Sulle “atomiche di Teheran” pur di evitare una guerra, almeno per ora, l’intelligence USA sbugiarda pubblicamente Israele

Le pressioni del capo del governo israeliano Benjamin Netanyahu verso il presidente Obama  per dare inizio ai bombardamenti sull’Iran sono sempre più forti. Ed è sempre più forte il pericolo che Israele proceda da sola mettendo gli Usa di fronte al fatto compiuto. Con il vantaggio, per Netanyahu, di far fallire così il tentativo di Obama di essere rieletto e vedere alla Casa Bianca un nuovo inquilino, più avventurista di Obama e più docile alle pretese della destra israeliana e dei suoi forti supporter negli Stati Uniti, a partire dall’organizzazione “Prima Israele”, della quale fanno parte molti politici e alti gradi militari. Per contenere la pressione israeliana ed evitare i colpi di testa di Netanyahu, ai quali sono contrari perfino i vertici militari del suo Paese, negli Usa hanno pensato bene di correre ai ripari rendendo pubblico che NON esiste nessun pericolo che l’Iran stia producendo o anche solo progetti o pensi di produrre bombe atomiche. L’agenzia dell’Onu per l’energia atomica (IAEA) afferma, peraltro sulla base di documenti di alcuni servizi segreti non proprio interessati alla verità, che l’Iran sta facendo grandi passi in avanti nel suo programma nucleare e ha “triplicato la capacità di arricchire l’uranio in un impianto sotterraneo”. Ma in un’audizione al Senato degli Stati Uniti il 31 gennaio James Clapper, il direttore della National Intelligence, forse la più importante delle 15 agenzie di spionaggio Usa, è stato esplicito: ”Certamente si stanno muovendo su questo percorso, ma non riteniamo che abbiano davvero preso la decisione di procedere con un’arma nucleare”. Gli ha fatto eco con affermazioni simili il grande capo della famosa CIA,  David Petraeus, mentre il capo del Pentagono, Leon Panetta, in un’intervista tv, è stato ancora più esplicito. ”Stanno sviluppando un’arma nucleare? No, ma noi sappiamo che stanno tentando di sviluppare capacità nucleari”. Continua a leggere

Ultima fermata, Teheran. Ovvero: lo sconvolgimento geopolitico alle porte

Dunque a detta di sempre più osservatori ed esperti la guerra all’Iran è ormai solo questione di mesi. A prendere l’iniziativa sarà Netanyahu, il padre fondatore del riciclaggio dello scontro tra Oriente comunista ed Occidente capitalista in scontro tra Nord e Sud del mondo, cioè in pratica tra mondo giudaico cristiano e mondo islamico. Ovviamente spero che osservatori ed esperti si sbaglino anche questa volta. Però è bene ripercorrere le tappe di questa follia centrata sull’ossessione delle “bombe atomiche di Teheran”, versione aggiornata in salsa iraniana della gigantesca e criminale panzana delle “atomiche di Saddam” servita per invadere l’Iraq. Propongo quindi due scritti non miei: piuttosto lunghi, ma molto documentati e dettagliati. Sono di qualche anno fa, ma sempre estremamente attuali per il contenuto e molto utili per farsi un’idea di come stiano davvero le cose. Continua a leggere

Arrivano l’intervento militare occidentale in Siria e quello israeliano in Iran?

Bene. O meglio: male. Malissimo. A quanto pare l’intervento militare occidentale in Siria è inevitabile. Idem per quanto riguarda l’intervento israeliano in Iran. Ma andiamo per ordine.

