DAVVERO NON ESISTE UNA SCIENZA PROLETARIA?

Perché oggi si sostiene che non esiste e mai esisterà una “scienza proletaria”? Il motivo principale sta nel fatto che dicendo “proletaria” si teme d’essere accusati di non fare “scienza” ma “ideologia”, cioè di dire cose non perché oggettivamente vere ma perché politicamente strumentali, finalizzate appunto a una posizione di parte.

Ma il motivo è anche un altro: il marxismo ha avuto la pretesa di dimostrare, servendosi della scienza borghese, che il capitalismo ha in sé delle contraddizioni così antagonistiche che ne rendono inevitabile il superamento in direzione del socialismo. E’ la stessa scienza economica borghese che porta a questa conclusione, ovviamente a condizione che si faccia del nesso capitale/lavoro un’antinomia di fondo, un insanabile contrasto.

Detto questo, gli economisti borghesi continuano a sostenere che in realtà non vi sono alternative praticabili al capitalismo, e quelli socialisti insistono nel dire che, andando avanti di questo passo, il capitalismo è destinato a rendere sempre più invivibile la vita sociale e civile. Entrambi gli schieramenti, quando parlano di “scienza”, non mettono mai in discussione i principi generali su cui essa si fonda, che sono poi quelli stabiliti con la nascita dell’umanesimo, con la nascita dello sperimentalismo galileiano, con la nascita di tutte quelle riflessioni filosofiche che hanno voluto porre l’uomo al disopra della natura.

La scienza borghese s’illude di poter considerare il sistema capitalistico una formazione sociale di tipo non “storico” ma “naturale”; e la scienza proletaria ha la pretesa di dire esattamente il contrario. Davvero dunque la differenza tra le due scienze si pone solo a questo livello? Davvero non possiamo pretendere una vera scienza “proletaria”, che non sia semplicemente una diversa interpretazione dei fatti economici, fatta salva una base borghese condivisa?

Una “scienza proletaria” andrebbe anzitutto intesa in senso “antiscientifico”, cioè in un senso che rimetta in discussione i presupposti stessi della scienza su cui si è edificata la società borghese e su cui si vorrebbe edificare anche quella socialista, pur nella variante del primato concesso al lavoro, intrinseco a una previa socializzazione dei mezzi produttivi.

Sono in realtà proprio questi stessi “mezzi produttivi” che vanno ripensati. Aspirare a socializzarne la gestione non serve a nulla, se prima non ci si chiede qualcosa di sostanziale sulla loro legittimità. Una vera “scienza proletaria” non può più darla per scontata.

Alla luce di quanto accaduto alla natura, in questi ultimi due secoli, occorre rimettere in discussione la legittimità degli stessi mezzi produttivi, i quali, nati in ambito borghese, dovrebbero essere ereditati (e nel “socialismo reale” lo sono effettivamente stati) dalla futura società socialista, stando alle previsioni dei classici del marxismo.

In 70 anni di “socialismo reale” non abbiamo soltanto sperimentato l’illusorietà di far coincidere “socializzazione” dei mezzi produttivi con la loro “statalizzazione” (con tutto quel che di antidemocratico, sul piano politico e culturale, ha comportato un’equiparazione del genere). Abbiamo anche sperimentato l’illusorietà di poterci risparmiare conseguenze nefaste sull’ambiente solo perché la proprietà dei mezzi produttivi era state resa “pubblica”.

Una “scienza proletaria” dovrebbe dunque essere una scienza che si rifà in toto alle leggi della natura. Il vero “proletario” è colui che, non possedendo nulla, si lascia “possedere” dalla natura. Lascia cioè che sia la natura a dettargli le condizioni della propria esistenza in vita.

Il “proletario” diventa un “soggetto di natura”, colui che non usa nulla che possa ostacolare i processi riproduttivi di chi gli offre i beni essenziali per sopravvivere.

Il moderno “proletario” non fa soltanto un discorso di socializzazione dei mezzi produttivi, ma anche uno sull’uso ecocompatibile di tali mezzi. E considera quest’uso prioritario su tutto, l’unico vero parametro per stabilire il grado di benessere, il livello di vivibilità, di umanizzazione di una qualunque comunità sociale.

28 commenti
  1. Linosse
    Linosse says:

