Pier Paolo Pasolini 35 anni dopo la sua morte

Sono trascorsi trentacinque anni da quel giorno in cui il corpo intriso di sangue e violenza di Pier Paolo Pasolini venne rinvenuto sulla spiaggia dell’idroscalo di Ostia, a pochi chilometri dalla capitale. Trentacinque anni e un solo colpevole reo confesso: Pino Pelosi, un ragazzo di vita, un vagabondo che in tanti anni non ha saputo o voluto raccontare la verità su quella notte di aggressione al grande poeta, scrittore, regista. Un silenzio che a tanti è parso una copertura verso altri assassini rimasti ignoti ancora oggi. Le dinamiche e i vari sopralluoghi fatti successivamente da amici di Pasolini raccontano che non poteva essere il solo Pelosi ad aver fatto carne da macello il corpo di Pier Paolo. Troppo frettolose le indagini ufficiali, lasciati cadere nel vuoto o cancellati i tanti indizi che potevano dare altre risposte su quella notte. Per lungo tempo l’opinione pubblica venne tenuta all’oscuro sugli sviluppi delle indagini e del processo, restando del parere di un delitto scaturito in “circostanze sordide”.

Esiste un bel documentario girato alcune settimane dopo l’assassinio da Sergio Citti, amico fraterno di Pasolini, dove si fa capire chiaramente che non poteva essere stato un solo uomo ad aver massacrato Pasolini; che il Pelosi non poteva aver fatto tutto da solo. Altri lo avevano aiutato a cancellare quella vita per molti pericolosa. Pelosi era l’esca per portare a termine il delitto. Così scrisse Alberto Moravia, altro suo amico del cuore:

« La sua fine è stata al tempo stesso simile alla sua opera e dissimile da lui. Simile perché egli ne aveva già descritto, nella sua opera, le modalità squallide e atroci, dissimile perché egli non era uno dei suoi personaggi, bensì una figura centrale della nostra cultura, un poeta che aveva segnato un’epoca, un regista geniale, un saggista inesauribile. »

C’ero anch’io a Firenze quel giorno del 2 novembre di 35 anni fa, al Congresso del Partito Radicale. Pier Paolo Pasolini doveva parlare all’assise dopo che su molti quotidiani aveva difeso le battaglie radicali e i vari digiuni di Marco Pannella. La notizia della sua morte scuote il Congresso, quasi lo paralizza. Gli amici del FUORI, la prima organizzazione omosessuale federata ai Radicali, si riuniscono per capire cosa fare.

«Cari Pannella, caro Spadaccia – scrive Pasolini per il suo intervento -, cari amici radicali […] voi non dovete fare altro (io credo) che continuare semplicemente a essere voi stessi: il che significa essere continuamente irriconoscibili. Dimenticare subito i grandi successi: e continuare imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare.»

Per chi vuole, qui il testo integrale dell’intervento, diventato il suo ultimo documento pubblico.

Sono tante oggi le pubblicazioni su e di Pier Paolo Pasolini che raccontano un uomo libero, un intellettuale di tante ragioni di pensiero. Rileggere Pasolini oggi ci fa capire molto del nostro passato e del nostro presente.

Forse oggi rendere martire Pasolini non servirebbe a molto. Durante la sua esistenza ebbe tanti amici e altrettanti nemici. I suoi scritti e qualche suo film finirono per interessare la censura e la magistratura, mentre lui continuava a essere l’uomo libero che fu.

Scrive Marco Belpoliti su La Stampa:

Mangiare Pasolini per capirlo meglio, per trarre forza da lui, dalla sua contraddizione, per non subirla, ma per declinarla. Per non restare vittime del complesso-Pasolini che attanaglia ancora chi attende la palingenesi generale della nostra società, tutta da salvare o tutta da perdere, inclinazione moralistica che il poeta per primo avrebbe, ne sono certo, colpito e sferzato con la sua urticante vis polemica.

Mi chiedo solamente cosa avrebbe detto di noi oggi Pier Paolo Pasolini, magari col piacere di scandalizzarci ancora una volta.

1 commento

I commenti sono chiusi.