Riguardo la Siria, esportare la democrazia con le armi è una illusione antica. Ci provò, almeno come scusa, Atene con Sparta se non ricordo male. E ne nacque la lunga guerra del Peloponneso che favorì, se non ricordo male, il successivo arrivo di Alessandro. L’esperimento è riuscito agli Usa in Germania, Italia e Giappone con la seconda guerra mondiale: vale a dire, con un bilancio di 40-60 milioni di morti e due atomiche sulla testa di civili giapponesi. Che vogliamo fare? Una guerra mondiale in Medio Oriente che si allargherebbe chissà fin dove, con altri 40-60 milioni di morti moltiplicato per chissà quanto e con decine di atomiche? Continua a leggere

E’ possibile una verità storica?

La storia non può finire con l’esperienza terrena, poiché in questa dimensione la verità, nel senso pieno della parola, è impossibile. Finché esistono civiltà antagonistiche, i cui poteri dominanti decidono l’ideologia ufficiale, avendo il monopolio dei mezzi comunicativi, nessuna verità è possibile. Al massimo sono possibili delle “mezze verità” o delle critiche alle verità ufficiali del governo, delle istituzioni, ma la vera verità, quella che una volta si definiva “pura”, è fuori della nostra portata.

Possiamo soltanto avvicinarci ad essa, in maniera approssimativa, facendoci aiutare da chi ha una visione opposta a quella dei poteri dominanti, a quella di chi non tiene in alcun conto le classi marginali; ma dobbiamo farlo senza credervi ciecamente, poiché non c’è nulla che indichi la verità come un’evidenza. Infatti dobbiamo accontentarci di un’approssimazione per difetto. L’insieme sfugge alla nostra comprensione, anche se un lavoro d’équipe è certamente più significativo di quello del singolo, per quanto intelligente sia.

Il nostro giudizio è condizionato soprattutto da due fattori. Il primo è che quando gli aspetti privati confliggono con quelli pubblici, diventiamo cinici se preferiamo quelli pubblici (quanti grandi personaggi sono stati fatti fuori dalla cosiddetta “ragion di stato”? Socrate, Cristo, Tommaso Moro, sino al deputato Aldo Moro). Se invece preferiamo quelli privati diventiamo sentimentali, troppo condiscendenti.

I conflitti sociali di queste civiltà inducono a dare più importanza alla politica che alla morale, anche quando non si è politicamente impegnati; sicché la morale si guasta, subisce dei condizionamenti che le fanno perdere lo spessore umano. Chi fa politica per mera esigenza di potere fa diventare cinico anche chi non la fa, cioè anche chi preferisce dedicarsi agli affetti familiari, agli amici, ai propri hobby.

“Il potere logora chi non ce l’ha” – questa tristissima massima di uno dei principali protagonisti del delitto Moro, in fondo pesca nel vero, poiché nell’antagonismo sociale l’emarginato s’incattivisce, si disumanizza, perde la faccia di bronzo che caratterizza chi sta al potere, per il quale l’assenza di morale va vissuta con assoluta indifferenza.

Chi invece pensa che gli aspetti etici siano da coltivare molto di più di quelli politici, finisce col diventare ingenuo, col non capire fin dove si può spingere il cinismo della politica, dove la regola è quella di dire sempre il contrario di ciò che si pensa.

Il secondo fattore da considerare, che ci impedisce di avere una visione obiettiva delle cose, è il fatto che tendiamo a dare ragione a chi soffre, tendiamo a giustificarlo, anche quando sappiamo che politicamente ha torto. Gli aspetti umani ci commuovono, ci mettono in confusione e offuscano l’interpretazione obiettiva della realtà, quella che deve tener conto dei conflitti di classe, dei rapporti di proprietà. Quanti militari tedeschi sopravvissuti alla battaglia di Stalingrado hanno pianto i loro compagni perduti, senza rendersi conto del genocidio che stavano compiendo ai danni dei russi?

Ecco perché non siamo capaci di vera verità. Il fatto è purtroppo che non siamo automi, in grado di accontentarci di verità evidenti, di tipo matematico. E’ un bisogno della natura umana quello di conoscere il senso delle cose, quello profondo o “ultimo”. E sappiamo bene che se non riusciamo a soddisfarlo, meno ancora vi riusciranno le generazioni future, per quanto a volte la lontananza dagli interessi in gioco possa aiutare nella ricerca nella verità.

