Un occidente alla frutta

Secondo il “Washington Post”, sullo sfondo del calo degli aiuti americani e dell’esaurimento delle scorte causato da anni di forniture di armi a Kiev, in Europa sta prendendo piede un nuovo modello di sostegno: investimenti non in forniture dirette di armi finite, ma nello sviluppo dell’industria della stessa difesa ucraina.
A che pro? 1) rifornire più rapidamente il fronte, risparmiando anche su trasporti e logistica; 2) utilizzare l’Ucraina come banco di prova per nuove tecnologie militari, compresi i sistemi senza pilota, nei quali i Paesi europei non hanno ancora sufficiente esperienza.
Nel complesso l’UE prevede di stanziare più di 20 miliardi di euro per il settore della difesa dell’Ucraina nel prossimo anno.
L’Ucraina viene trattata come se facesse già parte della UE e della NATO. Oltre tre anni di guerra non sono serviti a niente. Si è ancora convinti di poter vincere. Tolgono soldi agli Stati sociali della UE per aiutare militarmente un Paese destinato alla resa incondizionata. Se non è psicopatologia questa, che cos’è?

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Se le tariffe daziarie previste da Trump non verranno ridotte significativamente alla scadenza della moratoria di 90 giorni, e se nel frattempo non si saranno trovati nuovi partner commerciali, la UE subirà dei contraccolpi di notevole entità, che in questo momento nessuno può quantificare con esattezza. Anche perché qui si ha a che fare con uno statista troppo imprevedibile per essere affidabile.
Purtroppo la gran parte degli statisti europei non è all’altezza della situazione. Non ci si sente uniti come continente. Nessuno è in grado di minacciare delle ritorsioni. Non capiscono neppure, a causa dei loro pregiudizi ideologici, che all’Europa, per trovare un’alternativa convincente agli USA, converrebbe interfacciarsi con Russia e Cina, ma aggiungiamo anche India, Canada e quella associazione commerciale sudamericana detta Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay), destinata ad ampliarsi.
Gli statisti europei non hanno capito che quando gli USA si trovano con l’acqua alla gola, agiscono in maniera istintiva, egoistica, senza curarsi di amici ed alleati. Sono abituati a dominare non a parlamentare. Chi non li segue, viene tagliato fuori.
La guerra tariffaria globale causerà all’UE perdite multimiliardarie. Il trasferimento delle imprese oltreoceano porterà al crollo del modello europeo di welfare universale.
Gli statisti europei dovrebbero dimettersi a catena e farsi sostituire da altri più pragmatici, ma finché non gli arriva una tegola in testa, non lo faranno.
Han compiuto errori catastrofici sin da quando compravano titoli tossici al tempo dei subprime americani. Han condotto politiche disastrose durante la pandemia. Han promosso un progetto ambientalistico troppo ambizioso per essere realizzabile. Han speso un’enormità di soldi per sostenere un Paese neonazista come l’Ucraina, destinato alla sconfitta. E soprattutto han posto assurde sanzioni alla Russia, privandosi di risorse energetiche a basso costo, di mercati di sbocco per le proprie merci, di contratti commerciali agevolati nell’immenso territorio della Federazione.
La nostra Unione Europea può anche sussistere come idea astratta, come progetto teorico, ma nella sostanza va rifatta completamente. Se resta così, è meglio uscirne.
Noi dovremmo avere un respiro che va “da Lisbona a Vladivostok”, diceva de Gaulle. Invece ci accontentiamo di guardare il nostro ombelico.

