Il fiume di denaro erogato dalla BCE per far ripartire l’economia europea verrà parcheggiato nelle banche?

QE europeo: verrà “parcheggiato” nelle banche?

Di Mario Lettieri* e Paolo Raimondi** 

C’è troppa “psicologia” e poca economia reale nel quantitative easing, l’allargamento quantitativo di Mario Draghi. E anche in molti commenti alla politica della Bce.

Il governatore centrale europeo afferma chiaramente che gli acquisti per 60 miliardi di euro, di bond dei debiti pubblici, di attività cartolarizzate (asset-backed securities) e di obbligazioni garantite, ogni mese fino a settembre 2016, ed eventualmente oltre, servono essenzialmente a far salire il tasso di inflazione fino al 2%. La mission del QE della Bce, quindi, è questo cosiddetto “medium term price stability” .

Nel suo recente discorso al Center for Financial Studies di Francoforte dell’11 marzo ha ripetuto per almeno una dozzina di volte questa valutazione. Infatti, secondo la Bce, l’indicatore principale per poter dire se ci sono stabilità e ripresa oppure deflazione e crisi è costituito di fatto dal dato relativo all’inflazione. A noi sembra un approccio errato e fuorviante. Si tratta di una strana e limitativa idea, molto simile a quella che aveva il governatore della Fed, Ben Bernanke, negli anni del crac finanziario, quando intravedeva nell’andamento del mercato immobiliare americano l’oracolo per capire l’evoluzione della crisi globale.

La domanda vera dovrebbe essere: quanta parte dei nuovi soldi immessi nel sistema andrà veramente a sostenere gli investimenti nell’economia reale e i redditi delle famiglie, generando maggiore occupazione?

Occorre tenere presente che le obbligazioni dei debiti pubblici saranno acquistate sul mercato secondario, di fatto quindi comprate dalle banche. Lo stesso dicasi per gli abs. Perciò la massa di liquidità fluirà nel sistema bancario e, ancora una volta, senza alcuna condizione. Infatti, al di la dei desideri del governatore Draghi, non c’è nessun impegno formale a che essa affluirà verso il sistema produttivo.

Del resto l’esperienza degli oltre mille miliardi di fondi TLTRO, dalla Bce in passato messi a disposizione delle banche europee a bassissimi tassi di interesse, non è stata affatto positiva. Anzi, i crediti concessi dalle grandi banche ai settori non finanziari dell’economia sono addirittura diminuiti. Era di -3,2% a febbraio 2014, rispetto a dodici mesi precedenti, e si è ridotto a -0,9% lo scorso gennaio, ma resta sempre negativo. Soltanto le banche di credito cooperativo e quelle locali collegate al territorio hanno mantenuto e aumentato i flussi di credito alle Pmi e alle famiglie.

Mentre negli Usa l’accesso al capitale passa per due terzi attraverso il mercato e solo per un terzo attraverso il sistema bancario, in Europa è esattamente il contrario.

Draghi ammette che, acquistando titoli di Stato e abs, la Bce di fatto “pulirà” i bilanci delle banche che, di conseguenza, dovrebbero allargare i loro prestiti. In pratica, mentre è certo il beneficio al sistema delle grandi banche europee, non c’è affatto garanzia che esse aumenteranno i crediti alle industrie e alle altre attività volte alla modernizzazione e all’esportazione.

Certamente il QE della Bce farà scendere i rendimenti dei titoli dei debiti sovrani. Alcuni miliardi di euro di interessi saranno risparmiati. I bilanci degli Stati ne gioveranno. Si dovrebbero anche migliorare le condizioni di indebitamento delle imprese e delle famiglie. La maggior liquidità contribuirà a mantenere basso il cambio dell’euro nei confronti del dollaro e delle altre monete rendendo più competitive le esportazioni europee. L’altra faccia della medaglia sarà il maggior costo delle materie prime importate. Ovviamente gran parte di essa finirà per riversarsi sulle borse facendo salire i già gonfiati listini.

