1) – Jackson Hole: l’oracolo non ha parlato. O meglio… 2) – Incendio del grattacielo di Milano: mozzicone acceso, non bottiglia

Jackson Hole: l’oracolo è confuso

Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

Jackson Hole: l’oracolo non ha parlato. O meglio, come tutti gli oracoli che si rispettano, è stato volutamente poco chiaro, fumoso, aperto a ogni possibile interpretazione.

Quest’anno, il simposio di economisti internazionali e banchieri centrali, tenutosi il 26 agosto sul tema “La politica macroeconomica in un’economia mondiale ineguale”, si è svolto per la seconda volta a distanza. Ma la vera particolarità è rappresentata dalla partecipazione di relatori soltanto americani. Rivela forse una rinnovata tendenza all’isolazionismo? Dopo quello militare e geopolitico ora anche quello monetario ed economico? In tutti i passati incontri, nella cittadina del Wyoming, la presenza internazionale era sempre stata importante, a volte dominante.

La mancata presenza internazionale sarebbe dovuta a importanti comunicazioni del governatore della Federal Reserve, Jerome Powell, circa l’eventuale riduzione degli acquisti di titoli pubblici da parte della Fed. Il temuto annuncio non c’è stato.

Le parole di Powell sono state queste: “Abbiamo detto che continueremo i nostri acquisti di asset al ritmo attuale fino a quando non vedremo altri progressi sostanziali verso i nostri obiettivi di massima occupazione e di stabilità dei prezzi… La mia opinione è che il test di “nuovo progresso sostanziale” sia stato soddisfacente per quanto riguarda l’inflazione. Ci sono stati anche dei progressi verso la massima occupazione. A luglio sostenni che se l’economia si fosse evoluta come previsto, sarebbe stato opportuno iniziare quest’anno a ridurre il ritmo degli acquisti di asset. Il mese successivo ha portato nuovi progressi per quanto riguarda l’occupazione, ma ha visto anche una maggiore diffusione della variante Delta. Valuteremo attentamente i nuovi dati e i rischi. In ogni caso, anche dopo la fine degli acquisti di asset, le nostre partecipazioni in titoli a più lungo termine continueranno a supportare le condizioni finanziarie accomodanti. I tempi e il ritmo dell’imminente riduzione degli acquisti di attività non intendono essere un segnale diretto per quanto riguarda la tempistica del rialzo dei tassi d’interesse, per i quali è previsto un test diverso e più rigoroso”.

Il problema centrale dell’intero discorso di Powell è stato l’inflazione. Questa è stata la parola più usata, per oltre 70 volte, anche se spesso accompagnata dall’aggettivo “temporanea”.

Nei dodici mesi precedenti allo scorso luglio, i tassi dell’inflazione complessiva e quella dei consumi delle famiglie sono stati rispettivamente del 4,2% e del 3,6%, ben sopra l’obiettivo del 2%.

La spesa per i beni durevoli è aumentata dall’inizio della ripresa e supera di circa il 20% il livello pre-pandemia. In questi settori la domanda supera l’offerta, che è ancora in grande difficoltà per gli effetti dei lockdown. Di conseguenza, i prezzi dei beni durevoli sono il fattore principale che spinge l’inflazione oltre il 2%.

Per supportare la sua analisi di “inflazione temporanea”, Powell ha parlato dell’andamento del mercato delle auto usate, che, dopo una notevole crescita, si sarebbe stabilizzato. Anzi, egli afferma che la discesa dei prezzi in questo settore potrebbe far scendere il livello generale del tasso d’inflazione.

Un’affermazione che ci sembra azzardata e in controtendenza con il riferimento da lui fatto alla mancanza di rifornimenti, come quella dei chip semiconduttori, che sta mettendo in crisi i grandi produttori di automobili. Perciò, si potrebbe avere una diminuzione delle produzioni e dell’offerta di auto nuove, con un inevitabile aumento della domanda e dei prezzi di quelle usate.

I mercati hanno apprezzato che il tasso d’interesse non sia stato toccato e che Powell lo abbia “sganciato” dalle future decisioni riguardanti il cosiddetto tapering, cioè la progressiva riduzione del ritmo di acquisti previsti dal quantitative easing.

Si tenga presente che i bilanci delle maggiori banche centrali ammontano alla stratosferica cifra di 28.000 miliardi di dollari. Un aumento del tasso d’interesse, oltre a modificare gli assetti finanziari internazionali, farebbe crescere automaticamente il costo di mantenere tanto capitale nelle casse delle stesse banche centrali. Un problema che prima o poi si porrà.

