A quali condizioni è possibile un ritorno al comunismo primitivo? (II)

Detto questo, viene ora da chiedersi che fine abbia fatto l’intuizione leniniana secondo cui una politica rivoluzionaria può modificare sostanzialmente dei processi storici oggettivi, apparentemente inevitabili. Guardando la parabola involutiva del “socialismo reale”, verrebbe da dire che la sua tesi era completamente fuorviante e che, in definitiva, avevano ragione quei marxisti da lui combattuti, quando dicevano che, prima di realizzare il socialismo, occorre che si affermi il capitalismo, cioè quel sistema produttivo in grado di spazzare vie tutte le resistenze provenienti dal mondo rurale (e religioso, poiché quest’ultimo si basa sull’ignoranza e la superstizione dei contadini).

In realtà Lenin aveva ragione nell’attribuire alla politica una funzione non meno rivoluzionaria di quella dello sviluppo di tipo capitalistico. Quello tuttavia che non si spiega è il motivo per cui, dopo la sua lezione, non si siano avviati degli studi per comprendere che, nell’ambito della sovrastruttura, non solo la politica può giocare un’influenza decisiva sui processi storici dell’economia, ma anche la cultura. L’unico, tra i grandi, ad aver provato a fare un’operazione del genere è stato Gramsci, ma viziandola con due limiti di fondo:

  1. Gramsci aveva nozioni molto scarse di economia politica e di storia dell’economia, per cui, quando affronta il tema della sovrastruttura, mette prevalentemente in rapporto la cultura con la politica e non la cultura con l’economia;
  2. quando inizia a scrivere i Quaderni, Gramsci era un uomo politicamente sconfitto, sicché tutta la sua analisi sulla necessità di conquistare l’egemonia culturale prima di quella politica è visibilmente idealistica. Il socialismo, in realtà, non ha alcuna possibilità di conquistare l’egemonia culturale finché il possesso dei mezzi di comunicazione resta saldamente in mano alla borghesia, e se anche riuscisse a conseguire questo obiettivo, conservando le proprie istanze rivoluzionarie, dovrebbe in ogni caso passare a una rivoluzione istituzionale, in quanto i governi borghesi non cadono da soli. Il socialismo non può limitarsi a rendere meno gravosa una determinata forma di sfruttamento, pretendendo di razionalizzare un sistema antagonistico.

Quello che oggi manca non è soltanto una politica di sinistra che martelli quotidianamente i partiti conservatori sulla loro gestione fallimentare dell’economia, ma anche una cultura socialista che cerchi di capire come le idee, nella storia, hanno influenzato i processi storici.

Nonostante la piena destalinizzazione, ancora oggi si ha a che fare con una sinistra radicale che considera la sovrastruttura un epifenomeno della struttura, o che, nel migliore dei casi, si limita a utilizzare, della sovrastruttura, soltanto l’aspetto della politica, impoverendo enormemente la possibilità di fare un discorso molto più allargato. Il quale, si badi, non diventa tale soltanto quando si vanno a ricercare in talune espressioni dell’ideologia religiosa o idealistica (si pensi solo alle eresie medievali) delle anticipazioni, più o meno confuse, del socialismo scientifico. Facendo un’operazione del genere (che resta gramsciana), difficilmente p.es. si arriverebbe a capire che influì molto di più sulla nascita del movimento borghese, nell’Italia comunale, l’astratta teologia scolastica, che riduceva l’esperienza della fede a una mera dottrina filosofica, che non la ripresa dei commerci con l’oriente islamico.

Non è un caso, in tal senso, che la sinistra non abbia ancora recepito, in profondità, i temi ambientalistici e anteponga a questi, sempre e comunque, quelli economici della produttività e del lavoro; non è un caso che, ogniqualvolta essa affronta gramscianamente i temi culturali, smetta d’essere rivoluzionaria; non è un caso che, quando svolge una politica operaista, si frantumi in mille rivoli e finisca col chiudersi in un ghetto autoreferenziale; non è un caso, infine, che quando la sinistra preferisce una politica più moderata, vicina agli interessi dei ceti medi, non abbia assolutamente nulla di socialista, neppure il riformismo degli utopisti pre-marxisti.

Ci si può altresì chiedere il motivo per cui l’erede della tesi marxiana secondo cui il protestantesimo costituiva la religione più appropriata per lo sviluppo capitalistico, non sia stato un altro marxista, ma un sociologo borghese: Max Weber.