Le aspettative rosee della Bce si basano su delle desiderabili ricadute positive nel tessuto produttivo e nei consumi dell’intero continente. Si auspica un automatismo ancora tutto da verificare. Non vorremmo che fosse solo un pio desiderio.

Inevitabilmente, oltre alle grandi banche europee e ai loro alleati internazionali, i Paesi più solidi, come la Germania, saranno i maggiori beneficiari del QE in quanto la Bce distribuirà gli acquisti di titoli in relazione alle quote di partecipazione al suo capitale. La Grecia, purtroppo, ne resterà esclusa fintanto che non finirà il programma di revisione fiscale e di bilancio imposto dalla Troika.

Di fatto il gap tra il centro e le periferie dell’Europa, nell’economia e nella distribuzione del reddito, aumenterà invece di diminuire.

La scelta della Bce, per quanto importante e significativa, manca quindi di almeno tre elementi. Non impone delle regole di comportamento al sistema bancario. Non indica dei percorsi certi e controllati per far fluire la liquidità verso i nuovi investimenti. Non sollecita e non “guida” un vero programma di sviluppo, di investimenti e di infrastrutture che siano decisivi per la ripresa economica. La Bce, di fronte a queste sfide, si trincea dietro al suo mandato di semplice guardiano dell’inflazione. Noi riteniamo, invece, che tale giustificazione non sia accettabile rispetto alla necessità di un profondo e radicale cambiamento che l’Unione europea dovrebbe affrontare, pena la sua disgregazione.

*già sottosegretario all’Economia ** economista

Debora Petrina, danza al pianoforte, insieme

Me l’aveva preannunciato ma mi sarebbe molto piaciuto vederla in azione per crederci: riuscire a suonare il pianoforte e cantare, allo stesso tempo senza rinunciare alla danza, altra sua grande passione. Un’insolita coreografia che non la stacchi dalla tastiera (nella prima foto di Fabio Montecchioun demi-plié à la seconde…), sperimentata in scena l’altra sera al Contemporary Jukebox sul mare di Senigallia (foto di Francesco Sardella). Con sé «un pianoforte10410519_1047740508575056_9166588250620663103_n, delle biglie di vetro, un e-bow, 7 bulloni, un campanello, 2 strisce di Patafix e un rotolo di Pattex (tutta roba legale), un martello di legno, un rullante, un bicchiere, un metronomo, una teiera, un cellulare, un mini amplificatore cinese, un I-Pad pieno di lucine e piedi scalzi per saltellare qua e là» racconta . «Ho presentato “Roses of the Day” nel bel mezzo di una specie di Apocalisse: vento a 200km/h, pali di cemento a terra, scuole e bar chiusi, sabbia ovunque, e io dentro la Rotonda sul Mare (sì proprio quella della canzone!), con onde altissime contro le vetrate e vento che muggiva paurosamente». Il suo ultimo disco è uscito il 14febbraio, dieci canzoni firmate da grandi nomi del jazz, del pop, del rock e della musica contemporanea dagli anni Quaranta ad oggi, non necessariamente d’amore anche se il disco è in vendita dal giorno di San Valentino. Tutt’al più potrebbe essere un omaggio galante dalle donne, visto che è una donna ad inaugurare “Tǔk voice”, una nuova sezione dell’etichetta discografica di Paolo Fresu“Tǔk Music”, dedicata alle voci. La frequentazione tra il celebre trombettista e la compositrice e pianista padovana va avanti da qualche anno: «Mi ha invitata nel 2013 al suo festiva10986881_1052066154809158_127322650530425385_nl “Time in jazz” con due diverse formazioni – racconta Debora – abbiamo anche suonato insieme dal vivo un paio di pezzi, e da allora siamo ottimi amici». La scelta di proporre in “Roses of the day” soltanto cover viene dagli esordi, quando si cimentava con musiche altrui prima di passare alla composizione, ma le sue versioni sono volutamente molto distanti dalle originali. Spazia da “River man” di Nick Drake a ”Ghosts” di David Sylvian, da “Burning down the house” dei Talking Haeds a “Light my fire” dei Doors, da ”Ha tutte le carte in regola” di Piero Ciampi a “Sweet dreams” degli Eurythmics e a “Angel eyes” di Matt Dennis, memorabile la versione di Chet Baker. Il disco si apre e si chiude con due piccole perle: “Only” dell’amatissimo Morton Feldman e “Can you follow?” di Jack Bruce. La canzone che dà il titolo all’album riprende l’ultimo verso di una straordinaria poesia di Cummings, “It is at moment after I have dreamed”, escluso dalla composizione di John Cage per voce sola intitolata “Experiences n.2”. «Dalle edizioni Peters di New York ho avuto l’autorizzazione a depositare il brano con il mio nome accanto a quello di Cage – racconta entusiasta – non solo, stanno dando alle stampe la partitura. Una collaborazione postuma alquanto singolare, credo piacerebbe molto a Cage…».

