Samarcanda. E non solo….

La prima cosa che colpisce arrivando in Uzbekistan, Paese musulmano ma repubblica laica, è che le donne non portano il velo. E hanno gli stessi diritti degli uomini. Pensandoci bene, non lo portano in nessun Paese musulmano dell’ex Unione Sovietica, mentre lo portano invece in tutti i Paesi islamici che hanno patito la colonizzazione europea. Nei Paesi musulmani dell’ex Unione Sovietica il fondamentalismo non attecchisce, tanto meno le sue  diramazioni eversivo terroristiche,, e se fa capolino viene combattuto rapidamente, senza se e senza ma, come è avvenuto proprio in Uzbekistan. Tutto ciò è l’ennesima prova che a spingere i musulmani verso un’interpretazione restrittiva, e a volte fanatica, della loro religione è solo la reazione al violento dominio subìto sotto il tallone europeo e quindi cristiano. Una reazione rinfocolata dalle troppe umiliazioni inflitte ancora oggi dall’Occidente neocolonialista, Stati Uniti in testa, che spinge scientemente quei Paesi verso il fanatismo religioso per poter meglio mobilitare le proprie opinioni pubbliche a favore del duro confronto col mondo islamico. Confronto che rischia di diventare scontro: “scontro di civiltà”, anche se a ben vedere lo vogliono le reciproche inciviltà…

La repubblica uzbeka è tanto laica da avere affittato agli Usa una grande base militare con annesso aeroporto dal quale partivano gli aerei per andare a bombardare il confinante Afganistan, musulmano anch’esso ma assai più retrivo. Poi però la repubblica uzbeka gli americani li ha sfrattati, forse percheé ha capito la reale strategia degli Usa: il solito vecchio “divide et impera” applicato all’Asia centrale. Uno sfratto che è un lusso reso possibile dal  fatto che l’Uzbekistan è talmente ricco di gas, avviato anche in Europa via Russia, da non avere bisogno di entrate straordinarie che alla lunga creano più problemi di quanti ne risolvano.

L’Uzbekistan, dunque. E dove si trova? Ma è civile come noi o è fermo al Medioevo? Me lo hanno chiesto in molti la prima volta che ci sono stato, nel maggio 2010, e ora al ritorno dal mio secondo viaggio. L’Uzbekistan si trova a nord dell’Afganistan e dell’India, a occidente della Cina, a sud della Russia, a est dell’Iran. Nel crogiuolo di una infinità di etnie dell’Asia Centrale, oltre 160 nel solo Uzbekistan, è stato Stalin a ordinare a un gruppo di storici sovietici di stabilire quanti Stati creare e da quali etnie avrebbero dovuto ricevere il nome. Le genti che usavano definirsi solo col nome e la cultura delle città di nascita e che vivevano nelle città  oggi dell’Uzbekistan vennero così chiamati in blocco uzbeki.  Idem per il Tagikistan con i tagiki, il Kazakistan con i kazaki e le altre repubbliche  oggi ex sovietiche con altre etnie dell’Asia Centrale.

Questa volta ero indeciso se tornarci per rivedere soprattutto Samarcanda o tornare in Iran per rivedere soprattutto  Isfahan, luogo di incantevole bellezza con la piazza principale semplicemente clamorosa.  Ho deciso per la prima meta, perché le due persone che mi hanno accompagnato temevano che l’Iran venisse bombardato da Israele proprio durante la nostra visita.

Da un bel pezzo non faccio viaggi “turistici”, quanto invece viaggi per vedere il mondo e cercare di capire. Cosa? Non lo so, di preciso. Ma più vedo “gli altri”, più capisco di “noi” e quindi almeno in parte di me stesso. In particolare, capisco quante balle, silenzi e omissioni ci propinano non solo le propagande, ma anche i libri di Storia. Le città dell’attuale Uzbekistan erano il crocevia della Via della Seta e della Via delle Spezie, che nel corso di oltre 20 secoli hanno alimentato l’Europa non solo di odori, sapori e di merci di lusso, ma anche di sapere scientifico e pratico veicolato da mercanti, viaggiatori, conquistatori, conquistati, libri e traduzioni. Ancora ai nostri giorni l’ex Segretario di Stato Usa Henry Kissinger ha detto chiaro e tondo che chi controlla l’Asia Centrale si assicura un vantaggio enorme perché oltre a essere ricca di minerali e altre risorse è la culla del nostro sapere scientifico. Non è certo un caso se gli Usa con la scusa della “guerra al terrorismo” hanno trasformato la tragedia delle Twin Towers in occasione per piazzare basi militari proprio in Asia Centrale. Due piccioni con una fava, dove il secondo piccione consiste nell’avere basi militari a ridosso dei colossi Russia e soprattutto Cina. Che col suo impetuoso sviluppo economico e con la sua potenza militare non più trascurabile rende attuale, mutatis  mutandis, il titolo del vecchio film “La Cina è vicina”.

Scesi dall’aereo a Urgench, sul pulmino che ci porta a Khiva la guida Baodir,, un giovane uzbeko che parla benissimo l’italiano, il francese e l’inglese, ci spiega che “questa è la terra una volta chiamata Sogdiana”. E così mi viene subito in mente Alessandro Magno, che passò di qui, volle far sposare – pare a Samarcanda – i suoi ufficiali con donne locali nel tentativo di fondere la civiltà greca con quella orientale, e infine proseguì per l’India. “La Sogdiana è stata poi chiamata anche Khorezm o Corasmia”, spiega Boadir. A sentire nominare Khorezm mi si rizzano subito le orecchie. Sto per chiedere dove è nato esattamente il matematico Al Khwarizmi, vissuto più o meno tra il 780 e l’840, al cui nome, dovuto all’essere nato proprio a Khorezm,  dobbiamo il vocabolo “algoritmo” e alla cui persona dobbiamo l’algebra e molto altro ancora. Per molti versi gli dobbiamo anche la conoscenza dei numeri “arabi”, in realtà indiani, che usiamo ancora oggi e senza i quali non avremmo potuto avere il progresso scientifico e industriale fonte del nostro progresso e benessere. Con i numeri romani e senza il numero zero infatti l’algebra, le equazioni e quant’altro non sarebbero mai stati possibili. Non faccio però in tempo a porre la domanda che Baodir  mi precede: “La città dove stiamo andando e passerete la prima notte si chiama Khiva, è c’è nato il matematico Al Kuvarizmi, al quale dobbiamo sia l’algebra che il termine algoritmo….”. Sono sorpreso.

E sono ancora più sorpreso quando arriviamo a Khiva: oltre a essere una piccola città rimasta intatta com’era nell’antichità, comprese le  mura ricoperte di fango esiccato dalle curiose protuberanze tronco coniche, Khiva vicino l’ingresso della sua porta principale ha un bel monumento in bronzo che ritrae proprio Al Khwarizmi, parole che significano “Il Corasmiano” essendo nato nella Corasmia. Il suo nome intero è Abu Ja’ far Muhammad ibn Musa Al-Khwarizmi e visse a Bagdad alla corte del califfo Al-Mamun, che per fortuna dell’umanità intera lo nominò responsabile della biblioteca, degna di quella di Alessandria distrutta dai fanatici aizzati dal vescovo Cirillo, lo stesso che fece assassinare Ipazia, la donne che aveva osato diventare grane matematica.  Al Khwarizmi è il padre, in quanto suo sistematizzatore e divulgatore, dell’algebra (già nota per certi versi a Diofanto, ma poi dimenticata), parola che deriva dal titolo del suo libro “Al-Kitāb al-mukhtaṣar fī ḥisāb al-gabr wa-al-muqābala”, vale a dire Compendio sul calcolo per ricomposizione e bilanciamento. Da notare che “algebra” deriva dalla parola araba “algiabarat”, che significa “ricomposizione” di cosa rotta. Nell’interno della Spagna, dominata per otto secoli dagli arabi, fino a non molto tempo fa il barbiere indicava la sua bottega con la scritta “algebrista y sangrador” perché quando era anche cerusico, vale a dire chirurgo, ricomponeva per l’appunto le fratture delle ossa dei clienti e si occupava di “sangre”, cioè di sangue, praticando salassi. Anche nell’Italia del XVI secolo la parola “algebra” indicava l’arte di aggiustare le ossa. Nelle equazioni algebriche la “ricomposizione” avviene riducendo da una parte l’incognita e dall’altra le quantità note. Le prime traduzioni del libro di al-Khwarizmi sono state quelle di Roberto di Chester a Segovia, nel 1145, e quella di Gerardo da Cremona, entrambe con il titolo Liber algebrae et almucabala, vale a dire Libro della ricomposizione e bilanciamento: infatti “algebra” significa “ricomposizione” e “almuqabala” significa “bilanciamento” o “semplificazione” e indica il portare le quantità della stessa incognita nello stesso membro di una equazione.

Per essere più precisi, i numeri “arabi” che usiamo da qualche secolo nella vita quotidiana e nelle attività scientifiche sono in realtà nati in India. Scoperti e divulgati dal matematico nato a Khiva e dal matematico arabo Al Kindi, che sui numeri indiani scrisse ben quattro libri (Kitāb fī istiʿmāl al-ʿadad al-hindī, cioè “Sull’utilizzo dei numeri indiani”), sono arrivati in Italia e in Europa portati dal pisano Fibonacci, che ne aveva imparato l’uso in Algeria. Grazie ai due matematici orientali, dall’India arriva anche il simbolo e il concetto rivoluzionario di numero zero, inesistente nella precedente numerazione romana e non meno importante degli altri numeri.

Al matematico uzbeko dobbiamo anche una raccolta di tavole astronomiche di grande importanza, che documentano cinque secoli di osservazioni dei corpi celesti. Se vi aggiungiamo le osservazioni astronomiche di oltre mille stelle condotte a Samarcanda per anni da Ulug Beg (Beg significa  Re), nipote del famoso Tamerlano, e magari anche quelle di Tolomeo salvate dagli arabi, allora capiamo meglio perché e come è nata la moderna astronomia europea.

