadere frasi a metà ma ineludibili. Lui non smentiva, lasciava che le parole lo attraversassero e passassero oltre. Paura, questo era!

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Kippah no, kefiah sì: le solite lapidazioni morali a senso unico. Chi bestemmia chi: colomba, pesce, agnello sì, ma porco e cane no. Eppure diciamo sempre che “del porco non si butta via niente”, proprio come si fa con Dio, e che “il cane è il miglior amico dell’uomo”, proprio come dovrebbe essere anche il buon Dio. O no?

Berlusconi va cacciato prima che trascini l’Italia intera nel disastro, e fin qui siamo d’accordo. Siamo d’accordo anche sul fatto che la morale di cui da sempre fa mostra non è delle migliori. Però questa levata di scudi per la barzelletta con bestemmia e per quella con protagonista un ebreo immaginario si presta a qualche considerazione non necessariamente di bieco conformismo come invece sta deplorevomente avvenendo. Idem per quanto riguarda la battuta di Giuseppe Ciarrapico, noto fascista molto esecrabile, sul nuovo partito di Gianfranco Fini che “ha già ordinato la kippah”.  Ma andiamo per ordine. Continua a leggere