Che cos’è il benessere?
Noi non riusciamo a capire (perché condizionati da una cultura che va in direzione opposta) che il “benessere” non sta tanto nelle comodità in cui e con cui si fanno le cose, ma nella soddisfazione che si ottiene facendole.
Quando un’azione è troppo determinata dalla tecnologia, il cui uso sfugge a un nostro vero controllo (basta vedere come ci troviamo di fronte a dei guasti che, sulla base delle nostre conoscenze personali, giudichiamo irreparabili), si perde interesse a cercare soluzioni alla nostra portata.
Noi abbiamo continuamente a che fare con una tecnologia frutto di anni di studi e di applicazioni specialistiche. Ma noi, avendo soltanto una cultura generale, non siamo in grado di capire l’esatto funzionamento di ciò che usiamo.
La conoscenza specialistica ci schiaccia, vuole imporsi alla nostra creatività, ci offre l’illusione di poter quasi fare a meno di noi stessi. Pur essendo frutto di un’alta specializzazione scientifica, la moderna tecnologia sembra fatta apposta per ridurre al minimo le capacità di astrazione di chi la usa.
Diventiamo soltanto dei fruitori passivi di mezzi artificiali, e perdiamo il gusto della vita, il senso della creatività, la soddisfazione di poter risolvere problemi alla nostra portata. Proprio ciò che è nato dalla pretesa di voler diventare padroni della terra, ci sta inducendo sentimenti d’impotenza.
La tecnologia sofisticata sta riducendo la nostra capacità di pensare. E’ incredibile come non ci si sia ancora accorti di questo pericolo. Anzi, al contrario, siamo continuamente alla ricerca di mezzi sempre più perfezionati, anche a costo di sostituire quelli ancora sufficientemente funzionanti.
Questa rincorsa spasmodica agli oggetti di ultima generazione è diventata come una droga e non conosce flessioni commerciali, neppure nei periodi di crisi economica generale.
Le relazioni umane reali vengono sempre più sostituite da quelle virtuali che la moderna tecnologia è in grado di offrire. La nostra civiltà è malata. Spendiamo moltissime risorse, umane e materiali, in prodotti che invece di migliorare la nostra vita la peggiorano.
Paghiamo profumatamente gli ideatori e i creatori di tecnologia affinché si possa stare umanamente peggio. Questa è pura follia. E non siamo solo noi umani che ne paghiamo il prezzo, ma anche la natura, che non è in grado di smaltire in tempo utile dei prodotti così complessi, né noi pensiamo di riciclarli se ciò non ci conviene economicamente.
Noi pratichiamo il riutilizzo delle cose non per un sentimento ecologista, ma perché siamo costretti dalle circostanze; solo che invece di chiederci se possano esservi stili di vita alternativi, preferiamo aumentare gli oneri per lo smaltimento dei rifiuti.
Preferiamo far finta che il problema non sia grave, preferiamo pensare che una soluzione, grazie proprio alla tecnologia, in qualche modo si troverà o la troveranno le generazioni future.
Noi produciamo cose che peseranno sui destini dei nostri figli e non li lasceremo liberi di scegliere come vivere la loro vita.