Come si vede già dalla storia di Khiva, non stiamo parlando di cose esotiche, turistiche o d’importanza relativa: stiamo parlando di innovazioni senza le quali nell’intero Occidente NON sarebbe stato possibile l’immenso progresso scientifico, tecnologico e quindi anche sociale, del quale tuttora godiamo. Prima dell’arrivo dei numeri “arabi” era ancora in uso fin dai tempi dei romani l’abaco, una sorte di pallottoliere con palline di pietra: dal fatto che pietra in latino si dice “calculus” deriva la parola “calcolo”, e i calcoli renali si chiamano così perché appunto di piccole pietre si tratta. Con l’abaco NON sarebbe stato possibile nessuno dei calcoli che da secoli hanno reso più avanzata, ricca e moderna l’Europa e al suo seguito l’intero Occidente.

Tutto ciò dimostra che arrivare in Uzbekistan non significa solo arrivare in una terra interessante per il turismo,  ma anche arrivare nella culla dove è nata la base del nostro progresso scientifico. Il nostro maniacale eurocentrismo ci ha abituati a pensare – a torto – che il progresso, la matematica e le scienze sono creature europee e che il Vecchio Continente è l’ombelico del mondo.

Ma andiamo per ordine.

Khiva non può essere raccontata: bisogna vederla. Khiva è un gioiello, un pezzo d’ambra antica che racchiude qualcosa che resta nel cuore. L’intera città antica è un grande museo all’aperto la cui intera popolazione vive e lavora per tenerlo in funzione e accogliervi il flusso di turisti. Moschee, madrasse, cioè scuole coraniche, mausolei, minareti, cortili, piazze, residenze di governatori e di ricchi e potenti vari, caravanserragli, harem, torri, ecc., tutto è oggi come era ieri. Anche vari pozzi d’acqua, a uno dei quali Khiva deve la sua nascita e il suo nome, che deriva infatti dal grido di gioia – qualcosa come “Incredibile!” – dei carovanieri che attraversando il deserto trovavano qui un generoso pozzo d’acqua per dissetare uomini e animali. E’ un po’ come se il foro romano e i fori imperiali di Roma fossero ancora intatti anziché essere ridotti a rovine. A Khiva però stupisce che governatori e reucci pur avendo palazzi suntuosi volevano non di rado avere nel proprio cortile anche una yurta, cioè la classica tenda rotonda e smontabile dei nomadi momgoli, per ricevere magari gli ospiti o per riposarvi.

In questo secondo viaggio grazie a Baodir che ce le fa notare scopro sui muri di molte moschee e costruzioni varie, a partire già da Khiva, piastrelle di ceramica che ripetono all’infinito alcune variazioni geometriche di un concetto religioso, morale e civile nato dalla fusione del buddismo con lo zoroastrismo. Si tratta di mattonelle a forma di fiocco con due braccini centrali, dove la parte superiore indica il bene e il paradiso, la parte inferiore il male e la dannazione eterna, la parte centrale rappresenta la zona di confine e di passaggio tra il bene e il male. Mi sorprendo a pensare che capovolgendo la piastrella il bene diventa il male e il male diventa il bene…. Per fortuna a volte quel simbolo contiene anche tre cerchietti, che indicano i tre comandamenti summa dello zoroastrismo: “pensare bene, dire bene, fare bene”. Anche se si capovolgono le piastrelle i tre concetti non cambiano: cambia solo la loro successione, ma i tre comandamenti che consigliano i tre tipi di bene restano intatti…..

Mi rendo conto che quel simbolo a forma di fiocco con le due braccine centrali in qualche modo anticipa di fatto il disegno della croce nel mondo cristiano.  Mi viene in mente, e diventa una pulce nell’orecchio, che la croce in Europa ha fatto la sua comparsa ben tre secoli dopo Cristo, per l’esattezza grazie a un viaggio a Gerusalemme di Elena madre dell’imperatore Costantino. A Gerusalemme, che a quell’epoca si chiamava Aelia Capitolina ed era la capitale della Siria Palestina perché l’imperatore Adriano aveva abolito sia il nome Gerusalemme che il nome Giudea  dell’intera sua regione attorno. E’ molto probabile che in Siria Palestina siano arrivate, grazie alla Via della Seta e alla Via delle Spezie, influenze centroasiatiche e quindi anche buddiste e zoroastriane. Ancora oggi in Iran esistono ancora piccole comunità di zoroastriani, con un loro tempio dove arde perennemente il fuoco, simbolo del loro Dio. Come che sia, a Tashkent, capitale de’’Uzbekistan, scoprirò con grande meraviglia che le mattonelle con questi simboli sono state utilizzate pochi anni fa perfino dagli arabi sauditi che hanno ricostruito un complesso di moschee e madrasse andato completamente distrutto con il terremoto del 25 aprile 1966, che privò delle abitazioni 300.000 persone.  Forse la sorpresa più grande è scoprire che quei simboli sono utilizzati, oggi, perfino  per le piastrelle dei marciapiedi. Evidentemente certi concetti si fissano nel DNA culturale e riemergono anche inconsciamente.

A Khiva la sera abbiamo assistito  a una festa in piazza che pure non si può raccontare. Molti i turisti italiani presenti, chissà perché in gran parte veneti, ma unica l’espressione stampata sulla faccia di tutti, italiani e non: gioia e commozione. A me si sono inumiditi gli occhi a vedere così tanti bambini e bambine, dai due ai dieci anni, forse dodici, ballare felici assieme a giovani, anziani, vecchi, parenti e sconosciuti, al suono d’una orchestra d’altri tempi e alla voce di un cantante e una cantante che non sfigurerebbero non dico a S. Remo, che ritengo ormai una pochade, ma in una festa in piazza nella Napoli verace o nella Palermo profonda o in Alexander Platz a Berlino.

A Khiva è iniziata l’orgia di minareti, moschee, madrasse, caravanserragli, harem, mausolei, musei e residenze storiche che ci ha accompagnato come un delirio per tutto il viaggio, denso come una continua abboffata di cassate siciliane. Uno stordimento permanente. Le cupole a cipolla o di altra forma rotonda delle moschee a un certo punto sembrano piccole nuvole irraggianti luce smaltata, ventri beati della dea Venere posati sul pianeta Terra per consolare gli umani della durezza del quotidiano. Il complesso delle tre moschee e madrasse di Samarcanda, noto come Registan,  è di una bellezza sublime. Ha qualcosa in meno di piazza S. Marco, forse perché manca il mare, ma ha anche qualcosa di più. Il perimetro interno delle tre moschee e madrasse è un susseguirsi di botteghe artigiane, come del resto in quasi tutte le moschee e madrasse non più in funzione dell’intero Uzbekistan. L’elenco delle cose indicibilmente belle, stoffe, tappeti, capi d’abbigliamento, miniature, ceramiche, strumenti musicali, terrecotte, pezzi d’artiginato di vario tipo, ecc., è talmente lungo che posso solo risparmiarvelo.

Sorprende sempre la varietà, la vivacità e la libertà del vestire di tutti, specie delle donne: una marea di colori che surclassa il grigiore omogeneizzato e omologante della moda in voga da noi, nelle nostre città il nero e il grigio sono così dominanti da far sembrare le folle in metropolitana e negli autobus gente che partecipa a un funerale che non finisce mai. In Uzbekistan ho visto donne vestite con abiti dai disegni talmente luccicanti da parere piccoli cieli stellati. Quando le donne così vestite camminano il luccichio si frammenta in mille piccole intermittenze: ai loro bambini quelle madri devono  parere davvero celestiali, il firmamento tremulo di stelle…. E ho visto bambini tenuti e vestiti come piccole bomboniere, preziosi confetti coloratissimi. Ho visto donne cullare incessantemente il proprio bimbo in culle di legno fantasiose e variopinte con un piede mentre con le mani lavorano sedute. Non si può evitare di restare non solo piacevolmente sorpresi, ma anche sgomenti: da quand’è che noi non curiamo così i nostri piccoli?

Mi sorprende anche nelle moschee uzbeke ciò che già avevo notato nelle moschee dell’Iran e del Marocco, oltre che nelle sinagoghe ebraiche. Quest’ultime però non irradiano così tanta luce e colore come le moschee antiche, sempre rivestite di piastrelle e decorazioni varie smaltate come in Russia le pareti interne di certe chiese ortodosse sono interamente rivestite di minuscole icone di grande bellezza. Mi sorprende cioè l’assoluta assenza di raffigurazioni di corpi umani variamente martoriati e martirizzati che si sono accumulate nelle nostre chiese per secoli e secoli fino a farne un incubo sgradevole e a volte orribile a vedersi, una continua via crucis vessatoria e colpevolizzante dalle infinite stazioni grondanti sangue: un tutto che vuole imporre – e ha imposto per secoli e secoli – la visione della vita umana come valle di lacrime, parentesi utile solo a soffrire per guadagnarsi il paradiso…. Poiché la religione musulmana proibisce la raffigurazione sia di Dio che degli esseri umani, non c’è stata la sterminata produzione di affreschi e dipinti a carattere immancabilmente sacro tipica dell’Europa. Nelle moschee non solo uzbeke gli artisti non hanno elucubrato in tutte le declinazioni possibili e immaginabili né le passioni con corone di spine né le crocifissioni, le piaghe e i volti “sacri” stralunati dal dolore, i costati trafitti e le vergini martoriate, le Madonne espropriate sia della femminilità che del figliolo. Espropriate cioè del povero Cristo eternamente frustato da legionari e inchiodato alla croce, il Cristo sempre sanguinante – dalle stimmate, dalla fronte cinta con la corona di spine, da tutti i pori possibili e immaginabili – e sempre afflitto e sofferente. Le nostre chiese sono fatte per incupirsi e recitare il Mea Culpa, i minareti e le sinagoghe sono fatte invece per respirare, liberarci del peso del quotidiano, lasciare andare l’immaginazione e stimolare il nostro spirito verso l’alto, verso il cielo, senza afflizioni di sorta. Le moschee di Samarcanda e di molte località uzbeke sono arcobaleni e pezzi di cielo permanenti.

