Mercenari e pena di morte

1. La pena di morte andrebbe abolita

Devo esser sincero: per me fucilare dei mercenari in guerra non ha senso, tanto meno dopo un regolare processo, e meno ancora di fronte al loro pentimento (ancorché parziale). Come non ha senso che loro chiedano d’essere scambiati con dei prigionieri della parte avversa, a prescindere dall’entità dello scambio e da qualunque altra condizione.

Mi riferisco ai tre mercenari arruolati nel Battaglione Azov, di cui due britannici (Sean Pinner e Aiden Aslin) e un marocchino (Saadun Brahim), i quali, dopo essere stati catturati a Mariupol, hanno subìto il processo dal tribunale della repubblica di Donetsk, la cui Corte Suprema li ha condannati a morte, a causa delle loro atrocità volte a prendere il potere nella DPR. Il codice militare prevede l’appello nell’arco di un mese e che, nel caso in cui ottengano la grazia, abbiano, come massimo della pena, 25 anni di carcere. Naturalmente ai mercenari non si applica la Convenzione di Ginevra né alcun altro trattato previsto per i militari regolari (e in Ucraina quelli stranieri arrivati sin dall’inizio della guerra sono stati circa 6.500).

La ministra degli Esteri inglese, Liz Truss, che come al solito mostra di non aver competenza di nulla, ha denunciato la sentenza “come fasulla e assolutamente priva di legittimità”, in quanto per lei sono dei “prigionieri di guerra”. Come se avessero ucciso per la patria e non per denaro! Come se non fossero andati volontariamente ma mandati dal governo inglese! Chissà perché Johnson ha vietato di far vedere nel suo Paese i video delle interviste concesse alla televisione russa da parte dei due mercenari inglesi. Chissà perché nel 2017, dopo essere rientrato nel Regno Unito, Aslin venne arrestato per aver combattuto come foreign fighter.

Anche il ministro degli Esteri francesi ha parlato di “processo farsa” e ha chiesto che “i mercenari (privi dello status di combattenti) devono essere trattati in conformità al diritto internazionale”. Chissà perché la stessa cosa non l’ha chiesta per Vadim Shishimarin, quel 21enne russo condannato all’ergastolo per aver ucciso un civile (unico suo delitto) su ordine di un suo superiore.

Gli stessi mercenari inglesi non si rendono conto di quel che dicono quando chiedono al premier Johnson, loro che sono vili mercenari, d’essere scambiati con l’illustre prigioniero politico, Viktor Medvedchuk, deputato del parlamento ucraino (peraltro, da buoni razzisti quali sono, non hanno incluso neppure il marocchino nella trattativa).

Tuttavia Pinner ha affermato di vivere a Mariupol e di prestare servizio nei marines ucraini da circa 2,5 anni. Ha pure sposato una donna di quella città. Incredibilmente ha pure detto al corrispondente russo Roman Kosarev che aveva bisogno di un lavoro finché suo figlio non avesse finito la scuola! Un lavoro che evidentemente doveva essere piuttosto redditizio e con cui avrebbe potuto insegnare dei buoni princìpi a suo figlio…

Quanto a Aslin (pure lui dal 2018 nei marines ucraini), non ha escluso che il bombardamento delle aree pacifiche di Donetsk sia avvenuto per errore, in quanto l’esercito regolare ucraino gli pare avere, di regola, un basso livello di addestramento e poca disciplina. Ma non ha neppure escluso che l’abbiano fatto apposta a causa della russofobia.

In ogni caso i due inglesi sono stati reclutati da una rete di reclutatori, capeggiata da Alexander Tobius, che opera in tutto il mondo in qualità di tramite delle agenzie di intelligence occidentali.

