Come e perché NON hanno voluto salvare Aldo Moro

Domenica 16 marzo ricorre l’anniversario del rapimento dell’onorevole democristiano Aldo Moro, ex ministro ed ex capo del governo, e del massacro della sua scorta, avvenuti per opera delle Brigate Rosse nel 1978. Moro come è noto è stato ucciso dopo 55 giorni di prigionia, il 9 luglio,  in un angusto “carcere del popolo” ricavato dietro una parete di un appartamento in via Camillo Montalcini n. 8 a Roma.  Desidero raccontare quanto ho appreso casualmente nell’agosto 1993 riguardo la mancata possibilità che lo Stato italiano liberasse Moro. E come è stata sprecata la possibilità di fare piena luce sui perché e per ordine di chi il manipolo di “baschi neri” del ministero dell’Interno venne bloccato pochi minuti prima di assaltare la prigione brigatista. Prima però è bene inquadrare la vicenda nel suo contesto storico non sufficientemente noto. Vado quindi per ordine.

Un primo tentativo di assassinare moralmente Moro è del 1976 e porta già la firma di Kissinger. Negli Usa la commissione Frank Church del senato USA comincia quell’anno le sue indagini sulle attività delle multinazionali tese a organizzare in tutto il mondo scandali contro le frazioni pro-sviluppo dei propri Paesi e scopre, tra l’altro, che la potente industria aeronautica militare Lockheed usava corrompere con ricche bustarelle i politici di più parti del globo per convincerli ad acquistare i propri aerei. A prendere le mazzette in Italia era un misterioso personaggio soprannominato in codice Antelope Cobbler. Per farne naufragare la politica di apertura ai comunisti e ai palestinesi, è un assistente del Dipartimento di Stato, cioè di Kissinger, tale Loewenstein, filosionista e antiarabo come il suo famoso principale, a proporre di dare in pasto alla stampa Moro indicandolo come l’Antelope Cobbler. La proposta è resa operativa da Luca Dainelli, ambasciatore italiano negli Usa e membro dell’International Institute for Strategic Studies.

Il complotto contro Moro però non riuscì. Pur messo sotto accusa, la corte Costituzionale ne archiviò la posizione il 3 marzo 1978. Vale a dire, 13 giorni prima dell’agguato di Via Fani. Ad agguato avvenuto, la Segreteria di Stato Usa invia in Italia il suo funzionario Steve Pieczenik a dirigere «l’unità di crisi» che, avallata dal primo ministro dell’epoca Giulio Andreotti e comprendente l’allora ministro dell’Interno Francesco Cossiga, decideva la linea da tenere nei confronti delle Brigate Rosse e delle condizioni da loro poste per liberare l’ostaggio. Uno dei compiti, anch’esso riuscito in pieno, ammesso dall’americano era far credere ai giornali e all’opinione pubblica che le molte lettere scritte da Moro durante la prigionia, ricche di accuse ai politici, non erano spontanee, bensì frutto di un «lavaggio del cervello», e che quindi non se ne doveva tenere conto. Tutti i giornali fecero infatti a gara a delegittimare il contenuto delle molte lettere di Moro recapitate dai brigatisti a familiari e collaboratori del rapito nonché ad alcune redazioni.

La strategia impostata dall’esperto «amerikano» ricalcava fedelmente quanto previsto dal Field Manual redatto nel 1970 dalla Cia per definire il comportamento Usa verso i propri alleati in caso di loro gravi crisi. Si tratta di una strategia che definisce il terrorismo «fattore interno stabilizzante», secondo il principio «destabilizzare al fine di stabilizzare». E che non si fa scrupolo di prevedere la strumentalizzazione di eventuali gruppi eversivi dei Paesi alleati se essa può risultare positiva per gli interessi americani. Leggiamo ora cosa ha detto Pieczenik in una intervista all’«Italy Daily» del 16 marzo 2001 riguardo il suo compito durante il sequestro Moro: “Stabilizzare l’Italia, in modo che la Democrazia Cristiana non cedesse… e assicurare che il sequestro non avrebbe condotto alla presa del governo da parte dei comunisti… Il mantenimento delle posizioni della DC: quello era il cuore della mia missione. Nonostante tutte le crisi di governo, l’Italia era stato un Paese molto stabile, saldamente in mano alla DC. Ma in quei giorni il Partito comunista di Berlinguer era molto vicino a ottenere la maggioranza, e questo non volevamo che accadesse… Io ritengo di avere portato a compimento tale incarico. Una spiacevole conseguenza di ciò fu che Moro dovette morire… Nelle sue lettere Moro mostrò segni di cedimento. A quel punto venne presa la decisione di non trattare. Politicamente non c’era altra scelta. Questo però significava che sarebbe stato giustiziato… Il fatto è che lui, Moro, non era indispensabile ai fini della stabilità dell’Italia”.

Più chiari e cinici di così!

Intervistato per il quotidiano «l’Unità» del 9 maggio 2007 dal giornalista Marco Dolcetta, ecco cosa ha detto «l’amerikano » inviato dalla Segreteria di Stato ripetendolo inoltre nel suo libro dal titolo quanto mai esplicito “Noi abbiamo ucciso Aldo Moro”, edito in Francia da Patrick Robin:

” Il primo punto della mia strategia consisteva nel guadagnare del tempo, mantenere in vita Moro e al tempo stesso il mio  compito era di impedire l’ascesa dei comunisti di Berlinguer al potere, ridurre la capacità degli infiltrati nei Servizi e immobilizzare la famiglia Moro nelle trattative. Cossiga non gestiva interamente la strategia che volevo sviluppare.[…] Fra gli altri, i simpatizzanti di estrema sinistra comprendevano anche i figli di Bettino Craxi e una delle figlie di Moro […].

Lessi le molte lettere di Moro e i comunicati dei terroristi. Vidi che Moro era angosciato e stava facendo rivelazioni che potevano essere lesive per l’Alleanza Atlantica. Decisi allora che doveva prevalere la Ragione di Stato anche a scapito della sua vita. Mi resi conto così che bisognava cambiare le carte in tavola e tendere una trappola alle Br. Finsi di trattare.