    Bisogerebbe riproporre l’Ecosocialismo
    Quando il tema è ecologia e socialismo, la prima cosa da considerare è che il sistema capitalista sta portando il nostro piccolo pianeta – e gli esseri viventi che l’abitano – ad una situazione catastrofica dal punto di vista dell’ecosistem,i suoi segnali sono già visibili., dalle condizioni di sopravvivenza della vita umana e dalla vita in generale.
    L’ecosocialismo parte di alcuni idee fondamentali di Marx sulla logica del capitale e di alcuni delle scoperte, avanzamenti e conquiste scientifiche del movimento ecologico e della scienza ecologica. Marx non aveva esposto ancora la questione dell’ecologia nella sua analisi perché, nella sua epoca, la questione era molto poco evidente. Ma egli afferma, in Il Capitale, che il sistema capitalista esaurisce le forze del lavoratore e le forze della Terra. Traccia un parallelo tra l’esaurimento del lavoratore e l’esaurimento del pianeta. Pertanto, lo sviluppo del capitalismo finisce con la natura.
    Le attuali fonti di energia del capitalismo sono nocive e pericolose; anche quello che è pericoloso per l’ecosistema, lo è per l’umanità: siano già le energie fossili, in questione il petrolio che finisce dentro ad alcuni decadi – e si sa matematicamente che finisce -, già sia l’energia atomica che è una falsa alternativa, perché la spazzatura nucleare è un problema gigantesco, molto pericoloso, e che nessuno riesce a risolvere. Allora, la trasformazione rivoluzionaria delle forze produttive passa per la questione delle nuove fonti di energia, per le chiamate fonti di energia rinnovabili. Invece del petrolio inquinante e dell’energia nucleare devastatrice, si devono cercare energie rinnovabili, come l’energia solare che non interessa i capitalisti perché è gratuita, è difficile da vendere, non è merce. quindi non investe nel suo sviluppo.
    Ovviamente, dal punto di vista socialista, è assolutamente prioritaria la ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico dell’energia solare. Non è l’unica ma, con sicurezza, avrà una ruolo centrale nel processo di trasformazione radicale del progetto ecosocialista.
    Per quel motivo, alcuni vecchi socialisti riferiscono direttamente la nostra utopia rivoluzionaria, il socialismo, il comunismo, col Sole, con l’energia solare. Quell’espressione di “comunismo solare” appare già in alcuni lavori di ecosocialisti. Ci sarebbe una specie di profonda affinità tra l’energia solare ed il progetto comunista.
    I bilanci negativi Un altro tema che deve essere vagliato è il bilancio negativo di quello che fu, a partire dalla visione ecologica, l’esperienza della chiamata “socialismo reale” dell’Unione Sovietica ed altri stati burocratici. Dal punto di vista di trasformazione dell’apparato produttivo che avanzò molto poco, i risultati furono enormi catastrofi ecologiche. Quell’esperienza è una strada che noi non dobbiamo seguire.
    Un altro bilancio negativo è quello del riformismo verde. I partiti verdi che si formarono negli anni sessanta e settanta, all’inizio con una certa prospettiva radicale, finirono quasi tutti, entrando in governi di centro-sinistra e convertendosi al sociale-liberalismo.
    Le soluzioni che si richiedono non passano qui per una riforma ecologica o là; quello non risolve nessuno dei problemi. Il bilancio di quell’ecoriformismo verde è, pertanto, abbastanza spoetizzante.
    La probabilità di una trasformazione radicale della società implica l’espropriazione del Capitale. Ma rimanere solo nell’espropriazione dei capitalisti non affronterà la questione dell’ecosistema come invece potrebbe farlo l’ecosocialismo o comunismo solare
    che, implica il superamento del capitalismo, la possibilità di una società più umana, , ugualitaria, democratica e capace di stabilire una relazione armoniosa degli esseri umani tra sé e con l’ecosistema, con la natura.
    Non basta esporre quell’obiettivo, quell’utopia rivoluzionaria. Bisogna cominciare a costruire da ora quello futuro. È necessario partecipare a tutte le lotte, compreso le più modeste; come, per esempio, quella di una comunità che si difende contro un’impresa inquinante; o la difesa di una parte della natura che sia minacciata per un progetto commerciale distruttivo.

    È importante continuare a costruire la relazione tra le lotte sociali e le ambientali, perché esse tendono a concordare, unite attorno ad obiettivi comuni. Per esempio, le comunità indigene o campagnole che affrontano le multinazionali liberano un combattimento antimperialista, ma anche sociale ed ecologico. La lotta per i trasporti collettivi moderni e gratuiti è un combattimento per avanzare nella soluzione del problema dell’inquinamento dell’aria. Conquistare e ritornare ad una rete di trasporti pubblici significa diminuzione della circolazione di automobili e di conseguenza l’inquinamento sarà minore nell’aria che tornerá ad essere più respirabile.

    L’ecosocialismo è oggi non solo il lavoro di pensatori , come ad esempio Marcuse,o riviste specializzate, è presente nei movimenti sociali; benché alcuni di essi non si chiamino ecologista o socialisti, è presente nello spirito, nel radicalismo, nella dinamica dei movimenti sociali, in questione in nazioni del Terzo Mondo come l’India, i paesi africani ed i latinoamericani.

    Ma alcuni ideologi dell’ecologia espongono falsi problemi. Per esempio che la degradazione dell’ecosistema è colpa del nostro consumismo che ognuno di noi consuma troppo che è necessario ridurre il consumo per proteggere l’ecosistema. Quello responsabilizza gli individui e redime al sistema. È verità che il consumo degli individui è un problema, ma il consumo del sistema capitalista, del militarismo capitalista, della logica di accumulazione del capitale è molto maggiore. Allora, invece di bandire l’auto-limitazione individuale, è necessario richiamare all’organizzazione per lottare contro il sistema capitalista; questa è la nostra risposta.

    Un’altra visione sbagliata è quella che dichiara che la colpa è dell’essere umano che mediante l’antropocentrismo e l’umanesimo, si mise nel centro e disprezzò gli altri esseri viventi Credo che questa concezione causa falsi problemi. Perché è l‘ interesse dell’umanità, della sopravvivenza degli esseri umani, degli uomini e delle donne, preservare il mezzo dal quale dipendono inevitabilmente. Non si tenta di contrapporre la sopravvivenza umana a quelle delle altre specie, si tenta di capire che esse sono inseparabili e che la nostra sopravvivenza come esseri umani, dipende dal fatto che si salvaguardi l’equilibrio ecologico e la diversità delle specie; pertanto parlare di ecosocialismo è parlare di un umanesimo biocentrista.

  2. Controcorrente
    Controcorrente says:

    cari Gavalotti e Linosse,

    rimane un nodo da sciogliere ed è drammaticamente “storico”.
    Concordo con Linosse che Marx certo non poteva accorgersi con i dati a sua disposizione, del problema delle “risorse”al suo “tempo”, inoltre anche a causa del “banale” fatto che egli stesso non poteva sfuggire alla logica di essere figlio del suo tempo.

    Di conseguenza una parte dell’abbaglio può derivare dal fatto che comuinque “Positivismo,scientismo e produttivismo influenzano che piaccia o meno la sua analisi..e questo perdura non solo in Lui ma in moltissimi altri pensatori fin quasi alla fine degli anni 60 del secolo scorso.

    Rimane innegabile che fra tutti questi nuovi dati, l’influenza del produttivismo enorme che si sviluppa con il passaggio alla civiltà industriale ed al metodo della divisione del lavoro , impressionano i pensatori critici ed i politici del dopo Marx.

