Top 10 del 2009, niente classifica, qualche nome, tanti esclusi

Lo sapevo, anche stavolta mi becco un bel “inclassificabile”: arriva un altro fine anno e io non mi sono preparata, anche se me l’ero ripromesso. Non sono in grado di stilare l’immancabile classifica dei top 10 del 2009. Faccio confusione con le date, tra il vecchio e il nuovo. E poi da quand’è che un disco intero mi lascia un bel segno sul cuore? Preferisco allora ricordare con gratitudine qualche nome, sganciato dal cd, dimenticandomi sicuramente di qualcuno: i Dead Weather di Jack batterista, le colonne sonore di Cave + Ellis e quella di “Milk” firmata Danny Elfman, e ancora Grizzly Bear, Kazabian, Gogol Bordello live, Antony, gli italiani Amari, “Poweri” ma non di spirito né di lieve ironia, i divertenti, fantasiosi Zero7 (grazie ad Andrea che me li ha fatti conoscere, a lui piacciono molto anche gli ultimi Air, io preferisco i primi), i giocosi e gioiosi Mum, Danger Mouse & David Lynch con “Dark Night Of The Soul” solo sul web piuttosto che l’ultimo noioso Moby. E visto il periodo, il disco di Natale di Dylan: il contrasto stridente tra le voci femminili dolcissime anni Quaranta e quella catarrosa del Bob mi fa tenerezza. Ancor di più quando cerca di cantare in latino. La scorsa estate discutevo di musica con Fefè lo scettico: non c’è niente degno di nota, si lamentava, forse le cose più belle vengono dalle donne. Nel 2009 la mia preferita invece mi ha deluso – P.J. Harvey + John Paris sono una lagna – per non parlare di Peaches, disco music di serie Z, l’ultimo di Cat Power è del 2008, ed anche Joan Wasser, quindi andiamo fuori tema e in ogni caso non griderei al miracolo. Idem per Neko Case. Sul fronte delusioni l’elenco sarebbe lungo assai, all’insegna del già sentito, e meglio. Ed anche tra gli “originali” non c’è da stare allegri, anche se Rolling Stone, a proposito di classifiche, mettere ai primi due posti gli U2 e Bruce che invece a me, che pur gli amai, han fatto pena. Per tenermi legata al 2009 chiudo con due anniversari: quarant’anni fa i Clash registravano “London Calling”. Che struggimento nel rivederli nel dvd che li riprende in studio, così giovani, sinceri, magri, naif, il produttore matto ma bravo che li incita sbattendo sedie e scale sul pavimento. Nel 2010 cade invece il cinquantenario della morte di Hendrix: che il suo spirito ci protegga…

La percezione del tempo

La nostra percezione del tempo si pone a diversi livelli.

