Borse sopravvalutate. Cresce il rischio di un nuovo crack

Borse sopravvalutate. Cresce il rischio di un nuovo crack

di Mario Lettieri* Paolo Raimondi**

La grande finanza internazionale si affanna ad interpretare le future mosse di politica monetaria della Bce. Secondo molti “analisti-indovini”, il governatore Mario Draghi nella sua ultima conferenza stampa mensile avrebbe fatto capire che forse a giugno abbasserà ulteriormente il tasso di interesse. Attualmente è fissato a 0,5%. Probabilmente, come in più occasioni evidenziato anche da noi, sotto la pressione della Federal Reserve e di certi settori del mercato, Francoforte potrebbe anche lanciare una specie di quantitative easing – acquisto di titoli stampando soldi – per far salire il tasso di inflazione.

La Fed da tempo sta “attaccando” l’Unione europea, il sistema dell’euro e la Bce la cui politica sarebbe responsabile del rischio di deflazione, che si verifica, come è noto, quando la recessione economica, combinata con la caduta della domanda, fa scendere i prezzi. Di conseguenza l’”inflazione negativa” rende anche difficile l’abbattimento dei livelli del debito pubblico. Mentre si chiede all’Europa di aprire i rubinetti della liquidità da far rifluire nel settore bancario e nel mercato, negli Stati Uniti però molti suonano l’allarme di possibili nuove bolle a Wall Street. Infatti, poco dopo l’esplosione della crisi del 2008, a seguito delle ingenti immissioni di liquidità a beneficio più della finanza e delle banche che di una genuina ripresa produttiva, il mercato azionario ha registrato un continuo e progressivo boom. L’andamento dell’economia, invece, per cinque anni è stato di una lentezza esasperante. Dal 2009 al 2012 il valore di un investimento nell’indice azionario Standard & Poor 500 si è raddoppiato e nel 2013 è cresciuto di un altro 18%.

Tale dirompente crescita del valore dei titoli quotati a Wall Street è sproporzionata rispetto all’andamento dei profitti delle corporation sottostanti. Secondo certi studi, simili grandi squilibri, misurati nel periodo di circa 10 anni, si sarebbero verificati altre tre volte negli ultimi cento anni: negli anni venti, verso la fine degli anni novanta e prima del crack del 2007. L’economia americana di oggi sembra costruita apposta per far crescere i valori dei titoli a Wall Street. I tassi di interesse sono mantenuti bassi da una debolissima crescita economica. Contemporaneamente si riducono i costi delle industrie e si fanno sembrare più appetibili i titoli azionari rispetto ad altri investimenti più sicuri ma meno redditizi. E’ un trend già visibile anche in molti Paesi dell’Ue. Nonostante un andamento più che mediocre dell’economia, i livelli di profitto delle corporation americane sono relativamente alti, soprattutto per il fatto che esse controllano rigidamente il lavoro e riescono a comprimere i livelli dei salari.

Il prolungato boom della borsa ha sempre avuto molte spiegazioni e giustificazioni ma i precedenti storici non sono tranquillizzanti. Uno dei parametri più realistici per studiare le fasi di boom-bust (espansione e frenata) delle borse è quello che misura per un periodo di 5-10 anni il rapporto tra il prezzo del titolo azionario rispetto al tasso di profitto della corporation cui è legato. E’ statisticamente dimostrato che, quando tale rapporto raggiunge per un lungo periodo la soglia di 25, si è alla vigilia di un nuovo crack delle borse. Nel 1871, ad esempio, il tasso di 25 a 1 tra il valore dei titoli azionali e i profitti delle corporation sottostanti, mantenuto mediamente per 5 anni consecutivi, portò a un calo della borsa del 12%.

Riteniamo che tali questioni e prospettive vadano opportunamente valutate in un momento in cui il mondo della finanza e della comunicazione da essa controllata sta spingendo l’Europa sulla strada della Fed.

Qualche settimana fa il Tesoro americano e la Fed hanno accusato l’Europa, ed in particolare la Germania, di essere responsabili del rischio di deflazione. Le autorità monetarie americane, quindi, chiedono alla Germania di aumentare non solo i consumi ma anche la liquidità circolante. La Bundesbank ha rigettato le accuse come infondate. Certo è vero che la stagnazione economica in Europa, non solo in Italia, si protrae da troppo tempo ed è ora che anche la Germania, insieme ai partner europei, si convinca a sostenere, oltre al fiscal pact, anche un forte programma di sviluppo infrastrutturale, tecnologico e occupazionale per far ripartire l’economia dell’intera Unione.

