A volte ritornano: e per fortuna! Welcome Giant Sand

Tempo fa trovo al bar Michele Borsa, grande cultore di musica e cinema, conosciuto ai tempi d’oro del “Mucchio selvaggio”. Mi fa: “Hai sentito l’ultimo dei Giant Sand? Mitico…”. “Quei Giant Sand dall’Arizona?” ribatto io, incredula. Sì, quelli lì, in formazione ovviamente riveduta (dal 2002 è targata Danimarca): ma se ho ancora un loro disco registrato in cassetta (conservo in libreria un contenitore-reliquiario con una trentina di cassette) più di vent’anni fa! Ma di Michele mi fido e mi faccio curiosa trasferire nell’ipod il loro ultimo “proVISIONS”. Non l’ascolto subito: me lo tengo buono per l’occasione giusta. E’ un viaggio in treno verso Roma, qualche giorno fa. Il ritmo ovattato del pendolino è quanto mai adatto. Parto con “Stranded pearl” e la pianura emiliana fuori dal finestrino non è più quella padana: siamo nel far west, il country si lega miracolosamente alla chanson francese, come se Johnny Cash cantasse in coppia con François Hardy , alla chitarra slide si affianca il pianoforte. Mi piace! Howe Gelb non sorprende perché ha cambiato pelle, ma perché riesce a regalare ancora qualche brivido con la sua solita “sol-fa”, complice la fugace apparizione di Isobel Campbell. Non è da tutti. “Without a word” potrebbe essere suonata dai Calexico (non a caso nati da una costola dei G.S.), con rimandi agli indimenticati e indimenticabili Violent Femmes. “Can do” è puro rock and roll alla Elvis, segue “Out there” più lenta e scura, il ritmo svogliato sa di Messico. E poi arriva una chicca: la cover di “The desperate Kingdom of love” dell’adorata P.J. Harvey: partenza sussurrata, voce + piano + cb, e poi si affiancano i fiati e un assolo di piano, poche note ma buone. “Increment of love” ruba un accenno di reggae, “Spiral” è la classica ballad che non delude, grazie anche alla seconda voce femminile notturna più che mai (Henriette Sennenvaldt). “Pitch & sway” riprende il ritmo, lenta ma inesorabile come un treno regionale. “Muck machine” si fa più veloce, siamo su un intercity. “Belly full of fire” si apre verso suoni psichedelici, ancora più caotici, alla Jon Spencer, in “Saturated beyond repair”: Gelb si fa prendere, come spesso gli accade, dalla voglia di mettere troppa carne al fuoco, come volesse dire guardate che so fare altro, di tutto e di più. E il disco così si chiude con “World’s end state park” piena di distorsioni, ma poi arriva “Well enough alone” a ci salutiamo pensando a Dylan e alla sua Band.

A promuovere “proVISIONS” arriva un tour italiano. I Giant Sand saranno in concerto il 29 gennaio a Torino, il 30 a Roma, il 31 a Ravenna e poi l’1 febbraio a Padova e il 2 a Milano.

In attesa di sapere se davvero Olmert attaccherà anche l’Iran ecco i racconti di una brava inviata in Israele

Non so se l’Israele bombarderà davvero l’Iran il giorno 20, schiaffeggiando così pubblicamente e clamorosamente anche Obama nel giorno del suo insediamento alla Casa Bianca. Il governo israeliano è ormai fuori controllo, condotto da omuncoli come Olmert capaci di lucrare perfino sugli orfani gonfiando le note spese dei viaggi sta spingendo il suo Paese in un tunnel sempre più buio, ma sa che può contare su gran parte dell’opinione pubblica occidentale grazie all’ignoranza in cui è tenuta dalla propaganda dei mass media, che quando si tratta di Israele di informazione ne fanno meno che mai. Tant’è che tutti si bevono la balla dei civili usati come scudi umani dagli stessi palestinesi, balla inventata per tentare di giustificare l’ignobile mattanza e pulizia etnica in corso nella Striscia di Gaza. Continua a leggere