Però un tarlo mi rovina il grande godimento delle infinite forme e policromie che adornano qualunque spazio esterno e interno delle moschee, minareti, madrasse, e quant’altro di bello e luminoso depositato nel corso dei secoli. Il tarlo che mi rode è la Storia. Il tarlo è sapere che qui e in altri spazi immensi, da est e ovest, da nord a sud,  Tamerlano – che in realtà si chiamava Amir (Emiro)  Timur Beg (Re) e soprannominato da morto Timur Lenk, cioè Timur Zoppo, perché secondo la leggenda era claudicante per una vecchia ferita in guerra – ha commesso stragi e orrori indicibili. Il nome Tamerlano non è altro che la latinizzazione del nome Timur e del soprannome Lenk. La  parola Lenk mi fa venire in mente il nostro vocabolo “sbilenco”, che in definitiva indica una persona o una cosa che zoppica, e scopro divertito che in effetti hanno origine comune: chi l’avrebbe mai detto! Le stragi e le distruzioni dello Zoppo erano state per giunta precedute dalle stragi e dagli orrori ben peggiori  seminati ovunque e su vasta scala da un suo precedessore e parente, Gengis Khan, padrone dell’impero più vasto mai esistito al mondo e le cui vittime si contano a milioni, ben più delle vittime di Hitler e Stalin messe assieme. In uzbeko la parola “ferrovia” contiene il vocabolo “timur”, che evidentemente deve significare “ferro”, perciò nel viaggio del 2010 mi venne da pensare a Stalin, che significa appunto “di ferro” e che ha seminato orrori fino a rendere mostruoso ciò che almeno come idea e intenzioni era più bello di mille moschee: fino a rendere cioè mostruoso il comunismo. Insomma, come dire che Timur Lenk, il “Ferro Zoppo” che a Napoli chiamerebbero “‘O Fierro Sciancato”, in definitiva è stato un predecessore di Stalin sia nel nome che nei fatti. Ed è grazie a Baodir che nel viaggio recente ho appreso che effettivamente a Tamerlano venne dato il nome Ferro, cioè Timur, su consiglio di Seiid Berke, un saggio ritenuto santo e che ne sarà il tutore e maestro, tanto amato dal suo discepolo e re da convincere questi a voler “essere seppellito sotto le gambe  di Seiid”. Che infatti riposa nello stesso mausoleo di Tamerlano e di alcuni suoi discendenti in una tomba a pochi metri di distanza da quella del suo ex discepolo  sistemata in modo che la testa di quest’ultimo sia vicina alle gambe del suo tutore.

Il tarlo che mi rode consiste nel mio continuo chiedermi come sia possibile, e che senso, che ruolo e  che significato abbia il fatto che meraviglie architettoniche, artistiche e urbanistiche come quelle che vedo siano opera di chi nel contempo ha seminato morte e distruzione a piene mani. Il palazzo di Tamerlano a Shakhrisabz, alto 55 metri, era imponente non solo nelle dimensioni. Era completamente rivestito di ceramiche dorate perché potesse essere visto come un miraggio brillante anche a grande distanza. Aveva pareti con cascate d’acqua fatta arrivare con chilometri di tubazioni dalle montagne del Pamir. Tutto distrutto dopo la morte di Tamerlano dal conquistatore di turno che distruggendo il palazzo, del quale restano alcune rovine comunque imponenti, voleva dimostra ei essere più potente di Tamerlano. Mentalità neppure da asilo infantile….

Conquistato e ingrandito il regno, immenso, Tamerlano riuscì a renderlo pacifico, prospero e sicuro. La sua concezione della gestione del potere e dello Stato,tramandata nel suo famoso “Codice”, è quanto mai moderna, adatta ai nostri tempi, il suo succo infatti è: “La forza è nella giustizia”. La potenza dello Stato era fondata no tanto sulla spada quanto su un efficiente sistema legislativo. Tanto da potersi così vantare: “Io ho stabilito tale ordine e disciplina che permettono a un bambino attraversare tutto il mio stato con un piatto pieno di oro in testa senza perderne una particella”. Motivo per cui mercanti e artigiani potevano commerciare anche viaggiando restando sempre sicuri di non avere sgradevoli sorprese da parte dei ladroni che un tempo non mancavano.

Sì, lo so da un pezzo che la Storia gronda luci, bellezza, sangue e merda. Ma qui l’accumulo colpisce. Più che altrove. Forse perché si arriva nelle città attraversando deserti e perciò sono viste come miraggi. E i miraggi, si sa, si pretende siano solo belli, luminosi, splendidi, e invece le città di tutto il mondo  deludono con la loro parte di viscere oscure: la Storia… Che ha ovunque un cuore oscuro, cosa che mi delude e mi turba non poco.

A proposito di Storia: una armata di 50 mila mongoli a cavallo al comando di Batu Khan, nipote dei Gengis Khan, dopo avere invaso l’Ungheria e la Polonia stava per dirigersi su Vienna e oltre, ma non appena saputo della morte di Ogodai, il capo di tutti i Khan,  ha fatto dietro front per partecipare all’elezione del successore. Se avesse invece proseguito, e se lo avessero magari raggiunto le altre due armate da 50 mila cavalieri ognuna impegnate a sud dell’Ungheria, la Storia del mondo sarebbe stata molto diversa: perché sarebbe stata diversa la storia dell’Europa, Italia compresa.

Gengis Khan, che tradotto significa Grande Khan, cioè Grande Re, ha conquistato un impero enorme utilizzando soprattutto il terrore: le città conquistate venivano quasi sempre distrutte e le loro popolazioni sterminate in modo da impedire velleità di resistenza da parte degli altri popoli e delle altre città da conquistare. Le sue vittime si contano a milioni, e c’è chi dice a decine di milioni. Ma il va e vieni di conquistatori di ogni tipo ed etnia, dagli arabi ai persiani, dai mongoli ai turchi nomadi e ai carakanidi, è stato tale che in pratica tutte le città dell’Uzbekistan sono state ricostruite e negli ultimissimi secoli è invalso l’uso di ricostruirne anche i vari monumenti, dalle moschee ai mausolei. La città che conserva più tracce di epoche storiche diverse è senza dubbio Bukhara, la cui costruzione più antica è l’imponente fortezza Ark, anche questa con le strane mura come quelle di Khiva. A Bukhara si trova la moschea dell’Acqua di Giobbe, costruita su un pozzo d’acqua ritenuta ancora oggi miracolosa e porta fortuna, tant’è che i pellegrini la bevono lasciando offerte in danaro. Afflitti a suo tempo da una siccità terribile, gli abitanti di Bukhara pregarono il profeta Giobbe finché sgorgò miracolosamente un pozzo d’acqua che evitò morissero in massa di sete. Ecco il perché di questa moschea e del suo nome.

Sulla vecchia piazza caratterizzata da una grande vasca d’acqua c’è il curioso monumento in bronzo al mitico Khodja Nasriddin sul suo asino. Nasriddin era il mullah e il saggio più famoso dell’islam sufi, protesse i poveri e lottò per la giustizia, perciò mollto amato dal popolo. Il mullah e l’asino guardano verso il lato della piazza sul quale si affaccia un bell’edificio costruito per ospitare i dervisci, predicatori itineranti musulmani senza famiglia né fissa dimora. Alle spalle di Nasdriddin e dietro il sedere del suo asino c’è un palazzo privato che una volta era una madrassa, mentre oggi nel suo grande cortile si può mangiare all’aperto e assistere a spettacoli e danze folcloristiche, a me è capitato di vedervi anche una sfilata di moda. L’ostello per i dervisci ha una storia curiosa: a suo tempo un certo Nadir Divanbeghi offrì un paio di orecchini alla donna della quale era innamorato, ma lei non accettò il regalo. Gli orecchini dovevano valere una fortuna visto che l’uomo decise di venderli e col ricavato costruì l’ostello per i dervisci.

Bukhara ha più tracce di Storia, ma la città più bella è Samarcanda. Il complesso del registan vale anche da solo il viaggio. Ci sono altre meraviglie. Tra queste, il mausoleo di Tamerlano e suo nipote Ulug Beg, oltre che di altri successori e del tutore Seiid Berke. Tamerlano non era certo neppure lui un cuore tenero, ma ha il merito di avere ricostruito varie città e di avere stimolato anche la rinascita culturale, che con suo nipote Ulug Beg porterà Samarcanda ad essere la capitale mondiale delle scienze, cosa che Ulug Beg pagò con un prezzo assai più grande di quello che la Chiesa fece pagare a Galileo Galilei. Desiderosi di scalzarlo per prenderne il posto e il regno, un gruppo di musulmani di un’altra etnia, i turchi nomadi, lo uccise e giustificò l’assassinio accusandolo post mortem di essere stato un grande peccatore perché aveva osato scrutare e studiare il cielo. Grande astronomo, Ulug Beg nel 1428 volle infatti realizzare il più grande osservatorio astronomico del mondo con un sestante di 40 metri di raggio, in parte scavato nella roccia e in parte eretto in muratura. Attorno al sestante fece erigere un edificio cilindrico su quattro livelli alto 35 metri e largo 60. Ogni livello poggiava su decine di pilastri e si apriva su una serie di 28 portali simboleggianti le 28 case del ciclo lunare. Sul tetto si trovava un enorme regolo parallattico per il calcolo dell’azimut. Con un sistema di mire si poteva misurare con precisione quando un astro passava in meridiano. Ulug Beg poté così compilare un catalogo stellare, il “Zidji Kuraganiy”, con le coordinate di 992 stelle fisse,  misurate con la straordinaria precisione di 2″d’arco, più le coordinate di 27 stelle prese dal Libro delle stelle fisse scritto nel 964 dal persiano Abd al-Rahman al-Sufi. Inoltre – prima che Cristoforo Colombo pensasse che la Terra fosse rotonda e che quindi si poteva raggiungere l’India navigando verso Occidente anziché vero Oriente, idea che lo portò a “scoprire” l’America – Ulug Beg, esperto di trigonometria e geometria sferica, faceva calcoli su un mappamondo. Studiando Averroè aveva appreso  che i pianeti non girano attorno alla Terra ma attorno al Sole, aveva inoltre calcolato la durata dell’anno terrestre con un errore di appena 58 secondi e le traiettorie dei pianeti.

Se l’Asia Centrale è musulmana lo si deve a Tamerlano, che dopo avere conquistato territori oggi dell’Iraq portò da Bassora a Samarcanda l’unica copia esistente del corano, il libro di grandi dimensioni – oggi conservato a Tashkent – scritto direttamente da Osman, il discepolo e amico di Maometto. Il profeta dettava a Osman ciò che Dio man mano gli diceva comparendogli in sogno.

