Articoli

L’Iran recupera il tempo perso per responsabilità di Bush figlio? Lo speriamo.

Dopo l’elezione al primo colpo di Hassan Rohani a presidente dell’Iran, viene in mente questo scambio di domande e risposte, che qualche lettore ricorderà per averle già lette nei miei reportage dall’Iran del 2009.
Chi sarà eletto Presidente della Repubblica Islamica dell’ Iran, inshallah?
“Chi verrà scelto dal popolo”.
Certo, ma – chiunque vinca – lei non crede sia comunque auspicabile un cambiamento?
“Il cambiamento ci sarà e sarà molto grande. L’opinione pubblica mondiale ne sarà sorpresa”.
E quali saranno i temi del cambiamento? Per esempio, quali sono i punti centrali del suo programma?
“Lo sviluppo economico, la politica estera, i diritti civili e i diritti delle donne”.
Questo il botta e risposta nel 2009 poco prima delle elezioni presidenziali iraniane con il candidato riformista Mehdi Kharroubi, ex presidente del parlamento, incontrato per caso in strada a Esfahan vicino la cattedrale cristiana armena di S.Gregorio, nota anche come cattedrale di Vank.
Le elezioni purtroppo ebbero un esito diverso da quello sperato da Kharroubi e dai riformisti, Ahmadinejad venne confermato e ci furono anche gravi disordini e manifestazioni di piazza, con Kharroubi agli arresti domiciliari.
Questa volta invece senza neppure un timido accenno di manifestazione studentesca o comunque del mondo giovanile, che morde il freno perché ansioso di riforme e sviluppo, ha vinto al primo turno Hassan Rohani, che può essere considerato il Kharroubi di oggi. Rohani è buon amico di Khatami, il leader riformista che si vide soffiare la vittoria elettorale e stroncare il suo ambizioso programma di modernizzazioni dall’infelice idea di Bush figlio di inventarsi l’Asse del Male, composto dai Paesi che gli Usa vedono come il fumo negli occhi compreso l’Iran. L’orgoglio nazionalista e annessa vittoria elettorale della destra fu la risposta dell’elettorato iraniano a Bush, con l’era di Amadinejad che oggi pare finalmente al tramonto.
Rohani appare sicuro di sé e affabile come Kharroubi, e nonostante sia un religioso con il turbante a mo’ di galloni ricorda da vicino sia i nostri migliori leader democristiani di una volta che quelli socialisti: molto abile, paziente ma molto deciso, del tipo che punta al cambiamento vero senza esagerare nella retorica e conciliando tra loro temi apparentemente inconciliabili. Continua a leggere

Attacco aereo di Israele all’Iran? Tecnicamente impossibile: può servire solo a voler costringere gli Usa a intervenire militarmente

Le guerre peggiori scoppiano d’estate. Forse perché il gran caldo fa impazzire non solo le menti deboli. La prima guerra mondiale iniziò il 28 luglio, la seconda il 1° settembre, l’invasione israeliana del Libano che portò alla mattanza di Sabra e Chatila scattò il 6 giugno. Sta dunque per esplodere anche la guerra di Israele contro l’Iran? Quasi tutti lo danno per certo. Netanyahu, Barak, Lieberman e il loro rabbino di riferimento Josef Ovadia, che prega per “la distruzione dell’Iran”, forse hanno tutte le rotelle a posto, ma sono spinti da uno zelo politico “religioso” (!) tipico dei fanatici pericolosi sotto ogni cielo. E in effetti il governo israeliano sta costruendo caparbiamente la legittimità morale della sua guerra contro Teheran senza tenere in conto – almeno in apparenza – neppure i sondaggi che dimostrano come la gran parte degli israeliani sia contro questa nuova guerra: 42% di no contro il 32 di sì, il resto è incerto. Se poi si dovesse tener presente il parere dei palestinesi che di fatto vivono insaccati in enclave interne a Israele, pari a 2,1 milioni di persone, e quello degli arabi con cittadinanza israeliana, il 20% della popolazione israeliana, pari a quasi un altro milione e mezzo di persone, ecco che quel 42% schizzerebbe molto più in alto. Ma in Israele i non ebrei non hanno molta voce. E la stampa è impegnata a suonare la grancassa a favore del governo  in modo da coprire o diluire le voci critiche. Eccone un buon campionario, scelto non da me, ma da chi è per Israele senza se e senza ma, sempre e comunque, e come se non bastasse spinge anche per la guerra all’Iran: http://www.israele.net/articolo,3513.htm .