Decidemmo quindi, d’accordo con Cossiga, che era il momento di mettere in pratica una operazione psicologica e facemmo uscire così il falso comunicato della morte di Aldo Moro con la possibilità di ritrovamento del suo corpo nel lago della Duchessa. Fu per loro un colpo mortale perché non capirono più nulla e furono spinti così all’autodistruzione. Uccidendo Moro persero la battaglia. Se lo avessero liberato avrebbero vinto. Cossiga ha approvato la quasi totalità delle mie scelte e delle mie proposte e faceva il tramite con Andreotti

[…]. Sono stato io a decidere che il prezzo da pagare era la vita di Moro. […] Cossiga era sempre informato sulla mia strategia e non poteva fare altro che accettare. Le Br invece potevano fermarsi in un attimo ma non hanno saputo farlo o voluto”.

Insomma, mettere nel sacco Le Br ed eliminare Moro: due piccioni con una fava.

Riguardo le responsabilità quanto meno morali di Cossiga nella volontà politica di fare uccidere Moro, mi sono casualmente imbattuto in due testimoni di eccezione: un gesuita confessore della chiesa del Gesù in piazza del Gesù e l’ex confessore di Cossiga ai tempi del sequestro Moro. Cominciamo dal gesuita.

«Lo stesso attentato a Moro, no? La prigione di Moro».

«Sì?»

«Erano arrivati alla casa vicina a dove stava lui. Hanno avuto l’ordine di fermarsi. Lo so perché un mio alunno faceva parte di queste cose qui. Me lo ha detto lui: “Noi abbiamo avuto l’ordine di fermarci e tornare indietro”. Erano arrivati a pochi… A venti metri erano arrivati. Quindi lo sapevano benissimo. Cioè, lo sapevano. Setacciando casa per casa, alla fine lo dovevano trovare».

«Via Montalcini?»

«Adesso non so perché io non sono addentro alle segrete cose. Però questo me lo ha detto un mio alunno che stava lì, insomma, ecco, faceva parte di quelli lì. Hanno dovuto rimettere, capito? Ma non parliamo male che non è questa né la sede né il luogo né il caso».

Questa è una parte del mio dialogo al cardiopalma con un gesuita confessore della Chiesa del Gesù in uno dei primi giorni dell’agosto 1993. Stavo scrivendo il libro Tangenti in confessionale, spacciandomi nei confessionali delle chiese più rappresentative d’Italia – dal duomo di Torino alla basilica di S. Pietro in Vaticano fino a S. Gennaro a Napoli – per un politico che accettava le mazzette dagli industriali e a volte, al contrario, per un industriale che le pagava ai politici. Dalle risposte dei preti confessori volevo capire e documentare il comportamento e l’influenza della Chiesa nei confronti di un fenomeno come quello della corruzione e delle tangenti, troppo diffuso per esserle ignoto. E infatti…

Mi «confessavo» con un mini registratore avvolto in un giornale tenuto in mano perché stesse il più vicino possibile alla bocca dei religiosi. La tarda mattinata di un giorno tra il 2 e il 4 agosto sono andato nella chiesa del Gesù, in piazza del Gesù. Una scelta dovuta al fatto che in quella piazza c’era la sede della direzione nazionale della Democrazia Cristiana e al fatto che in quella chiesa Andreotti andava a messa quasi ogni mattina, dove presumevo si confessasse anche. Inoltre proprio a pochi metri di distanza, nella adiacente via Caetani, era stato lasciato a suo tempo il cadavere di Moro trasportato da via Montalcini con una Renault rossa. Più simbolismi di così!

Entrato in chiesa, mi sono diretto verso il primo confessionale a destra, dove c’era un religioso in attesa di penitenti. Non avrei immaginato neppure da lontano che il discorso sarebbe piombato nel caso Moro, e in modo così tranchant: io parlavo di tangenti e il confessore per dirmi che era un andazzo molto noto e tollerato mi stava dicendo che era noto tanto quanto a suo tempo il luogo della prigione di Moro! Il cuore m’è schizzato in gola e ho cominciato a sudare non solo per il caldo. La storia che mi ha raccontato quel gesuita è la seguente: «Un mio ex alunno si era arruolato nella polizia ed era entrato nel corpo delle “teste di cuoio”. Un giorno è venuto a chiedermi l’autorizzazione morale per infiltrasi nelle Brigate Rosse, voleva cioè sapere da me se l’infiltrarsi era morale o immorale. Gli dissi che era morale. Passato del tempo, quel mio ex alunno è tornato da me schifato. Mi ha raccontato che mentre stavano andando a liberare Moro ed erano arrivati a una ventina di metri dalla sua prigione, all’improvviso ricevettero l’ordine di tornare indietro. Il mio ex alunno rimase talmente schifato che si è dimesso dalla polizia. Ora lavora nella falegnameria del padre». Chiaro quindi che si trattava della prigione di via Montalcini, altrimenti non si spiegherebbero lo schifo e lo scappar via dalla polizia.

Ero sconvolto. Ma uno o due giorni dopo sarei rimasto ancora più sconvolto. Sono andato infatti a confessarmi anche nella chiesa di S. Lorenzo in Lucina, nella omonima piazza, scelta perché in quella piazza aveva il suo storico ufficio privato l’ancor più storico Andreotti. Mi si è presentato un parroco con i capelli a spazzola e l’accento pugliese. Anziché nel confessionale, mi ha sorpreso facendomi accomodare in sagrestia, seduti uno di fronte all’altro su banali sedie e separati da nulla. Ero teso perché temevo si capisse che il giornale che stringevo nervosamente in mano nascondeva quello che nascondeva. Ma a un certo punto ho rischiato di cadere dalla sedia: quel parroco – anche lui per consolarmi dicendo che il fenomeno delle mazzette era noto e tollerato quanto certi «misteri» del caso Moro – mi stava dicendo che era stato il confessore di Cossiga all’epoca del sequestro Moro!