    Lenin stesso nè è talmente impressionato da commettere alcuni errori valutativi che saranno “tragici” per gli sviluppi della esperienza “bolscevica”….(ovviamente bisogna tener conto del contesto e dell’accerchiamento dell?URSS)

    Il nodo ,anzi i nodi sono due..quello di Marx e sul suo accorgersi scientifico dello sbaglio implicito nel sistema, pur in assenza del “dramma ecologico” (così come giustamente rilevato da Linosse) e quello di Lenin ,ovvero della forma , del mezzo dell’azione…che rimane pur sempre aperto..!!

    Se mi ricordo bene, lo stesso Popper alla fine dei suoi giorni ..si accorse che qualcosa cominciava a scricchiolare nella sua “critica” e nel suo Mondo 3 ovvero ,nel suo mondo “ideale” e razionale (sic!a parer suo) della formazione del pensiero umano e delle coscienze degli uomini..

    IL suo” ultimo” terrore per i Media e per la televisone e diremmo oggi annessi e connessi è un problema non suo …ma drammaticamente nostro, tutto da sciogliere se pensiamo che tutto quanto detto sopra corrisponde a realtà.

    Un percorso di umanenismo socialista laico,ha bisogno delle gambe degli umani,per poter avanzare…ed è frenato dalla Kultura dominante dell’individualismo esasperato, ovvero dal rifiuto delle coscienze” di prendere atto della Socialità dell’esistenza, tanto per richiamare Polanyi…

    un bel dramma!

    cc

  3. Vox
    Vox says:

    Sono completamente d’accordo con l’intervento di Linosse.
    Vorrei solo considerare un aspetto, di del resto ho scritto a piu’ riprese anche sul blog di Nicotri, e che magari puo’ apparire un poco OT, ma secondo me non lo e’. E riguarda il cosidetto socialismo reale che e’ stato nominato piu’ sopra.

    Mi sembra doveroso riconoscergli almeno lo status di primo vero esperimento di socialismo su larga scala nella storia. E come esperimento, per giunta primo, ha avuto i suoi limiti e ha compiuto i suoi errori (molti dei quali anche dovuti all’accerchiamento, alla corsa agli armamenti iniziata dagli Usa e alle feroci politiche antisovietiche di tutto il mondo occidentale).

    Il burocratismo e lo statalismo erano stati un’ inevitabile eredita’ del lungo periodo zarista, che ha avuto un apparato burocratico spaventoso. Semmai, in epoca sovietica il burocratismo e’ stato semplificato. Inoltre, la rivoluzione ebbe luogo in un’atmosfera ‘futuristica’, di fiducia nella tecnologia e nella scienza, nel potere dell’uomo di cambiare tutto.

    Con questo entusiasmo, spesso completamente cieco, ad esempio, all’epoca di Krusciov si invertirono i corsi di alcuni fiumi in Siberia con risultati pazzeschi per l’ambiente. Oppure, sempre con Krusciov, la politica del mais da coltivare su larga scala che creo’ enormi problemi per l’agricoltura.
    Questi progetti, per fortuna, furono in seguito abbandonati.

    Tuttavia, il progetto socialista che aveva prodotto quel primo esperimento era riuscito anche a raggiungere dei grandi risultati. La schiavitu’ della gleba, in Russia, era stata abolita solo nel 1860 e i soviet si ritrovarono nel 1917, oltre ad aver a che fare con una durissima guerra civile, anche con una popolazione nell’indigenza e nell’ignoranza piu’ sconcertanti (analfabetismo totale quasi all’82%!). In pochi decenni, bene o male, si diede a tutti un tetto sopra la testa, un lavoro, delle nuove opportunita’ e si creo’ un sistema di istruzione di prim’ordine. La scienza fece passi enormi, al punto da sognare l’uomo nello spazio e portarcelo.
    In altre parole, bisogna ricordare da cosa erano partiti, prima di parlare sempre e solo di fallimenti e di errori, che e’ un modo come un altro di ignorare un bel pezzo di realta’.

    Ho fatto questo lungo loop per ritornare al discorso sul socialismo solare – un’immagine bellissima – di cui ha parlato Linosse. Per costruire un nuovo tipo di impianto sociale ed eco-sociale dobbiamo avere una visione chiara delle prospettive e sviluppare una strategia politica, ma dobbiamo anche avere l’energia morale e spirituale per crederci, perche’ il cammino sara’ necessariamente ancora lungo.

    Dovremo attraversare forse ancora molti esperimenti di socialismo ed e’ probabile che parecchi crollino di nuovo, ma proprio la consapevolezza di questa fallibilita’ e del fatto che ogni esperimento in piu’ e’ pur sempre un passo in avanti e’ secondo me fondamentale per non farci perdere di vista gli obiettivi. E nemmeno perdere d’animo.

    So che di questi tempi sostengo una cosa in controtendenza. Ma credo che la caduta libera delle idee del socialismo non sia mai stata cosi’ rovinosa come dopo il crollo del muro di Berlino e il continuo sottolineare soltanto gli errori compiuti in passato, quasi una moda intellettuale.

    Studiamo, rispettiamo e impariamo, invece, da coloro che ci hanno gia’ provato – esseri umani come noi – impariamo dagli esperimenti e dagli errori compiuti senza fare condanne sommarie (che francamente sono ormai diventate obsolete e controproducenti per tutta la sinistra), rivalutando quello che c’e’ stato di positivo.

    Abbiamo bisogno di ideali in questo periodo oscuro, volgare ed egoista della nostra storia, siamo di nuovo sull’orlo di un nuovo fascismo in Italia. Le destre non si vergognano di riscrivere la storia, di rivoltarla a loro piacimento, e noi dobbiamo sempre stare a fare il mea culpa?…
    Credo che, per poter veramente andare avanti, dovremmo cambiare anche noi registro, smettere di batterci il petto con gli errori del passato, farne tesoro e parlare un linguaggio nuovo, provocatorio, positivo e, anche quello, solare.