 

Perché si tace sull’importantissimo processo a Trani contro le agenzie di rating che hanno provocato all’Italia un enorme danno finanziario?

Di Mario Lettieri* e Paolo Raimondi** 

I responsabili politici e governativi e anche i media italiani stanno trattando con troppa sufficienza, se non con ostilità, il processo in corso presso il Tribunale di Trani nei confronti delle agenzie di rating, la Standard and Poors’ e la Fitch. Tra maggio 2001 e gennaio 2012 esse resero pubbliche delle analisi che declassavano drasticamente l’Italia e il suo debito pubblico, provocando un terremoto economico e finanziario. Ciò, come è noto, fece schizzare lo spread, la differenza tra i tassi di interesse dei bond italiani e di quelli tedeschi, fino a 575 punti.

 Il comportamento delle suddette agenzie di rating era consapevolmente viziato e, attraverso un’informazione falsa e una tempistica manovrata, mirava a mettere in ginocchio l’Italia e a destabilizzare l’intera Europa. Secondo noi erano proprio l’Unione europea e l’euro i veri bersagli economici e geopolitici degli attacchi speculativi.

 Chi cerca di denigrare il sostituto procuratore di Trani, Michele Ruggiero, come un esagerato complottista dovrebbe rileggere i dossier preparati dalle varie commissioni americane sul ruolo nefasto delle agenzie di rating nel favorire prima la crisi finanziaria globale più devastante della storia e poi nel detonarla.

 Il rapporto del 2011 della bipartisan “Financial Crisis Inquiry Commission” di Phil Angelides, al termine di centinaia di pagine piene di dettagli comprovanti le varie responsabilità degli attori coinvolti, dice: “Sosteniamo che i comportamenti fallimentari delle agenzie di rating siano stati le componenti essenziali nel meccanismo della distruzione finanziaria. Le tre agenzie sono state gli attori chiave del meltdown finanziario. I derivati emessi sulle ipoteche, che sono al centro della crisi, non potevano essere piazzati né venduti senza il loro bollino di approvazione. Senza le agenzie di rating la crisi non ci sarebbe stata.“

 Anche la Commissione d’indagine del Senato americano, guidata da Carl Levin e Tom Coburn, nel rapporto “Wall Street and the Financial Crisis: The Role of Credit Rating Agencies” del 2010 scriveva:” La Commissione ha provato che le suddette agenzie di rating hanno permesso a Wall Street di influenzare le loro analisi, la loro indipendenza, la loro reputazione e la loro credibilità. E lo hanno fatto per soldi.. Esse hanno operato con un inerente conflitto di interesse in quanto venivano pagate dagli stessi istituti che emettevano i titoli a cui loro davano il rating.”