«Quando, durante l’affare Moro, Cossiga era ministro degli Interni e lo confessavo io, in quel frangente dicevo: “Professore, io la posso solo assolvere dei suoi peccati. Ma la situazione sua se la deve andare a sbrigare da qualche altro”. Allora c’era Ferretto, c’era Dossetti [compagni d’Università di Moro che dopo avere fatto politica hanno infine scelto la vita in convento, ndr]. Dicevo: “Vada a sentire loro. Perché, anche, loro sono quelli che, avendo fatto carriera con lei, con Moro e col partito, a un certo punto hanno fatto un’altra scelta, possono aiutarla adesso”. A questo tipo di sollecitazione lui diceva: “Lascio perdere tutto”».

Il suo ex confessore mi stava dicendo che Cossiga aveva un enorme peso sulla coscienza per le scelte fatte. Lo straordinario racconto del parroco di S. Lorenzo in Lucina confermava in pieno non solo quanto più volte più o meno chiaramente trapelato e in parte ambiguamente ammesso dallo stesso Cossiga, ma anche quanto raccontato dall’«amerikano» Pieczenik, all’epoca assai poco noto in Italia e a me del tutto ignoto.

Le due confessioni hanno avuto un seguito ciascuna. Il primo è che ho scritto a Cossiga chiedendo lumi sulle pesanti parole del suo ex confessore e ne ho ricevuto la seguente risposta: «Caro Nicotri, si tratta di una faccenda troppo importante per lasciarla trattare a un prete». Il secondo è che dopo la pubblicazione del mio libro, il pubblico ministero Franco Jonta mi ha convocato per interrogarmi e chiedermi chi fosse esattamente quel confessore. Nonostante il tono perentorio del magistrato, con velata minaccia di guai giudiziari, ho opposto il segreto professionale, specificando però che ero disponibile a rispondere, ma solo dopo che l’Ordine dei giornalisti mi avesse sciolto, su mia richiesta, dall’obbligo del segreto. Tornato a Milano, ho chiesto per iscritto di esserne sollevato data l’importanza dell’argomento e della mia testimonianza. Ottenuto il permesso, sono stato riconvocato a Roma da Jonta, e questa volta gli ho portato una copia del nastro con il dialogo nel confessionale. Man mano che ascoltava il nastro il magistrato si incupiva sempre di più. E ogni tanto continuava a ripetermi: «Ma non le sembra strano?» Ho cominciato a sentirmi a disagio, e a un certo punto ho temuto che magari venissi accusato di avere falsificato il nastro. All’ennesimo «Ma non le sembra strano?» mi sono stufato e ho ribattuto: «A me sembra strano, anzi stranissimo, però la sua è una domanda che dovrebbe rivolgere non a me, ma al confessore».

Silenzio di gelo.

Finito il nastro Jonta guardandomi in modo che mi è parso ostile mi ha chiesto: «E chi sarebbe questo confessore?»

«Credo lei volesse dire “chi è” e non “chi sarebbe”. Comunque la risposta è semplice: quello che riceve nel primo confessionale a destra entrando in chiesa», ho risposto specificandone anche il cognome: «C’è affissa una targhetta in ottone con scritto come si chiama il confessore e gli orari durante i quali è presente».

«E che lo interrogo a fare? È chiaro che mi opporrà il segreto del confessionale».

«Be’, ma scusi, dottor Jonta, per arrivare a questa conclusione non c’era bisogno di farmi sciogliere dall’obbligo del segreto e farmi tornare a Roma. Ma se non intende interrogarlo,

qual è il motivo per cui ne vuole sapere il nome? Qualcuno vuole forse chiedere anche a lui di tacere?»

«Ma come si permette!»

«Guardi che quel confessore non può assolutamente accampare il segreto perché ha detto chiaro e tondo, come lei ha sentito ascoltando il nastro, che il suo ex alunno in realtà non è andato a confessarsi, a parlare cioè dei propri peccati, ma solo a chiedergli un consiglio. Lei perciò può e anzi deve interrogarlo. E se non risponde lo può anche arrestare o comunque mandare sotto processo. Proprio come ha minacciato di fare con me. O devo pensare che secondo lei io ho meno diritti del gesuita?»

«Nicotri, guardi che qui cosa fare lo decido io. Lei non può certo starmi a dire cosa devo o non devo fare».

«Con la sua coscienza se le vede lei. Comunque guardi che questa è l’unica occasione di chiarire finalmente la bruttissima faccenda della mancata liberazione di Moro. E in ogni caso, confessore o non confessore, è sicuro che non ce ne sono tante di ex teste di cuoio figli di falegnami infiltrate nelle Brigate Rosse e scappate dalla polizia dopo la faccenda Moro per andare a fare il falegname dal papà. Se questo ex poliziotto lo cercate, lo trovate di sicuro. Se lo volete trovare, naturalmente».

«Ah, ma allora lei non vuole capire! Qui comando io, e lei non deve assolutamente dirmi cosa cavolo devo fare!»

Conclusione? La prima è che sono uscito dal palazzo di Giustizia vergognandomi. Vergognandomi della mia disponibilità con il magistrato. E vergognandomi d’essermi fatto sciogliere dall’obbligo del segreto. Mi sentivo molto a disagio, in imbarazzo con me stesso. La seconda conclusione: è chiaro come il sole che NON si è voluto chiarire il «mistero» della prigione di Moro. Esattamente come a suo tempo non si voleva che la si trovasse. I «consigli» di Pieczenik parlano chiaro. I pesi sulla coscienza e le ammissioni di Cossiga anche. Il cadavere di Moro pure.

135 commenti
« Commenti più vecchi
  1. Popeye
    Popeye says:

    Cara Sylvi,
    Basta guardare la carta geografica delle Crimea per vedere che la Crimea è una peninsula Con con corridoi che la collegano con il resto della Ucraina (veda il link qui sotto). L’ unica cosa Putin può fare è invadere il resto della Ucraina. Ma se fa questo si troverò inquaioto peggio di come hanno fatto in Afghanistan dove si sono ritirati con la coda tra le gambe grazie a una manciata ti missili dono degli Stati Uniti.
    http://www.foxnews.com/world/2014/03/16/vote-to-join-russia-could-leave-crimea-dry-in-dark/?intcmp=obinsite
    P.

