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Situazione esplosiva a Napoli

La situazione a Napoli è tragica, perché l’economia della città, dalla fine degli anni Novanta, si fonda prevalentemente sugli introiti dovuti al turismo: bed and breakfast, hotel, ristoranti, trattorie, bar, taxi, guide turistiche. Molti preferiscono morire di covid che di fame.

Durante la prima crisi sanitaria solo nel territorio di Napoli i volontari e il Comune hanno distribuito la spesa a circa seimila famiglie in condizione di forte necessità.

Ora la Campania è una delle regioni più colpite dalla seconda ondata con quasi quattromila contagi al giorno.

Il governatore Vincenzo De Luca aveva annunciato un lockdown regionale, che poi però ha dovuto sospendere per l’esplosione delle proteste di piazza.

Nelle proteste non ci sono bandiere politiche, perché di regola sono eventi spontanei, organizzati sui social network da parte di gruppi e categorie di lavoratori che di solito non scendono in piazza o che non scendevano in piazza da tempo.

Non è da escludere che siano presenti soggetti appartenenti a organizzazioni criminali di tipo camorrista, che sostengono i commercianti, perché da loro prendono il pizzo. I camorristi fingono d’interessarsi alla sofferenza economica delle categorie più deboli, perché questo è anche un modo per reclutare affiliati a buon mercato. Inoltre hanno la possibilità di infiltrarsi nelle attività economiche facendo affari di varia natura (dagli acquisti sotto costo all’usura). I momenti di emergenza sono una manna caduta dal cielo per la criminalità organizzata.

Chiudere poi le scuole in una città dove l’abbandono scolastico è già alto e dove molti ragazzi non hanno la possibilità di collegarsi via internet per seguire le lezioni a distanza, pare del tutto insensato. Senza poi considerare che molti bambini vivono in alloggi che sono al di sotto degli standard nazionali.

Un’altra categoria che scende in piazza da mesi a Napoli è quella dei lavoratori precari dello spettacolo, che spesso svolgono la loro attività in nero, a chiamata o con contratti di collaborazione che non prevedono ammortizzatori sociali.

Ma la categoria più numerosa nelle piazze delle ultime settimane è stata quella dei ristoratori e dei baristi, colpiti direttamente dalle ultime misure che impongono chiusure anticipate.

La situazione rischia di esplodere perché ci sono troppe persone che lavorano in nero e in grigio, per le quali bisognerebbe pensare a un reddito universale e a una sospensione di tasse e affitti.

Queste categorie di lavoratori (dalle lavoratrici domestiche ai parcheggiatori fino ai lavoratori della ristorazione e del turismo) hanno fatto fatica ad accedere ai sussidi (dai buoni spesa alla cassa integrazione), proprio per l’impossibilità di formalizzare le loro richieste a causa del lavoro che svolgono.

Su “Internazionale” del 2 novembre.

Forse il covid-19 è una prova da superare, non solo di resistenza personale ma anche in funzione di un ripensamento degli stili di vita, dei modelli sociali. Sta mettendo allo scoperto un sistema che non funziona o che non può continuare a funzionare con le mezze misure, i sotterfugi, la cronica precarietà quotidiana, la mancanza di prospettive…

La storia della Whirlpool al capolinea

La storia della Whirlpool è finita male. Il 31 ottobre chiuderà.

Dopo un anno di scioperi per impedire che i macchinari fossero portati in Polonia o in Cina, dove il costo del lavoro è ridicolo, la multinazionale del Michigan ha approfittato della seconda ondata di pandemia per chiudere definitivamente la sede napoletana.

Costruita dalla Ignis nel 1957, passata alla Philips nel 1972 e finita alla Whirlpool all’inizio degli anni novanta, era diventata un piccolo gioiello con standard tecnologici e produttivi molto alti. L’impianto oggi perde 20 milioni di euro all’anno e quindi non è più sostenibile.

Anche il polo casertano di Carinaro è stato trasformato in un deposito di pezzi di ricambio.

Il ministro Stefano Patuanelli ha dichiarato di non avere strumenti per fermare una multinazionale (che impegna 70 mila lavoratori in tutto il mondo ed è la maggiore produttrice mondiale di elettrodomestici). Il piano industriale 2019-2021, che prevedeva ammortizzatori sociali e incentivi economici, in cambio di un investimento da parte dell’azienda di 17 milioni di euro, non è servito a niente. L’azienda ha ricevuto aiuti pubblici in varia forma per un ammontare complessivo di circa 100 milioni di euro.

Per il 2020 la Whirlpool ha previsto un calo di fatturato tra il 13 e il 18% a causa della pandemia. Per questo l’azienda ha deciso di tagliare 500 milioni di dollari su manodopera e altri settori.

I lavoratori hanno ricevuto una lettera nella quale veniva annunciato il loro trasferimento a un’altra società, la Passive refrigeration solutions (Prs), una start-up svizzera dai finanziatori sconosciuti, che non ha neppure un sito web e non ha mai prodotto niente. La sede è a Lugano. La Prs ha già sciolto ogni trattativa con Whirlpool per la cessione della sede di Napoli, anzi ha dato mandato ai propri legali per denunciare la Whirlpool a causa dei suoi comportamenti.

Intanto 14 operai han già accettato la buonuscita di 75mila euro proposta dall’azienda.

Il lento esodo dei lavoratori è cominciato un anno fa. Erano 420, ora sono 350. Finora nessuno di loro ha trovato un altro lavoro, anche perché a 45 anni (età media nella fabbrica) non è facile Poi c’è un altro migliaio di persone che lavora nell’indotto.

Quali errori si sono compiuti? Alcuni storici: aver indotto i Paesi comunisti a diventare capitalisti. Altri strategici: non aver occupato la fabbrica. Non avere alcuna idea di come ristrutturare una fabbrica in maniera non capitalistica. Fidarsi delle promesse di una multinazionale, concedendole ampie agevolazioni.

Il senso gay di festeggiare il Gay Pride

Domani a Napoli, le persone lgbtq (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, queer ndr.), ci auguriamo a migliaia, sfileranno per le strade cittadine con il loro carico di colori, musica e slogan per chiedere alla politica un impegno concreto sui diritti civili negati fino ad oggi, e per una lotta seria contro ogni discriminazione e ogni violenza omofoba. Si celebra il Gay Pride, nato 31 anni fa, dopo una battaglia durata una notte, allo Stonewall Inn, il locale di Christopher Street, nel Greenwich Village, tra polizia e omosessuali e transessuali.

Stanchi di quotidiane perquisizioni, vessazioni e violenze da parte dei poliziotti, gli avventori del locale gay, aiutati dagli abitanti, decisero di mettere la parola fine, e quando quella sera del 27 giugno 1969, i poliziotti irruppero nel locale, cominciarono a volare bottiglie, scarpe tacco 15, e fecero barricate per impedire ai rinforzi di raggiungere il locale.

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