La legge francese è sulla sicurezza o sul controllo globale?

Dopo il Senato ora anche l’Assemblea nazionale francese ha definitivamente approvato, con 75 voti favorevoli e 33 contrari, la controversa legge sulla “sicurezza globale”, che alla fine del 2020 aveva provocato le proteste in tutto il Paese di mezzo milione di persone.

La parte più contestata era l’art. 24, che introduce un nuovo reato per chiunque diffonda immagini e video in grado di “danneggiare l’integrità fisica e morale” degli agenti di polizia. Chi si opponeva alla legge sosteneva che un reato di questo genere sarebbe stato una limitazione della libertà di espressione. Persino l’Onu aveva giudicato il testo “incompatibile col diritto internazionale dei diritti umani”.

Il governo aveva accettato di riscrivere l’articolo, ma poi si è limitato a dire, pur escludendo le parole “immagini e video”, che va punito chi contribuisce a identificare un agente di polizia in servizio “con l’evidente intento di nuocere alla sua integrità fisica o psichica”. Una formulazione molto vaga, che consente un’eccessiva libertà di interpretazione. Rispetto alla proposta iniziale, sono esclusi da questo reato i giornalisti.

La legge sulla “sicurezza globale” (che sarebbe meglio definire “controllo globale”) è stata fortemente voluta dal premier Emmanuel Macron, sull’onda della islamofobia del governo e di buona parte del Paese. Il quale naturalmente ne ha approfittato, cioè ha allargato la repressione in nome della laicità statale a tutti i casi di dissenso sociale contro le istituzioni.

Il principale sostenitore della legge è il ministro della Difesa Gérald Darmanin, che, dopo la riformulazione dell’art. 24, ha chiesto di aumentare le sanzioni a 5 anni di reclusione e fino 75 mila euro di multa; e la cosiddetta “provocazione dell’identificazione” non si riferisce solo ai gendarmi, agli ufficiali di polizia e ai doganieri, ma anche ai loro parenti.

Quindi, pur non facendo più riferimento esplicito a immagini e video nel testo definitivo, si precisa che, se vi saranno immagini dei volti che possano costituire un rischio per le forze dell’ordine, esse andranno sfocate sia sugli organi di stampa ufficiali che sui social network.

Di fatto ora gli agenti avranno mano libera di comportarsi come meglio credono. L’ha già detto Amnesty International: “la legge può intimidire e scoraggiare i cittadini che intendono registrare e documentare gli episodi di violenza perpetrata dalle forze dell’ordine”. Anche perché nell’art. 20 viene garantito alla polizia un accesso esteso alle telecamere di sorveglianza, persino a quelle dei condomini. E nel n. 22 viene garantita la possibilità alle forze di polizia di servirsi di strumenti di sorveglianza come droni e body cam, con cui p.es. controllare che i cittadini indossino la mascherina anti-covid.

Si è aperta la porta all’impiego massiccio del rilevamento di immagini in tempo reale con l’utilizzo di software automatizzati, tra cui il riconoscimento facciale. Come in Cina. Si autorizza anche la polizia fuori servizio a portare le armi ovunque si trovi.

Il Paese si sta fascistizzando. Lo dimostra anche il fatto che alla discussione finale di una legge che limita così fortemente i diritti dei cittadini, aumentando arbitrariamente i poteri delle forze dell’ordine, si sono presentati solo 108 deputati su 577. La sinistra impugnerà il testo dinanzi alla Corte Costituzionale.

Il recente processo contro Derek Chauvin, il poliziotto accusato di aver ucciso George Floyd il 26 maggio 2020 a Minneapolis, in Francia non si sarebbe neppure fatto, visto che le prove più schiaccianti sono state fornite dal video di una passante. Il che non vuol dire che gli USA siano più democratici della Francia. In passato vi sono stati decine di casi di agenti che hanno ucciso o ferito dei sospettati, e di regola non si arriva nemmeno al processo, poiché i procuratori si considerano come appartenenti alle forze dell’ordine.

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