A quanto pare Tamerlano lanciò una maledizione su chiunque avesse osato disturbare il suo sonno eterno. Per poterlo studiare, il corpo di Tamerlano fu portato nel 1941 a Mosca togliendolo il 19 giugno dalla sua tomba nel Mausoleo Gur-e Amir di Samarcanda, ancora oggi meta di pellegrinaggi e di preghiere,   dall’antropologo russo Mikhail M. Gerasimov, che scoprì che “Lo Zoppo” non era diventato tale per una ferita in battaglia, ma perché era nato con la gamba destra più corta della sinistra. Tre giorni dopo l’esumazione la Germania di Hitler invase l’Unione Sovietica. Quando la leggenda della maledizione giunse alle orecchie di Stalin, il dittatore sovietico ordinò che entro 48 ore la salma di Tamerlano fosse rimessa al suo posto nel mausoleo e con il rito musulmano, cosa che avvenne a fine 1942. Dopo qualche settimana, esattamente il 31 gennaio del ’43, gli invasori tedeschi si arrendevano a Stalingrado segnando l’inizio della riscossa sovietica.

Nei paraggi di Samarcanda c’è un’altra tomba eccezionale, quella del profeta Daniele. La leggenda dice che la sua salma si allunga di un centimetro l’anno, tant’è che gli hanno fatto una tomba lunga 18 metri, sempre affollata di pellegrini che pregano.  Quando la salma di Daniele cesserà di crescere, finirà la storia di Samarcanda e del mondo. Speriamo che cresca ancora di molto, ben più di 18 metri e che allunghino quindi di vari chilometri il sarcofago…

Faccio il giornalista da quasi 40 anni, perciò ho lavorato soprattutto nel giornalismo cartaceo. Se conosciamo e usiamo la carta, prodotto che non riguarda solo noi giornalisti, ma l’intera cultura, la sua diffusione e trasmissione, lo dobbiamo alla battaglia di Talas, nell’attuale Kazakistan, combattuta nel luglio del 751. Quella di Talas è stata una delle rarissime battaglie che dal punto di vista della diffusione delle tecnologie e delle culture, materiali e non, ha un’importanza positiva e decisiva nella Storia dell’intero genere umano. A Talas i 30 mila arabi guidati da  Ziyād ibn Ṣāliḥ al-Khuzāʿī, signore di Bukara e della Sogdiana per conto del califfo di Bagdad Abu Muslim, affrontarono e vinsero i 30.000 soldati del coreano Kao Hsien-chih, incaricato dall’imperatore cinese di occupare la Transoxiana, cioè la terra ad ovest del fiume Oxian, oggi Amu Darya, che con il Syr Darya delimita un territorio chiamato con un nome equivalente a Mesopotamia, cioè Terra tra i due Fiumi. A fare il tifo per Ziyad c’era pure il fratello del signore di Shāsh, oggi Tashkent, occupata dai cinesi. Bene. A Talas gli arabi vinsero e tra i loro prigionieri c’erano dei tecnici addetti alla produzione di carta, invenzione cinese sconosciuta agli arabi e al resto del mondo, che usava ancora il papiro, invenzione egiziana, o la pergamena, invenzione di Pergamo, oggi in Turchia. Quei tecnici fatti prigionieri si dissero disposti a insegnare ai vincitori come produrre un’utile novità: la carta. Vennero così portati a Samarcanda, dove c’erano 400 molini ad acqua, perche mostrassero l’intero procedimento. Che io ho visto con i miei occhi in uno di quei 400 mulini sopravvissuti a Samarcanda!

Il procedimento è questo: si tagliano e si mettono ad ammollo in acqua dei rami di gelso, dello stesso albero cioè che ci dà la seta tramite il baco che si nutre esclusivamente delle sue foglie. Poi si taglia per il lungo la corteccia, della quale con una lama si separa la corteccia interna da quelle esterna così come a tavola togliamo come un guanto la pelle dell’anguilla cotta ai ferri. Poi si raccolgono le cortecce interne e si fanno pestare in mortai azionati ad acqua fino a che diventano poltiglia. Mentre osservo affascinato le mani della ragazza che fa queste cose mi viene in mente che i romani quella corteccia interna la chiamavano “liber”, donde  la parola “libro” oltre, si badi bene, alla parola “libero”. Un caso? Se sì, è meraviglioso: i libri infatti oggi sono fatti di carta, nata da quella corteccia “liber”… I buoni libri inoltre aiutano a diventare liberi.

La poltiglia delle cortecce interne viene infine immersa in un pentolone pieno d’acqua, il tutto viene rimestato con un paiolo, vi si immerge un telaio a rete metallica quadrata e infine lo si tira su tenendolo orizzontale et voilà: scolata via l’acqua, ecco il foglio di carta! Che ovviamente va tolto dal telaio, pressato con gli altri, messo ad asciugare e poi lisciato con apposite pietre o conchiglie lisce. Pietre e conchiglie che a furia di essere usate son ridotte alla metà di com’erano, e hanno una facciata perfettamente liscia. Un procedimento simile l’ho visto fare 5-6 anni fa ad Amalfi, dove una antica cartiera usa gli stracci al posto della corteccia di gelsi o del legno d’alberi in uso ormai un po’ ovunque. Il passo avanti fatto fare alla carta dall’Europa è stata infatti l’idea di usare la poltiglia degli stracci prima e del legno dopo invece che il “liber” dei gelsi. Ma attenzione: gli stracci erano prevalentemente di cotone, e il cotone, già usato dagli egizi, è la grande risorsa uzbeka e dell’Oriente in generale.

Usciamo dalla antica piccola cartiera visibilmente affascinati. A scuola dovrebbero insegnarci di più e più onestamente molte cose…

La prossima volta vorrei vedere il Kazakistan, a partire proprio da Talas, e l’Uzbekistan del lago d’Aral, che una volta era il quarto lago più grande del mondo ed era ricco di pescherecci, di porti, di storioni che alimentavano una gagliarda produzione di caviale, mentre oggi invece è ridotto ai minimi termini, con le navi in secca a molti chilometri dall’Aral, i porti diventati terra arida e molta gente fuggita altrove per sfuggire alla disoccupazione. I sovietici hanno infatti utilizzato l’acqua dei due fiumi che lo alimentavano, il Syr Darya e l’Amu Darya, per dotare le città di acqua potabile, ponendo fine alle morie per infezioni intestinali, e alimentare le immense distese di campi di cotone dopo avere deciso che l’Uzbekistan doveva specializzarsi soprattutto nella coltivazione e produzione di cotone. Da allora il lago d’Aral di acqua ne riceve sempre meno.

Dopo tanta Storia piuttosto cupa, una bella visita al mercato di Samarcanda, una marea colorata di bancarelle e banconi di ogni tipo con una massa incessante di gente che fa la spesa o si rifornisce di frutta fresca, frutta secca, carne, spezie, pane, ortaggi, dolci, ecc. Anche questa volta uscendo dal mercato per la via che conduce al mausoleo di Bibi Khanim, una delle mogli di Tamerlano, c’è la solita ressa di ragazzi e ragazze che si dicono zoppi o variamente  malati e di giovani madri con bambini “molto malati”. Strano, ma appena intascano l’elemosina i ragazzini e le ragazzine smettono di zoppicare e si allontanano di corsa…. Segno che, per fortuna, anche i bimbi “molto malati” in braccio alle madri meste sono in realtà sani come pesci. Il che non è un buon motivo per non dare a tutti un biglietto da 1.000 sum, moneta nazionale, equivalenti ad appena 40 centesimi di euro.

Arriviamo alla moschea di Bibi Khanum, la moglie favorita del terribile  Tamerlano. La tradizione dice che le donne musulmane portano il velo per una storia romantica e tragica capitata a Bibi, che nel 1.400 decise di costruire la moschea più grande di tutta l’Asia, con una cupola alta ben 55 metri, tanto quanto lo splendido e maestoso palazzo di Shakhrisabz. Tamerlano le fece avere i più bravi specialisti, compreso un focoso architetto arabo che si innamorò della bellissima Bibi. Per poterla vedere e frequentare il più possibile l’architetto ricorse allo stratagemma di tirare per le lunghe l’edificazione della moschea. E quando Bibi spazientita gli chiese cosa volesse per accelerare i tempi l’uomo le rispose: “Un bacio”. Lei ne restò turbata, ma acconsentì. Porgendo però solo una guancia anziché le labbra. Per giunta, presa da pudore se la coprì all’ultimo momento con la mano prima che l’architetto le scoccasse il bacio d’amore. Un ripensamento che però non impedì la nascita di una macchia rosea sulla guancia. Quando Tamerlano le chiese il perché di quella macchia Bibi rispose “E’ una cosa del pudore delle donne”.

Alla fine però il terribile condottiero venne a sapere la verità. Pazzo furioso di gelosia fece murare viva la moglie nella moschea ormai quasi terminata, che divenne così il mausoleo di Bibi. L’architetto riuscì a sfuggire alla condanna a morte rifugiandosi su una torre. Inseguito, piuttosto che essere catturato preferì buttarsi giù per morire. Ma mentre precipitava gli spuntarono le ali, si trasformò in uccello e volò via.

Mi è stata però raccontata anche un’altra versione. Secondo la quale  Bibi offrì all’architetto innamorato non il proprio amore, ma l’amicizia. L’uomo però  le offrì da bere dell’acqua e del vino, facendole notare che l’acqua non ha sapore mentre il vino ha sapori forti “e brucia la gola come il mio cuore brucia per te”. E così Bibi concesse molto di più di un casto bacio sulle guance. Ma fu talmente imprudente da confessarlo al marito quando rientrò vittorioso da una delle sue guerre. Tamerlano mise a morte il troppo audace architetto e ordinò di gettare la donna dall’alto della sua moschea. C’è chi dice che quando la gettarono giù le gonne le fecero da paracadute e lei riuscì a toccare terra senza danni. “E vissero felici e contenti”. C’è però anche chi dice che Bibi precipitando si trasformò in uccello e volò via libera.