Dunque cos’è che ha impedito al marxismo di svolgere un’operazione culturale che mettesse in luce il ruolo specifico della sovrastruttura? Possibile che ogni volta che si affronta il nesso di economia e cultura, mostrando come questa possa influenzare quella, si debba rischiare di cadere nell’idealismo di matrice hegeliana? Cos’è che ci impedisce di sviluppare il marxismo, senza tradire la necessità di una transizione al socialismo democratico?

Se in occidente non riusciamo a capire il motivo per cui tendiamo pedissequamente ad accentuare il primato della struttura sulla sovrastruttura, o il motivo per cui, quando, analizzando quest’ultima, smettiamo d’essere rivoluzionari, noi continueremo ad avere, nei confronti dello sviluppo capitalistico, un atteggiamento del tutto rassegnato o, a seconda dei casi, del tutto illusorio, in quanto restiamo convinti ch’esso crollerà da solo, a causa delle proprie interne contraddizioni.

Cosa che in realtà non accadrà mai, proprio perché senza una reale e fattiva opposizione, che metta in chiaro un’ipotesi di superamento radicale dell’esistente, la borghesia non farà altro che curare le ferite delle proprie sconfitte, per poi tornare in campo più forte di prima. Basta guardare cosa è accaduto con la I guerra mondiale, col crack del 1929, con la II guerra mondiale e con la contestazione operaio-studentesca del 1968-69: ogni volta c’era la possibilità di una svolta radicale e ogni volta la si è sprecata.

9 commenti
  1. Controcorrente
    Controcorrente says:

    caro Enrico,

    butto lì alcune considerazioni , a mia memoria,senza per il momento aver controllato appieno ….

    Allora
    Così come ci sono due Gramsci, mi senbra di ricordare che vi siano almeno due Lenin,quello prima della guerra mondiale e quello dopo il 17.
    Con questo voglio ricordare il sostanziale fallimento della Seconda Internazione e delle tesi di Stoccarda.
    Da questo punto di vista la Seconda Internazionale aveva dal Punto di Vista politico azzeccato appieno quali avrebbero dovuto essere le parole d’ordine per le masse operaie e contadine per innescare un processo rivoluzionario in grado di coinvolgere l’Europa nella sua totalità.
    Non mi sembra poi di ricordare un Lenin del tutto spianato nel credere che la Rivoluzione Russa sarebbe stata sufficiente a creare chissà che,anzi vi sono diversi passi in cui Lenin stesso continua a sperare che quanto da lUi politicamente fatto in Russia possa ancora mobilitare la Germania che ancora nel suo pensiero per lungo tempo è e resta la chiave di volta per un processo rivoluzionario in Europa.
    Dopo di che , mi sembra prorio costretto a fare quel che si dice ..di necessitate vertute…

    Oggi direi che sul piano mondiale ,sia in termini di numeri che di sfruttamneto ai fini accumulativi esistano ancora ampi margini di “distruzione” di civilta contadine o economia di viallaggio.(secondo schemi ben collaudati, direi)
    Cina ed India,sono tutte da distruggere ed in questo senso i Capitalisti Cinesi , stanno facendo un ottimo lavoro,per lo sviluppo del Capitalismo Mondiale.
    Finito ciò ,poi staremo a vedere..!Sia sul piano politico degli equilibri Mondiali ,sia sul piano pratico economico delle possibili” mercati” visti in chiave capitalista.

    Gramsci a mio avviso poi , prima del carcere è e resta perfettamente in linea con il leninismo e l’operazione dei Consigli nell’individuare i “soggetti” della rivoluzione in chiave di guida politica, come contributo della Sezione italiana della terza internazionale.
    Così come poi l’intera analisi della società Italiana è fatta a mio avviso sempre in questa “chiave” e ottica ,come contributo di analisi a partire dallo specifico italiano.

    Infine , per farla in breve a mio avviso restano sempre due modi per parlare..quello attraverso il quale si parla al cuore e quello attraverso al quale si parla al portafoglio, da questo punto di vista restano ancora da individuare bene quali sono o siano certi percorsi “immateriali” per dirla anche alla Negri, attraverso i quali “individuare ” efficaci percorsi verso il comunismo:

    cc

  2. Linosse
    Linosse says:

    Enrico e CC buona giornata.
    “Ci si può altresì chiedere il motivo per cui l’erede della tesi marxiana secondo cui il protestantesimo costituiva la religione più appropriata per lo sviluppo capitalistico, non sia stato un altro marxista, ma un sociologo borghese: Max Weber.”