  4. Linosse
    Linosse says:

    X Vox
    Il voler criticare gli errori compiuti in passato per cominciare a rendere concreta una nuova fase è solo volontà di prendere atto di situazioni da elaborare e ridiscutere per ottimizzare il progetto del socialismo reale russo che secondo me ha avuto i suoi limiti per non aver risolto ,in particolare,il bisogno della produzione di beni di consumo per una ristretta visione,pensavano che fossero limitati ,e per non avere dato spazio a Gorbachov ,non a caso c’è stato da parte USA un lungo lavoro ai fianchi,che almeno aveva un progetto.
    Come sempre una sola o poche persone non bastano,è necessario il lavoro di molti con grande senso di lavoro comune ,più si è e più la riuscita è sicura.
    L’ideale sarebbe una partecipazione di massa di gente convinta della giustezza del modello ecosocialista,per convincersi bisogna solo aprire gli occhi e vedere realisticamente dove ci ha portato il capitalismo(questo sì non si critica mai e propone crisi cicliche ma di difficile memorabilità.
    L.

  5. Enrico Galavotti
    Enrico Galavotti says:

    Marx ed Engels avevano semplicemente capito che il capitalismo comportava un saccheggio delle risorse naturali, ma s’illudevano che una socializzazione dei mezzi produzioni l’avrebbe scongiurato.
    La cosa che davvero fa dubitare dell’efficacia del socialismo tradizionale è proprio la scarsa attenzione per i problemi ambientali. L’ecologia non è mai al centro dell’economia. Prima del rispetto della natura viene la tutela del lavoro, come se, continuando con questa tipologia di lavoro industriale, potesse esserci un qualche futuro per la natura e quindi per lo stesso genere umano.
    Ora che anche Cina Russia India… (i grandi dell’umanità) hanno optato per uno sviluppo capitalistico, quando da tempo sappiamo bene che un sistema del genere si regge in piedi solo a condizione di sfruttare un’ampia periferia coloniale, quale destino ci attende? Altre guerre mondiali per ripartirsi le ultime fette di torta? O la desertificazione di ulteriori aree geografiche?
    Qui c’è un discorso culturale di fondo che il socialismo deve iniziare ad affrontare, se vuole esso stesso sopravvivere. Ed è quello dell’ambientalismo, che non va considerato come collaterale all’attività produttiva, ma come assolutamente prioritario. Cioè l’economia, la scienza, la tecnica devono adeguarsi alle esigenze riproduttive della natura.
    E’ quindi l’intero modello di sviluppo che va ripensato, l’intero sistema di vita. Non ha più senso fare alcuna rivoluzione politica se non mutiamo il nostro modo di rapportarci alla natura. Noi dovremmo considerare il fallimento del socialismo reale come la dimostrazione non solo che una gestione statale dei mezzi produttivi non funziona, poiché ciò comporta burocratismi e arbitri a non finire, ma anche che una qualunque gestione di quegli stessi mezzi produttivi è lesiva per gli interessi della natura.
    Se tu, Controcorrente, conosci Polanyi perché non pubblichi qualcosa da me? Mi farebbe molto piacere!

  6. Linosse
    Linosse says:

    Ripropongo un intervento precedente.

    Solo la ricerca dell’ armonia tra uomo e natura potrebbe essere la possibilità corretta per portarci fuori dalle melme industriali,e dalle nebbie psicologiche e politiche di questo millennio iniziato con grandi speranze ed attualmente molte delusioni
    Lo slogan di questi tempi potrebbe ricondursi in sintesi al detto pellerossa
    “Solo quando l’ultimo fiume sarà prosciugato
    quando l’ultimo albero sarà abbattuto
    quando l’ultimo animale sarà ucciso
    solo allora capirete che il denaro non si mangia.”

    Non sono un filosofo o teorico politico,ma espongo in sintesi alcune teorie già formulate in particolare da Herbert Marcuse che negli ultimi tempi si era molto avvicinato a teorie ecologiste:

    Abbiamo già sotto tutti i nostri sensi quello che ci circonda, lo spreco e la distruzione sistematica delle risorse – sotto le mentite spoglie dell’aumento dei beni circolanti (o generi di consumo, che è lo stesso) – solo così permettono al sistema stesso di potere andare avanti,con le conseguenze che già tutti conosciamo,infatti da sempre quelli che si oppongono a qualunque accordo su una regolamentazione sono sopratutto gli U$A. Per questa ragione,non a caso,si è sviluppata e potenziata la Societa tecnologica– nel modo di produzione capitalistico –in modo da non consentire alle masse il passaggio ad uno stato superiore di civiltà, in cui ci sia finalmente il passaggio dalla quantità (capitalismo) alla qualità (ecosocialismo) ed in cui il tempo liberato finisca con l’essere non un momento di pausa più o meno lunga in cui poter recuperare le energie dissipate con il lavoro ed in vista del successivo ritorno al proprio lavoro, bensì come un momento nel quale recuperare pienamente il rapporto con il mondo circostante e prendersi cura di esso.
    L.

