Gli storici e la religione cristiana (II)

2. IL CRISTIANESIMO FEUDALE

Uno storico contemporaneo, di cultura laica, difficilmente arriva a sostenere che nel corso del periodo medievale la chiesa romana appariva su posizioni più antidemocratiche (meno “conciliari”) di quella ortodossa, proprio perché strutturata in maniera integralista, cioè politico-monarchica, con tanto di rigida gerarchia clericale, specie dopo la svolta autoritaria di papa Gregorio VII, con cui si pretendeva di subordinare alla curia pontificia la figura imperiale.

Uno storico del genere di regola ha scarsa dimestichezza con le questioni religiose, ovvero ne delega volentieri l’affronto (anche per non aver noie riguardo a pubblicazioni di tipo scolastico) agli stessi teologi e, di conseguenza, pone tutte le religioni sullo stesso piano, non facendo differenze di principio tra l’una e l’altra. E, fatto questo, si limita ad analizzare il fenomeno religioso dal punto di vista politico-istituzionale e, al massimo, socio-economico.

Ecco perché detto storico preferisce dare per scontate una serie di tesi che vanno per la maggiore, ancora oggi, nell’ambito della storiografia occidentale europea, la prima delle quali è che la chiesa ortodossa era del tutto prona, succube, secondo la pratica del “cesaropapismo”, alla volontà politica del basileus, per cui tra le due confessioni – cattolica e ortodossa – va preferita sicuramente quella cattolica, appunto perché si presentava storicamente come una potenza in grado di reggere il confronto con tutti gli imperatori, benché a volte essa abusasse dei propri poteri, come appunto è successo a partire da Gregorio VII sino a Bonifacio VIII.

È assai difficile incontrare uno storico laico che non accetti, consapevolmente o meno, tale interpretazione “cattolica” dei fatti storici. Questo però comporta conseguenze spiacevoli ai fini della ricerca della verità storica.

In primo luogo infatti si è costretti ad accettare come del tutto normale l’incoronazione di Carlo Magno in veste di imperatore del sacro romano impero, in opposizione al basileus bizantino, legittimamente costituito sin dai tempi di Costantino e Teodosio. E noi sappiamo che da quella incoronazione illegittima è poi dipeso tutto lo svolgimento politico-istituzionale dell’Europa occidentale, praticamente sino alla nascita delle moderne nazioni borghesi.

In secondo luogo si è costretti a sostenere che la rottura del 1054 fu voluta dagli ortodossi e non dai cattolici, i quali però, sin dai tempi del Filioque, avevano infranto la tradizione ecumenica e teologica della chiesa indivisa.

In terzo luogo si è indotti a considerare come legittime tutte le innovazioni, amministrative ma anche dogmatiche, introdotte dalla chiesa romana nell’ambito della cristianità mondiale.

Solo di recente lo storico medievista tende a considerare quanto meno esagerate le persecuzioni clericali ai danni dei movimenti pauperistici, da sempre ritenuti troppo settari ed estremistici per essere politicamente attendibili.

Tuttavia detto storico non può arrivare a prendere una posizione nettamente favorevole nei confronti di tali movimenti, altrimenti ciò ad un certo punto lo porterebbe a parteggiare, a seconda del movimento scelto, o per la causa protestante, oppure per un ritorno, sic et simpliciter, all’evangelismo pre-borghese.

Lo storico medievista, di cultura laica, si limiterà a dire che quelle persecuzioni erano un segno premonitore del fatto che il potere temporale della chiesa andava in qualche modo ridimensionato. Che poi questo storicamente sia avvenuto proprio a causa della riforma protestante, è un altro discorso, che non merita d’essere approfondito più di tanto. Infatti lo storico medievista italiano, se è costretto a scegliere tra ortodossia e cattolicesimo, sceglie il secondo, e se deve scegliere tra cattolicesimo e protestantesimo, sceglie il primo.

Una vita di musica, una musica di vita

Un evento storico e straordinario quello del 3 ottobre. La presentazione di queste opere in tre versioni diverse pubblicate da una casa editrice specializzata nella musica classica è un riconoscimento enorme per la mia attività di musicista e per la cultura e l’arte romanì. Da sempre e soprattutto nel periodo Romantico l’arte romanì è stata sfruttata dai grandi musicisti e compositori. Qui l’operazione che noi proponiamo va  in senso opposto: l’orchestra sinfonica o ensamble classico che accompagna e sostiene un gruppo musicale Rom. Un direttore d’orchestra che volesse fare un omaggio all’arte o alla cultura romanì in qualsiasi parte del mondo oggi con queste partiture può farlo. E’ un contributo all’umanità e al patrimonio artistico e culturale universale. Le opere nelle tre versioni di partiture per orchestra, partiture per ensamble e partiture per fisarmonica sola e voce sono presentate in sei lingue e anche i testi della linea vocale è tradotta in sei lingue: romanì, italiano, inglese, francese, spagnolo e tedesco per una diffusione mondiale.

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