  2. sylvi
    sylvi says:

    caro Popeye,

    credi che Aviano e le Basi americane in Italia dipendano per elettricità e acqua dalle forniture italiane? Che non abbiano piani e strutture da renderli autosufficienti, non dipendenti dall’Italia?
    All’Italia non pagano alcun tipo di tasse, nemmeno le tasse per i rifiuti!
    Se fanno il pieno di benzina fuori dalla Base non pagano le accise come noi comuni mortali.
    Sono insomma un mondo a se stante.
    Credo che Sebastopoli sia organizzata allo stesso modo ed in più è inserita in un territorio che le è sempre stato favorevole.

    Perchè la Russia dovrebbe invadere le Province ucraine del sud, anche se russofone, se non è provocata?
    L’Ucraina, anche se grande quasi come il Texas, non ha le forze nè i soldi per reagire…se non si fa aiutare da UE e USA.
    A Putin conviene star quieto …lascerà che siano i crimei ad agire.

    L’Afghanistan è tutta un’altra storia!

    Sylvi

    cara Anita,

    prova a chiedere ai tuoi amici ucraini da quale parte dell’Ucraina provengono.
    Là non è come il nord e il sud da noi, in Italia, dove parliamo la stessa lingua, abbiamo la stessa religione…
    Là sono proprio due mondi!
    Prova a sentire le risposte e capirai da sola!

    un abbraccio
    Sylvi

  3. Popeye
    Popeye says:

    Cara Sylvi
    C’è una bella differenza tra un base come Aviano e una peninsula come la Crimea con più’ di un milione di abitanti. Provvedere acqua e elettricità per la popolazione della Crimea non è così semplice.
    Niente accade nella Crimea senza la mano di Putin. Crede veramente che i 22 mila soldati russi sono là per godersi Sebastopoli e prendere un poco di sole?
    P.

  4. Anita
    Anita says:

    ++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++

    Dal CORRIERE della SERA di oggi 17/03/2014 l’articolo “Cento vittime bruciate in tre villaggi cristiani”.

    Ennesima strage in Nigeria: 100 persone sono morte nell’attacco a tre villaggi a maggioranza cristiana nello Stato di Kaduna.
    In piena notte una quarantina di uomini hanno assaltato con armi da fuoco, benzina e machete i villaggi di Angwan Gata, Angwan Sankwai e Chenshyi.
    Molte delle vittime sono bruciate vive nelle capanne date alle fiamme, altre sono state fatte a pezzi con i coltelli.
    «Gli assalitori hanno anche rubato cibo e mangime per gli animali e dato fuoco ai granai», ha raccontato il capo della polizia Aminu Lawan.
    Lo Stato di Kaduna è composto da popolazione mista cristiana e musulmana.
    Gli autori dell’attacco non sarebbero i miliziani di Boko Haram. La popolazione locale, dedita all’agricoltura e a maggioranza cristiana, accusa i pastori di etnia Fulani o Hausa di religione musulmana.
    Negli Stati contigui di Kaduna e Plateau, nel centro della Nigeria, questo conflitto etnico-religioso, dovuto anche al controllo della terra, secondo Human Rights Watch ha fatto, dal 1992 a oggi, 10.000 morti.

    Anita

  5. sylvi
    sylvi says:

    caro Popeyte,

    qui nessuno è un tattico di politica intenazionale, ma siamo solo armati di buon senso e di un filino di intuito.
    Ecco come la vedo io:
    Sebastopoli è sede della fotta Militare russa da sempre, da molto prima che Krusciov “regalasse” la Crimea all’Ucraina nel 1954.
    Lì è locata tutta, ma proprio TUTTA, la Marina Russa che dà sul Mediterraneo.
    La città è cresciuta assieme alla Flotta quando ancora c’era l’URSS.
    Dopo il crollo dell’URSS la Crimea ebbe uno status molto autonomo e Sebastopoli ebbe ancora uno status ancora più autonomo nella stessa Crimea.
    La Russia stipulò con l’Ucraina un contratto per l’uso della Base:
    gas a prezzi dimezzati in cambio d’affitto della Base.
    Il contratto sarebbe scaduto nel 2017, ma Yanukovich, allora presidente dell’Ucraina , firmò la proroga fino al 2040.
    Yanukovich è filo russo e nemico della Timoshenko, filo occidentale e desiderosa di entrare nella NATO, quindi amica degli USA, e nella UE.
    Insomma mezza Ucraina, Kiev, guarda a ovest e mezza, Crimea e tutte le regioni del sud, guarda a est.

    Il nuovo governo ucraino aveva già preparato la legge che toglieva la lingua russa come lingua ufficiale. Poi avrebbe pensato a come liberarsi della Base.

    Ora: Kiev si volge a Occidente, e ai suoi aiuti economici, che naturalmente gli apre le braccia.
    Kiev prima toglie prima la lingua e poi la Base di Sebastopoli alla Russia.
    Insomma Kiev dice a Putin: prendi le tue navi e vattene…dove ti pare!
    L’Occidente ride contento di aver appiedato l’odiato Orso e di averlo ricacciato nella steppa.
    E Putin se ne andrebbe con la coda fra gambe?
    Ma siamo realisti!
    Per ora siamo a Putin 1 e Obama 0.
    E’ questo che brucia?

    un saluto
    Sylvi

  6. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    Alla maestrina-ina-ina tutta di un pezzo (e d’oltreoceano) quando Human Rights Watch denunciava le mattanze sconsiderate made in yuessei fatte in Iraq dai suoi marlins, minimizzava il valore morale di questa benemerita associazione per i diritti di tutti, nessuno escluso.

    Sempre per quell’ipocrita viziaccio dei due pesi e due misure.

    C.G.

  7. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    Attenti ad aprire links provenienti dagli US!!!
    Promemoria per chi ne fosse interessato:

    “L’NSA (yuessei, ndr) infettava computer spacciandosi per Facebook. Non solo ha installato malware su decine di migliaia di computer e Reti attraverso lo spam via email, con gli anni divenuto meno efficace, ma anche mascherando i propri server come fossero quelli del social network di Mark Zuckerberg. Nel momento in cui l’utente è in procinto di collegarsi alla piattaforma, un meccanismo battezzato in codice Quantumhand trasmette pacchetti di dati in grado di ingannare il pc da cui è partita la richiesta, traghettandolo su false pagine di Facebook. Questa una delle nuove rivelazioni pubblicate da The Intercept, il neonato sito del giornalista ex Guardian Glenn Greenwald, e ricavate da altri documenti della fonte americana Edward Snowden.