  7. Linosse
    Linosse says:

    X E. Galavotti
    “E’ quindi l’intero modello di sviluppo che va ripensato, l’intero sistema di vita. Non ha più senso fare alcuna rivoluzione politica se non mutiamo il nostro modo di rapportarci alla natura”

    L’umanità ha bisogno di una nuova visione emancipativa, una nuova pedagogia, una nuova antropologia ed una nuova filosofia capaci di elaborare e mettere in pratica modelli di condotta più consoni alle vere necessità dell’uomo. Solo sotto queste ipotesi saremo in grado di mettere fine allo sperpero materiale, alla distruzione della natura e dell’ habitat umano, alla mercificazione delle relazioni interpersonali, alla sacralizzazione del mercato come panacea universale, all’assolutizzazione dell’io, alla feticizaczione della concorrenza come unica forma di convivenza, allo spirito di lucro come modo ideale di condotta ed al culto sfrenato del denaro come simbolo del supremo bene.
    Tra i valori che più urgentemente dobbiamo recuperare c’è la coscienza sociale. Ogni concezione del bene comune esige come condizione previa la giustizia sociale, la quale consiste nel proporre un sistema di produzione e riproduzione che assicuri una distribuzione giusta della ricchezza e che sia in condizioni di coprire le necessità materiali e non materiali di tutta l’umanità, non solo di alcune aree privilegiate
    Bisogna orientare urgentemente l’educazione per lo sviluppo verso il recupero della coscienza sociale, il bene comune ed il consumo responsabile.
    Di fronte al consumismo irrazionale, la “cultura” dello spreco, bisogna contrapporre la sfida pedagogica di educare per l’uso dei beni in modo da non dimenticare né i limiti delle risorse disponibili, né le condizioni infraumane di tanti esseri umani sfruttati per produrre beni di consumo che non possono neppure sognare di consumare.
    Insomma proporre come punto forza della SCIENZA PROLETARIA LA GLOBALIZZAZIONE DELLA SOLIDARIETÀ.
    Saluti
    L.

  8. Vox
    Vox says:

    limiti per non aver risolto ,in particolare,il bisogno della produzione di beni di consumo per una ristretta visione,pensavano che fossero limitati ,e per non avere dato spazio a Gorbachov

    @ Carissimo Linosse,

    I presupposti dei ‘limiti’ di cui parli sono completamente errati.

    1) Innanzi tutti, i beni di largo consumo. Si producevano, ma non brillavano per bellezza e design. E sai perche’ si produceva cosi’ alla buona, pur di coprire il bisogno alla bell’e meglio?

    Perche’ tutto il denaro disponibile, oltre che all’industria pesante, alla ricerca, alla sanita’ e alla costruzione di abitazioni (mai sufficienti) veniva convogliato alla DIFESA e alla corsa per gli armamenti, alla quale gli USA hanno COSCIENTEMENTE costretto l’Urss, dissanguandola.

    Inoltre, non dobbiamo dimenticare che l’Urss viveva in uno stato perenne di embargo e sosteneva economicamente tutti i paesi del blocco (5) + vari altri paesi sparsi in giro (Cuba, Siria, alcuni in Africa, ecc.).

    Ma, naturalmente, questo il russo medio non lo capiva, o non lo voleva sapere e, giustamente, voleva avere nell’armadio bei vestiti e belle scarpe. Quello che aveva, era dato per scontato.
    Infatti, quando si e’ passati dal socialismo al capitalismo, i russi sono rimasti molto sorpresi di doversi pagare l’universita’ e di doversi comprare l’assicurazione sanitaria, o pagare il dentista.

    2) Gorbacev e’ stato fatto fuori con un vero e proprio colpo di stato, per mano di Eltsin, ampiamente sostenuto e finanziato dagli USA!!!

    Gorbacev era molto amato dalla popolazione e voleva operare il passaggio dell’Urss al ventunesimo secolo. Voleva finalmente dare alla gente un tenore di vita piu’ alto (beni di largo consumo di qualita’) e cominciare a eliminare gli errori, conservando le conquiste del socialismo. In altre parole, voleva buttare solo l’acqua sporca, tenendosi il bambino. Per fare questo, aveva bisogno di far finire la guerra fredda, ridurre gli armamenti, chiudere le basi nei paesi del blocco e diminuire drasticamente la spesa della difesa.

    Ha fatto un grave errore di eccesso di fiducia, dopo aver firmato con gli USA e con la NATO un accordo in base al quale la Russia toglieva le proprie basi e il campo avverso SI IMPEGNAVA

    Ma questo non

  9. Vox
    Vox says:

    Scusa, Linosse, ho fatto partire il messaggio per sbaglio.

    Dunque, il campo avverso si impegnava a NON ALLARGARSI A EST.

    I fatti li conosciamo tutti: la Russia ha unilateralmente operato il disarmo e tenuto fede ai patti. Usa e Nato NON hanno tenuto fede ai patti e cercano di mettere basi addirittura in Ucraina e in Georgia, sotto al naso dei russi. Ci hanno messo dei presidenti-pupazzi e costringono questi paesi a creare continui incidenti con la Russia.
    Vorrei vedere se i russi avessero tentato di fare una cosa analoga, che so, in Canada o in Messico…

    Per tornare a Gorbacev. La maggioranza dei russi lo amava e sosteneva fortemente il suo progetto di svecchiamento e di apertura. Ma questa via soffice che portava pur sempre a un’altra fase di socialismo (e magari col rischio che dimostrasse di poter funzionare benissimo), non stava bene all’Occidente, ne’ a quei russi che, con Eltsin, avevano intravisto l’opportunita’ di fare man bassa delle ricchezze naturali, delle industrie, delle infrastrutture e arricchirsi enormemente.

    Eltsin ha dichiarato finita l’Urss e Gorbacev si e’ ritrovato presidente di nulla. Eltsin ha abbracciato anima e corpo le dottrine iperliberiste alla Chicago Boys di Milton Friedman e si e’ servito della consulenza di un allievo di friedman, Jeoffrey SACHS, per “ristrutturare” l’economia russa.

    Questo Sachs aveva gia’ “ristrutturato” l’economia della Polonia e ora distruggeva anche quel che restava di quella russa. In quegli anni, Eltsin e molti altri rapaci sono diventati dei Paperon de’ Paperoni da fare invidia a Berlusconi. Eltsin e’ arrivato a cannoneggiare il parlamento che sosteneva ancora la linea Grobacev. Campo libero.

    Se non fosse stato per Putin, che ha cambiato rotta,la Russia non si sarebbe mai risollevata economicamente.

