L’urgenza di una politica industriale vera anche al tempo del coronavirus Covid-19

L’urgenza di una politica industriale vera

Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**   *già sottosegretario all’Economia  **economista

E’ storicamente accertato che i grandi eventi di dimensione planetaria comportano sempre fibrillazioni più o meno profonde nei sistemi sociali, economici e finanziari e negli stessi equilibri geopolitici. Qualche settimana fa lo avevamo paventato sulle pagine di questo giornale, anche se il coronavirus ancora non aveva avuto l’attuale diffusione.

Siamo di fronte a una potenziale pandemia che purtroppo ha la forza devastante di provocare una generalizzata recessione economica e una nuova crisi finanziaria globale, tanto che una parte della stampa internazionale parla di una crisi peggiore di quella del 2008.

Allora la crisi sistemica fu provocata dalle speculazioni finanziarie fuori controllo che portarono il sistema bancario americano al collasso, determinando una reazione a catena a livello mondiale. La crisi finanziaria riverberò i suoi effetti nei settori dell’economia reale provocando un crollo nei commerci internazionali, nelle produzioni industriali e nei livelli di vita di molti paesi.

Questa volta la crisi sembra partire proprio dalla riduzione dei commerci e delle produzioni che l’epidemia sta inevitabilmente provocando. Di conseguenza si avrebbero anche riduzioni delle entrare e, quindi, la mancanza della necessaria liquidità per mantenere in vita le bolle finanziarie, in primis, quelle del debito pubblico e di quello corporate a livello globale. 

In questa situazione la capacità d’intervento delle banche centrali si è molto indebolita. Nei passati dieci anni, esse hanno usato quasi tutti i mezzi a loro disposizione, dalla riduzione del tasso d’interesse ai vari quantative easing, per mantenere in piedi un sistema finanziario malato. Solo la Federal Reserve ha un piccolo margine che ha consentito di ridurre dello 0,5% il tasso di sconto. Comunque, interverranno ancora con flussi di nuova liquidità, ma dovranno stare attente a non eccedere per non provocare poi un’eventuale inflazione difficilmente controllabile. Sarebbe un vero disastro.

Non è nostra intenzione portare acqua al mulino di chi vorrebbe usare il corona virus per giustificare la crisi finanziaria e coprire le enormi responsabilità di una finanza spregiudicata. Ma quello esposto potrebbe essere il meccanismo di una possibile nuova crisi.

Auspichiamo, invece, che l’attuale emergenza possa portare a una revisione profonda dei processi economici e del modo in cui la finanza è gestita. Si sarebbe dovuto fare già dopo il 2008, ma l’occasione è stata persa e si è tornati alle vecchie pratiche e ai vecchi errati comportamenti, assumendo alti rischi e rifiutando di applicare le necessarie regole.

Qualche riflessione importante, comunque, sta emergendo. Infatti, all’inizio di febbraio la rivista americana Foreign Policy ha pubblicato un interessantissimo studio intitolato “Gli Usa hanno bisogno di una nuova filosofia economica”.

La rivista, oggi di proprietà del Washington Post, è tra le più influenti nel campo delle politiche strategiche e geopolitiche americane. Detto per inciso, essa fu creata nel 1970 dal Prof. Samuel Huntington, noto per le sue tenebrose teorie riguardanti l’inevitabile “scontro di civiltà”.

Gli autori dello studio hanno ricoperto importanti ruoli nelle amministrazioni Usa. Ora sollevano con forza e in modo documentato tre questioni dirompenti.

1) Prima di tutto l’ineludibile necessità di forti investimenti nelle infrastrutture, nelle nuove tecnologie, nell’innovazione e nell’istruzione per superare quello che chiamano “una stagnazione secolare”. Sembra quasi scritto per l’Italia. Essa sarebbe una minaccia alla sicurezza nazionale superiore addirittura a quella del debito pubblico. Perciò lo studio distingue tra debito buono e debito cattivo: il primo crea crescita di lungo periodo e il secondo copre soltanto le spese correnti. Anche un generico abbattimento della pressione fiscale, motivato da ragioni ideologiche, andrebbe a beneficio delle fasce più ricche e a discapito della classe media e farebbe aumentare il debito cattivo. 

