Il destino che ci attende

Non siamo figli dei nostri genitori più di quanto non lo siamo del genere umano. Non possiamo sentirci vincolati a dei rapporti biologici quando ciò che ci caratterizza come esseri umani è soltanto la nostra umanità. Siamo tutti figli dell’universo e nessuno può pretendere, solo perché padre, di dire a un altro, solo perché figlio, come deve vivere la sua vita.

Gli uomini sanno che senza memoria storica non c’è futuro, ma devono essere lasciati liberi di capirlo da soli, anche perché non tutto, del passato, merita d’essere conservato.

Tutto il genere umano è parte di un destino comune, in cui le forme dell’esistenza possono essere diversissime, ma la sostanza resta sempre la stessa: la libertà, di cui quella di coscienza è in assoluto la più importante.

Il genere umano ha il dovere di comprendere cosa significa essere liberi. I tempi possono essere lunghi o corti, gli errori possono essere tanti o pochi, ma il destino è uno solo, uguale per tutti. E’ da quando è nato lo schiavismo che abbiamo smesso di capire che cosa sia la libertà. E fino ad oggi, nonostante tutti gli sforzi compiuti per vincere l’oppressione, ancora non siamo riusciti a realizzare il nostro compito.

Abbiamo buttato via migliaia di anni, illudendoci di poter superare la schiavitù senza affrontare alla radice il problema della libertà. E così siamo passati da una schiavitù all’altra, mutandone solo le forme, rendendole sempre più subdole e sofisticate.

Un tempo, quando esisteva la schiavitù fisica, esistevano anche tante popolazioni libere, e una speranza di tornare liberi c’era. Oggi è l’intero mondo ad essere sottomesso alla volontà di chi detiene capitali. Che speranza possiamo avere di uscirne? Non possiamo più attendere che altri vengano a liberarci. Dobbiamo farlo da soli. Dobbiamo mettere paura a chi ci domina. E soprattutto dobbiamo porre le basi perché, dopo aver cacciato i mercanti dal tempio, non abbiano la possibilità di ritornarci. Dobbiamo porre le condizioni perché la rivoluzione planetaria non venga strumentalizzata da qualcuno per compiere una controrivoluzione, come i maiali di Orwell.

E’ indubbiamente questo il compito più difficile. E’ infatti più difficile odiare il nemico al punto da volerlo definitivamente abbattere che, una volta abbattuto, non diventare come lui.

L’unica vera condizione per poter affrontare in maniera concreta questo problema è quella di tenerci sotto controllo, cioè quella di creare dei collettivi in cui la responsabilità delle azioni resti personale e diretta, ovvero i poteri delegati siano di breve durata, rivedibili in qualunque momento e mai così ampi da risultare incontrollabili.

Collettivi di questo genere non possono essere molto vasti, altrimenti la democrazia si trasforma inevitabilmente in un qualcosa di formale, appunto perché prevede l’istituto della delega, della rappresentanza parlamentare, che è la principale forma in cui la borghesia esercita la propria dittatura.

Ma perché un collettivo possa essere politicamente autonomo, occorre che lo sia anche economicamente: di qui l’importanza dell’autoproduzione e dell’autoconsumo. Stato e mercato sono due nemici da abbattere. Patti di solidarietà tra collettivi e scambio alla pari di beni eccedenti sono le alternative che dobbiamo realizzare. E dobbiamo farlo anche a costo di opporre generazione a generazione, anche a costo di far fuori i nostri padri.

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