Sempre più preoccupante la destra fanatica in Israele

Nell’arco di sette anni vi sono state cinque elezioni della Knesset israeliana, quattro delle quali in meno di due anni. Le ultime del 23 marzo con un’affluenza del 67%, la più bassa dal 2009. Sono 13 i partiti a dividersi i 120 seggi.

Il Likud ha ottenuto 52 seggi, ma doveva arrivare a 61 per poter governare. E sappiamo bene che Netanyahu è pronto a tutto pur di non affrontare le pesanti accuse di corruzione, frode e abuso di potere, mossegli dal 2019. In questo momento sta chiedendo che si proceda con l’elezione diretta del primo ministro, per prevenire il rischio di una nuova tornata elettorale inconcludente. Ma non è escluso, conoscendo il soggetto, privo di scrupoli, ch’egli preferisca le situazioni in cui nessuno può formare un governo, così lui continua a fare il primo ministro ad interim.

In ogni caso la novità maggiore alle ultime elezioni è stata l’affermazione di partiti di estrema destra e ultrareligiosi, e persino l’ingresso di nuovi partiti di quest’area in parlamento. Tra Sionismo religioso, Potere ebraico e Noam, un miscuglio di xenofobia, omofobia e nazionalismo, uniti a fondamentalismo religioso e violenza, fanno a gara a chi sia più fascista. Queste persone rappresentano un Israele violento, arrogante e isolato che ignora il resto del mondo. Alla faccia della recente Dichiarazione di Gerusalemme sull’antisemitismo.

Per es. il partito Sionista Religioso (alleanza di partiti guidata da Bezalel Smotrich) in passato aveva proposto di segregare i reparti di maternità, in modo che le donne ebree non dovessero partorire vicino a donne arabe. Smotrich si è definito un “fiero omofobo” (nell’alleanza vi è anche il partito Noam, apertamente anti-LGBT). E ha detto che è disposto a fare un governo col Likud solo se Netanyahu rinuncia all’impegno preso con la risoluzione ONU 1325, in base alla quale gli Stati sono obbligati a includere le donne nei corpi decisionali, in particolare quelli che si occupano di pace e sicurezza, a proteggere le donne dalla violenza e a tutelarle nei loro diritti umani.

Un altro partito dell’alleanza Potere Ebraico, guidato da Itamar Ben Gvir. Quest’ultimo si ispira al rabbino estremista Meir Kahane, ucciso negli Stati Uniti nel 1990. Kahane aveva affermato che ebrei e arabi non possono coesistere e che l’unica soluzione è espellerli da Israele. Ben Gvir, che vive in uno degli insediamenti più violenti e provocatori della Cisgiordania occupata, è stato definito l’equivalente israeliano di un leader del Ku Klux Klan ed è già stato condannato per istigazione alla violenza.

Difficile che Netanyahu possa formare un governo con partiti che vogliono annettere la Cisgiordania in modo unilaterale; separare Gaza al fine di mantenere una maggioranza ebraica nello Stato unitario e non ammettere i rifugiati palestinesi. La destra radicale vuole uno Stato unico, non-divisibile, in cui i palestinesi o accettano di definirsi cittadini israeliani o restano rinchiusi a Gaza. Parlare di due Stati, come fa la sinistra, per loro non ha senso.

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