Kings of convenience, Nick & Ellis, Sakamoto: andiamoci piano

Andamento lento per questo inizio di dicembre, pardon settembre…, sole caldino e brezza leggera. Easy ma niente affatto stupidini i Kings of convenience hanno sfornato dopo cinque anni di silenzio il nuovo “Declaration of dependence” tiepido come un panino con l’uvetta e altrettanto piacevole. La ricetta è sempre quella (squadra vincente non si cambia) capace però di produrre attimi sublimi, persino una canzone intera come quella d’apertura, “24-25”. Mi piace la definizione della coppia norvegese letta su Uncut: “like a married couple renewing their vows in middle”.

Vengono da e ci portano su un altro pianeta Nick Cave e Warren Ellis con un doppio da farti restare senza fiato, nel senso che ti fa spesso dimenticare di respirare tanto ti prende nella sua rarefatta malìa. “White lunar” ci regala tutte insieme le musiche scritte dai due portenti per il cinema, drammatico e western, più una manciata di scarti di rara bellezza.

Ancora più minimalista dovrebbe essere “Playing the piano” di Ryuichi Sakamoto, ma l’eco dei noti arrangiamenti orchestrali, spesso a servizio del cinema, restano udibili anche se c’è solo il pianoforte. Un esperimento più volte tentato, a volte con successo, negli ultimi vent’anni (“sindrome da Amedeo Minghi” mi suggerisce un amico musicista musicologo) e riproposto anche dal vivo, Italia compresa. L’ho sentito al Comunale di Ferrara, sul palco due pianoforti, uno suonato dal giapponese dal caschetto di capelli tutti bigi, l’altro comandato dal computer. Doveva essere una figata e invece ingessa la mano dell’uomo, gli impedisce qualsiasi voluta sbavatura, non parliamo di improvvisazione! Cui prodest? Ci avesse almeno messo un po’ di calore, di anima in più. Invece, calma piatta: non si fanno notare neppure le cover rubate alla sua Yellow Magic Orchestra, si salva il tema dall’Ultimo Imperatore suonata finalmente con pathos, immancabile “Merry Christmas mr. Lawrence” come bis per far andare tutti contenti a casa. Una parola, un saluto? Zero.

Per chi suona il minareto? Falsi allarmi e razzismi veri

Ho l’impressione che la vittoria del no ai minareti in Svizzera abbia giocato un brutto scherzo un po’ a tutti, fornendo così l’occasione a molti bei nomi di mettersi in ridicolo. La palma dell’imbecillità e dell’ignoranza va – sa usual – alla Lega Nord, con la sua proposta sanfedista di inserire il disegno della croce nella bandiera italiana e di far “votare al popolo” su minareti, croci e crocifissi. E infatti, dal momento che Bossi&C hanno sempre detto che con il tricolore loro ci si puliscono il culo, i casi sono solo due: o si puliscono il culo anche con la croce oppure si occupano di una bandiera con la quale per loro stessa ammissione c’entrano meno del classico cavolo a merenda. Questi imbecilli inoltre non sanno che solo i barbari votano contro quelli che sono diritti civili universali, il “popolo” non può abolire o pretendere una mazza su certi argomenti, se per esempio il popolo vuole il cannibalismo non per questo lo si può concedere per legge

Mi sa che molti hanno scambiato il no ai minareti con il no alle moschee. Il minareto è solo la lunga e affusolata torre della moschea, l’equivalente del campanile delle nostre chiese. Solo che al posto della campana che chiama alla preghiera o degli altoparlanti che ne diffondono il suono registrato c’è il muezzin che chiama alla preghiera o gli altoparlanti che ne diffondono la voce registrata. Con buona pace dei leghisti e tromboni alla Vittorio Messori, il no ad altri minareti non significa né che verranno demoliti quelli già esistenti, demolizione che sarebbe di puro stampo nazista, né che non verranno costruite altre moschee.
E a proposito di Messori, cattolico dall’ego smisurato, tanto da vantarsi di avere convinto lui papa Wojtyla a togliere dalla preghiera del “Padre nostro” la molto infelice frase “Non ci indurre in tentazione”, nonché accoltellatore alla schiena del già ferito (da Vittorio Feltri) Dino Boffo per farlo cacciare dalla direzione del quotidiano L’Avvenire d’Italia, a proposito dunque di Messori sono da giardino degli stralunati i suoi (s)ragionamenti sul Corriere della Sera inneggianti alla vittoria del “No ai minareti” in Svizzera.
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