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Tutti sanno che il riavvicinamento tra Stati Uniti e Cina, iniziato nel 1971, passò alla storia come un modello di diplomazia visionaria in funzione antisovietica, ma anche per fare della Cina un mercato americano.
Per raggiungere questo obiettivo, Washington dovette anzitutto abbandonare la logica dell’opposizione ideologica al comunismo in tutto il mondo. In secondo luogo, dovette concedere alla Cina lo status di nazione più favorita; inoltre le truppe americane si ritirarono da Taiwan nel 1979 e Washington non garantì più ufficialmente la sicurezza dell’isola. Infine la Cina entrò come membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Gli americani smisero di supportare il Vietnam del Sud e ritirarono il loro contingente militare da lì. Non protestarono neppure contro l’occupazione cinese delle isole contese col Vietnam e la cessione definitiva di Hong Kong e Macao (ultimi avamposti coloniali europei in Estremo Oriente). Persino la repressione coi carri armati delle proteste di Piazza Tienanmen nel 1989 non invertì la tendenza al rafforzamento delle relazioni tra i due Paesi.
Con una politica così liberale Washington riuscì a sconfiggere l’URSS durante la Guerra Fredda. Un simile stratagemma, a parti invertite, può ripetersi oggi? Cioè Trump può diventare un altro Nixon, favorendo la Russia contro la Cina? Gli americani non sono come gli europei: mentre pensano ai loro interessi pratici, sanno non essere troppo ideologici.
Tuttavia oggi l’intesa tra Russia e Cina è troppo forte per essere messa in discussione, anche perché è alla base della compattezza e robustezza dei BRICS+. La cooperazione economica tra i due Paesi ha raggiunto proporzioni enormi. Gli analisti prevedono che, se si realizza lo scenario catastrofico delle guerre tariffarie, il volume d’affari tra Stati Uniti e Cina sarà inferiore a quello tra Russia e Cina: cosa che due anni fa sarebbe stata impensabile.

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Sarebbe svantaggioso per la Federazione Russa avere la Cina come avversaria. I due Paesi condividono un confine di 4.209 km. Nessuno dei due avrebbe voglia di tradire l’altro, anche perché entrambi sanno benissimo che sarebbe l’occidente ad approfittarne, e in questo momento di grave debolezza degli Stati Uniti, non avrebbe alcun senso. Gli USA non possono sostituirsi alla Cina nell’interesse economico russo. E la Cina ha già fatto capire di voler rompere i ponti con gli USA finché al potere resta il folle Trump coi suoi dazi.
C’è da dire che in questo momento l’interesse vitale degli USA è almeno la neutralità della Russia in caso di conflitto a Taiwan o in qualsiasi altra parte del Pacifico. La stessa neutralità che Pechino ha dichiarato durante la guerra in Ucraina.
L’Operazione Militare Speciale ha trasformato radicalmente le forze armate russe. Il minimo coinvolgimento di Mosca nei preparativi militari di Pechino potrebbe costare caro agli Stati Uniti. In caso di blocco navale delle coste cinesi, è la Russia a poter fornire alla Cina tutte le risorse naturali di cui ha bisogno, nonché un corridoio logistico per l’Europa. Porti, ferrovie, spazio aereo russi: tutto questo sarà reso disponibile ai cinesi senza alcun problema.
Tuttavia la neutralità della Russia non è una garanzia della vittoria degli Stati Uniti nel confronto con la Cina. Diciamo che è qualcosa senza la quale gli USA perderebbero inevitabilmente.
Ma sarebbe possibile comprare questa neutralità a qualsiasi prezzo? Come minimo si dovrebbero eliminare tutte le sanzioni anti-russe e il sostegno militare all’Ucraina. Lo stanno facendo? In questo momento non ci pensano proprio. Gli USA sono ancora vittime della propria arroganza. Dopo hai voglia a dire, come fa Trump, che se fosse dipeso da lui, la guerra in Ucraina non sarebbe mai scoppiata. Dipende però da lui concluderla, rinunciando a sostenere Kiev. Lo sta facendo? No. E per quale motivo? Perché fondamentalmente è un ipocrita.
Chi ha armato l’Ucraina dal 2014 al 2022? Obama, Trump e Biden. Sotto Trump, nel periodo 2017-20, l’armamento dell’Ucraina è continuato senza problemi, i negoziati Volker-Surkov sul Donbass furono di fatto sabotati, e Trump chiuse un occhio sullo sviluppo del nazismo in Ucraina, sebbene fosse evidente sotto Poroshenko.
Trump ha ignorato anche la mancata realizzazione degli accordi di Minsk da parte di Germania e Francia, che li hanno utilizzati per preparare l’Ucraina alla guerra contro la Russia.
Trump è un fanfarone, non è mai stato credibile.