 Secondo noi è rilevante il fatto che a Trani anche la banca americana Morgan Stanley, uno dei colossi della speculazione in derivati otc, sia stata messa sul banco degli imputati. Essa era azionista della S&P e, proprio nel mezzo dello sconquasso provocato dal declassamento del rating dell’Italia, mise all’incasso un derivato sottoscritto con il Tesoro italiano nel 1994. Si trattava di un classico derivato capestro che, a seguito dell’impennata dei tassi di interesse, era arrivato fino a 2 miliardi e mezzo di euro. Nel corso del 2012 il governo italiano pagò senza fiatare. Quei dirigenti che sollevarono dubbi e richieste di ulteriori valutazioni vennero zittiti. La Morgan Stanley avrebbe portato, a giustificazione della repentina richiesta di monetizzazione del derivato, supposte pressioni fatte dalle autorità di vigilanza americane e inglesi che avrebbero ritenuto inaccettabile l’esposizione della banca con l’Italia.

 Anche in questo caso emerge chiaramente il conflitto di interesse tra l’agenzia di rating e la banca in questione. Era una cosa risaputa e generalizzata. Perciò si rende ridicolo, se non peggio, chi sostiene di non aver saputo di una tale commistione di interessi!

Già nel 2006 analizzammo e pubblicammo le strutture di controllo delle agenzie di rating per evidenziare, ancora prima del fallimento delle Lehman Brothers, come le “tre sorelle” fossero compenetrate e teleguidate dalla grande finanza globale.

 Non era certamente proibito, ma era sorprendente trovare nei direttivi delle agenzie di rating uomini che provenivano dalle grandi banche impegnate nella speculazione con derivati finanziari ad altissimo rischio.

 Ad esempio, la Standard & Poor’s (S&P) è una controllata della multinazionale McGraw-Hill Companies, il colosso delle comunicazioni, dell’editoria, delle costruzioni che è presente in quasi tutti i settori economici. Allora era guidata dal presidente della Citigroup Europa, dal presidente della Coca Cola, della BP, ecc., nonché partecipata anche dalla citata Morgan Stanley.

 La ragione vera degli attacchi contro il lavoro del sostituto procuratore Ruggiero, secondo noi, è dovuta al fatto che a Trani si sta celebrando il primo, e finora unico, vero processo a livello internazionale nei confronti delle agenzie di rating. Nemmeno negli Stati Uniti si sono tenuti dei validi processi contro di loro. Anche per questa considerazione sarebbe stato opportuno che il governo italiano si fosse costituito parte civile nel processo di Trani.

 Se a Trani le agenzie di rating dovessero essere condannate allora si potrebbe avere ovunque un’ondata di casi legali contro le stesse. Le richieste di risarcimento sarebbero di proporzioni gigantesche. Probabilmente emergerebbero anche tante verità sui giochi e sulle manipolazioni delle grandi banche. Ecco perché la finanza mondiale sta facendo di tutto per far passare sotto silenzio il processo in questione.

* già sottosegretario all’Economia **economista

Lista Falciani e non solo: una banca molto presente nel campo delle frodi fiscali e operazioni finanziarie illecite

HSBC: la banca al centro di molte  frodi fiscali e le operazioni finanziarie illecite

Di Paolo Raimondi * e Mario Lettieri** 

E’ dal 2008 che liste di grandi evasori fiscali sono emerse e portate all’attenzione degli organi di vigilanza finanziaria e dei governi di molti Paesi. In primis degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Finora però vi sono stati solo grandi polveroni mediatici, misere condanne ufficiali e scarse contromisure legali.

Prima Hervè Falciani, poi SwissLeaks e infine il Consorzio Internazionale di Giornalisti Investigativi hanno indicato la HSBC Private Bank SA di Ginevra in Svizzera come uno dei centri operativi che organizzano servizi finanziari illegali, lavaggi di soldi sporchi e frodi fiscali per cittadini e organizzazioni interessati.