Noi rischiamo continuamente di compiere azioni di cui non saremo noi a vergognarci, ma le generazioni future, le quali, se e quando prenderanno consapevolezza dei nostri errori, non avranno modo di rinfacciarceli. Già faranno una fatica immane a scoprire le nostre falsificazioni, in quanto noi avremo lasciato loro un’interpretazione dei fatti del tutto edulcorata. Ma anche quando vi riuscissero, con chi se la prenderanno? Non è forse un’ingiustizia che una generazione compia impunemente degli abusi e ne scarichi le conseguenze sulle generazioni successive?

Questa mancanza di senso della storia non ci permetterà mai di raggiungere la verità. Ecco perché abbiamo bisogno di un’altra dimensione per chiarirci definitivamente, e chissà fino a che punto sarà possibile farlo a mente fredda: le cose a volte s’interiorizzano così tanto che neppure a grande distanza di tempo si riesce a metabolizzarle. Quando i sopravvissuti dei lager ricordano quello che hanno passato si commuovono ancora, come se fosse successo ieri, e si commuovono persino i loro figli, quanto i genitori sono morti già da tempo.

L’importante, sin da adesso, è non acquisire la psicologia della vittima innocente, quella di chi vuole reagire a tutti questi soprusi con spirito vendicativo. Noi non possiamo rischiare di comportarci peggio delle precedenti generazioni, anche se è nostro compito smascherare chi sostiene d’essersi comportato in una certa maniera per assicurarci un’esistenza dignitosa.

La sofferenza va relativizzata: di per sé essa non rende più vera la verità; anzi, il più delle volte la falsifica, poiché uno pensa che in nome del proprio dolore tutto gli sia lecito. Quando Dante incontrò Brunetto Latini e lo sentii inveire pesantemente contro i fiorentini, lui che, in fondo, da loro aveva ottenuto un danno alquanto modesto, così gli rispose: “Son pronto ad affrontare la sorte, qualunque cosa essa mi riservi, purché la mia coscienza non mi rimproveri” (Inferno, XV, 91-93).

E la Costa Concordia è sempre ferma dove è naufragata: metafora dell’Italia e della realtà di oggi?

L’enorme mole della Costa Concordia è ancora lì, metà sotto il mare e metà sopra. E per quanto possa apparire incredibile, lo svuotamento dei serbatoi del carburante NON sé neppure iniziato. Spero ardentemente non sia vero che si deve procedere alla gara di appalto per aggiudicare i lavori, perché anche al ridicolo dovrebbe esserci un limite.  L’interesse generale e il pericolo di disastro ambientale sono tali da imporre l’invio di mezzi militari per procedere di corsa al recupero del carburante. E invece…. E invece l’enorme mole della Costa Concordia, dolente balena spiaggiata, è sempre lì. Si dondola un po’ con il movimento del mare. Più la guardo, più mi pare l’immagine dell’Italia di oggi. Se non dell’Europa di oggi. Se non del mondo intero di oggi. E di sempre. Gigantesco vorrei ma non posso. Ritratto e monumento vivente del fallimento di tutti i grandi traguardi, di tute le grandi ambizioni di navigare il mondo e la vita lasciandoci alle spalle la realtà. Che è sempre la realtà delle nostre inadeguatezze. Ma bando alle ciance.

A quanto pare il comandante Schettino ospitava nella sua cabina la giovane e bella moldava Domnica Cemortan, della quale hanno parlato tutti i giornali. Buon per lui, se è vero. Ma che c’entra con le responsabilità per il disastro della Costa Concordia? Forse provocherà il disastro del matrimonio di Schettino, con la signora Fabiola Russo,  ma ha qualcosa a che vedere con il naufragio sugli scogli dell’isola del Giglio? Continua a leggere