*già sottosegretario all’Economia  **economista

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di Pino Nicotri
Leggo con una certa meraviglia che per l’incendio del palazzo di 18 piani di via Antonini a Milano la magistratura indaga “sull’effetto lente” come causa che ha scatenato l’inferno di fiamme e distruzioni conseguenti ( https://milano.repubblica.it/cronaca/2021/09/06/news/incendio_milano_effetto_lente_cause_rogo-316699398/?ref=RHTP-BH-I315657642-P2-S6-T1 ). Secondo questa ipotesi l’effetto lente sarebbe stato prodotto dal riflesso dei raggi solari di una bottiglia che si trovava sul balcone del 15esimo piano, quello da dove è partito l’incendio. Ma si tratta di un’ipotesi francamente assurda. Vediamo perché.

Il vetro delle bottiglie NON può concentrare i raggi solari (né altri raggi non solari) perché le bottiglie sono cilindriche, la loro superficie ha cioè forma convessa e NON concava. Motivo per cui l’effetto lente concentrante è impossibile. Le superfici convesse i raggi li disperdono, il che è il contrario del concentrarli, come invece fanno le superfici concave quali ad esempio i famosi specchi ustori di Archimede (  https://it.wikipedia.org/wiki/Specchio_ustorio  ) o quelli dei telescopi riflettori. Dei telescopi che cioè raccolgono la luce per mezzo di uno specchio concavo, che la riflette concentrata e debitamente trattata verso l’oculare dove poggia l’occhio l’utilizzatore del telescopio stesso, E’ evidente che i raggi solari se anziché venire concentrati vengono dispersi non possano surriscaldare alcunché.

Mi permetterei di suggerire invece un’altra ipotesi, purtroppo non solo più realistica, ma anche più probabile. L’ipotesi cioè del mozzicone di sigaretta o di sigaro buttato giù ancora acceso da uno dei tre piani sopra il 15esimo. Buttato giù e finito nel balcone del 15esimo magari per un colpo di vento o più semplicemente perché chi ha buttato il mozzicone anziché lanciarlo lo ha semplicemente fatto cadere, forse stando appoggiato al muretto del balcone per godersi il panorama o anche solo sporgendo la mano mentre magari se ne stava seduto a parlare con amici o familiari o a sentirsi in santa pace un po’ di musica.

Suggerisco questa ipotesi perché m’è capitato sia a Padova che a Milano e Bari, tutte città dove ho vissuto e passo periodi dell’anno, di dover litigare con gli inquilini del piano di sopra perché, specie d’estate quando cenavano all’aperto in balcone, buttavano giù i mozziconi di sigarette ancora accesi. Loro e i loro ospiti.  Qualche mozzicone cadeva sul mio balcone, col rischio che finisse col dar fuoco alle foglie secche delle mie piante o a fogli di giornale e pezzi di carta vari.

A Padova una vicina di casa particolarmente cafona gettava addirittura i suoi mozziconi di sigarette nel mio balcone sporgendosi appositamente dal suo, separato dal mio solo da una parete di vetro non trasparente.  Una volta la signora non s’è accorta che ero seduto in balcone e l’ho beccata sul fatto. Sono andato a suonare alla sua porta e le ho detto – educatamente – quello che avevo da dirle. E così ha smesso di usare il mio balcone come un portacenere, anzi un portamozziconi accesi.

Gli incendi provocati da mozziconi di sigarette in Europa erano talmente tanti, e uccidevano una media di mille persone l’anno, che la Commissione Europea nel 2011 ha stabilito che nel Vecchio Continente si potessero mettere in commercio esclusivamente sigarette «con ridotta propensione alla combustione , subito ribattezzate dalla stampa firesafe cigarettes, “sigarette antincendio”»  ( https://www.corriere.it/cronache/11_novembre_17/sigarette-anti-incendio_d2fd4dac-1137-11e1-b811-fb0a2ca90bde.shtml ).