Le frodi fiscali complessivamente coinvolgerebbero almeno 130.000 potenziali evasori internazionali (industriali, politici, attori, sportivi, ecc) per parecchie centinaia di miliardi di dollari. Oltre 7.000 sarebbero cittadini italiani.

A questo punto riteniamo sia indispensabile gettare luce sulla HSBC e sul suo ruolo di leader della grande finanza globale. La banca di Ginevra è la filiale delle britannica Hong Kong and Shanghai Banking Corporation. E’ la maggiore banca europea ed è la terza al mondo. Fu fondata nel 1865 da un consorzio di interessi coinvolti nel commercio della seta, delle spezie e, si dice, anche dell’oppio. Oggi ha 60 milioni di clienti in 80 Paesi e ha attività pari a 2,7 trilioni di dollari.

E’ la classica banca “too big to fail” con una capacità di fuoco ed una influenza politica senza pari. Gli uffici centrali e le sue filiali sono coinvolti in tutte le indagini più grandi ed esplosive. Finora però ne è sempre uscita quasi indenne, pagando pochi spiccioli di multa.

Le autorità americane hanno denunciato la HSBC Bank Usa (HBUS) per complicità nel lavaggio dei soldi sporchi dei cartelli della droga messicani e in operazioni fatte per aggirare le sanzioni nei confronti di Paesi come Cuba e l’Iran. Secondo l’Office of the Comptroller of the Currency americano dal 2006 al 2009 la HBUS avrebbe incrementato del 50% i trasferimenti di denaro via wire fino a raggiungere i 94,5 trilioni all’anno senza veri controlli e avrebbe permesso in particolare il trasferimento di 15 miliardi in contanti da parte delle filiali messicane.

La Commissione per le Indagini del Senato, guidata dal democratico Carl Levin, nel 2012 ha formalmente denunciato la HBUS di riciclaggio di soldi provenienti dal traffico di droga. La HSBC messicana nel 2008 aveva creato anche una filiale nel paradiso fiscale delle Cayman Islands, senza uffici e senza impiegati, con oltre 50.000 conti correnti di clienti anonimi. Nel suo rapporto “US vulnerability to money laundering, drug and terrorist financing. HSBC case history” di 330 pagine la Commissione sostiene anche che i controlli messi in atto dalla banca per evitare che la propria struttura fosse sfruttata da organizzazioni criminali erano inefficaci e che i campanelli d’allarme suonati da alcuni dipendenti sono stati regolarmente ignorati dal top management.

Di fronte ad innumerevoli ed inconfutabili prove, nel 2012 la banca ha preferito pagare una multa complessiva di 1,9 miliardi di dollari e chiudere convenientemente i casi legali. D’altra parte questa cifra era solo l’8,6% dei 22 miliardi di profitto di quell’anno. Nessuno venne condannato per i crimini penali.

Questo “lassismo” nei controlli sui movimenti finanziari sembra sia stato sfruttato anche da reti e sospette organizzazioni fondamentaliste islamiche.

Si ricordi che la HSBC è anche sotto inchiesta per i noti scandali Libor ed Euribor. Nel 2012 gli organismi di controllo finanziario, l’americana SEC e la britannica FSA denunciarono una ventina di banche internazionali per aver manipolato il famoso London interbank offered rate (Libor), cioè il tasso che stabilisce la base per definire tutti gli altri tassi di interesse applicati sui mercati finanziari. La HSBC era in testa alla lista. Dal 2005 al 2007 le banche in questione avevano gonfiato i loro dati per far salire il Libor e incassare sui tassi alti. Dopo lo scoppio della crisi hanno invece giocato i loro dati al ribasso per mascherare le proprie difficoltà ed abbassare il costo dei prestiti di cui avevano bisogno per sopravvivere. Hanno quindi semplicemente fornito informazioni fasulle a proprio profitto.