    “Il Faust di Goethe, nel suo gabinetto, dopo aver letto tutti i libri e sentito la carne triste, compulsa la Bibbia e dice: all’inizio non vi era il verbo, all’inizio vi era l’azione.”
    Non viviamo certo tempi metafisici per il soverchio impegno nella dura lotta”a trascinar “carrelli e sporte piene di mercanzia,quella mercanzia che,almeno fino a poco tempo fa,ci veniva garantita certo con interessi intrinsechi molto alti,da un sistema consumista che alla fine ha avuto la meglio sul socialismo reale
    Ritorno all’analisi delll’eterna contrapposizione tra il verbo e l’azione.
    Si è evoluto non dico il comunismo ma il socialismo o forse invece di evolversi è rimasto al palo come ruota di scorta del capitalismo?
    Con quale azione?
    In quale contesto?
    Mi chiedo se tutta la struttura del materialismo strorico non fosse già fragile alle fondamenta,se il ridurre la religione ad “oppio dei popoli” svuotandola dal potenziale metafisico come non ha fatto per es. il capitalismo con il protestantesimo non sia stato controproducente.
    A questo punto ,senza riferimenti culturali ma in modo molto intuitivo vorrei trattare da credente,non osservante di tutte le attuali religioni,quella che ritengo la credenza più sincretica,quella universale.
    Siamo tutte particelle ,infinitesimi di infinito che non è certo il “verbo” ma che intuitivamente è sempre stato nella coscienza umana dei nostri antenati,almeno i primi,il motore che li ha portati avanti grazie all’azione senza tanti perchè fino ad inciampare nella evoluzione dell’attuale sistema economico.
    Riusciremo a ricomporre e far funzionare questo motore?
    Secondo me ritornando ad una ,più che religione ,credenza universale ,non certo quella basata su un continuo e scontato potere temporale ma che dobbiamo riscoprire in noi stessi senza condizionamenti e dogmi imposti,si tornerebbe senza altri sforzi a rivivere nuovamente in una socièta piu ugualitaria.
    L.

  3. Enrico Galavotti
    Enrico Galavotti says:

    Quello che hai detto di Lenin è perfettamente giusto.
    Quanto a Cina e India (e se ne potrebbero aggiungere altri: Russia, Brasile…), è evidente che sarà impossibile scongiurare una III guerra mondiale, se questi paesi continueranno sulla nostra stessa strada. Noi ci abbiamo messo almeno tre secoli per imporci a livello mondiale (XVI-XIX), ma questi coi mezzi e soprattutto coi numeri demografici che hanno ci metteranno molto meno e noi non avremo scampo. E il pianeta subirà guasti assolutamente irreparabili.
    Sì in effetti Gramsci resta in linea col leninismo almeno fino ai Quaderni, ma in lui c’è sempre stata una dicotomia molto forte tra teoria e prassi. Inoltre non ha mai affrontato la questione rurale con la dovuta profondità.
    Quanto al resto, si tratta di capire se dover aspettare un’improvvisa crisi che ci metta in ginocchio o se attrezzarci sin da adesso a cercare un’alternativa radicale alla logica del valore di scambio.

    ciaooo

  4. Enrico Galavotti
    Enrico Galavotti says:

    Quando si parla di socialismo è inevitabile parlare di ateismo. Il socialismo non può salvare nessuna religione semplicemente perché ogni religione nega qualunque vero socialismo (o comunismo che sia). Non è mai esistita alcuna religione nel comunismo primitivo e non ne esisterà in quello futuro.
    La struttura del materialismo storico-dialettico non era scarsa nell’analisi economica, ma nell’incapacità di capire quanto può influire la sovrastruttura (che inevitabilmente è stata per millenni quella religiosa) nel determinare la struttura economica.
    Questa è un’analisi incredibilmente complessa, perché non esistono fonti esplicite, dichiarate. Gli uomini vivono i processi spesso inconsapevolmente, in quanto si portano dentro i dogmi delle passate religioni anche quando li hanno abbondantemente laicizzati.
    Si potrebbero fare innumerevoli esempi di condizionamenti di tipo cattolico nella nostra laica democrazia politica. La stessa criminalità organizzata del sud, col suo privilegiare il rapporto gerarchico e personale, ha radici chiaramente cattolico-feudali (nel giuramento dell’investitura). Il fatto stesso che sul piano amministrativo conti di più la funzione che la persona proviene da una teologia scolastica autoritaria che nell’esame della trinità preferiva valorizzare le persone divine sulla base dei loro rispettivi ruoli di potere.
    Forse un sapere comune potremo ritrovarlo riscoprendo una pratica comune che abbia la terra come radice di vita. Se tu leggi Rigoberta Menchu ci trovi la filosofia di vita che avevano i nostri contadini prima che il capitalismo penetrasse nelle loro campagne.