*Sottosegretario all’Economia del governo Prodi **Economista

205 commenti
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  1. Anita
    Anita says:

    x Caino

    Il mio errore e’ stato di confodere il post # 157 di C.G. con uno dei tuoi, il #158.
    Come se a voi non fosse mai successo.

    Cosa preferite: lapidazione, impiccagione o decapitazione ???

    Anita

  2. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    Andateci piano con l’Anita!
    Già c’è, a suo dire e sentire, un certo Cerutti che la “perseguita”.
    Non vi ci mettete pure voi.
    C.G.

    x Anita (il mio 157):
    Quella cifra sul recupero dei posti di lavoro da parte dell’Amministrazione Obama è stata data da dagli uffici di ranking, non se la è inventata il sottoscritto. Non credo proprio che si possono manipolare i dati su più di otto milioni di unità anche se, quando ci sono di mezzo lamericani, le notizie vanno prese con le pinze. Ciò non toglie che, nonostante il presunto passo in avanti, ci sarà sempre chi dietro l’angolo della strada chiederà l’elemosina per sopravvivere
    Mica come ai tempi del Bush, quando non esistevano working poor e mendicanti..
    C.G.

  3. Rodolfo
    Rodolfo says:

    Mi meraviglio di lei…Uroburo…
    il suo 196 e’ solo un’ eresia…sembra scritto….mi scusi da un “anti per eccellenza” lei non e’ in grado di analizzare i fatti e la storia …
    senza il fronte ad ovest i Russi si sarebbero fermati e mai sarebbero arrivati a Berlino…
    per quanto riguarda Winston Churchill..prima che gli Americani intervenissero ci fu uno scambio di lettere tra lui e Roosevelt..fino ad allora gli Americani avevano attuato una politica isalozionista …Roosewelt fu senza dubbio convinto da Churchill ad intervenire…
    riguardo il piano Marschall…e’ il riconoscimento della gente come lei..se si e’ “anti”…non si puo’ ne si deve dire qualcosa di buono…

    Riguardo questo suo pensiero…ma nell’ insieme anche tutto il suo 196:-
    “La guerra contro la Germania è stato solo un epifenomeno transeunte, una scusa: la guerra mondiale, quella vera, è stata quella tra inglesi ed useggetta, è durata dal 1898 al 1944 e gli inglesi hanno perso. Per arrivare a quel risultato gli Useggetta si sono perfino inventati la “sorpresa” di Pearl Harbor”!

    E’ una frase ed un pensiero..(ma anche il post 196 nel suo insieme) che potrebbe benissimo scrivere un nazista incallito.(Badi che non sto parlando di lei personalmente ..ma del pensiero e degli argomenti in se) insomma…l’ antiamericanismo becero puo’ fare anche brutti scherzi.
    purtroppo devo essere telegrafico…mio figlio riparte per l’ universita’ ed io rimarro’ di nuovo senza connessione…che spero riusciro’ ad avere definitivamente la prossima settimana.
    Si rilassi….e’ Domenica…
    Rodolfo

  4. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    riguardo il post 185

    In effetti sono molti di più i cristiani sionisti che gli ebrei sionisti. Come dimostra l’ottimo libro “Una minaccia interna”, di Yakov M. Rabkin. Libro che traccia la storia deell’opposizione ebraica al sionismo.
    Ovviamente i cristiani sionisti lo sono perché in realtà sono antisemiti, ieri contro i semiti ebrei oggi contro i semiti arabi. In più devono farsi perdonare i secoli nel corso dei quali blateravano di “popolo deicida”.
    Insomma, il cristianesimo sionista è solo strumentale, il solito razzismo e suprematismo di troppo cristianesimo, ovvero una vergogna. Ecco perché emoziona certe persone: sua cuique.
    Buona domenica a tutti.
    pino nicotri

  5. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x TUTTI

    E’ in rete il nuovo argomento.
    Buona lettura. E buona domenica.
    pino nicotri

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