Senza contare l’atteggiamento di parte di alcune comunità all’estero, come quella che in Italia si riconosce nella linea isterica di  Informazione Corretta, il cui motto è in pratica l’allucinante e allucinato “Armiamoci e partite”, con la strana pretesa di insegnare agli israeliani cosa devono fare e di spingerli alla guerra restandosene però loro comodamente al calduccio e al sicuro in Italia e altrove lontano da Israele. Continua a leggere

Siria, primo atto dell’assedio geopolitico all’Iran. I documenti Usa però parlano chiaro: NON si tratta di difendere la democrazia, ma solo “gli interessi americani in Medio Oriente”.

Il salto di qualità dell’appoggio dell’Occidente ai ribelli siriani è avvenuto non solo e non tanto con la recente decisione europea, Italia compresa, di un più deciso appoggio militare quanto con la decisione Usa di fornire loro missili terra aria, in grado cioè di colpire qualunque velivolo. Si tratta della stessa decisione che a suo tempo presero gli Usa di fornire i micidiali Stinger terra aria per mettere in grado i ribelli afgani di colpire gli aerei e gli elicotteri sovietici, segnando così il punto di svolta che permise la vittoria dei talebani appoggiati da tempo i tutti i modi da Washington. Per fare un paragone dei nostri tempi: se qualcuno  fornisse gli Stinger o i loro equivalenti non made in Usa ai palestinesi, Israele non potrebbe più bombardare Gaza con l’aeronautica. Continua a leggere

Dopo le balle sull’Iraq per poterlo invadere, le balle e le provocazioni all’Iran colpevole di esistere

Gridare che l’Iran “provoca gli Usa” o addirittura “sfida l’Occidente” solo perché conduce manovre navali davanti alle proprie coste e testa un paio di missili da appena 200 chilometri di gittata, non è molto onesto. Appare anzi piuttosto grottesco.  Le carte geografiche indicano chiaramente che il mare dove l’Iran sta conducendo esercitazioni navali si chiama “Golfo Persico”, come peraltro scrivono tutti i giornali,  che è come dire Golfo Iraniano. Infatti, la parte di mondo che una volta si chiamava Persia oggi si chiama Iran, ha cambiato nome né più e né meno come altri Stati. Per esempio, l’isola che chiamavamo Ceylon oggi preferisce chiamarsi Sry Lanka così come l’isola di Formosa è diventata Taiwan. Insomma, gridare contro queste manovre navali iraniane nelle acque “persiche” sarebbe un po’ come stracciarsi le vesti se l’Italia facesse esercitazioni navali nell’Adriatico. C’è semmai da trovare inopportuno che siano gli Stati Uniti ad avere mandato fin laggiù, in acque lontane molte migliaia di chilometri dalle coste americane, una potente flotta militare, dotata come al solito anche di bombe atomiche e comprendente una o più portaerei. In acque che per giunta, ripeto, si chiamano Golfo Persico e NON Golfo Statunitense o Baia di Hudson. Continua a leggere

Ballando sull’orlo della fine dell’Europa: “Venghino, siòri, venghino: dopo le panzane sulle atomiche di Saddam ora vi rifiliamo le panzane sulle atomiche di Gheddafi e di Ahmadinejad”. Così Israele, forse in interessata compagnia di Londra, può realizzare il vecchio sogno di bombardare l’Iran, uno dei due motivi per il quale è stato eletto Netanyahu (l’altro è impedire a tutti i costi che nasca lo Stato palestinese)

E’ difficile da credere, ma ormai viene dato per certo che con la classica scusa della “produzione di bombe atomiche”, sperimentata con successo dagli USA per invadere l’Iraq, Israele attaccherà quanto prima l’Iran, con l’appoggio degli inglesi, per mettere anche la Casa Bianca di fronte al fatto compiuto. Il presidente Obama infatti, per timore di perdere voti, è contrario a una tale azione militare prima della sua rielezione, ma alcuni collaboratori lo esortano invece ad autorizzarla e appoggiarla perché ricompatterebbe l’elettorato riportandolo di sicuro alla Casa Bianca e scongiurando la temuta candidatura di Hilary Clinton, sempre più popolare nell’elettorato non solo del Partito Democratico. E’ dal 2006 che l’attacco militare all’Iran da parte degli Usa e di Israele viene dato per imminente e certo, senza però che sia poi stato sferrato. Ecco per esempio cosa dichiarava nel 2006, poco dopo la terza invasione israeliana del Libano, Seymour Hersh, il famoso giornalista americano che ebbe il coraggio di denunciare il massacro di tutti gli abitanti di My Lai compiuta dai marine in Vietnam e che per primo ha denunciato le torture americane nel carcere iracheno di Abu Ghraib:

L’amministrazione Bush era molto direttamente impegnata nel pianificare la guerra libanese-israeliana. Il presidente Bush ed il vice presidente Cheney erano convinti che il successo della campagna militare israeliana in Libano avrebbe non soltanto raggiunto gli obiettivi desiderati da Tel Aviv, ma sarebbe anche servito come preludio ad un possibile attacco contro le strutture nucleari iraniane”.