  10. Vox
    Vox says:

    @ Linosse

    Ti consiglio di leggere The Shock Doctrine di Naomi Klein (c’e’ anche in italiano) per un’analisi straordinaria di tutto quel che e’ avvenuto in Usa, Europa, Russia e Cina negli ultimi decenni.

  11. Vox
    Vox says:

    @Enrico Galavotti

    Sono del tutto d’accordo sull’importanza di una visione nuova del socialismo che parta dall’equazione uomo-biosfera.

    Mipermettapero’didissentiresuunasuaaffermazione:
    “una gestione statale dei mezzi produttivi non funziona, poiché ciò comporta burocratismi e arbitri a non finire”

    Sarebbe come affermare che laddove non c’era il socialismo reale non c’era burocrazia. Mi sembra che noi in Italia abbiamo una burocrazia che non e’ seconda a nessuno. E non siamo mai stati un paese socialista.

  12. Vox
    Vox says:

    Tra i valori che più urgentemente dobbiamo recuperare c’è la coscienza sociale
    @ Linosse

    Assolutamente vero!

  13. Enrico Galavotti
    Enrico Galavotti says:

    Noi occidentali abbiamo perso anche la percezione della differenza tra naturale e artificiale. Docet il recente caso Englaro. Ci siamo progressivamente rassegnati al peggio, nella convinzione, indotta o consapevole, che fosse il meglio.
    E in questa deriva tecnologica le due guerre mondiali non sono servite a niente. Ci siamo soltanti leccati le ferite e poi abbiamo ripreso il cammino da dove l’avevamo interrotto, senza chiederci se la strada fosse quella giusta.
    Da questo punto di vista è del tutto illusoria l’aspettativa di chi ragiona col principio del “tanto peggio tanto meglio”. Al peggio non vi sarà mai fine, proprio perché i disastri della storia o della natura (da noi provocati) di per sé non servono affatto a farci ripensare i nostri criteri di vita.
    Occorre sempre una consapevole rivoluzione politica che tolga le leve del potere a chi non vuole socializzare nulla e a chi vuole gestire lo Stato come un padrone della società civile.
    Solo che la prossima rivoluzione non potrà essere fatta senza tener conto degli errori compiuti da quelle socialiste e soprattutto senza rimettere in discussione gli assurdi primati concessi al mercato, al valore di scambio, alla produzione industriale, alla scienza e alla tecnica che esigono enormi risorse naturali per funzionare, che ostacolano la riproduzione della natura e che non assicurano a loro stesse un rapido smaltimento quando diventano inutilizzabili.
    Anche un solo cubo pressato, di un’auto cui siano state tolte tutte le parti riciclabili, è un insulto all’ambiente.
    Noi non possiamo far pagare ai nostri figli il desiderio di vivere una vita agiata. Il bene-essere non può coincidere col prodotto interno lordo.

  14. Enrico Galavotti
    Enrico Galavotti says:

    Ovviamente non intendevo dire che “laddove non c’era il socialismo reale non c’era burocrazia”, ma proprio il contrario, e cioè che i paesi est-europei hanno ereditato dall’occidente anche gli aspetti più deteriori del burocratismo (che da noi raggiunsero il loro massimo sotto il nazifascismo).
    Stalin pensò di poter ovviare all’individualismo borghese facendo dello Stato un moloch etico-dirigistico; pensò cioè di potersi risparmiare gli effetti nefasti della proprietà privata subordinando l’economia non a una gestione sociale, collettiva, ma a una gestione statale, amministrata dall’alto, illudendo le masse che tra Stato e Società non vi fosse alcuna differenza (ancora sotto Breznev si parlava, senza rendersi conto della contraddizione in termini, di “Stato di tutto il popolo”).
    Di questa grande illusione le realtà contadine hanno pagato il prezzo maggiore. Il peccato originale sta nella nascita dei Comuni italiani: i primi al mondo ad aver posto all’odg il modo in cui subordinare le risorse rurali alle esigenze urbane.

  15. Vox
    Vox says:

    La cosa veramente difficile e’ togliere il potere a coloro che lo hanno saldamente in mano e non ne vogliono sapere di socialismo, di redistribuzione, ecc.

    Insomma, raggiunti degli accordi di massima sulla teoria del socialismo futuro, ecologico e solare, che crei l’armonia all’interno della societa’ umana, come anche verso tutto il mondo naturale che ci circonda, dal ‘cosa’ mi sembra ormai arrivato il momento di passare al ‘come’.

    Questa e’ la questione fondamentale oggi. COME.
    Forse la grande crisi attuale puo’ essere un alleato, una leva per rendere piu’ fattibile un cambiamento rivoluzionario. Lo stato stesso dell’economia mondiale urla a gran voce ‘dobbiamo cambiare strada’. Dunque c’e’ un’esigenza pratica e morale, il momento storico e psicologico sembra abbastanza maturo per cominciare una svolta.
    Ma io mi chiedo fino a che punto questo cambiamento potra’ essere pacifico, o meglio come fare affinche’ lo sia.

    Tutti i migliori ragionamenti teorici sul socialismo del XXII secolo non ci porteranno di un passo piu’ vicino alla realizzazione pratica. Se prendiamo l’Italia, vediamo un paese spaccato in due. Quelli che continuano imperterriti a votare Berlusconi da una parte e tutti gli altri dall’altra. E’ quasi una situazione di stallo.

    Il primo passo indispensabile e’ ricreare un’ideale, un’ideologia e un partito che la incarni, che travasi i voti che oggi vanno alla Lega e alla destra.
    Il successo di Di Pietro fa capire che molti hanno voglia di ristabilire in primo luogo la legalita’, il rispetto di tutti per la legge e le regole. Pero’ Di Pietro si ferma qui. Non ha un vero progetto politico e non e’ certo di sinistra.

