La dittatura è inevitabile? Forse no

Una svolta politica, per tenere in piedi un sistema malato come il nostro, non può essere che autoritaria. Se non si vogliono risolvere (ma, se vogliamo, neppure affrontare) le cause fondamentali del malessere e se si vuol far credere che il malato soffre di un male non cronico ma passeggero, non resta che la dittatura, cioè il modo tradizionale con cui illudere le masse che dall’alto si possono facilmente risolvere tutti i problemi, tutte le crisi.

Nei paesi occidentali, ove domina il capitale privato, quando la democrazia formale non funziona. non si chiede maggiore democrazia ma più autoritarismo. Lo chiedono ovviamente i poteri forti, quelli che gestiscono la politica, l’economia, l’informazione. Non si vede altra via d’uscita che il cesarismo, il capo carismatico, proprio perché gli esponenti di quei settori di potere vogliono conservare i loro privilegi e, anzi, possibilmente aumentarli. Non vogliono avere intralci di alcun genere, non vogliono sentire contestazioni.

I nemici da abbattere, da ridimensionare, da circoscrivere in un’area ben limitata sono gli oppositori politici, i magistrati che vogliono far rispettare la legge, i movimenti a favore delle libertà sociali civili ambientali, i docenti che fanno della loro libertà d’insegnamento un’occasione per criticare la democrazia borghese.

In questa operazione di censura e di costrizione, i poteri forti spesso si avvalgono della collaborazione delle confessioni religiose di stato o maggioritarie, le quali, essendo anch’esse istituzioni di potere o comunque di consenso, han bisogno, per sopravvivere, di determinate contropartite.

Il problema principale che in questo momento i poteri governativi (politici o economici) devono risolvere è capire in quali forme è possibile imporre una dittatura, cioè con quali pretesti si può cercare di convincere la popolazione della sua necessità. Devono infatti stare attenti a non ripetere le esperienze fallimentari del nazi-fascismo, quando la dittatura si poneva in maniera troppo esplicita.

Quelle furono esperienze conseguenti ai problemi rimasti irrisolti dopo la fine della prima guerra mondiale e al crac borsistico del 1929. Oggi non solo non esiste la prima condizione, ma grazie allo Stato sociale s’è potuto scongiurare un crollo finanziario altrettanto grave, quello del 2008. Le banche sono state salvate grazie ai risparmi dei cittadini, sottratti loro con la forza.

L’unica condizione che oggi il potere può utilizzare come pretesto per rendere necessaria una dittatura è appunto il colossale debito degli stessi Stati sociali: un debito che, in assenza di un Pil sostenuto, rischia di travolgere l’intero sistema.

I poteri forti non vogliono un caos generalizzato, i cui scenari potrebbero essere imprevedibili, ma aspira a utilizzare la paura del caos per rivendicare la necessità di un presidenzialismo autoritario. Ecco perché non ha fretta a fare delle riforme; ecco perché, quando parla di riforme, le vuole a costo zero, oppure molto dolorose per i ceti medio-bassi (negli Usa, addirittura, l’unica che sono riusciti a fare, quella sanitaria, se la stanno rimangiando).

Se vi è la minaccia di un crac finanziario dello Stato, se le famiglie temono che tutti i loro risparmi si riducano a un nulla, se il tenore di vita è sempre più costretto a subire gravi deterioramenti e se la popolazione ha la netta percezione che i propri sacrifici non sortiscono alcun effetto positivo sulla crisi, sicuramente si pongono le condizioni per una svolta autoritaria.

Il sistema, che è profondamente corrotto, vuole offrire l’illusione che la dittatura serva proprio per difendere la democrazia. Le istituzioni, quindi, possono anche sopravvivere, ma come un guscio vuoto. E’ la dittatura della democrazia che ci vogliono somministrare come medicina salutare per un sistema malato. Una dittatura non solo economica (del capitale) ma anche politica (delle istituzioni che lo rappresentano).

Un’operazione del genere, in Europa, può essere fatta solo in un modo: trasferendo tutti i poteri politici al Parlamento europeo, cioè ponendo fine all’autonomia dei singoli Stati, sempre più incapaci di autogovernarsi e soprattutto di gestire il proprio debito pubblico. Gli Usa invece, che questo centralismo l’hanno già e che sono infinitamente più militarizzati di noi europei, hanno bisogno di pretesti che coinvolgano immediatamente le forze armate e di polizia.

Ecco, di fronte a un’operazione del genere non si può tergiversare, soprassedere, minimizzare. Bisogna difendersi, non per limitarsi a tutelare la democrazia formale (come fa la sinistra riformista), ma proprio per uscire dal sistema. E, poiché questo è di tipo mercantile, la ricetta per farlo è una sola: l’autoconsumo.

La storia non offre ulteriori alternative. Ci vuole un autoconsumo armato, in grado di difendersi dagli attacchi del globalismo liberista e deregolamentato, dall’oligopolio delle multinazionali, dalla mondializzazione finanziarizzata: un virus che non proviene solo dagli Usa, ma anche dal Giappone e dall’Europa occidentale e, ultimamente, anche dalla Cina.

Dobbiamo farlo anche a costo di dover rinunciare a tutto il progresso tecnologico fin qui raggiunto e col rischio di ritornare al paleolitico. E’ la dignità umana che ne va di mezzo.