  5. Linosse
    Linosse says:

    Secondo me questa filosofia di vita comune a tutte le civilta rurali si rifanno ad una credenza universale,pacha mama.
    L.

  6. Controcorrente
    Controcorrente says:

    caro Enrico,
    temo dal mio punto di vista che le conquiste “tecnologiche e scientifiche” maturate negli ultimi due secoli( o presunte tali) , siano un qualche cosa di “irreversebile” ripsetto allo sviluppo mondiale.
    Semmai il problema è e rimane quello di ” asservirle” ad una logica di sviluppo che sia fuori dalla logica del capitalismo.
    Ignorare “tout court”le loro ricadute sul mondo progredito e su quanto esse abbiano poi inciso nel sentire comune sia un grave errore.

    Semmai credo che sia necessaria riscoprire a partire dal “vecchio internazionalismo” politiche di ricostruzione più che di rifondazione.
    Contro un capiatle che si muove ed opera su scala planetaria , occorre un un’organizzazione ,un sindacato che cominci a fare altrettanto.
    Fuori dalle logiche nazionali,ormai “tribù” anacronistice in cui ci si affanna a percorrere riti che non hanno più senso.
    In questo quadro , perchè non riscoprire la logica dello “sciopero” politico sorelliano.
    (di Sorel si sono fatti abusi e straabusi in tutti i sensi ).

    Aspetto notizie da parigi e da berlino…metropoli decisive ancor oggi …!!
    non credo che sia proprio tutto da buttar via , ma molto da riscoprire ed adeguare..per non finire in una logica della scoperta di una rivoluzione fondata su un immateriale esistente solo nei sogni di intellettuali..
    Sono fermo ancora ad un uso corretto di teoria e prassi!

    ciao
    cc

  7. Enrico Galavotti
    Enrico Galavotti says:

    Anche i romani pensavano d’aver costruito gli acquedotti, le terme, le fognature migliori del mondo, eppure quando arrivarono i barbari di tutto questo non rimase nulla, se non ruderi privi di senso, resi tali da chi riutilizzò i materiali con cui erano stati costruiti per fare altre cose.
    Io penso che la tecnologia non sopravvivrà al crollo del sistema. Anche perché non è a misura d’uomo. Una tecnologia troppo sofisticata non aumenta l’indipendenza, proprio perché siamo sempre meno in grado di assicurarne la manutenzione. Noi buttiamo via cose non perché hanno smesso completamente di funzionare, ma perché hanno un guasto che le rende inutilizzabili, e se le mandiamo a riparare ci vengono a costare più che non a ricomprarle. E questo perché da soli non siamo capaci di ripararle. Pensa solo alle scarpe.
    Le cose sono fatte per far guadagnare chi ha già i capitali per farle produrre in serie dai propri subordinati. Oppure sono fatte per far guadagnare chi su di esse ha una competenza esclusiva. Non rispondono a bisogni effettivi. E quando le smettiamo, siccome son fatte di materiali artificiali, procurano enormi danni alle esigenze riproduttive della natura.
    Noi dovremmo avere il coraggio di dire basta a tutto ciò che va oltre quanto la natura ci offre: pietra, legno, erba, frasche, frutta, acqua… Io non riesco ad accettare l’idea che l’uomo sia apparso sulla terra in un momento in cui non aveva già tutto per vivere con sicurezza.
    Con questo non voglio dire d’essere contrario alla ricerca, alla scienza, alla tecnica: sono contrario alla pretesa di farci sentire superiori alla natura.

    UNA BELLA TRAGEDIA

    Il progresso son solo delle comodità
    per far le stesse cose in tranquillità
    salvo spendere dieci volte di più
    e poter star soli, senza tribù
    Soli col gusto dell’autonomia
    ignari delle sorti della natura
    come se ogni cosa fosse mia
    privilegio della faccia più dura
    Le nostre mani ci hanno incatenato
    camminiamo sul filo del rasoio
    una bella tragedia abbiamo inscenato
    l’ultimo atto è il nodo scorsoio

  8. Online Banking
    Online Banking says:

    @Markus I get your drift on where you were going there. I often think of my past and use it as a means to analyze where I am and where I want to get to. Where I struggel is balancing it all out. How do you guys balance things out?

I commenti sono chiusi.