Oggi la moschea è in rovina, le sue pareti a tratti sono scrostate e negli anfratti ospitano qualche nido di uccelli, ogni tanto ne sbuca fuori uno e vola via oppure ne arriva un altro col cibo per la nidiata. Penso a questa leggenda mentre fotografo col teleobiettivo le pareti della moschea: voglio ritrarre in primo piano le mattonelle smaltate, coloratissime e dai disegni sempre diversi, che danno un aspetto fantasmagorico anche a questa malandata e imponente costruzione. Ecco perché aziono il teleobiettivo. Mettendo a fuoco l’immagine, nel viaggio del 2010 a un certo punto ho visto inquadrato un merlo: si affaccia da un nido, pare mi guardi e dopo un attimo di esitazione vola via cinguettando allegramente… Era Bibi? Spero di sì. Anzi, emozionatissimo, ne sono sicuro. Nel secondo viaggio scruto col teleobiettivo le pareti del mausoleo di Bibi, ma il merlo non lo vedo. Mi sento spaesato e deluso. Poi di colpo la vedo di nuovo: Bibi è lì, con le sembianze di una tortorella, sopra un minareto della sua moschea. Pare mi guardi, tranquilla e sicura di sé, poi spicca ancora una volta il volo.

Spero di rivederti, Bibi. Anzi, ne sono sicuro.

Un pezzo del mio cuore è rimasto a Samarcanda.

161 commenti
Commenti più recenti »
  1. Uroburo
    Uroburo says:

    Cara Silvy,
    se intendi dire che CC non risponde a quel che gli si chiede non sarei d’accordo con te. Però posso darti io un mio punto di vista.

    Oggi come oggi la lotta di classe (quella condotta dai poveri, intendo, perchè quella fatta dai ricchi continua come sempre da millenni) è poco di moda. Il colonialismo è finito; il neocolonialismo è più difficile da identificare; lotte di liberazione se ne vedono poche in giro per il mondo. Le stesse guerre coloniali useggetta (Iraq ed Afghanistan) sono passate sotto silenzio da parte dei movimenti democratici di tutto il mondo perchè abilmente mascherate da lotta al terrorismo, che ovviamente non centrava nulla.
    L’unica vera lotta di liberazione ed anticolonialista è proprio quella dei palestinesi contro lo stato d’Israele, razzista, genocida, reazionario, repressivo. Oggi è impossibile essere democratici e non stare dalla parte delle rivendicazioni del popolo palestinese. Tu infatti non sei democratica.
    I membri del partito armato si volevano rappresentanti, anzi avanguardia, del movimento democratico ed anti-imperialista. Noi possiamo non essere d’accordo con questa presa di posizione – che anzi io considero un vero e proprio delirio politico come ce ne sono stati tanti nella storia: Gesù piuttosto che fra Dolcino, i giacobini piuttosto che i ludditi, i movimenti pauperistici piuttosto che le crociate popolari, i vari movimenti anarchici e via elencando – però questa è la collocazione che costoro si sono dati.
    In questo senso la bandiera palestinese era al suo posto. U.

  2. controcorrente
    controcorrente says:

    Caro Pino,
    complimenti, hai scritto quasi un libro e prima di rispondere alla nostra cara amica Sylvi,volevo giustamente ringraziarti per il tuo ottimo lavoro di “cronista -storico “, ovvero di quello che non si limita a descrivere le meraviglie della “vista” di passate culture, ma tenta di riannonarde i fili con l’analisi dei fatti storici.
    A ben pensarci , l’unico modo serio di fare storia-cultura-arte che abbia un senso…cosa del tutto rara nell’occidente ormai separato da pregiudizi e specializzato al fine di avere una resa economica maggiore..tanti piccoli geni che a forza di specializzarsi finiranno per non sapere come si allaccia un paio di scarpe..quando finiranno i filippini ,marceremo scalzi ..eh,eh,eh

    cc

  3. controcorrente
    controcorrente says:

    Torniamo alle nostre “paturnie quotidiane “…

    Cara Sylvi,
    dei simboli si può approppriare chiunque,delle idee un pò meno visto che poi a “giudizio” arrivano i fatti.
    Del resto, puntuale è arrivata la precisazione di Uroburo…confondere la Lotta del popolo palestinese ,con la vicenda della Br nostrane, è una assurdità dal punto di vista storico.
    Sarebbe come dire che tutti gli Irlandesi sono “nazisti” in quanto durante la II GM in qualche caso appoggiarono la Germania,poichè questa era nemica dell’Inghilterra suo oppressore al momento…così come fece Ghandi ..che forse Ghandi era nazista , solo perchè la croce uncinata era Indù e il Folle, patito di esoteria ?
    Dulcis in fundo , poi ,mai confondere le lotte di liberazione nazionali, con la lotta di classe!
    Una grande fesseria storica e di metodo politico !
    Marx ci avrebbe fatto sopra una colossale risata !

    cc

  4. controcorrente
    controcorrente says:

    …c’era…va bene la bandiera rossa con falce e martello…

    Mia cara,
    Mica tanto bene!!! …forse ,dal tuo punto di vista , magari ,fa comodo confondere,la storia del PCI e dei comunisti italiani con dei terroristi..dal punto di vista storico è un falso farcito di propaganda spicciola (alla Sylvino), tanto per capirci…
    Come vedi, frequento Orti italiani e sto fuori dai minestroni,(per carità,ottimi piatti, tradizionali, ma quando si parla di alta cucina , bisogna saper distinguere tra una braciola di maiale e per esempio “ravioli di musetto con mostarda di verdure “…
    Un pò come confondere la merda con il risotto !!

    cc

  5. sylvi
    sylvi says:

    caro Pino,

    MAGNIFICO! Complimenti!

    Una conoscente che aveva fatto il tuo stesso giro, venne a casa dicendo:
    -sì, sì , bello, ma tanta miseria!-
    Non aveva capito niente!.
    Ti ringrazio.
    Sylvi

  6. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    Caro Pino,
    l’ho letto tutto d’un fiato e mi hai fatto venire una voglia…ma una voglia.. di andarlo a visitare seguendo i tuoi consigli che ho messo in memoria.
    Belle le foto.
    Mi sa che un giorno riempio lo zaino e vado.

    C.G.

  7. controcorrente
    controcorrente says:

    E poi cara Sylvi,

    ho notato una asprezza di giudizio, meritata sì,(razionalmente), ma forse un tantino fuori le righe.,..infatti mi ricordo la com-passione della nostra cara amica Anita per il tenentino della RSI.
    Infatti ,bene ha fatto a richiamare il Gino ,un parallero con gli ex-repubblichini…molti di loro scelsero la strada sbagliata per un ideale “farlocco”..e ne pagarono le conseguenze ,certo, non con l’ergastolo dati i tempi, (ma appunto erano altri tempi)….!!
    Altri se la “sfangarono” ..egregiamente !!(forse più colpevoli ancora).
    Ora, non so ,quale sia il tuo giudizio…in merito…!!
    Di certo se compassione va esercitata , bisogna farla , con gli stessi pesi e misure , se di compassione si tratta.
    Meglio forse attenersi ad un giudizio laico, meno compassionevole, sai la compassione è un sentimento ,molto influenzato…dai pesi e dalle misure a seconda dei casi e delle convenienze , ovvero, se si applica la compassione ,deve essere per tutti…!!!
    Se no, ci si attiene al giudizio storico a seconda dei tempi !
    Una cultura liberale vera ,consente che ognuno possa farsi i propri funerali..vedo tante immagini di Cristo, su bare di persone come dire a mio giudizio, con contenuti equivoci. dal presunto punto di vista anche solo del Cristo della Chiesa…, ma appunto, a mio giudizio..chi sono Io ,Dio ?
    Mi astengo sempre in questi casi,che i morti seppelliscano i loro morti in pace.,e con i riti che credono più opportuni,..con pochi commenti dei giudicanti….a latere..ridondanza inutile, ai fini pratici..direi pratica propangandistica per altri fini !

    cc

  8. sylvi
    sylvi says:

    caro Uro,

    se io fossi palestinese e combattessi per una formazione dignitosa e giusta del mio Stato…; se desiderassi trovare una soluzione realistica ed equa al mio diritto a vivere libera nella terra dove abito , pretendendo il mio, ma contemporaneamente accettando i fatti immutabili della storia…non avrei permesso che “quella bandiera” fosse in quella bara!!!

    -Che code no và tà che agnele- proverbio friulano.
    traduzione -(quella coda non appartiene a quell’agnello).

    Sylvi

  9. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    Lo scrive nella sua pagina Facebook il professor Ariel Toaff, israeliano e figlio dell’ex rabbino capo di Roma.
    —————————–

    Ariel Toaff
    La stampa italiana diversamente da quella straniera, si sforza di ignorare sistematicamente i partiti della sinistra israeliana, come Meretz. Sul palcoscenico mediatico compaiono soltanto in un quadro uniforme e deprimente gli eroi della destra colonica e nazionalista, con i loro alfieri Netanyahu e Lieberman, e i pittoreschi esponenti del giudaismo ortodosso in palandrana nera che per convenienza li sostengono.
    Questo stato di cose rende un grande servizio alla destra ebraica italiana, sostenitrice di un’immagine di Israele che si identifica completamente e con entusiasmo con la politica di occupazione militare e di colonizzazione del Likud. Questa destra ebraica, che ha dato con successo la scalata ai vertici delle principali comunita’ ebraiche italiane, impiega gli ingenti mezzi messi a sua disposizione per presentare al pubblico come reale un quadro immaginario in cui il vero ebraismo si identifica con quello della destra nazionalista e colonica israeliana, mentre chi la pensa diversamente, e in particolare gli ebrei di sinistra in Israele e fuori di essa, scrittori e intellettuali, vanno bollati come traditori del giudaismo e odiatori di se stessi.
    Va da se’ che in questo quadro tendenzioso, destinato a un pubblico ebraico e non ebraico altamente sprovveduto, non c’e’ posto per i partiti del centro, del centrosinistra e della sinistra, che raccolgono quasi la meta’ dell’elettorato israeliano. Come diceva recentemente un leader di una comunita’ ebraica italiana: “I partiti della sinistra israeliana ci fanno vergognare, quindi non esistono”.