    Allora il nuovo partito di sinistra vera dovrebbe inglobare questa lotta x la legalita’ e superarla, integrandola con la non porogabilita’ di un discorso sull’ecosistema, anche alla luce dei nuovi accordi sul nucelare.

    La sinistra italiana e’ debole anche perche’ e’ vista dal cittadino medio come lassista e lontana. Bisogna allora anche sviluppare una tattica di comportamento, capire come portare avanti le proprie battaglie civili, oltre che politiche, in modo da non allontanare il cittadino medio, ma al contrario attirarlo.

    Ci sono sentimenti che non possiamo ignorare (la destra li cavalca e vince), bisogna trovare dunque linguaggi e modi diversi, tenendo conto della realta’.

    Non attireremo mai l’operaio che vota Lega perche’ vede nell’immigrato un competitore, specie quando il lavoro e’ gia’ scarso. Non lo convinceremo mai col dire “bisogna essere umani e accoglienti, il razzismo e’ un male, ecc.”.

    Bisogna girare la situazione a 180 gradi e dirgli, per esempio: “sono proprio le destre, i partiti superliberisti che vogliono piu’ immigrati, cosi’ li possono pagare poco e sfruttare sia voi che loro, lasciandovi scannare tra di voi. La guerra tra poveri fa comodo solo al padrone. Fanno solo finta di combattere l’immigrazione, per attirarsi i vostri voti e vi ingannano.

    Bisogna combattere su tanti fronti, anche affinche’ la gente non sia costretta a emigrare dai propri paesi, venendo a ingrossare le file dei poveri&sfruttati in Europa. Sicuramente anche loro vorrebbero poter lavorare a casa, vicino alle proprie famiglie. Il vero aiuto glielo diamo se lottiamo tutti insieme per un grande porgetto comune che finisca con lo sconfiggere anche la poverta’ nei loro paesi.

    Il discorso sarebbe molto lungo. Per ora mi fermo qui, anche perche’ ho un problema con la tastiera e scrivere e’ diventato un tormento.
    Ringrazio per l’attenzione.

  16. Linosse
    Linosse says:

    Ben detto!
    “Noi occidentali abbiamo perso anche la percezione della differenza tra naturale e artificiale. Docet il recente caso Englaro. Ci siamo progressivamente rassegnati al peggio, nella convinzione, indotta o consapevole, che fosse il meglio.”
    Abbiamo perso ,volenti o nolenti,anche buona parte del potere decisionale individuale praticamente su tutto,partendo dalla possibilità di poter (o non poter)decidere se prendere senza ricetta e parere medico una semplice aspirina possiamo così definire i limiti imposti.
    Rivedendo quanto scritto da Controcorrente sul suggerimento :
    Socialità dell’esistenza, di Karl Polanyi mi sto convincendo che si potrebbe far fronte comune con la base cristiana (che conosco meglio )che fa riferimento alla Teoria della Liberazione tanto osteggiata dai vertici del vaticano.Molte volte sono su posizioni ,specie in America Latina,vicine al popolo,agli sfruttati.
    Del resto se l’ecosocialismo ,nel nostro caso laico, deve partire dalla base se la base è comune perchè non scambiarci aiuti ed esperienze,ai vertici lo fanno con molta ipocrisia ,per cui nel nostro caso la sinergia di base sarebbe molto più naturale e sincera .
    Sono sicuro che già in molti da altre parti si stanno dando da fare con programmi concreti ma è difficile sapere dove.
    L.

  17. Enrico Galavotti
    Enrico Galavotti says:

    Io penso che, per come noi occidentali siamo messi, non abbiamo alcuna possibilità di fare alcunché di rivoluzionario.
    Non l’abbiamo avuta ai tempi di Marx e neppure a quelli di Gramsci, quando il capitalismo era molto meno forte di oggi, quando il socialismo venne realizzato in Russia, pur essendo stato teorizzato in Francia, Germania e England.
    Sono secoli che siamo abituati all’individualismo borghese. Quando Lenin diceva che da noi era difficile cominciare ma sarebbe stato facile proseguire la strada del socialismo, per me lo diceva solo per non demoralizzarci, o forse perché s’illudeva che con un progresso tecnico-scientifico già ben avviato sarebbe stato tutto molto più semplice.
    In realtà abbiamo soltanto perso grandi occasioni storiche: 1848, 1871 (Comune di Parigi), la Repubblica di Weimar, il Biennio rosso, la Resistenza, il ’68… Oggi qualunque discorso della sinistra istituzionale serve soltanto per razionalizzare il sistema: sotto questo aspetto noi in Emilia-Romagna abbiamo il “socialismo” da più di mezzo secolo.
    Per me sarebbe sufficiente riuscire a impostare il discorso sul piano teorico, cioè dare un contributo a chi avrà poi maggiori risorse umane per realizzare un’effettiva transizione al socialismo ambientalista.

  18. Enrico Galavotti
    Enrico Galavotti says:

    Caro Linosse, il testo in lingua spagnola che hai indicato ha anche una versione in inglese o francese?
    In spagnolo, se vuoi tradurlo, non posso aiutarti.
    Magari mettiamo nel mio sito un estratto significativo, senza note e senza bibliografia.
    Tutto quello che coniuga socialismo ad ambientalismo è utilissimo.
    ciaooo