Nonostante la decisione dell’Unione Europea gli incendi da sigaretta hanno continuato tranquillamente a fare danni (e non di radi anche a mietere vittime). Tanto che, per esempio, nel dicembre dell’anno scorso i vigili del fuoco di Piacenza hanno reso noto che nei primi 10 mesi dell’anno dei 532 incendi che sono dovuti correre a spegnere il 26% era stato provocato da mozziconi di sigaretta o fiammiferi.  Nell’anno in corso, 2021, il corpo forestale della Sardegna lamenta la pericolosa mania di troppi automobilisti di lanciare dal finestrino mozziconi accesi ( http://www.sardegnaambiente.it/index.php?xsl=612&s=147197&v=2&c=4577&idsito=19  ).

Tornando al disastro milanese di via Antonini è il caso di segnalare due cose:

– è vero che per fortuna nessuno degli inquilini dei 18 piani – e dei negozi a pian terreno – è morto né è rimasto ferito o ha riportato scottature, ma che fine hanno fatto i cani e i gatti rimasti chiusi in casa?

– Tutti i video dell’intervento dei vigili del fuoco mostrano che le autoscale con gli idranti dei pompieri non riuscivano ad andare più su della metà del palazzo. Significa forse che Milano “metropoli europea” e “capitale morale d’Italia” non è adeguatamente dotata di mezzi in grado di spegnere incendi anche  oltre gli ottavi piani? Al comando dei vigili del fuoco assicurano che hanno in dotazione anche mezzi con scale che arrivano a 50 metri di altezza (pari a un palazzo di 15-16 piani). Però spiegano anche che in strada le prese d’acqua con la necessaria pressione per spingere così in alto l’acqua degli idranti non sempre si trovano.

24 commenti
  1. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    RIGUARDO I SICILIANI ARABI DELL’ARTICOLO PRECEDENTE

    I siciliani di arabica hanno molto: in tutti i supermercati e negozi di alimentari si può infatti scegliere il caffè miscela, robusta o arabica. Quest’ultima è senza dubbio la migliore, a detta di tutti gli esperti.
    Ma credo che la stessa abbondanza di arabica ci sia in tutta Italia, forse anche in Europa e ovunque nel mondo si beva caffè.
    Baciamo le mani.

  2. Sylvi
    Sylvi says:

    x Pino

    A Trieste se chiedi “un nero” ti servono un ottimo caffè di arabica ma il richiamo agli arabi finisce lì.
    Cous cous, melanzane in mille modi, agrumi,albicocche, datteri, mandorle , pistacchi, miele gocciolante sui dolci, e molto altro sono il ricordo in cucina della dominazione araba in Sicilia che sicuramente non si trova nella città alabardata, nè altrove.
    Gli arabi hanno lasciato in Sicilia pezzi di civiltà che non sono solo brandelli, ma parti importanti della storia dell’isola.
    A Trieste trovi molti reperti di culture nord orientali, oltre che tedeschi e slavi del sud, di arabo ci sono soltanto alcuni immigrati di recente.
    E l’ottimo caffè Illy.

    Sylvi

  3. Sylvi
    Sylvi says:

    Ps: adesso che ci penso, devo chiedere se si può ancora a Trieste chiedere” un nero”; non è che per pollitically correct ti denunciano per tratta di africani?

    S,

  4. Peter
    Peter says:

    Devo supporre che essendo umorismo friulano, questo ‘passa il convento’.
    Come diceva un mio vecchio amico, solleticatemi senno’ come posso ridere….

    P.

  5. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x Peter

    Speriamo funzioni. Meno male che hanno spiegato perché l’impianto lo hanno chiamato Orca. :-) :-) :-)

  6. Sylvi
    Sylvi says:

    x Peter

    Mio nonno mi ha insegnato che, quando si vuol mandare un messaggio, non si mette mai in difficoltà un uditore che si sa non è in grado di recepire il messaggio stesso. E’ un atto di arroganza e di maleducazione che non umilia il ricevente ma dovrebbe vergognare l’emittente:
    Cultura veneziana!!!

    Sylvi

  7. Sylvi
    Sylvi says:

    x Peter
    Dimenticavo : ho messo il traduttore , ma ciò non significa che la tua arroganza sia diminuita.

    S.

  8. Sylvi
    Sylvi says:

    Piccolissima storia.

    Il mio primo nipote è appena entrato nell’età dell’adolescenza, con i
    rossori, i silenzi, le timidezze, le risposte aggressive tipiche dell’età.
    Quest’anno come regalo di compleanno gli abbiamo messo in busta due fogli marroncini scrivendo che saremmo stati sicuri che li avrebbe usati per rallegrarsi sì la vita ma anche con saggezza.
    Ha risposto: lo farò. Nonni vi voglio bene.
    Decisamente il bene dei nipoti è qualcosa di diverso di quello dei figli!

    xPino Sai niente di Cerrutti Gino e la sua lambretta? Mi è venuto in testa perchè desiderava tanto diventare nonno!

