Le ambiguità della storia

Noi studiamo la storia e la facciamo studiare ai nostri allievi secondo un processo lineare di causa/effetto, quando di fatto, nel mentre gli avvenimenti accadevano nel passato, ciò che dominava non era una logica stringente, necessaria, che legava gli avvenimenti, ma una marcata ambiguità, in cui tutto sarebbe potuto accadere.

Noi insegniamo la storia come se fosse una scienza esatta. P.es. quando si affronta il nazismo, mettiamo facilmente in evidenza l’assurdità delle teorie razziste, ma nel mentre esse venivano divulgate i nazisti dovevano ricorrere a svariate dimostrazioni, a infiniti espedienti per convincere le loro popolazioni.

Oggi quelle teorie ci sembrano assurde per una serie di ragioni: i nazisti hanno perso la guerra; esistono teorie scientifiche che ne negano i presupposti culturali; esistono teorie politiche che temono che la diffusione di teorie razziste possa portare a conflitti bellici; esistono teorie etiche e religiose che ritengono il razzismo una forma di anti-umanesimo. E via dicendo.

Eppure il razzismo permane nel rapporto tra Nord e Sud, tra Occidente e Terzo Mondo; permane in quelle sperimentazioni genetiche che pur essendo fatte prevalentemente sul mondo animale si cerca, seppur in maniera strisciante, di estenderle sempre più al genere umano, o in quelle sperimentazioni specifiche per l’essere umano (clonazione, fecondazione artificiale, banca del seme, ibernazione…); permane nel modo come si recepisce il fenomeno dei flussi migratori o nel modo come viene strutturata la convivenza, l’integrazione nelle città: i ghetti, i quartieri residenziali dove tende a prevalere una o più componente etnica…; può persino far capolino nella formazione delle classi nelle scuole, e non è rara nelle dinamiche di gruppo di quelle classi ove esiste una certa componente straniera.

Il razzismo è figlio dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo; anzi gli uomini sono razzisti anche nei confronti degli animali e della natura in generale. È una forma culturale, politica, psicologica…, sempre più sofisticata, che fa da supporto a un’esigenza di dominio materiale, economico, dell’uomo sull’uomo, degli uomini sulle donne, degli uomini e delle donne sulla natura, in una parola, dei più forti sui più deboli.

Le forme di razzismo esplicite, istituzionali, vengono sostituite da altre forme di razzismo più subdole, più surrettizie, connesse paradossalmente allo sviluppo della democrazia o comunque coesistenti con l’affermazione dei diritti umani universali.

Per non essere superficiali quando si affrontano argomenti del genere, bisogna sempre partire dal vissuto dei ragazzi, dalla loro paura, spesso indotta dai genitori, di perdere privilegi e comodità.

Insomma di fondamentale importanza è il fatto che quando si fa un’analisi storica di un determinato fenomeno, bisognerebbe anzitutto distinguere tra ciò che il fenomeno poteva apparire ai contemporanei che l’hanno vissuto e ciò che il fenomeno appare a noi, che non l’abbiamo vissuto e che per questo possiamo osservarlo con distacco, nella consapevolezza dei suoi limiti.

Se nell’esaminare il nazismo, noi lo presentiamo solo nella sua negatività, che pur, a guerra finita, è stata a tutti evidente, noi non aiutiamo lo studente a capire il motivo per cui tantissima gente (milioni di persone), coeva a quel fenomeno, lo riteneva un evento positivo, da sostenere persino in maniera incondizionata. Un docente non può in alcuna maniera rischiare di attribuire a una qualche “caratteristica negativa naturale” il fatto che un certa popolazione ha compiuto una determinata scelta. Un educatore non può affidarsi alla psicologia delle masse o addirittura alla genetica per trovare spiegazioni di natura socio-economica e politica.

Noi non possiamo presentare le cose col senno del poi. Non possiamo partire da tesi precostituite se vogliamo abituare lo studente a capire che nella vita si devono operare delle scelte e che quelle migliori per i destini delle generazioni non sono immediatamente intuibili o percepibili nel momento in cui si deve scegliere. Generalmente la verità è qualcosa di molto ambiguo nel suo svolgimento.