I compiti di questi mercenari vanno dal fare gli istruttori al commettere attacchi terroristici. In genere sono gruppi separati di persone non incluse in alcuna struttura. È più conveniente, perché, a parte il passaporto, nient’altro le collega con lo Stato di appartenenza e coi servizi speciali. Questi stranieri non vogliono morire in terra straniera e sostanzialmente, quando la situazione appare loro disperata, si arrendono senza combattere, sempre che le forze armate ucraine glielo permettano, in quanto il comando di “resistere fino all’ultimo” implica nessuno di loro venga catturato dai russi.

2. Per che cosa uno fa il mercenario?

Un mercenario è uno che va in un teatro di guerra e uccide per denaro un qualunque nemico. E pur di salvare la pelle è disposto a compiere qualunque cosa.

Si può giustiziare un soggetto così cinico e crudele? un soggetto che magari è diventato così perché di fronte a sé era convinto di non avere alternative? un soggetto che diventa così senza sapere assolutamente nulla delle motivazioni che hanno scatenato un determinato conflitto e che, se le avesse conosciute, avrebbe anche potuto fare il mercenario per la parte opposta?

Se a un mercenario si chiedesse per che cosa combatte, quello risponderebbe: “per soldi”. Poi magari alla domanda: “solo per soldi?”, un inglese come Pinner o Aslin, influenzato da pregiudizi storici secolari di governi inglesi russofobici, aggiungerebbe: “perché i russi mi stanno antipatici”.

Il marocchino Brahim invece non saprebbe cosa aggiungere, non avendo mai visto in tutta la sua vita né un russo né un ucraino e non avendo subìto analoghi pregiudizi.

Dunque escludendo l’esecuzione capitale (che è in sé una barbarie, indegna di qualunque Paese civile), nonché lo scambio di prigionieri (essendo in questo caso troppo diverso lo status di chi combatte), e soprassedendo alle leggi che non permettono di riconoscere dei diritti ai mercenari (anche perché è difficile che qualche mercenario abbia potuto compiere qualcosa di più orrendo di ciò che han fatto, per cieca russofobia, i neonazisti dei vari battaglioni ucraini), cosa fare dei mercenari catturati?

Di sicuro non possono essere lasciati liberi, sia perché il loro pentimento va messo alla prova, in quanto potrebbe essere un atteggiamento strumentale deciso sul momento, cioè un espediente per ottenere uno sconto sulla pena; sia perché non si può escludere la reiterazione del crimine (i due inglesi avevano già combattuto in Siria e in Bosnia).

In fondo il mercenario non è che un killer a pagamento. Il fatto che sia andato a combattere in un teatro di guerra lascia pensare che provenga da ranghi di tipo militare, più o meno regolari. Non è un killer isolato (come quelli che si vedono nei film americani) o che fruisce di particolare protezione (come quelli dei servizi segreti o della criminalità organizzata).

Un soggetto così va rieducato esattamente come tutti gli altri prigionieri. Forse è più facile farlo con una persona che non nutre alcun odio personale nei confronti del nemico da uccidere. Rieducare un neonazista richiede sicuramente molto più tempo.

Un mercenario anzitutto va edotto sulle ragioni del conflitto. Non può trincerarsi dietro la sua ignoranza. Per rendersi conto in maniera adeguata delle mostruosità compiute, uno deve conoscere bene i motivi per cui si trovasse dalla parte sbagliata.

Capito questo, l’ex mercenario deve iniziare a frequentare le persone che voleva uccidere per soldi, proprio per capire ancora meglio l’insensatezza delle sue azioni.

Infine tutti i prigionieri, mercenari e non, dovrebbero contribuire a ricostruire ciò che han distrutto (come fecero i nazisti in Russia). Solo alla fine della ricostruzione potrebbero essere lasciati liberi.

Qui voglio concludere dicendo che l’industria mercenaria ucraina è diventata una delle maggiori fonti di mercenari al mondo, in quanto costano la metà di qualunque altro mercenario: da 5 a 10.000 dollari al mese. E gli americani li utilizzano parecchio.

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