    Al centro il nuovo programma svelato, Turbine. Quartier generale lo stesso dell’agenzia, Fort Meade, in Maryland, col supporto del Gchq britannico – “parte integrante dell’operazione” con la base di Menwith Hill – e un’altra stazione in Giappone. Iniziato come un programma mirato al controllo di poche centinaia di soggetti, gestito e coordinato manualmente fin dal 2004, Turbine ha in sostanza gli stessi obiettivi di tutte le altre azioni dell’agenzia statunitense: installare malware sui computer in modo da poter spiare gli utenti in vari modi, anche questi elencati nei nuovi documenti di Snowden. Per esempio usando il microfono del Pc per registrare audio, la webcam per scattare immagini – un po’ secondo quanto già rivelato in merito a Yahoo! – setacciare la cronologia dei browser degli utenti, succhiare dati di identificazione per l’accesso a determinati servizi come user e password, bloccarne degli altri e ripulire hard disk. Uno, chiamato Salvagerabbit, può addirittura copiare dati da dispositivi remoti connessi al computer. Il tutto, spesso, utilizzando un finto Facebook come cavallo di Troia per infilarsi nei sistemi.

    Secondo il report del magazine online che ha fatto del Datagate il suo tema principe questo genere di infezioni riguarderebbe quasi 100mila macchine e snodi web in tutto il mondo. “In alcuni casi – scrivono Greenwald e Ryan Gallagher – l’Nsa si è camuffata come un falso server di Facebook per utilizzare il social media come piattaforma di lancio per infettare il computer di un obiettivo ed estrarre file dalla memoria”. Facebook ha riferito di non essere minimamente a conoscenza di un sistema del genere né del programma Turbine. Un portavoce di Menlo Park, Jay Nancarrow, ha in ogni caso assicurato che nel corso dell’ultimo anno il gruppo ha ultimato il passaggio al protocollo di connessione criptata Https per tutti gli utenti e che quindi la navigazione sul social network è ora meno vulnerabile ad attacchi di ogni tipo. Nancarrow ha anche aggiunto che altri servizi, oltre Facebook, potrebbero essere stati violati dall’Nsa: “Ogni sito che usi un protocollo Http non protetto”.

    Il punto risiede tuttavia nel quadro complessivo fornito dai nuovi documenti. E cioè nel progressivo passaggio da operazioni gestite da agenti, informatici, contractor e specialisti all’implementazione di meccanismi automatici potenzialmente in grado di lavorare su larghissima scala. Progetti inclusi nel più ampio piano battezzato dall’Nsa “Owning the Web”, lo scorso anno finanziato nel Black Budget dell’agenzia – anche questo rivelato dall’ex consulente che due giorni fa ha parlato ad Austin – con quasi 68 milioni di dollari. Insomma, anche se le rivelazioni si riferiscono a volte a sistemi sviluppati da qualche anno, l’agenzia continua a ricevere soldi da investire in nuovi e più sofisticati programmi. “I malware distribuiti dall’Nsa una volta erano riservati a poche centinaia di obiettivi difficili da raggiungere – scrivono ancora Greenwald e Gallagher – e le cui comunicazioni non potevano essere
    monitorate attraverso le tecniche classiche. Ma i documenti analizzati mostrano come negli ultimi dieci anni l’Nsa abbia aggressivamente accelerato le sue iniziative computerizzando alcuni processi prima gestiti da persone in carne e ossa”.

    Nel 2004 i programmi malevoli autoinstallanti distribuiti erano infatti appena 150, presto moltiplicati negli anni seguenti grazie al lavoro della famigerata Tailored Access Operations, l’unità d’élite specializzata nelle azioni più complicate. Le teste di cuoio degli spioni online incaricati di lanciarsi oltre Sigint, la tradizionale intelligence informatica. Uno dei risultati è stato appunto Turbine, programma più semplice da gestire proprio perché meno vincolante dal punto di vista della supervisione, lanciato nel 2010. Presentazioni, slide e documenti raccontano come Turbine sia nato per funzionare come sistema generale in grado di coordinare questa distribuzione, una sorta di cervello in grado di decidere autonomamente, incrociando i dati intercettati, quale strumento sfoderare (microfono, webcam, hard disk e così via) per un determinato obiettivo.

    Questa contaminazione indiscriminata di malware, anche sfruttando come basi Facebook, “potrebbe inavvertitamente minare la sicurezza del Web” ha commentato Mikko Hypponen, un esperto di sicurezza e Ceo del gruppo finlandese F-Secure. “Quando si diffondono virus nel sistema – ha aggiunto – questi possono potenzialmente creare nuove vulnerabilità anche rispetto ad attacchi di terze parti”. Dopo la razzia, insomma, le intromissioni dell’Nsa lascerebbero dietro di loro terra bruciata. Dal Maryland non è arrivata alcuna risposta se non relativa al nuovo indirizzo annunciato dal presidente Barack Obama lo scorso 17 gennaio. Idem dai servizi britannici”.

    (Fonte: La Repubblica, 13.3.2014)

  8. Popeye
    Popeye says:

    Cara Sylvi,
    Nessuno ha minacciato di togliere la base navale alla Russia. Nessuno! Sulla lingua a me sembra una cosa naturale che tutto il paese parlasse la stessa prima lingua.

    Il fatto rimane che la Russia ha firmato un patto insieme alla Ucraina, la GB, e l’Usa: la Crimea fa parte della Ucraina e per lasciare la Ucraina serve un voto da tutti i ucraini non solo quelli della Crimea e non sotto la minaccia di un esercito russo. Lo stesso patto da il diritto alla Russia di usare la basa navale nella Crimea.

    I russi nella Ucraina sono una minoranza, un 20%. Adesso i tartari e ucraini sono una minoranza in Crimea e seguendo la logica di Putin la Turchia e Ucraina possono intervenire nella Crimea per proteggere i tartari e ucraini.

    Credo che siamo a Putin 2 e Obama 0 pero’ la partita e’ aperta, senza scadenza di tempo. Le sanzioni che Obama ha messo alla Russia sono da ridere. Obama il 20 gennaio 2017 andrà via, ringrazio il Signore, e le cose saranno un poco più serie.
    P.

