Dall’anima immortale alla democrazia diretta

Da tempo sappiamo che tutte le teorie relative all’anima immortale il cristianesimo le ha prese dal paganesimo, sia esso residente nell’Egitto dei faraoni o nelle poleis greche o nell’India dalle mille religioni. L’ebraismo non s’era mai interessato di un argomento così astratto e, certamente, non per mancanza di fantasia.

Gli orfici, Pitagora, Platone lo usavano non solo in chiave etica (bisogna purificarsi per essere moralmente migliori), ma anche in chiave politica (come minaccia per l’aldilà: sapere che le proprie azioni verranno giudicate da qualcuno doveva incutere un certo timore).

Ora, perché questa forma di deterrenza non ha mai prodotto alcun risultato politicamente significativo nei regimi dominati dallo schiavismo? Ovvero, per quale ragione i risultati significativi che tale purificazione morale può aver prodotto a titolo personale, non si sono mai tramutati in una altrettanto significativa esperienza politica? E, più in generale, perché per realizzare la democrazia, come pratica politica, non è sufficiente la virtù, come pratica morale?

Noi sappiamo benissimo che, senza democrazia, la virtù tende a spegnersi e che nelle dittature, politiche o economiche, è facile che prevalga la corruzione. Ma sappiamo anche che se uno si limita a cercare la virtù morale, non riuscirà mai a impedire le degenerazioni della politica e dell’economia.

Lo spauracchio del giudizio cui dovrà sottoporsi l’anima immortale, da tempo non funziona più. Quando papa Wojtyla lo usò contro la mafia siciliana, fu patetico: disse una cosa che avrebbe potuto impressionare la malavita di una Polonia feudale, certamente non quella di un paese che ha fatto nascere la borghesia mille anni fa.

Quando il virtuoso vede che gli sforzi personali su di sé, non ottengono risultati tangibili al di fuori di sé, nelle sfere istituzionali del potere, inevitabilmente tende a corrompersi. Se poi lui stesso entra in Parlamento o nelle gerarchie ecclesiastiche, il processo degenerativo della sua coscienza è quasi immediato. E’ illusorio pensare che l’ambiente non influenzi la coscienza. Nelle acque del Giordano, ai tempi del Battista, si entrava impuri per uscirne purificati; da noi, nel migliore dei casi, è il contrario.

Nei regimi antagonistici i virtuosi sono sempre stati come gli ingenui che permisero, in un lontano passato, la nascita di quegli stessi regimi, nella convinzione che non sarebbero stati così pericolosi. Rousseau ce lo ricordiamo tutti quando scrisse: “Il primo che recintò un pezzo di terra e disse: Questo è mio, e incontrò tanti altri disposti a credergli, fece nascere la proprietà privata”.

Tuttavia è bene che i politici impegnati a realizzare la democrazia, sappiano che, senza la virtù, la democrazia è solo un guscio vuoto, una parola sofistica. Ragionare soltanto in termini politici, senza fare valutazioni di tipo etico, senza preoccuparsi di avere un comportamento morale adeguato, nella convinzione che il possesso teorico di una verità renda moralmente più liberi, è segno di grande immaturità.

Non ha alcun senso pensare di poter dedurre il tasso di moralità di una persona dall’impegno che dimostra nel cercare di realizzare la democrazia politica. Una valutazione del genere potrebbe acquistare un qualche senso se tale democrazia fosse non delegata ma diretta, cioè se i politici fossero tenuti costantemente controllati dalle comunità locali.

Ma in una democrazia parlamentare nazionale, ciò non ha alcun senso. In Parlamento non abbiamo solo persone chiaramente prive di alcun ritegno morale (in quanto penalmente inquisite o colluse con ambienti criminali o con lobby di potere), ma abbiamo anche persone che, solo per lo stile di vita lussuoso consentito dalla stessa vita parlamentare, impensabile per la stragrande maggioranza della popolazione, non possono godere di alcuna credibilità.

Qualunque cosa dica un parlamentare, anche la più democratica di questo mondo, è sempre una falsità. E quando si sente un parlamentare dire che è comunque preferibile ascoltare tante voci piuttosto che una sola, bisognerebbe ricordargli che anche i sacerdoti predicavano il giudizio per l’anima immortale e che, in attesa di quel giorno, sulla terra conducevano una vita da grandi privilegiati.

Per la gente comune avere a che fare con una democrazia formale o una dittatura reale, non fa molta differenza, anche se, già da adesso, purtroppo, possiamo prevedere che, quanti vorranno la dittatura, si illuderanno di poter risolvere i guasti della democrazia. Fascismo e nazismo non sono forse nati così?

Quanto a coloro che credono in un aldilà, bisogna che si convincano che se su questa terra non fanno nulla per impedire ai corrotti di governare, continueranno a subirli anche nel regno dei cieli. Infatti non possono pensare che ci sia qualcuno che obblighi a essere virtuosi o che punisca i reprobi incalliti alle pene eterne dell’inferno, perché anche questa sarebbe una forma di dittatura.

Samarcanda. E non solo….

La prima cosa che colpisce arrivando in Uzbekistan, Paese musulmano ma repubblica laica, è che le donne non portano il velo. E hanno gli stessi diritti degli uomini. Pensandoci bene, non lo portano in nessun Paese musulmano dell’ex Unione Sovietica, mentre lo portano invece in tutti i Paesi islamici che hanno patito la colonizzazione europea. Nei Paesi musulmani dell’ex Unione Sovietica il fondamentalismo non attecchisce, tanto meno le sue  diramazioni eversivo terroristiche,, e se fa capolino viene combattuto rapidamente, senza se e senza ma, come è avvenuto proprio in Uzbekistan. Tutto ciò è l’ennesima prova che a spingere i musulmani verso un’interpretazione restrittiva, e a volte fanatica, della loro religione è solo la reazione al violento dominio subìto sotto il tallone europeo e quindi cristiano. Una reazione rinfocolata dalle troppe umiliazioni inflitte ancora oggi dall’Occidente neocolonialista, Stati Uniti in testa, che spinge scientemente quei Paesi verso il fanatismo religioso per poter meglio mobilitare le proprie opinioni pubbliche a favore del duro confronto col mondo islamico. Confronto che rischia di diventare scontro: “scontro di civiltà”, anche se a ben vedere lo vogliono le reciproche inciviltà…

La repubblica uzbeka è tanto laica da avere affittato agli Usa una grande base militare con annesso aeroporto dal quale partivano gli aerei per andare a bombardare il confinante Afganistan, musulmano anch’esso ma assai più retrivo. Poi però la repubblica uzbeka gli americani li ha sfrattati, forse percheé ha capito la reale strategia degli Usa: il solito vecchio “divide et impera” applicato all’Asia centrale. Uno sfratto che è un lusso reso possibile dal  fatto che l’Uzbekistan è talmente ricco di gas, avviato anche in Europa via Russia, da non avere bisogno di entrate straordinarie che alla lunga creano più problemi di quanti ne risolvano. Continua a leggere