PANORAMICA DELLA STORIOGRAFIA FRANCESE (VIII)

All’inizio del XX secolo la storiografia francese prediligeva la storia politica, affrontando le questioni economiche in sezioni separate, poiché si pensava ch’esse non riguardassero la storia vera e propria. Gli storici francesi di allora non riuscivano a vedere la società come un insieme organico, i cui elementi, una volta separati, non devono far perdere al ricercatore la consapevolezza dell’insieme.

Indubbiamente la concezione di una “storia globale” acquista i suoi fondamenti teoretici e un contenuto storico concreto negli anni Trenta e in quelli seguenti, grazie ai lavori di Bloch, Febvre, Lefebvre, Braudel e altri storici delle “Annales”. Costoro non pretendevano affatto che col concetto di “storia globale” s’intendesse un “tutto su tutto”, come se fosse obbligatorio abbracciare l’universo intero per averne una visione “globale”.

E’ possibile vedere globalmente un aspetto o un problema particolare a condizione di non falsificare la vita di tutta la società, cioè a condizione di non spezzare l’unità e la continuità della storia. L’uomo non può essere suddiviso in politicus, oeconomicus, religiosus… La parola “globale” stava semplicemente ad indicare che la scienza storica deve affrontare la vita dell’uomo e della sua società nella sua totalità e complessità, senza tralasciare quegli aspetti che più difficilmente mutano col tempo e che più sembrano intralciare il movimento storico, come i processi tecnologici, le strutture demografiche e mentali ecc.

Per histoire globale Braudel intendeva una stratificazione della realtà storica in molteplici livelli, cioè la trasformazione della foto in un’immagine in rilievo. Per lui la società era un “grande insieme” composto di diversi insiemi, dei quali i più noti sono l’economico, il sociale, il politico e il culturale, ciascuno dei quali, a sua volta, si suddivide in altri sottoinsiemi, e così via.

“In questo schema -egli dice- la storia globale (o meglio globalizzante, poiché tende a esserlo senza mai poterlo diventare) è lo studio di almeno quattro sistemi considerati prima in se stessi, poi nelle loro relazioni”.

Oltre a ciò l’histoire globale è anche la consapevolezza che la dinamica dei livelli interconnessi della realtà storica procede non come un moto uniformemente accelerato in un’unica direzione, ma come un movimento irregolare, strettamente legato al tempo e alle diverse situazioni.

L’histoire nouvelle era giunta a tali conclusioni non solo per aver ereditato creativamente la lezione di storici e sociologi come Guizot, Durkheim, de Tocqueville, Vidal de la Blache, Mauss e altri, superando definitivamente il semplicismo e la frammentarietà della storia événementielle d’inizio secolo: ma vi era giunta anche per l’influenza che esercitava l’autorevole storiografia marxista. Lo dimostra il fatto stesso che l’histoire nouvelle ha abbandonato la storia degli eroi e degli avvenimenti sparsi, accettando quella delle masse e dei processi di lunga durata.

E’ stato proprio l’interesse per le masse popolari, stimolato dal marxismo, che ha attirato l’attenzione sulle loro condizioni materiali d’esistenza, sullo studio della storia socio-economica, che ha contribuito ad alimentare l’esigenza di una “teoria della storia globale”.

Ci sembra tuttavia che l’histoire nouvelle non abbia saputo trovare una soluzione convincente alla comprensione globale della società. Le sue concezioni generali  della storia spesso risultano eclettiche. Secondo i migliori rappresentanti di questa scuola, nella storia agiscono una moltitudine di forze e di fattori, capaci di passare l’uno nell’altro, senza che però si possa sapere quale sia, in ultima istanza, quello determinante.

Benché pongano l’accento sulle condizioni materiali e sull’economia, essi concepiscono la storia stessa della vita materiale come un aspetto a se stante, piuttosto empirico e poco legato ai fattori socio-politici e ai conflitti di classe. E’ sintomatico, ad es., che i rapporti degli uomini nel momento della produzione e i rapporti di proprietà vengano quasi completamente ignorati nelle loro trattazioni di storia economica.

Questi storici sembrano più essere legati a procedimenti di tipo struttural-funzionale che storico-genetico. Inoltre non parlano mai dei tradimenti storici della borghesia e preferiscono prendere in esame più il passato che il presente.

Solo verso la fine degli anni Settanta Braudel si convinse che la produzione giocava un ruolo fondamentale nella comprensione dei meccanismi storici. Fino ad allora egli aveva pensato che nella fondazione di un modello d’interpretazione storica, universalmente valido nello spazio e nel tempo, il momento della circolazione e dello scambio delle merci dovesse nettamente prevalere su quello della produzione.

Ma questa sua ammissione non è stata neppure presa in considerazione dall’ultima generazione delle “Annales”, che anzi decise, fatte salve le debite eccezioni, d’incamminarsi per una via completamente diversa, rispolverando classiche tesi regressive e concezioni storiche anteriori alla stessa nouvelle histoire.