La HSBC è anche una delle 5 grandi banche internazionali che hanno manipolato per anni, almeno dal 2009 fino alla fine del 2013, i cosiddetti tassi Forex, i tassi di scambio delle valute, sfruttando la conoscenza di informazioni confidenziali dei clienti e operando pochi secondi prima che i tassi di riferimento fossero fissati. Ogni giorno sul mercato dei cambi si fanno operazioni per 5,3 trilioni di dollari. Anche per queste manipolazioni la multa da pagare avverrà con la solita completa sanatoria delle violazioni e dei reati.

E’ chiaro che se la HSBC fosse una banca italiana verrebbe chiamata la “banca della mafia e del crimine organizzato”. Il fatto che non sia un semplice sportello locale “occupato” dalla camorra, ma una delle principali banche globali, pone delle domande inquietanti sull’intero sistema delle grandi banche internazionali e della “finanza ombra”.

Ne abbiamo scritto altre volte, ma ora riteniamo che la riforma e la trasparenza del mondo finanziario e bancario non siano più eludibili. Sono troppi gli squilibri economici che di volta in volta questo sistema malato provoca.

*economista **già sottosegretario all’Economia

LA PALESTINA ASPETTA DA 67 ANNI

La Palestina aspetta da 67 anni….
Aspetta ai checkpoint.
Aspetta per andare a scuola e a lavorare.
Aspetta per andare a visitare un parente e per curarsi.
Aspetta di avere libero accesso alla sua acqua.
Aspetta il permesso di costruire sulla propria terra.
Aspetta che si smettano di demolire le sue case.
Aspetta che cessino le discriminazioni.
Aspetta di poter avere un’economia autonoma.
Aspetta che si smetta di negare la sua storia.
Aspetta che vengano attuate decine di risoluzioni ONU e rispettate le convenzioni di Ginevra.
Aspetta che cessino le punizioni collettive.
Aspetta che finiscano le incarcerazioni senza accuse e senza processo.
Aspetta di poter decidere liberamente del proprio futuro.
Aspetta che si rompa il silenzio e cessi l’indifferenza.
Aspetta che finisca l’occupazione.
Aspetta sempre.
E malgrado tutto questo, esiste.

Pax Christi

La retorica dello sdegno facile e a senso unico del vicepresidente del parlamento europeo, l’italiano David Sassoli, ha finito col fargli spacciare la profanazione di tombe islamiche per una profanazione di tombre ebraiche!

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Clamorosa e imbarazzante gaffe del vicepresidente del parlamento europeo eletto con il Partito Democratico, l’ex vice direttore del Tg1 David Sassoli. Nella sua pagina ufficiale su Facebook Sassoli alle 19:26 del 18 febbraio ha pubblicato il seguente stringatissimo post:

“Il cimitero ebraico profanato dai nazisti in Francia. Che schifo”.

E per sottolineare il suo schifo l’ha corredato con la foto di quello che avrebbe dovuto essere il cimitero ebraico profanato di fresco da neonazisti. I quali hanno avuto cura di disegnare su ogni tomba con vernice rossa un bel po’ di svastiche, simboli delle famigerate SS naziste e di gruppi neonazisti di oggi.

Peccato però che la foto ritraeva la porzione islamica di un cimitero profanato dai neonazisti e che la presenza di un paio di uomini in maniche di camicia, due dei quali a maniche corte, dimostrava in modo incontrovertibile che si tratta di una foto scatta d’estate e non nei giorni scorsi. Per l’esattezza, si tratta del cimitero militare di Notre Dame de Lorette, vicino Arras (Pas de Calais).