    Sylvi

  9. Peter
    Peter says:

    @Sylvi

    Your grandpa could be excused for being an old uneducated gentleman.
    Your calling me arrogant is like the pot calling the kettle black.
    And what on earth made you thiink I was addressing you anyway?!
    Life is too short so I will move on

    P.

    PS
    Buona traduzione Google

  10. Peter
    Peter says:

    Oltretutto, far recepire messaggi senza mettere in difficolta’ alcuni bloggers sarebbe umanamente impossibile.

    P.

  11. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x Sylvi

    No, del Cerrutti Gino e della sua Lambretta non so nulla. Ogni tanto si fa vivo con commenti su Facebook, e mi pare sia diventato nonno sì.

  12. Peter
    Peter says:

    @Pino

    Non leggo i giornali italiani dato che, a parte notizie tecniche come quella, sono in genere una perdita di tempo.
    Non sempre condivido il Guardian ma lo leggo sempre; anche Le Monde; a volte persino El Pais.

    P.

  13. Sylvi
    Sylvi says:

    x Peter

    Delle tue baggianate e per di più in inglese non me ne può fregare di meno!
    Ho già scritto: è questione di educazione!

    Sylvi

  14. Peter
    Peter says:

    @Sylvi

    A me non ne puo’ fregare di meno delle tue e di tuo nonno.
    E riporto articoli in qualunque lingua mi pare e piace. Meno il dialetto friulano o veneto, sia chiaro.
    E se non ti frega non vedo cosa ti bruci.
    Questione di logica!

    P.

  15. Sylvi
    Sylvi says:

    Ps: Che tu fossi un provincialotto che schifa Repubblica o il Corriere ed esibisce francese e spagnolo mi fa ridere. E capisco che per un parvenu come te El Pais o Le Monde possano essere più fighetti dei nostri quotidiani, dei quali io parlo anche male ma dove ci scrivono ancora di tanto in tanto fior di intellettuali anche stranieri, i quali ovviamente essendo intellettuali sono anche educati ed esibiscono la traduzione in italiano.

    Sylvi

  16. Peter
    Peter says:

    Ma vai a nasconderti; piu’ provinciale e arricchita di te non se ne trova in tutto il Friuli. Non imparare le lingue ed esigere traduzioni fa molto ‘internazionalista’, non c’e’ che dire. Tanto c’e’ a casa tua chi va in Canada per te.

    P.

  17. Peter
    Peter says:

    Per la cronaca, il sottoscritto e’ diventato agiato col suo lavoro ed i suoi meriti, ed una certa dose di fortuna intesa come circostanze favorevoli non come famiglia benestante alle spalle.
    Parvenus si direbbe, ad esempio, di persone ‘sposate bene’ tra le quali nin figuro certo io che sono tra l’altro anche celibe.
    Sylvi proietta come la Lanterna di Genova, e lo fa come al solito con totale assenza di logica, oltre che di buon gusto.

    P.

  18. Sylvi
    Sylvi says:

    x Peter

    Che si dica parvenu alle” persone sposate bene” forse lo si dice in GB , il significato è altro, leggitelo sulla Treccani.E lo stato civile c’entra come i cosiddetti cavoli a merenda.
    Che ci sia una incompatibilità irriducibile fra me e la lingua inglese non ne ho mai fatto mistero, parlo il francese, mi arrangio per l’indispensabile in tedesco, croato e anche spagnolo ed è più che sufficiente.
    Naturalmente la mia lingua d’infanzia era il veneto, il friulano quella materna che parlo e scrivo e posso garantire che non ha una costruzione sempliciotta come l’inglese.

    Ma tu vedi l’inglese il centro del mondo, credi di aver ereditato la cultura colonialista della” perfida Albione”. Chissà se lo parli meglio di Di Maio!!!!!!!!!!!!!!!

    Sylvi

  19. Peter
    Peter says:

    Che coda di paglia neh?
    ‘Non vedo cosa c’entri stato civilie’….
    Di sempliciotta qui c’e’ solo la ‘ zucca ‘della blogger di sopra; ma il nonno non diceva anche di starsi zitta quando non sapeva di cosa parlava? No, eh?

    P.

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