  9. Anita
    Anita says:

    ::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

    ACHTUNG; Mister Cerutti hat gesprochen #108

    Attenti ad aprire links provenienti dagli US!!!
    Promemoria per chi ne fosse interessato:
    ====

    ….e sopra tutto i links provenienti da Anita, sono pieni di insetti, cavalli di Troia, vi scoppiera’ il computer in faccia, se poi e’ un laptop…sareste proprio nei guai….ouch, ouch, ouch…
    Rimarrete sterili e impotenti.

    Anita

  10. Caino
    Caino says:

    Alcuni appunti sulla crisi Ucraina…!!

    A “rigor” di logica occidentale (le forme si sa, hanno la loro importanza,vedasi il surrealismo),l’unità italiana sarebbe tutta da rifare, poiché i referendum di annessione delle regioni al regno di Sardegna ,furono tutti o quasi fatti in fretta e furia sotto occupazione militare,o quasi, piemontese.
    Pure quello, per stare ad avvenimenti più recenti ,del Kosovo ,che chiaramente era sotto occupazione dei marziani e dei loro alleati.
    Non val pena soffermarsi su altre considerazioni fatte in questa sede del noto Popeye, sulla questione della lingua,poiché è ben noto ,che il “nostro EROE” ritiene del TUTTO NATURALE,ciò che va bene agli usa davanti e nasa di dietro.

    Pochi, invece, ragionano sul contenuto vero della posta in gioco.
    Ed in questo quadro appare del tutto evidente che l’interesse dell’EU ,Germania in primis,non coincide con quello degli USA,in una partita che si propone sul piano economico globale,densa di avvenimenti per il futuro.
    Fermo restando che il crollo del muro di Berlino ha coinciso con l’equivalente di una terza guerra mondiale,appare evidente da un lato che la riunificazione tedesca ha spostato gli equilibri economici e dall’altro la perdita degli stati dell’europa centrale non slavi,ha accorciato la fascia di protezione dell’ex colosso russo,l’ulteriore disfacimento poi degli stati ex urss ha ulteriormente indebolito la “fascia di rispetto” della Russia,riducendo la Russia a media potenza.
    Ora si sta giocando questa partita, Putin ha proposto alla EU un accordo economico globale tra Eurasia (comprendente gli ex-stati Urss della sua fascia immediata) con L’EU.
    E’ evidente che L’EU avrebbe avuto l’interesse di trattare con L’Ucraina tutta nella sua parte ,poiché il peso globale economico gli avrebbe garantito maggiori vantaggi, mentre per converso la Russia,senza Ucraina in fascia di rispetto, sarebbe stata notevolmente indebolita.
    Ciò non toglie che in un futuro ciò possa egualmente accadere, e nel qual caso gli USA,ne sarebbero esclusi e si troverebbero ad avere e contrattare con un colosso di interlocutore, di dimensioni molto maggiori delle sue, cosa direi non gradita agli Yankee abituati a farla da padroni da ormai mezzo secolo, senza nemici naturali economici ai suoi confini e due oceani che la separano dal resto del suo impero.
    Tutto banalmente qui, alla lunga tenendo conto del casino di popoli di minoranze e di culture che il disfacimento URSS ha provocato in termini di confini ,cosa già vista nella ex Yugoslavia e tenendo conto che per i Russi l’Ucraina era russa prima della II GM e viene considerata ancora di sua competenza dopo,lascia spazio a tutte le interferenze e le intromissioni possibili nel gioco delle forze contrapposte ed i equilibri da ristabilire.

    Caino
    ps-
    L’atteggiamento di Obama direi che è prudente, dopo la colossale cazzata della Georgia, dei pistoleros alla Bush ,che sembrano piacere tanto al Nostrano Popeye , che vorrebbe sempre ricorrere al OK Corral ,senza rendersi conto che i tempi del West sono ormai agli sgoccioli.

  11. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    x Anita.
    Andare sul merito della questione NSA, nò èh?
    Zompi pure se ancora ce la fa, attenta però a non rompersi un piede.
    P.S. i suoi vùvùvù non li apro quindi non vedo dove sta il problema. Non sarà mica per lei ad averne?
    Mi sembra. Màh.
    C.G.

  12. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    x Caino
    Che Popeye rimpianga quell’imbecille del Bush figlio, mi sembra evidente.
    Durante gli 8 anni di questo sconsiderato idiota e criminale di guerra (a sua insaputa), quell’Amministrazione era una cosa seria..
    Roba da matti!
    Eppure ne hanno avuto di motivi per imparare la lezione.
    Macché.

    C.G.

  13. Popeye
    Popeye says:

    X per gli asini che volano
    Non ho mai detto o scritto che desidero una guerra hot. Quello che desidero è un risposta almeno a livello della provocazione putinese. Le sanzioni UE e Usa fanno ridere i miei polli che sono più intelligenti degli asini che ragliano e volano.

  14. sylvi
    sylvi says:

    I russi nella Ucraina sono una minoranza, un 20%. Popeye

    caro Popeye,

    continuiamo a parlare dell’Ucraina come fosse una nazione etnicamente omogenea?
    Comunque la tua affermazione è falsa.
    Se ricordo bene, Caino qualche tempo fa aveva postato una carta dell’Ucraina con le percentuali di lingue parlate e dei luoghi di riferimento. Rendeva una visione esatta della situazione.
    In 20% si può riconoscere nel nord-ovest che comprende la capitale Kiev e Leopoli.
    Scendendo verso sud-est ci sono fasce di russofoni che salgono fino oltre il 50%.
    Odessa, ad esempio, ha più della metà degli abitanti russofoni.
    Il corso centrale e meridionale del Dnieper, che non è un torrentello, è abitato prevalentemente da russi e da cosacchi .
    E i cosacchi sono di origine tatara ma odiano gli Ucraini dell’Ovest filo polacchi!
    Non è che negando l’evidenza.
    D’altra parte perchè Obama si scalda tanto per la Crimea? Un po’ meno gli europei che fanno affari con la Russia?
    Sarebbe una tragedia se i russofoni ucraini volessero staccarsi e unirsi alla Russia.
    Allora sì che si rischierebbe una deflagazione come in Yugoslavia.
    La Crimea non era Ucraina e il referendum ne ha dato la dimostrazione.
    Nessuno ha parlato di togliere la Base a Putin?
    Mi vien da ridere…e che altro avrebbe fatto l’Ucraina entrata nella NATO?