La foto è stata tratta da un articolo pubblicato l’8 dicembre 2008 ( http//www.20minutes.fr/france/279722-20081208-profanations-cimetieres-musulmans-france-depuis-cinq-ans ) che metteva in risalto come i profanatori di tombe musulmane fossero stati attivi in Francia più d’una volta ( http://www.20minutes.fr/france/279646-20081208-nouvelle-profanation-carre-musulman-cimetiere-notre-dame-de-lorette ). Per l’esattezza, erano già entrati in azione il 21 ottobre 2003, il 5 aprile, il 14 e il 24 giugno, e il 6 ottobre 2004, il 18-19 aprile 2007, il 5-6 aprile e il 7-8 ottobre 2008.

La cosa strana è che vari lettori della pagina Facebook di Sassoli si sono accorti dell’errore e lo hanno fatto rilevare in vari commenti, indicando anche la località del cimitero della foto. Niente da fare: ancora oggi la foto è inspiegabilmente al suo posto. Tant’è che un lettore della pagina ufficiale di Sassoli ha perso la pazienza e ha denunciato la gaffe direttamente alle autorità francesi:

“Di fronte alla disinformazione ed al silenzio inspiegabile del sig. Sassoli riguardo la foto della profanazione di un cimitero di guerra di soldati musulmani morti per la Francia, spacciata per cimitero ebraico, una copia del seguente post con lettera di protesta è stata inoltrata per informazione all’Union Nationale des Anciens Combattants Français Musulmans e al Ministère des Anciens Combattants Français”.

Evidentemente il prode Sassoli è troppo preso da chilate di altri sdegni facili e a senso unico per potersi accorgere della gaffe e per mettersi a leggere i commenti alle sue grida e ai suoi schifi.  Però con il grasso stipendio e con i bei altri quattrini intascati a vario titolo potrebbe almeno ingaggiare qualcuno che si prenda la briga di stare ad ascoltare i suoi lettori su Facebbok anziché lasciarli gabbati. Altrimenti la sua esclamazione “Che schifo” qualcuno potrebbe rivoltargliela contro. 

Da notare che un migliaio di persone hanno condiviso quella pagina con annessa foto e oltre mille persone hanno cliccato Mi piace. Ciò vuol dire che il falso è stato propagato alla velocità della luce nel vasto mare del web. Con danni enormi. Di chi la responsabilità, se non del prode Sassoli? 

Sorriso inossidabile a 32 denti, da pastore di anime benedicente,  Sassoli nella sua pagina Facebook è un orgoglioso specialista dello sdegno scontato: 

“120 cristiani sequestrati dall’Isis. Starebbero per essere mostrati in un video. E lo so che nessuno o quasi ne parla, che a questo punto la normalità dell’orrore, rischia di non fare notizia. Ma io a urlare il mio sdegno non rinuncio. Non possiamo restare insensibili a questo grido di dolore”.

Però si occupa anche di temi leggeri dal sapore buonista più veltroniano che deamicisiano:

“Debora Di Meo si è tuffata in acqua a Napoli per aiutare con le sue mani una balenottera rimasta incastrata tra gli scogli sotto un’antica villa romana. Debora adesso dice: “Amo troppo il mare, non potevo lasciarla morire””.

Nel frattempo il danno arrecato con il falso è enorme, è infatti andato in circolazione nel web come una tossina dell’odio: oltre mille “Mi piace” e un migliaio di condivisioni, cioè un migliaio di persone che su Facebook hanno pubblicato sul proprio profilo la grave panzana.

Certo è che se Sassoli fa politica e gestisce la vicepresidenza del parlamento europeo con la stessa disinvoltura dei suoi sdegni e dei suoi schifi, allora siamo proprio malmessi. Come sempre, “italiani brava gente”. Anche a Bruxelles.

Post scriptum – Col cavolo che Sassoli e i suoi oltre mille estimatori e i quasi mille condivisori Facebook esprimono o hanno mai espresso lo sdegno e lo schifo per le tombe islamiche violate! Siamo pertanto noi a poter dire a Sassoli e ai suoi fan “che schifo!”.