2) In secondo luogo, occorrerebbe riscoprire e riformulare la politica industriale. Al riguardo, lo studio ripercorre la storia economica degli Stati Uniti guidata da una precisa filosofia di sviluppo. Inizialmente ispirata dalle idee di Alexander Hamilton, il primo segretario del Tesoro nel periodo 1789-95, sul ruolo delle manifatture, è continuata sotto la guida del cosiddetto “Sistema americano” di sviluppo industriale, infrastrutturale e creditizio, formulato da Henry Clay, tra l’altro anche segretario di Stato tra il 1825 e il 1829, fino alla Great Society di Lyndon Johnson negli anni sessanta. Sono politiche che, purtroppo, hanno poi perso di popolarità.

Lo studio propone di individuare missioni su grande scala, come l’esplorazione dello spazio e la costruzione di un’economia a emissione zero di CO2, per mobilitare l’intero sistema produttivo sul lungo periodo. Per fare ciò occorrerebbe che lo Stato, come avviene in Cina, metta a disposizione il credito necessario per la ricerca. Non basta la ricerca fatta dai privati che, com’è noto, è spesso motivata dalla logica del profitto a breve. 

3) Infine, occorre invertire la tendenza dell’outsourcing, che ha portato molte imprese americane (ma vale anche per l’Italia e per l’Europa) a spostare le proprie attività produttive all’estero, con una delocalizzazione selvaggia nei paesi con bassi salari e un fisco “più complice”. Si propone, perciò, anche una decisa lotta contro i paradisi fiscali. Lo studio, invece, sostiene la necessità di investire nel lavoro e nell’aumento dei salari.

Si tratta di un programma razionale, importante, valido per tutti i paesi, per portare l’economia nel suo solco naturale, quello di sviluppare le competenze e le occasioni di lavoro e di benessere e, contemporaneamente, salvaguardare l’ambiente.   

Sarebbe uno scossone alle pigre elucubrazioni che ancora pervadono il dibattito politico e economico.

1 commento
  1. Linosse
    Linosse says:

    “Si tratta di un programma razionale, importante, valido per tutti i paesi, per portare l’economia nel suo solco naturale, quello di sviluppare le competenze e le occasioni di lavoro e di benessere e, contemporaneamente, salvaguardare l’ambiente.”
    E se……questa ultima d una serie di contagi di virus molto strani fosse la retroazione di un ulteriore misura naturale per preservarsi dall’essere asfissiata?
    Dopo l’Hiv c’è una pausa e i virus si intensificano: la vacca pazza ,nel 2003 la Sars, nel 2005 l’Aviaria, nel 2009 la Suina, nel 2016 Zika e ora questa. TuttI di origine animale!
    Da sempre abbiamo saputo che”Siamo fatti tutti della stessa sostanza e tutti soggetti alle stesse leggi”,in particolare noi umani ovvero “machine biologiche” secondo Descartes .
    Chi ha fatto la” machina” sa come è stata fatta,come montarla e smontarla;la machina no ,avete mai visto una machina che sappia fare lo stesso?
    Cascate di parole,patti ,decisioni rimandate dopo tutte le venti e passa Conferenze delle Parti che hanno sottoscritto la Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (COP25), dopo tutte le grandi mobilitazioni – fisiche o virtuali – per il cambiamento climatico., per giungere a cosa? A cosa sono servite tutte le conferenze , tutti gli accordi,tutte le grandi mobilitazioni di massa se poi le grandi potenze mondiali non sono riuscite mai a mettersi d’accordo?È stata presa in considerazione la minima proposta per mettere almeno un freno a questa contaminazione di aria,acqua,terra?
    NESSUNA in tutti questi anni,il P.I.L è stato più forte di tutto!
    Con questo virus si hanno tutte le conseguenze di un’asfissia ,non per niente veniamo ripagati con la stessa situazione.
    Ah già con le emergenze dovute alla diffusione si stanno bloccando le fabbriche quasi tutte produttrici di inutilità e balocchi per bamboccioni nutriti e cresciuti dalle tv,nutriti dai mulini bianchi,si stanno bloccando tutti i mezzi di trasporto da quello aereo alle auto:alla fine ,ma guarda un pò,l’aria si è fatta più respirabile e sta cadendo tutta la fumana nociva anche se rischiamo un collasso di origine polmonare.Il contagio non si ferma,l’economia sta crollando ,non sappiamo più a che santo rivolgerci (lasciamo perdere i politici)a cosa attaccarci !!!
    Alla fine ci resterà qualcosa alla quale attaccarci?
    Ma al P.I.L. naturalmente!!!!
    Conviene ripensare

    Rispondi

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