    Mi sono fatta una cultura delle mescolanze di popoli, di etnie che si odiano, in Yugoslavia.
    La Slovenia, a stragrande maggioranza abitata da sloveni, se n’è andata, alla faccia degli altri e di Milosevic, esattamente come la Crimea, praticamente senza sparare un colpo.
    Perchè la Slovenia sì e la Crimea no???
    Spariamo sui crimei che nel 93% vogliono andare in Russia?

    Anita mi dice che non contano le esperienze personali.
    Allora non dovrebbero contare nemmeno quelle dei giornalisti del vostro Paese che in fondo, senza conoscere le lingue del luogo, scrivono sui giornali le loro esperienze, e a volte inventano o molto spesso scrivono per sentito dire.

    Una mia opinione: è un bene che la Crimea ridiventi russa.
    Putin ha un saldo e definitivo ancoraggio sul mare e questo riequilibrio fra Potenze, che giocano a chi è più forte, aiuta la pace.

    un saluto
    Sylvi

  15. Caino
    Caino says:

    Egr sig Cerutti,

    è del tutto lapalissiano anzi notorio ai più , che il cervello delle galline è fra i più piccoli dell’universo.
    Mi viene in mente quella canzone , non so più di chi, che faceva così :
    La Gallina non è un animale intelligente, lo si vede , lo si vede , da come guarda, da come guarda ..la gente-ee !!

    Caino

  16. sylvi
    sylvi says:

    x Caino

    Cochi e Renato!
    La gallina ha due zampe, ma fra molti di quelli a due gambe …il cervello è lo stesso!
    Sylvi

  17. sylvi
    sylvi says:

    x Peter

    Più che una realtà, è un suo auspicio e di tutti quelli che ragionano come lei!
    Si vede che non ha mai visto da vicino una pulizia etnica!

    Sylvi

  18. Caino
    Caino says:

    Egr sig Cerutti,
    Caino stenta a commuoversi in genere, ma quella che Lei ha postato lo ha scosso.
    Chissà che tra quei bambini, (commovente quella del bimbo in piedi
    che porta il fratellino)non ci sia un futuro premio Nobel!
    E’ una foto che dà speranza, nonostante le apparenze.
    E’ una foto che dovrebbe servire da lezione a tutti quelli che pensano che il Mondo si sia fermato con la loro sterile e brevissima esistenza!
    E’ una foto che dovrebbe aprire l’angolo di visuale delle cose del mondo in trasformazione, nonostante tutto !

    Caino

  19. Caino
    Caino says:

    Egr sig Peter,
    non sia sempre così precipitoso nelle sue affermazioni perentorie,attenda gli eventi con più calma .
    In fondo un peto sparato a Londra può fare un baccano infernale, qui per fortuna si può anche evitare di sentirne l’effluvio, oltreché non sentire proprio nessun rumore !
    Vedremo e giudicheremo !

    Caino

  20. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    x Caino.
    Guardandola mi ha confermato, casomai ce n’era bisogno, da quale parte stare.

    Paragonando il maestro che scrive la lezione per i suoi ragazzi sul muro perchè non ha neanche una lavagna e la nostra società fatta di coccodè travestiti da zombie.
    Fanculo.
    C.G.

  21. Peter
    Peter says:

    xCC

    Londra conta ancora qualcosa sulla scena internazionale, Roma purtroppo poco piu’ di zero.
    State ancora a pendere dalle labbra del ‘cancelliere tedesco’ come prima della Prima GM.

    Se poi si fosse in termini di Torino o Udine, come sotto sotto lei e Sylvi vaneggiate qui sul blog, da bravi ‘nobili’ decaduti, il conto sarebbe meno di zero. Questo tanto per mettere le cose in chiaro.

    E quanto a referendums, la legalita’ internazionale ha fatto qualche passo avanti dal 1860 ad oggi, questo lo dico per lei.

    Sylvi in fatto di pulizia etnica avrebbe molto da insegnare e poco da imparare dai russi, su questo non ho dubbi.

    Peter

  22. sylvi
    sylvi says:

    caro C.G.,

    la tua bellissima foto mi ricorda riflessioni fatte spesso mentre insegnavo: il lattante che si comincia a svezzare…non sarebbe necessario rincorrerlo con pappe e pappette…lui sa quando e come afferrare il cucchiaio, magari al contrario, magari sbrodolandosi tutto e cospargendo di pappa l’intorno.
    “Guerre stellari”, le chiamavo, dalle stelline di pasta!
    Il piccolo che impara a leggere e a scrivere combatte una guerra simile…imparerà con o senza lavagna, imparerà in un ambiente miserabile e senza aria e luce, imparerà; ma è indispensabile un maestro che è il depositario dei misteri, che lui non conosce , ma li vuole svelare, perchè vuole svelare il suo futuro, costruire speranza.
    E allora il piccolino non sente il peso del fratellino che porta in braccio!
    E’ meravigliosa e stupefacente la ferrea volontà dei bambini di aprirsi, conoscere e capire.
    Quante volte ho detto: dovrei io pagare lo Stato per l’opportunità che mi dà di stare in mezzo ai bambini e di poterli guidare alle scoperte!
    Ma, pur nella modestia degli edifici, nella scarsità di mezzi e strumenti, non mi sono mai trovata nelle condizioni del povero maestro della foto!
    Oggi? Sarebbe sufficiente non sprecare!

    buonanotte.

