Ci serve una crociata

Mille anni fa la situazione sociale, economica, etica e politica era, in Europa occidentale, sull’orlo della catastrofe. La corruzione imperava ovunque. Dopo aver acquisito l’ereditarietà dei feudi maggiori, nell’877, ogni nobile si comportava, nei propri possedimenti, come un autentico despota, sapendo benissimo che nessuno avrebbe potuto impedirglielo, neppure il sovrano.

A Roma la carica di pontefice era appannaggio delle famiglie aristocratiche più influenti. Nepotismo e simonia nella chiesa non erano l’eccezione ma la regola, al punto che tra le fila del clero benedettino – uno dei maggiori proprietari terrieri – parti di una riforma generale che trovò soltanto nel fanatismo dogmatico e teocratico lo strumento migliore per affrontare l’immoralità dominante.

Lo stesso papato, insieme ai Franchi, aveva completamente distrutto il valore dell’istituzione imperiale del basileus bizantino, tanto che nel 1054 decise di separarsi definitivamente dalla chiesa ortodossa, che dell’impero d’oriente costituiva la rappresentazione più significativa.

La formazione delle città italiane stava avvenendo contro la feudalità rurale, e si stava sviluppando contro qualunque prerogativa imperiale. La borghesia era disposta a scendere a patti col papato in funzione anti-imperiale, ma non amava ingerenze di alcun tipo nella propria attività affaristica.

Avversa alla grande nobiltà era pure quella piccola, che pretese l’ereditarietà dei feudi minori nel 1037 e che appoggiò lo sviluppo dell’urbanizzazione.

La progressiva abolizione del servaggio nelle campagne comportava la formazione del primo proletariato cittadino, che però era già così numeroso da non poter essere assorbito in toto dalle nascenti manifatture.

Le tensioni erano molto forti: i Comuni più grandi tendevano a fagocitare quelli più piccoli e a ridurre i contadi rurali in aree coloniali prive di autonomia economica.

Bande di pirati normanni (a nord), ungari (a est) e saraceni (a sud) infestavano buona parte dell’Europa, e, di questi, sicuramente i primi erano i più organizzati e i più feroci, tant’è che in pochissimo tempo riuscirono a conquistare la Normandia, l’Inghilterra e l’Italia meridionale, e poco mancò, a est, che arrivassero ad annettersi la Russia e Bisanzio.

Intanto dalla Persia erano giunti i Turchi Selgiuchidi, i quali, dopo aver occupato il Medio oriente, stavano minacciando, in Asia minore, quel che era rimasto dell’impero bizantino.

Quando venne in occidente la richiesta, da parte del basileus, di un aiuto militare, nessuno vi prestò ascolto, sia perché i bizantini e gli ortodossi erano avvertiti come rivali nella fede religiosa (sin dai tempi del Filioque introdotto nel Credo) e nel potere politico (sin dai tempi dell’incoronazione illegale di Carlo Magno), sia perché l’occidente latino non aveva possedimenti da difendere in Palestina o nell’Africa settentrionale, anche se cominciava a preoccuparsi della presenza dei Mori in Spagna, in Sicilia e in altre località ove erano approdati come pirati.

Lo spirito di crociata nacque così, come tentativo di risolvere militarmente una crisi molto grave, che si trascinava da almeno due secoli. Bisognava darsi un’ottima motivazione – è questa la offrirono i Turchi intolleranti e fiscalmente esosi -, cui se ne sarebbe subito aggiunta un’altra: la possibilità di conquistare nuove terre in Medio oriente, che anche per colpa degli ebrei deicidi – si diceva – erano da sempre tormentate (l’antisemitismo nacque proprio in occasione della prima crociata).

La soluzione dei problemi interni venne affidata alla politica estera. Che è, in fondo, quello che stanno facendo oggi gli americani, che dopo il crollo delle torri di Manhattan, si sono inventati un nemico internazionale, chiamato “terrorista islamico”, che ha autorizzato loro a spiare il mondo intero per motivi di sicurezza e a dichiarare guerra a qualunque paese (o a minacciare di farlo) che, anche solo intenzionalmente, voglia munirsi di armi di sterminio di massa.

Gli Usa pensano di risolvere così il disastro della loro economia interna, indebitata fino al collo e corrotta quanto mai: stanno pressando tutti i paesi avanzati a muover guerra contro questo fantomatico “nemico mondiale” (che fino a ieri pareva essere il “socialismo reale”), e a farlo, beninteso, non in autonomia, ma seguendo le loro direttive strategiche.

Per convincersi a mettersi in fila dietro questi nuovi feudatari diretti in “oriente”, occorre soltanto che la situazione peggiori, che si acuiscano le contraddizioni e che emergano pseudo motivazioni ideali molto sentite. I più forti militarmente son loro: su questo non si può avere dubbi. E loro ci dicono d’essere anche i più democratici di tutti: per questo sono così odiati.

2 commenti
  1. Bertie X. Boyle
    Bertie X. Boyle says:

    Perciò gli stati schiavisti del sud sostennero il movimento di secessione che sfociò nella guerra del 1860, d’altra parte, lo sviluppo delle piantagioni di tabacco, riso e canna da zucchero avevano richiamato manodopera servile; nel 1793 s’inventò la macchina per sgranare il cotone che ne aumentò la coltivazione. Le città del sud erano orgogliose dei loro mercati di schiavi, che erano tastati ed erano fatti mostrare i loro denti.

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  2. Liza Mooney
    Liza Mooney says:

    BOLZANO- Il 2 settembre del 1943 il quartiere tra via Prepositura, via delle Orfane, via Torre Vanga e Santa Maria Maggiore venne colpito da un numero incredibile di bombe “amiche” che avevano il compito di piegare l’apparato bellico nazista e che hanno invece praticamente raso al suolo il rione ed ucciso 190 persone che erano nelle loro case.La città si prepara a celebrare il 70° anniversario di quell’evento, il bombardamento della Portela, riallaciando il filo di una memoria che rischiava, e rischia, di scomparire: “alcuni risvolti della guerra sono stati per lungotempo un tema censurato dalla memoria pubblica” spiega Giuseppe Ferrandi direttore della Fondazione Museo Storico del Trentino “si è fatto fatica a parlare di quelle bombe “amiche” e la vicinanza con l’8 settembre ha causato una congestione tra i due eventi: i militari italiani a Trento stavano ancora lavorando allo sgombero delle macerie quando sono stati deportati in Germania in seguito all’Armistizio ed i primi soldati dell’Esercito Italiano fucilati dai tedeschi furono proprio a Trento. Celebrare questa ricorrenza è un atto obbligato masicuramente non retorico, si tratta di un argomento che non è ancora all’ordine delgiorno nella storiografia dei giorni nostri”.

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