  10. controcorrente
    controcorrente says:

    Cara Sylvi,
    è Veramente incredibile che tu pretenda si tanta coerenza da un popolo che ha così pochi appoggi internazionali tra quelli che contano e mahai speso una parola per la grande USA ,che ha foraggiato credibili asasinii d massa in Cile e d Argentina,e prima in Brasile ed in tutto il sud america, che in Asia ha armato fino ai denti talebani e fondamentalisti olo per parlare del recente…
    Mai poi ,ai speso una sola parola per un Papa, che mentre condannava a morte un suo Monsignore (romero) pasteggiava con Pinochet.
    Mia cara se non fosse perchè sei una Signora…..
    Abbiti cura,per il tuo paradiso,in mezzo ad assassini come dice uroburo, innalzati al trono divino, se questo è il paradiso meglio bruciare tra le fiamme dell’inferno !

    cc
    detto tra di noi, evita di incensare Pino…non hai capito un cazzo di quello che ha scritto..molto meglio i resoconti dei tuoi veneti,,vi trovate..meglio tra di voi !

  11. Uroburo
    Uroburo says:

    Cara Silvy,
    presumo che l’ambasciatore palestinese in Italia ti abbia telefonato per spiegarti le ragioni per le quali ha fatto esporre la bandiera palestinese sulla bara di Gallinari.
    Oppure che chi gli stava intorno ti abbia detto il perchè di quella scelta. Oppure, moooolto più probabilmente, che l’abbia deciso per i fatti suoi senza chieder niente a nessuno.
    Però a me sembra intuitivo che questa scelta sia stata individuale e non certo decisa a livello diplomatico o di governo.

    Curioso poi il tuo richiamo ai fatti della storia, mentre lascerei l’immutabilità dei suddetti al Rodolfo, che essendo indiretta comunicazione con Dio conosce il futuro.
    Bisogna accettare i fatti (immutabili, sic!) della storia, dici tu. Quindi possiamo tranquillamente cassare il processo di Norimberga. Mi resta la curiosità di sapere cosa ne pensi del processo Eichmann.
    Tuttavia se quello che conta sono i fatti della storia, che è una negazione del concetto stesso di giustizia e di legalità internazionale, allora ho ragione io nel dire che gli israeliani dovranno darsi da fare per essere i più forti da qui alla fine dei secoli. Perchè tolta la giustizia e la legalità rimane solo la forza, che era, tra parentesi, proprio quel che diceva il povero Adolf …
    Mi sa tanto che non ti sei resa ben conto delle conseguenze delle tue affermazioni, come ti succede ogni tanto. Oppure che le regole per te valgono solo per alcuni ma non per altri. Vista la tua notoria apertura verso le organizzazioni operaie propenderei per questa visione delle cose.
    Forza cara, che mancano solo poche settimane …. U.

  12. Rodolfo
    Rodolfo says:

    Ancora ai nostri giorni l’ex Segretario di Stato Usa Henry Kissinger ha detto chiaro e tondo che chi controlla l’Asia Centrale si assicura un vantaggio enorme perché oltre a essere ricca di minerali e altre risorse è la culla del nostro sapere scientifico.

    Forse e’ stata la culla ….oggi il sapere scientifico sta’ altrove.
    Bello il suo racconto e le immagini molto interessanti…sembra visitare un museo…la prossima volta si faccia un bel viaggetto qui…
    http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=tLgdb6r0MQ4#!
    Un sasluto
    Rodolfo

  13. controcorrente
    controcorrente says:

    Cara Sylvi,
    infine, una mia vecchia pro-zia, un pò rintronata, ma particolarmente osservatrice e pignola nei dettagli, ha notato che sotto la bara c’era dello polvere…
    Non so se ti interessa , ma è decisamente un particolare curioso ed interessante !

    cc

  14. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x Rodolfo

    Me ne sono già fatti due, più uno in Libano, come sempre fuori dagli itinerari standard per turisti. E m’è bastato. Una realtà TOTALMENTE diversa da quella del suo video per gonzi ammaestrati in partenza o da ammaestrare. Una realtà di isole felici in mezzo al dolore altrui. Che mi ricordava il Sud Africa. Per pudore, ed eccesso di dolore, non ho ne ho mai scritto. Troppo sconvolgente. Chiaramente una miccia accesa, fonte di tragedie anche future.
    nicotri

  15. controcorrente
    controcorrente says:

    Sììììììììììììì rudolf,
    ma ,veniamo in massa ed avvertici solo che non ci sia qualche “buontempone” che proprio quel giorno non abbia deciso di fare un suicidio di massa per legittima difesa, armato di missili, regolarmente registrati come arma di difesa personale !
    Potremo così goderci la grande Amerika!
    Almeno per me , rigodermela !
    Sai i grandi laghi , l’orso Yoghi, a Yelloston,gli indiani, gli hot-dog e i casini di las vegas—certe sventole da far paura..peccato non riproducano !

    cc

  16. controcorrente
    controcorrente says:

    IMPERO ROMANO!!

    L’impero romano aveva organizzazione , esercito, mezzi finanziari e la migliore “tecnologia dell’epoca..strade ,ponti, acquedotti, città piene di templi,e cultura…
    Restano le rovine..dove migliaia di turisti osservano la grandezza che fu,,che fu..!!
    Un emergente della politica israeliana alla destra di netanyau au au, vuole spianare la moschea della roccia per rifare il grande tempio..sarà bene che si affretti…per i turisti futuri !

    cc

  17. controcorrente
    controcorrente says:

    Tanto per cambiare discorso ed argomento !

    Qualcuno dei Blogghisti ha mai letto , di Joseph Roth la Cripta dei Cappuccini ?
    SE si lo prego di farmene brevemente un sunto, così lo leggo accompaganto da un vostro giudizio !
    ve ne sarò grato !

    cc

  18. Rodolfo
    Rodolfo says:

    Io la capisco caro Nicotri….
    si vede e si capisce sempre quel che si vuole…si sente quel che si puo’..
    e la lingua batte sempre li dove il dente duole…
    la sua reazione me la sono gi’ a immaginata e non poteva essere diversa.
    Se e’ cosi …mi domando dato che c’ e’ stato due volte …se una volta non sarebbe bastata per capire….mica e’ masochista…e mi domando se mai c’ e’ stata una piccolezza che l’ ha colpita favorevolmente nello Stato d’ Israele.
    Rodolfo

  19. controcorrente
    controcorrente says:

    Rudolf carissimo,
    io, per esempio in Palestina non ci sono mai stato , spero un giorno di poterci andare e credo di trovarci un sacco di cose interessanti,fuori dai percorsi turistici tradizionali !

    cc
    Non ho ancora ben capito se posso visitare la grotta della natività, visto che la tradizione dice che un gruppo di angeli l’ha portata a Loreto…magari tu Sylvi puoi rendermi edotto !!

  20. Rodolfo
    Rodolfo says:

    xcc
    Forse Nicotri …potrebbe darti una risposta…lui va sempre alla rincorsa del passato…
    Rodolfo.

  21. controcorrente
    controcorrente says:

    Non lo so ,sai ,fino a ieri, pensa ,che pensavo , (sic come sono ignorante) che la Cripta dei Cappuccini, fosse un noto Bar di Vienna,in stile macabro, ove venivano serviti i migliori cappucini dell’Austria per colazione !
    Rodolfo, dai, dimmi che tu l’hai letto !
    Simpaticone !

    cc

  22. Rodolfo
    Rodolfo says:

    No…non l’ ho letto caro cc…ma sono andato prontamente su Google…
    ed ora e’ come se l’avessi letto…
    ach internet…che invenzione fantastica…
    imparo e vado avanti….c’ e’ chi non impara mai e va indietro…
    inciampare andando all’ indietro puo’ essere fatale…
    R

  23. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    x cc
    Sono nato e cresciuto a 4 km da Loreto, giù al mare.
    Da ragazzo mi chiedevo..certo che ce ne sono voluti di angeli per trasportare la casetta della Madonna da Nazareth fino al medio Adriatico! Ammazza che fatica stì cherubini…
    Ci sono entrato diverse volte e non ho mai creduto a questa favola (un pò come le balle bibliche che ci propina Rodolfo) comunque devo ammettere che dentro quelle mure annerite dal tempo e dalle candele e sopratutto osservare la gente che prega in rispettoso silenzio un certo effetto lo fa.
    Suggestione? Forse.
    Dubbi? Molti.

    C.G.

  24. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    Bèh, tu a forza di andare indietro di 2’000 anni spero che qualche volta non ti rompi l’osso del collo.
    Occhio ai gradini bibbbbblici, quelli più scivolosi.

    C.G.

  25. Uroburo
    Uroburo says:

    Caro CC,
    ho letto sia la Marcia di Radetzky sia La cripta dei Cappuccini. Mi sono piaciute molto ed in genere mi è piaciuto il modo di scrivere di Roth.
    I temi da lui trattati riguardano la fine dell’impero asburgico e la difficile opera di reinserimento di un nobile reduce di guerra nella Vienna del tempo.
    Per certi versi ricorda un po’ Musil anche se i mondi da cui provengono sono opposti: ebreo ucraino Roth, austriaco purosangue, per la precisione carinziano, Musil.
    Colpisce il tono nostalgico di Roth, una nostalgia giustificata: la distruzione dell’impero,voluta dai suoi stessi abitanti, è stata una grande tragedia. Purtroppo però gli Asburgo non riuscirono a dare una risposta adeguata e funzionante al problema delle nazionalità che squassava lo stato.
    Ti consiglio comunque la lettura, ne vale la pena.
    Un saluto U.

  26. sylvi
    sylvi says:

    caro cc,

    guarda che è la Casa della Madonna che si venera a Loreto, con la Natività di Betlemme c’entra poco!

    La trama del libro la Cripta dei Cappuccini di Joseph Roth sicuramente la trovi su wiki, così come La marcia di Ra detzky che andrebbe letta per prima.
    Più che le storie narrate, in Joseph Roth conta l’atmosfera, anzi le atmosfere…al centro c’è il disfacimento dell’impero austrougarico; la fine di un mondo che fu così vasto e importante ; la fine di una civiltà, di un modo di vivere insostituibile, e che è anche la decadenza di chi ha vissuto quel mondo.
    Roth ha in sè la tristezza dell’ebreo che non trova Patria e quando gli pare di averla trovata la vede irrimediabilmente perduta.
    Sono andata a naso, a sensazioni, perchè è parecchio che non lo rileggo.
    Ricordo solo che mi emozionavano le sue descrizioni del mondo variegato, delle situazioni e dei popoli così diversi che descrive magistralmente… e le sue introspezioni.
    E’ uno degli scrittori che mi hanno colpito in maniera particolare.

    Sylvi

  27. sylvi
    sylvi says:

    Oggi fanno settantanni che mio padre combattè, insieme a numerosissimi compagni, la sua ultima battaglia sul Don.