  19. Linosse
    Linosse says:

    X Controcorrente
    “La tesi basilare di Karl Polanyi considera il sistema capitalista un’anomalia storica. In tutte le società antiche, in cui già esisteva un mercato, gli esseri umani si erano mantenuti rispettosi con le regole della reciprocità, ridistribuzione solidale ed obblighi comuni; tuttavia, la rivoluzione industriale provoca una “gran trasformazione” distruggendo di forma irreversibile quelle forme di interrelazione. Il sistema capitalista non è un risultato “necessario” o “naturale” dell’evoluzione sociale ma deve essere imposto violentemente per l’apparato dello stato a richiesta delle classi borghesi e mercantili.
    ::::::::::::::::::::::::
    Meditazione:
    La imposizione violenta porta ad una propagazione della violenza nel tessuto sociale ed il prezzo più alto lo pagano,come ben sappiamo, i più deboli,bambini,donne,emarginati in continuo aumento che non reggono il passo forzato della marcia turbocapitalista per le poche difese tra l’altro indebolite ad arte dagli stessi impositori.
    Semplicemente chi non sta al gioco o non può partecipare è lasciato ai margini, chi ci sta si fa
    strada. Chi è abbastanza spietato, brutale e violento da conquistare il potere sarà colui che
    sopravvive e predomina. Chi cerca di lavorare con i movimenti popolari perché questi siano in grado di
    organizzarsi dal basso non riesce a sopravvivere in situazioni in cui il potere è concentrato.
    Insomma la barbarie predominante mascherata da giustificazioni e motivazioni di indole umana.
    Invece il meccanismo perverso ed asociale è dettato dalla violenza intrinseca e contronatura di una economia,quella capitalista,che per “un pugno di dollari” rade al suolo tutto quello che incontra sul suo cammino gettando infine sale sulle rovine ,segno inconfondibile di una indole che sarà umana ma ossessivamente autodistruttiva.
    L.

  20. Linosse
    Linosse says:

    X Enrico
    Non la trovo nella versione inglese o francese
    Ci vorrà un pò di tempo ma provo a tradurre
    Saluti
    L.

  21. Controcorrente
    Controcorrente says:

    Cari Enrico e Linosse,

    come disse il “poeta” beata Wikipedia…

    Attualità di Karl Polanyi [modifica]

    Si assiste oggi ad un rinnovato interesse per il pensiero filosofico, economico, antropologico e sociologico di Karl Polanyi. A lui si rivolgono molti studiosi delle fenomenologie sociali contemporanee, quali la globalizzazione e le sue conseguenze. L’interesse per Karl Polanyi è centrale in genere per coloro che non ritengono l’economia un’attività separabile ed isolabile dal resto delle attività umane, e non credono nelle virtù autoregolatrici del mercato. Tra le correnti di pensiero economico odierne, la scuola regolazionista francese, (nella quale è lecito annoverare Jean-Paul Fitoussi); l’economista di Princeton Paul Krugman, autore di molti lavori sulle crisi che accompagnano la globalizzazione e premio nobel per l’economia nel 2008; l’economista indiano Prem Shankar Jha, che nel suo ponderoso Il caos prossimo venturo rivolge la sua attenzione a lui, oltre che a Fernand Braudel, Giovanni Arrighi, Eric Hobsbawm, Joseph Schumpeter, nella sua inquieta analisi del significato delle ricorrenti crisi finanziarie e politiche del mondo attuale globalizzato. Il pensiero di Karl Polanyi è stato fondamentale anche nell’avvio della Nuova Sociologia Economica, fondata da Mark Granovetter che riprende proprio il concetto polanyiano di embeddedness, di radicamento dell’economia nella società. Grazie a questi studi sono state analizzate molte forme di scambio “non economico” che avvengono nella nostra società contemporanea, come ad esempio il volontariato, le economie informali ecc

    cc

    Ps-x Enrico ,appena pronto ti invio il pezzo controllando se quanto ..corrisponde a verità..,seguendo le tue indicazioni..più qualcosetta di altro…in tema ovviamente..!!

  22. Controcorrente
    Controcorrente says:

    caro Enrico,
    presumo che tu lo abbia letto…

    Se si, magari in un prossimo interveto ti pregio di commentare..

    Prem Shankar Jha
    Titolo: Il caos prossimo venturo

    collana: Bloom

    ISBN 978-88-545-0161-4
    Pagine 688
    Euro 25,00
    Sintesi innovativa di teoria politica ed economica, Il caos prossimo venturo mette in discussione molti dei preconcetti abituali sull’impatto della globalizzazione e getta una nuova luce sulle conseguenze mondiali del processo di industrializzazione. Prem Shankar Jha, uno dei massimi economisti indiani, racconta l’evoluzione del capitalismo secondo una scansione in quattro fasi, a partire dalla sua nascita nei comuni italiani fino all’attuale dimensione planetaria, evidenziando come alla fine di ogni periodo il capitalismo distrugga i propri “contenitori” per estendere lo scenario della proprie attività, dando vita a situazioni di instabilità e di violenza. Oggi il capitalismo globale considera limitante qualunque tipo di istituzione, dal welfare state agli stati nazionali, mentre le istituzioni non hanno ancora avviato un profondo processo di revisione dei propri ruoli e del proprio funzionamento. Quella che si prospetta è una lunga stagione di disordine sociale e disequilibrio economico, assieme a nuove e pericolose forme di unilateralismo e a uno scenario di guerra permanente popolato da eserciti, di soldati o terroristi, in costante attività.

    cc

  23. Enrico Galavotti
    Enrico Galavotti says:

    Io sono solo un grandissimo ignorante, pero’ grazie alle vostre indicazioni bibliografiche, mi sto preparando il lavoro per questa estate (sotto l’ombrellone di Cesenatico e nella pineta di Cervia).
    Fare recensioni adesso, a dei volumoni di 600 pp, è impossibile, anche perché ne sto leggendo due da 500 pp di ateismo scientifico.
    Non c’e’ solo il socialismo democratico da realizzare, ma anche l’umanesimo laico.

  24. Online Banking Security
    Online Banking Security says:

    I was just talking with my coworker about this last week over lunch . Don’t know how we got on the topic actually , they brought it up. I do recall having a wonderful steak salad with sunflower seeds on it. I digress…

  25. Freddie Neary
    Freddie Neary says:

    i was reading throught some of the posts and i stumble on them to be altogether interesting. pathetic my english is not exaclty the really best. would there be anyway to transalte this into my vernacular, spanish. it would really help me a lot. since i could be on a par with the english lingo to the spanish language.

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