PANORAMICA DELLA STORIOGRAFIA FRANCESE (IX)

Un movimento ideologico detto della Nouvelle Droite (ND) apparve in Francia a cavallo degli anni Sessanta e Settanta del Novecento. I membri del groupement che si venne a costituire (GRECE) si posero l’obiettivo di “resuscitare” la cultura europea. Filosofi, sociologi, giornalisti, medici, pittori, presero parte attiva ai lavori di questo nuovo movimento.

Naturalmente il GRECE rifiutava l’appellativo di nouvelle droite e si dichiarava aperto sostenitore di idee democratiche e progressiste. In realtà il carattere razzista e sciovinista della sua ideologia era ben evidente sin dagli esordi. Se ne era accorto anche il filosofo cattolico G. Hourdin, che ha paragonato quegli ideologi ai nazisti.

Lo stesso Alain de Benoist, uno dei capifila del GRECE, dichiarò che il loro scopo principale era quello di lottare contro il marxismo. E Raymond Aron, il cui parere fino a qualche tempo fa aveva ancora in Francia un certo peso, ha scritto che la ND aveva intenzione di “togliere alla gauche marxiste il monopolio del discorso politico”.

Oggi la fondazione è riuscita a penetrare negli strati più conservatori della società francese e, attraverso i media, si sta diffondendo fra le masse, trasformandosi in una solida base ideologica della moderna società borghese. Il tentativo è quello di integrarsi col movimento neoconservatore internazionale, ostile non solo al marxismo ma anche al liberalismo e a qualunque corrente progressista.

Oltre a de Benoist, fanno parte della ND, Ch. Bressoles, H. Gobard, R. de Herte, P. Vial, M. Marmin e altri. La ND e i nouveaux philosophes sono apparsi contemporaneamente in Francia subito dopo gli avvenimenti del ’68, ma mentre i secondi vi presero parte attiva, i primi assolutamente no.

Tuttavia la critica antisistema della nouvelle philosophie era troppo astratta perchè pescasse nel vero, e la ND ne ha approfittato. Secondo de Benoist, infatti, non ha senso criticare il potere in sé o definirlo come “il male” per antonomasia, in quanto nessuna società al mondo potrebbe fame a meno. Naturalmente de Benoist ha tutto l’interesse a qualificare i “nuovi filosofi” come una corrente di sinistra, ma chiunque si rende facilmente conto che le idee conservatrici degli uni e le idee anarchiche degli altri non superano i confini dell’ideologia borghese di destra.

In particolare, le tesi avanzate dalla ND rivestono un carattere eclettico assai pronunciato. Vi si mescolano e confondono concezioni che appartengono al biologista J. Monod, a filosofi e sociologi come M. Weber, V. Pareto, M. Scheler, F. Tonnies, F. Nietzsche, M. Heidegger, O. Spengler, ecc.

A sentir questi neoconservatori, le differenze dalla vieille droite sembrano essere sostanziali: totalitarismo, nazionalismo e provvidenzialismo vengono categoricamente respinti. Si plaude cioè al pluralismo tout azimuts. Senonché attacchi virulenti vengono scagliati persino contro i principi di liberté, égalité e fraternité proclamati dalla borghesia rivoluzionaria e difesi tradizionalmente dalle forze democratiche e di sinistra.

Proteggere l’eredità culturale europea per loro significa ritornare niente di meno che alle origini pre-giudaico-cristiane, ovvero alle fonti greco-latine e celtico-germaniche, liberandosi da ogni dogmatismo. E per far questo occorre, secondo loro, una teoria vasta e complessa, che tocchi tutti i campi della scienza e dell’agire umano.

Tuttavia questi eclettici si preoccupano di dimostrare l’ineguaglianza delle razze e degli uomini. E lo fanno soffermandosi sulle discussioni violente che nel Medioevo avevano diviso i nominalisti dai realisti. Com’è noto, i nominalisti riconoscevano il particolare e rifiutavano il generale, mentre i realisti erano su posizioni opposte, cioè idealistiche. Marx scrisse che il nominalismo costituì la “prima espressione del materialismo”.

Anche la ND difende le teorie nominalistiche, ovviamente non perché sì sente materialista, ma perché, a suo giudizio, il nominalismo nega l’uguaglianza delle cose e quindi è antitotalitario. Lo stesso Marx viene relegato fra i seguaci del realismo. “Nel Capitale, osserva de Benoist, le parole chiave usate da Marx (capitalismo, proletariato, operai, borghesia) hanno un valore quasi costante, metastorico, e giocano un ruolo paragonabile a quello degli universali nella scolastica”.

Questi idealisti non sospettano neanche lontanamente l’esistenza di una dialettica fra il particolare e il generale. Proprio come i realisti e i nominalisti medievali, tendono ad assolutizzare uno dei due elementi dopo averli separati. “Il particolare – diceva invece Lenin – non esiste che in questo legame che conduce al generale. E il generale non esiste che nel particolare, per il particolare. Ogni generale è (in un modo o nell’altro) particolare. Ogni particolare è una particella o un lato o un’essenza del generale. Il generale non include che approssimativamente tutti gli oggetti particolari. Ogni particolare entra solo parzialmente nel generale”.