    Lo dico semplicemente per spiegare che nel mio ricordo, settantanni non sono niente; forse il tempo mi è servito per accettare ” la cosa” , ma con quanta fatica!
    Sarete pronti a dire che poteva stare a casa sua, come no, e ci sarebbe rimasto anche con sua somma soddisfazione.
    Chissà, forse potreste aggiungere che …in fondo…che differenza c’è fra lui e i suoi compagni e i vari Prospero Gallinari?

    Quest’ultimo aveva un “ideale” , nevvero?
    Combatteva per la GIUSTIZIA e l’UGUAGLIANZA , nevvero?
    Quest’ultimo ha pagato il suo debito e ha meritato il funerale fra inni e bandiere!!!. Giusto?
    Mentre i morti in Russia furono con quanta forza cacciati nell’oblio dall’Italia ufficiale!
    In fondo, caro Uroburo, Gallinari era libero perchè malato …ed è morto abbastanza giovane, parole tue!
    Mio padre aveva 25 anni; non voleva uccidere, in nome di nessun ideale, ma quando ha ucciso aveva “il nemico” davanti…mors tua vita mea.
    E così è stato!
    Nessuna asprezza di giudizio, come dice CC, ma disprezzo per questi vigliacchi che colpirono a tradimento non il nemico, ma esseri umani innocenti, questo sì!
    I morti seppelliscano i morti, ma la copertura mediatica data mi ha fatto un po’ schifo!

    Sylvi

  28. controcorrente
    controcorrente says:

    Cara Sylvi,
    ma ci sei o cifai…dove hai letto che Uroburo abbia detto simili cose ?
    Sei peggio del Sylvino..e poi ti pareva ,che risaltava fuori la Storia degli Alpini di Russia che hanno fatto solo il loro dovere…!!
    Pure mio padre sparò ai Titini, per non farsi ammazzare,,dopodichè se fosse morto, io non sarei qui a commentare…,il reducismpo chissà perchè lo sopportava però poco..specialmente se condito da Ufficiali…

    Non ho capito, quindi, per colpa di Gallinari e del suo funerale che famo, ridichiariamo guerra alla Russia per fare dei nuovi funerali!
    L’evento mediatico…certo.. bastava che nessun organo di stampa si recasse ai funerali…così come quando decisero di non pubblicare i comunicati delle BR…
    Un rigo..ieri è mancato Gallinari Prospero, ex BR !
    Alcuni reduci e molti curiosi e giornalisti hanno assistito all’evento !
    Per fortuna che non ne muore uno al giorno di EX Br…dal punto di vista mediatico ..sai che roba !

    cc

    Ps-magari si consegnasse alla giustizia anche qualche camerata che ancor più vigliaccamente metteva qualche bomba…come a Brescia.., Magari, poi muore e i camerati potranno coprirlo con il tricolore e suonare l’inno di Mameli, con alzabandiera, sai che evento ..!!

    Eh si tempi brutti quelli di allora, poco cervello..molto sangue inutile è stato versato…a gratis con lutti e dolori..come i ragazzi del Don…che morivano senza saper veramente bene cosa diavolo ci facessero nelle steppe !! A gratis!

  29. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    Porcapuzzona!
    Non mi dire che c’era Giorgione Gaber che cantava la ballata del Cerutti e la Lambretta!!!
    Ero fuori a spalare la neve, mannaggia…

    C.G.

  30. La striscia rossa
    La striscia rossa says:

    Sono in guerra dall’età di sei anni. Una guerra come nel medioevo, un po’ ci si riposa e poi si torna a sparare.
    È una guerra senza via di fuga, senza una vera tregua, una guerra chiamata sangue.

    Yoram Kaniuk, scrittore israeliano

  31. La striscia rossa
    La striscia rossa says:

    Altro che aumenti. I redditi degli italiani sono destinati a diminuire e a tornare ai livelli del 1986, quando ancora regnava la lira. Secondo un’analisi di Rete Imprese Italia il dato è sceso a meno di 17mila euro: 16.955 euro contro i 17.337 euro dello scorso anno. Nel 2007, anno di inizio della crisi, il dato era a 19.515 euro. E scivolerà ancora fino ad arrivare appunto a 16.955 euro, il livello di 27 anni fa.

  32. Uroburo
    Uroburo says:

    sylvi { 21.01.13 alle 21:08 } Oggi fanno settantanni che mio padre combattè la sua ultima battaglia sul Don.
    Sarete pronti a dire che poteva stare a casa sua … in fondo…che differenza c’è fra lui e i suoi compagni e i vari Prospero Gallinari?
    Quest’ultimo aveva un “ideale” , nevvero?
    Combatteva per la GIUSTIZIA e l’UGUAGLIANZA , nevvero?
    Quest’ultimo ha pagato il suo debito e ha meritato il funerale fra inni e bandiere!!!. Giusto?
    I morti seppelliscano i morti, ma la copertura mediatica data mi ha fatto un po’ schifo!
    ——————————————————–
    Cara Silvy,
    quando leggo molti tuoi messaggi rimango sempre stupefatto per la tua straordinaria capacità di attribuire agli altri pensieri esattamente opposti a quelli che hanno.
    Scusami tanto ma conosco la storia troppo bene per non sapere che i disertori venivano messi al muro e quindi che era impossibile stare a casa propria. Soldato nella II GM lo fu anche mio padre, anche se per breve tempo, e certo avrebbe preferito starsene a casa sua.
    La sola idea di un confronto tra un soldato di leva ed un criminale, ancorchè politico, mi fa sorridere. Nel primo caso non vi fu scelta nel secondo caso fu solo quello: una scelta affatto personale.
    Questo però non toglie che molti soldati di leva si siano macchiati di crimini comuni semplicemente indegni. Certo un soldato di leva non poteva rifiutarsi di fare il soldato, né combattere, né di far parte di un plotone di esecuzione. Epperò nessuno lo obbligava a violentare donne, a sparare a civili inermi, ad incendiare case (magari con dentro gli abitanti), a mutilare nemici. Come sanno tutti coloro che hanno fatto il soldato queste cose non si ordinano ma alcuni le fanno.
    Non ho mai detto, né mai pensato, che avere un’ideale giustifichi azioni criminali. L’ideale del partito armato non ha proprio per nulla reso legittime le loro azioni folli e sanguinose. Anche le SS erano in gran parte formate da gente piena di ideali, ma le loro azioni restano criminali, proprio come i genocidi e le rapine dei sionisti. Quindi i tuoi ironici “nevvero” hanno, come ti succede spesso, sbagliato indirizzo.
    La scelta di “un funerale tra inni e bandiere”, che ho trovato francamente fastidioso come ho esplicitamente scritto, è stata una scelta individuale di chi ha organizzato la cerimonia. Mi spieghi come sarebbe stato possibile impedirlo? Con decreto prefettizio?
    Quanto alla “copertura mediatica”, a volte mi chiedo in che mondo vivi. La copertura mediatica di certi fenomeni è un elemento indispensabile del modo di vivere moderno. Spesso montato ad arte: ad esempio mi piacerebbe sapere chi ha voluto questa esposizione mediatica, se c’è stato qualcuno che l’ha voluto.
    Trovo poi che tu sei sempre straordinariamente enfatica: quel che a te fa schifo a me ha dato semplicemente fastidio. Un po’ di understatement, perbacco.
    Naturalmente partecipo con sentimento di amicizia al ricordo per la perdita di tuo padre.
    Un saluto U.

  33. Rodolfo
    Rodolfo says:

    Sono sicuro e mi immagino che visitare l’ Iran sotto certi aspetti deve essere anche una esperienza bellissima …Teheran come Baghdad citta’ esotiche protagoniste di tanti racconti…la gente gentile e ospitale….i colori sgargianti e le Moschee che lasciano senza fiato…le tradizioni …i lavori a mano dell’ oro e dell’ argento….
    insomma io non ci sono stato….ma me lo immagino non cosi tanto diversa dall’ Uzbekistan raccontato da Nicotri…eppure…
    Rodolfo http://www.repubblica.it/esteri/2013/01/22/foto/teheran_la_vittima_piange_sulla_spalla_del_boia-51035721/1/?ref=HRESS-4

  34. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    x Rodolfo .
    Leggo che il ministro degli Esteri israeliano Lieberman, chiede di “sbarazzarsi dei detenuti palestinesi”, e Silvan Shalom, vice premier di Israele, chiede di “applicare nei loro confronti la pena di morte”.

    Domanda: il neonazi Liebermann come vorrebbe sbarazzarsi e con quali metodi dei prigionieri palestinesi spesso rinchiusi per anni senza una cippa di processo?
    Li gasano?
    Li sciolgono con l’acido?
    Li buttano in mare, magari vivi, con una pietra al collo?

    Volendo, a domanda c’è sempre una risposta.

    C.G.

  35. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x Rodolfo

    Le sue insinuazioni e denigrazioni anche riguardo ciò che secondo lei io penso sono scontate, e denotano bene la sua persona, estrema presunzione e non eccelsa educazione comprese.
    Riguardo ciò che ho trovato di buono in Israele non c’è che l’imbarazzo della scelta: giornalisti coraggiosi come Amira Hass, Gideon Levi, Warshawsky, docenti e intellettuali come Ariel Toaff, Shlomo Sand, Israel Filkenstein, e molti altri. Uomini coraggiosi che hanno demolito alla base l’attuale politica di estrema destra israeliana e la politica che l’ha preceduta, smontando anche i miti fasulli della stessa bibbia e del sionismo politico. Nonché mostrando di quest’ultimo le sue origini geografiche e ideologiche comuni con i miti razziali del panslavismo e del nazismo.
    La sinistra israeliana è quanto mai lucida, anche se ormai costretta nell’angolo, ci sono giornali coraggioso, ben più di quelli italiani. Ho trovato interessante anche la presenza di arabi e palestinesi, che rendono il paesaggio umano meno monotono e più affine a quella che André Malraux ha definito “La condizione umana”.
    nicotri

    P. S. Naturalmente le dico ciò non per lei, perché sarebbe come rivolgersi a una lastra di pietra o a un sasso, ma a chi ha magari letto il suo post e me rivolto.