1. Astronomico: è il sistema solare che dà un concetto oggettivo dello scorrere del tempo al nostro pianeta; e questo è su base annuale, mensile, giornaliero. Il nostro calendario del tempo può essere solare, lunare, lunisolare; possiamo avere mesi divisi in settimane o in decine di giorni; possiamo avere misurazioni quotidiane del tempo molto diverse (per ore, per gruppi di ore ecc.), ma non si può in alcun modo calcolare il tempo in maniera indipendente dal sistema solare (anche quando si usa il calendario lunare, dopo un certo periodo bisogna fare un aggiustamento per evitare le sfasature).
Il motivo di questa dipendenza oggettiva ci è ignoto: sappiamo soltanto che se agiamo in modo tale da non tenerne conto, subiamo degli scompensi: il nostro organismo, inclusa la nostra mente, subisce pericolose o innaturali modificazioni (p.es. insonnia, allucinazioni, stress…). Noi abbiamo bisogno di essere regolati da un preciso movimento del tempo (cosa che nelle donne è ancora più visibile che nell’uomo).
Il fatto stesso che esista un periodo di veglia e un periodo di sonno lo dimostra. L’assenza di luce, in maniera naturale, ci fa piombare nel sonno, come se la natura volesse dirci che abbiamo bisogno di riposare dalle fatiche sostenute nel periodo di veglia (e chi vive di notte, se non riesce a dormire di giorno, impazzisce).
Quando si dorme si ricaricano le pile della nostra esistenza: un terzo della nostra vita lo passiamo dormendo. La natura non ha bisogno della nostra attività per 24 ore al giorno. Siamo noi che abbiamo bisogno di comportarci in maniera naturale, accettando l’invito a dormire. E se è così, qualunque cosa che ostacoli questo processo, andrebbe vietata.
2. Fisico: ogni essere umano è soggetto inevitabilmente a morire. Noi possiamo anche non sapere quando siamo nati, chi ci ha messo al mondo e dove l’ha fatto, ma non possiamo sottrarci all’esperienza della morte. Sappiamo cioè, guardando i nostri simili, che, oltre una certa età, si moltiplicano vistosamente le possibilità di morire.
I processi degenerativi sono parte costitutiva del nostro fisico e dobbiamo accettarli come un fenomeno naturale. Ogni tentativo di ritardarli, di ridurli, di renderli addirittura impossibili attraverso un uso scriteriato della scienza e della tecnica (ibernazione, coma artificiale ecc.), serve soltanto ad aumentare la frustrazione, a creare ingiustificate aspettative.
Se si accetta la propria morte con naturalezza, la si affronterà con maggiore serenità, anzi come occasione di liberazione di un corpo malato, indebolito, non più in grado di rispondere alle nostre esigenze.
La morte è necessariamente il trapasso da una condizione di vita a un’altra, poiché nell’universo tutto si trasforma. Se il nostro spirito morisse progressivamente col nostro fisico, non avvertiremmo la morte come una liberazione, ma come un’inspiegabile condanna.
3. Psicologico: il tempo che viviamo è in funzione delle nostre aspettative. Questa è una caratteristica tipicamente umana, sconosciuta al mondo animale. Noi abbiamo la percezione che il tempo sia lungo o corto, leggero o pesante, intenso o noioso, a seconda di come ci poniamo nei confronti della vita.
Quanto più forti sono i nostri desideri, tanto più un tempo breve ci apparirà lunghissimo; quanto meno sono intensi, tanto più accadrà il contrario. E l’età che abbiamo sicuramente ci condiziona nell’avere uno dei due atteggiamenti: i giovani vogliono “essere”; gli anziani si accontentano di “non essere”.
Lo scorrere del tempo diventa insopportabile, ci angoscia o addirittura ci impaurisce quando i nostri desideri non si realizzano e soprattutto quando abbiamo la percezione che sia giunta la nostra “ora” (che può essere sì quella di morire, ma anche quella di andare in esilio o di nascondersi per non finire nelle mani del nemico).
Quando arriviamo ad aver paura del tempo, dovremmo chiederci che cosa fare per mutare la situazione che ci induce in questo stato d’animo innaturale. Se il tempo ci pesa, perché ci pesano le contraddizioni dello spazio in cui lo viviamo, dovremmo reagire e non comportarci come talpe, conigli o camaleonti.
Ci è dato da vivere un tempo proprio per soddisfare le esigenze identitarie dell’io, nel rispetto di quelle altrui. Chiunque ostacoli questo processo, andrebbe messo nella condizione di non nuocere.
4. Logico: spazio e tempo vengono costantemente usati nelle scienze esatte (matematica, geometria, fisica, astrofisica, chimica ecc.). Sono forme computabili, calcolabili, proprietà dell’intelletto – direbbe Hegel -, non della ragione, proprio perché una verità tende a escludere l’altra, a meno che non si arrivi a dimostrare, dopo molti ragionamenti astratti, la fondatezza di altre verità ancora. Qui lo spazio e il tempo non vengono usati per scoprire la vera essenza delle cose, ma solo le forme in cui metterle tra loro in relazione.
5. Metafisico: spazio e tempo sono categorie usate per interpretare le cause ultime della nostra esistenza, dell’origine del nostro pianeta, del suo sistema solare e di tutti gli altri infiniti sistemi solari dell’universo. E’ questo – dicono i filosofi – il campo della ragione, ma, molto più spesso, sembra il campo della fantasia, specie quando la filosofia s’ammanta di concetti religiosi.