La scusa è anche oggi quella del “pericolo atomico” iraniano. Nella vulgata corrente infatti l’Iran sarebbe così idiota e suicida da produrre atomiche per affrettarsi a lanciarne già la prima su Israele, nonostante Israele di atomiche ne possieda circa 400 e possa quindi cancellare non solo l’Iran dalla faccia della terra. Senza contare che la signora Clinton ha dichiarato senza arrossire di vergogna che “prima di finire di schierare per il lancio il suo primo missile nucleare l’Iran sarebbe riportato all’epoca delle caverne”, con un olocausto fulmineo di oltre  80 milioni di esseri umani, più o meno quanti ne ha  l’Italia intera. Embé c’è olocausto e olocausto. Quello sulla pelle di 70-80 milioni di iraniani evidentemente per la signora Hilary&C è buono, nonostante sia ben 12-14 volte quello che purtroppo c’è stato davvero per mano dei nazisti. Continua a leggere

Libia sì, Barhain e Arabia Saudita no. Fallito in Libia il collaudo di tipo afgano da riutilizzare poi in Iran. Che resta però candidato a vittima del terremoto giapponese

1) – Cosa è successo in Libia pare ormai chiaro. Una rivolta circoscritta è stata spacciata per rivoluzione dai mass media dell’Arabia clerical petrolifero monarchica seguiti a razzo dai nostri. Lo scopo era di poter mandare istruttori militari occidentali per organizzare i rivoltosi e armarli a dovere. Insomma, il bis della creazione dei talebani fatta a suo tempo dagli Usa in Afganistan contro l’Unione Sovietica. Questa volta al posto dei talebani gente comunque utile a buttar giù Gheddafi per sotituirlo con un Kharzai libico, manovrabile a piacere da Washington e Londra. Questo spiega la assoluta mancanza di foto e prove vere dei “massacri e bombardamenti di interi quartieri civili” di cui si è cianciato assieme ai falsi delle “fosse comuni” e del “genocidio”, oltre alla assoluta mancanza di foto e  video di masse di rivoltosi, abbondanti invece durante le manifestazioni del Cairo e Tunisi. Spiega anche perché ancora oggi si vedono solo foto e  video di rivoltosi con armi pesanti, come le molte camionette con mitragliatrici di grosso calibro, antiaeree o antiblindati. Fosse andata bene, l’intervento clandestino in Libia sarebbe probabilmente diventato il collaudo dell’intervento da bissare in Iran. Continua a leggere

Altro che premio Nobel per la pace: Obama prende a schiaffi la Cina sia a sudest che a nordovest. Mentre Berlusconi e il suo Partito dell’Amore grondano odio anche nella trasferta in Israele

Ci risiamo. Con i due pesi e due misure, intendo. E comincio a pensare che il presidente Usa e premio Nobel per la pace mister Obama finirà con l’essere forse peggio di Bush, se non di Nixon. Mentre infatti sorride alla Cina e pare voglia cercare con essa la nuova partnership mondiale, con una mano fornisce nuove armi all’Isola di Taiwan-Formosa, chiaramente un pezzo di Cina anche se ancora un avanzo del criminale Chang Kai-shek diventato di fatto un protettorato Usa, e dall’altra e con l’altra riceve il Dalai Lama. Ovvero, tradotto in italiano: una pedata nel sedere a sudest, con le armi a Taiwan, e un pugno in faccia a nord ovest, con il Dalai Lama irredentista del Tibet. Della serie “abbiamo sempre e comunque ragione noi”. Se questa è distensione….

Poi c’è il nuovo atto della ormai ventennale piece berluscona. E’ andato in scena un nuovo attacco del capo del governo contro la magistratura italiana, attacco più adatto a una repubblica delle banane con sapori golpisti: “Con la magistratura dobbiamo usare la mano dura”, frase che ha il pregio di essere quanto mai esplicita e di fare anche rima. Ora è in scena il viaggio in Israele. O meglio: i baci in bocca con il suo governo sfacciatamente di destra, dove ricopre la carica di ministro degli Esteri un amante della pulizia etnica risolutiva finale come Avigdor Lieberman, che ha anche il pregio di essere un baro. Continua a leggere