  36. Rodolfo
    Rodolfo says:

    No…caro gc…in Israele non sara’ mai possibile far nulla di quelle ossessioni che racconti tu….Israele non e’ l’ Iran del post Nr. 36′..
    ///dunque leggi…ma cosa leggi ….stronzate e nient’ altro///
    Rodolfo

  37. sylvi
    sylvi says:

    caro Uro,

    quel che mi ha lasciato senza parole, e anche mi ha preoccupato, è che al funerale di Gallinari ci fosse così tanta gente ( anche un candidato nella lista Ingroia…e ciò la dice lunga!) che si comportava come il tempo non fosse passato!
    Quei sessantenni abbondanti ( ma anche molti più giovani) hanno vissuto in Italia il periodo craxiano, poi quello berlusconiano, hanno vissuto un PCI cambiato di nome più volte…in Europa è caduto un Muro che ha ramazzato tutto il filo spinato di cui eravamo circondati.
    E’ caduta l’URSS e gli USA si sono autonominati difensori della democrazia nel mondo. E io ho sempre pensato che ciò è cosa negativa perchè non avere un equilibrio di potere porta ad eccessi di potere…
    Insomma c’è stata una vera rivoluzione nel mondo…e loro non se ne sono accorti.
    Ecco perchè la sx non vince in Italia!
    Sono sempre fermi là, fermi immobili negli stessi riti e pare che niente li sfiori di quel che c’è attorno.
    Ecco perchè Berlusconi vinceva.
    Io non intendo dire che tutti a sx sono così…ci mancherebbe…ma questi residui della lotta di classe marxista -leninista farebbero ridere se non avessero lasciato dietro di sè un’inutile scia di sangue ma che ha rovinato anche l’esistenza di figli, madri, mogli.
    E sono stati presi sul serio da una stampa che non ha il senso del decoro e della misura, nè del rispetto per chi rinnova il suo dolore vedendo quelle immagini!
    Ma se Ingroia è diventato ricettacolo di gente simile, nemmeno il PD ha stigmatizzato un bel niente!
    Una parolina la potevano dire…ma forse a me è sfuggita!!!

    —————————————————————–

    Sui soldati e il loro comportamento in guerra ho ascoltato tanti racconti…anche e soprattutto sulla guerra nei Balcani.
    Gli stupri in guerra sono una costante, in tutti i cieli e in tutte le guerre…in ogni epoca; se è per quello lo sono anche adesso …ma non si può affermare che tutti i soldati o tutti gli uomini sono stupratori.
    E poi anche in questi casi abbiamo varie misure di aberrazioni.
    Ho sentito racconti che vanno oltre ogni immaginazione!
    Poi ho maturato la convinzione che un soldato indottrinato , magari drogato o stordito con alcool, terrorizzato di ciò che lo aspetta…senza nessuna cultura nè percezione di quel che succede, possa non essere più considerato nelle sue facoltà umane.
    Forse le circostanze, saldi valori morali individuali, dei comandanti veramente validi possono impedire certi obbrobri.
    Comunque anche questa è guerra, o interguerra o postbattaglia, chiamiamola come ci pare.
    Forse che i partigiani si sono comportati sempre e tutti onorevolmente??? EhhhNO!
    Eppure il loro ricordo, in toto, è sacro e vengono onorati come TUTTI eroi.
    E anche per TUTTI loro sventolano le bandiere e suonano gli Inni!
    Medita, medita!

    IMPORTANTE
    A proposito di Feste…proviamo a pensare alla vostra venuta in Friuli fra fine aprile e i primi di maggio, il meteo ci sarebbe sicuramente più favorevole e un paio di ponticelli infrasettimanali che potrebbero far comodo a chi non ha impegni di cortei e Feste del Lavoro.
    saluti

    Sylvi
    Non mi rivolgo solo a te ma a TUTTI gli interessati

  38. Rodolfo
    Rodolfo says:

    Lei caro Nicotri parla sempre di quel che le conviene….
    e dunque ha trovato solo le persone di cui lei gia’ da una eternita’ scrive e parla…quelle che convengono a lei ed al suo pensiero.
    Ma lei in Israele…c; e; stato due volte…ha incontrato solo quelle persone’ Ha vissuto solo quelle esperienze che le hanno toccato il suo cuore a senso unico?
    O ha visto anche qual cos’ altro…
    se lei di diverso non ha visto niente ….non devo presumere altro che lei in Israele non c’ e’ stato mai…caso mai se lo e’ sognato.
    La mia domanda rivolta a lei era semplice e non era ne’ una insinuazione ne altro ….:-“mi domando se mai c’ e’ stata una piccolezza che l’ ha colpita favorevolmente nello Stato d’ Israele”.STOP
    Un saluto
    Rodolfo

  39. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    x Rodolfo.
    Come nò? Stronzate? Da che pulpito…
    Sono maestri con i loro metodi terroristici nel far sparire la gente, sempre chè non li facciano a pezzetti con i loro carriarmati sparando sul mucchio.
    Dove cacchio vivi, su Saturno?
    P.S.: con i saturnesi (sob!) il chiagne e fotte non funziona.
    Trova qualche altro sistema per dire stronzate.
    C.G.

  40. Shalom:in quanto a confusione e pazzia dell'Italia.....
    Shalom:in quanto a confusione e pazzia dell'Italia..... says:

    ….il solito tromboncino della bell’accoppiata Netanyahu-Lieberman farebbe meglio a occuparsi e preoccuparsi della confusione e vera e propria pazzia che stanno spingendo ancor più Israele verso il baratro.
    Shalom

  41. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x Rodolfo

    Quel “che le conviene” è un piccolo capolavoro di bassezza e meschinità. Oltre che, as usual, di insinuazione.
    Non vale la pena neppure risponderle. E neppure di prenderla a sberle.
    Eviti per cortesia di rivolgersi più a me.
    nicotri

  42. Rodolfo
    Rodolfo says:

    “Gli stupri in guerra sono una costante, in tutti i cieli e in tutte le guerre”

    … sara’ cara Sylvi….
    ma non ho letto mai….e dico mai, nei 60 anni di guerra in cui Israele si trova con gli Stati Arabi che ci sia mai stato un soldato Ebreo che abbia mai stuprato una donna o ragazzina Araba.
    Rodolfo

  43. Rodolfo
    Rodolfo says:

    x45
    Se se ne vuole uscire cosi dalla bega….mi dispiace per lei.
    Potrei… ma a me non va’ di parlare di bassezze o meschinita’…
    da li caro Nicotri sono ben oltre.
    Rodolfo

  44. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x Rodolfo

    Lei, come è noto, è di memoria corta: in quel campo si è già illustrato contro di me per vari anni e su vari blog, non solo sul mio. Stendiamo un pietoso velo. Chiunque altro lo avrebbe preso a pedate e bannato in eterno.
    Prima ho dimenticato di aggiungere una considerazione, che aggiungo adesso. Fa comunque ridere a crepapelle che chi – come lei e i suoi fissati simili – accampa a danno altrui per se stesso e per il proprio “popolo” diritti (inesistenti) anche territoriali sulla base di miti fasulli vecchi di oltre 2.000 anni, accusi poi me perché guarderei “sempre al passato”.
    Lei, è evidente, oltre a non sapere cosa sia la logica, e la Storia, non conosce neppure la vergogna.
    Si consoli. Sono i tipi come lei che porteranno Israele alla rovina. E che rendono l’ebraismo indigesto anche ai ben disposti.
    nicotri

  45. controcorrente
    controcorrente says:

    Poi ho maturato la convinzione che un soldato indottrinato , magari drogato o stordito con alcool, terrorizzato di ciò che lo aspetta…senza nessuna cultura nè percezione di quel che succede, possa non essere più considerato nelle sue facoltà umane.

    Non condivido questo tentativo di comprensione di Soldati in divisa,dato che poi nelle guerre di “massa” si arruola chiunque..non c’è bisogno di vestire una divisa per essere criminali..c’è nè una abbondanza in civile , prodotti dalle stesse culture magari localistiche…anzi, è facile che un criminale con divisa, finisca per passare per eroe,,e venga giustificato, con tanto di onori e bandiera .
    E dato che la “guerra” è la guerra si pesca nel mucchio con cartolina precetto, si liberano magari anche un sacco di galeotti, per formare eserciti !!!(mi ricorda qualche cosa nel ventennio questo fatto)
    Poi magari ci si ri -pulisce il sangue con la bandiera!
    Le bandiere non lavano nessun disonore personale o di gruppo,PERò TUTTE LE BANDIERE..E non solo quelle che fanno comodo !

    Però che strano Sylvi, che tu ammetta che UN SOLDATO,possa perdere le sue facoltà umane (per una pressione psicologica)..una concessione che non ti ho mai visto fare per quelli che vengono chiamati “criminali comuni”,,sai sotto la pressione,impauriti, pieni di alcool,magari di droga, si entra in una casa e …
    Un giusticazionismo che dovrebbe essere applicato per tutti, e se proprio vogliamo trovare dei colpevoli a monte ..allora è facile, tanto per il soldato-criminale, che per il criminale…!!Basta guardarsi intorno, soprattutto in alto !
    La divisa non giustica nulla,meno che mai quella ufficiale patriottica,,perchè a questo punto ognuno veste la divisa e i simboli che crede più opportuni e il gioco è fatto !
    Non trovi ?
    A meno di non usare due pesi e due misure , si può, basta giusticare in partenza il fatto che si usa questo metodo valutativo !

    cc

    ps- A proposito di riletture..sull’ultimo numero di Micro-Mega, vengono pubblicati tre inediti di lezioni tenute nel 1919 da Dewey in Cina..leggili…moolto interessanti , non so quanto condivisibili da te , poi…!
    Ah nel 1919 non c’erano i comunisti in Cina !

  46. sylvi
    sylvi says:

    caro CC,

    io non faccio tentativi di comprensione, anzi, constato, che è cosa ben diversa!

    Inoltre:
    ….concessione che non ti ho mai visto fare per quelli che vengono chiamati “criminali comuni”,,sai sotto la pressione,impauriti, pieni di alcool,magari di droga, si entra in una casa e …CC

    Ti renderai conto che è un paragone che non regge…
    Il soldato è stato portato, come un pacco, davanti a un esercito nemico, vivere o morire, tertium non datur, non sceglie…Suvvia! Suvvia!!!

    Domani comprerò Micro Mega!

    Sylvi

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