    Sylvi

  23. Popeye
    Popeye says:

    Cara Sylvi,
    Credo più alla wikipedia che agli asini che volano citato da lei. Il censimento del 2001 i russi erano 17,2%. Oggi sono al massimo al 22% con contando l’esercito di Putin, agenti del KGB, e delinquenti infiltrati.
    La mia affermazione e’ la media tra i due numeri.
    Poi i fatto rimane che la Russia ha firmato un patto e ogni governo rispettabile mantiene i patti. Se andiamo sul a chi apparteneva questo o quello siamo proprio alla frutta. Poi se andiamo indietro abbastanza la Crimea apparteneva a chi?
    Lei domanda: Mi vien da ridere…e che altro avrebbe fatto l’Ucraina entrata nella NATO? La risposta e’ semplice, la Ucraina, non come la Russia, avrebbe rispettato il patto firmato dalla scarpa sinistra di Putin: Yanukovych.
    Mi sorprende che con tutte le provocazioni di Putin l’Ucraina ha mantenuto la calma. Ma questo ho paura e’ solo temporario.
    P.

  24. Anita
    Anita says:

    OOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO

    Test….sto provando un laptop relegato in solaio da qualche mese.
    Saluti,
    Anita

  25. Caino
    Caino says:

    A causa delle Galline ruspanti, Caino deve ricordare che i dati da lui citati con le proporzioni nelle varie regioni dell’Ucraina erano tratte da Wikipedia.
    Caino ricorda poi che i cosiddetti “patti internazionali”valgono come le Risoluzioni ONU per Israele,sperando di non essere tacciato di antisemitismo.
    Gli asini che volano fanno parte della fantasia, purtroppo è bene ricordare che le galline sono uccelli decaduti, compiono miseri balzi ridicoli,starnazzando indecorosamente, pensando ancora di essere aquile.
    E’ la loro triste realtà, pensano ancora di essere aquile ,ma sono solo galline.

    Caino

  26. Caino
    Caino says:

    Egr sig Peter,

    la legalità internazionale chiììì?Sono i rapporti di forza che contano,sulla carta si scrivono tante belle cose.Voi lo sapete bene,quando vi cacciarono indecorosamente da Suez,dopo che avevate accampato secondo il diritto internazionale i diritti di proprietà.
    Come per le Galline che starnazzano,possiamo tranquillamente affermare che sono rimasti ormai Leoni spelacchiati,e meno male che hanno chiuso gli Zoo, così quei pochi rimasti si possono godere la pensione nelle riserve delle svane.
    Ormai è indecoroso perfino cacciarli !

    Caino

  27. Caino
    Caino says:

    Egr sig Sylvi,

    Lei ha toccato proprio il “punto dolens” della scuola.
    Ma è consolatorio in fondo pensare che anche negli angoli più sperduti del mondo ci sia ancora chi ha voglia di insegnare e chi ha voglia di apprendere.
    E’ una scintilla che tiene accesa la speranza,pensi solo alle immense potenzialità nascoste ancora nel genere umano , se solo esistesse un po meno di ingiustizia sociale che non tarpasse le ali ai meritevoli ed ai capaci del mondo.
    Temo solo che la “buona volontà ” dei singoli, non sia sufficiente,però a ben pensarci se le cose in qualche misura sono cambiate dal passato cambieranno per il futuro.
    Sperando che i soffitti non ci cadano intesta come al ragazzo di Rivoli , figlio di un mio conoscente,come disse quel tale “tirem innanz”.

    Caino

  28. Caino
    Caino says:

    Un articolo che sintetizza la situazione :

    http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/kosovo-pristina-serbia-crimea-referendum-7433be5e-218b-48be-bc99-d73da1b88462.html

    Ognuno ovviamente può leggervi quello che vuole!

    Però una piccola differenza esiste.
    All’epoca Cina e Russia espressero la loro contrarietà e il loro disaccordo , ma poi tutto finì lì,con il dato di fatto acquisito.
    Non minacciarono “sanzioni economiche e non mi pare fomentassero o abbiano fomentato la minoranza serba.
    Questione di rapporti di forza, eh già ,appunto,questione di rapporti di forza.
    Certo è che le lezioni della Storia, non si dimenticano , nemmeno ad Est!Appunto!

    Caino

  29. sylvi
    sylvi says:

    caro Popeye,

    così, per perdere tempo, sono andata a controllare su wikipedia gli abitanti di alcune città fra le più popolose dell’Ucraina.
    I dati che hai proposto tu sono del 2001…un po’ passati!
    Già risultavano molto diversi nel 2009, quando ci sono stata, dalle mie guide Michelin e Touring Club Italiano, e la diversità era in centinaia di migliaia : Odessa 100.000 in più; Zaporozie quasi 100.000.e così via.
    Gli ultimi del 2011 rispecchiano grosso modo le mie guide.

    Ma ribadisco, se fosse vero quello che posti tu non ci sarebbero problemi o pericoli di disintegrazione dell’Ucraina: quattro gatti russi la Nato li controllerà facilmente…o NO?

    Peccato che chi andasse di persona ad annusare il clima del sud dell’Ucraina si accorgerebbe subito che quattro gatti non sono, alla faccia di wikipedia!

    Le stesse cose che scrivo le hanno scritte i giornalisti più seri delle varie testate italiane e tedesche ( mio figlio legge tedesco correntemente)!

    Ma forse il nostro ( mio e tuo) approccio a tutta la questione è molto diverso: il mio realista e pragmatico e come S.Tommaso credo a ciò che vedo; il tuo è idealista e crede in ciò che si augura sia il bene a stelle e strisce.
    Io non ho mai imposto neppure ai bimbetti di scuola la mia visione come unica e veritiera;
    tu risenti della mania americana di insegnare ed imporre al mondo intero la democrazia.
    Io sono fermamente convinta che ogni Popolo debba cercare la sua “democrazia” , quella che gli piace, e procedere per tentativi, sbagliando e riprovando…e il “maestro eventuale” deve soltanto soccorrere nelle cadute, non sostituirsi con la forza!

    saluti
    Sylvi

  30. Caino
    Caino says:

    E intanto nel bel mezzo di una crisi internazionale c’è come al solito chi pensa agli affari suoi :

    http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Golan-Israele-colpisce-obiettivi-militari-in-Siria-77fd9aa3-7d75-4ec2-8333-ae76dd6e44ea.html

    Infatti è inaccettabile la provocazione siriana di chi poi , l’articolo non lo specifica.emh,ehm !!
    Anche le esperienza del passato non si dimenticano nelle zone di confine emh emh…gli incidenti di confine sono un CLASSICO ,per cominciare ad alzare la tensione.

    Caino

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