11 settembre e mutande esplosive: defaillance o strategia della tensione? Nata con finanziamenti Usa ai fondamentalisti islamisti fin da PRIMA dell’invasione sovietica dell’Afganistan. E nonostante gli Usa avessero di fatto già vinto il “confronto” con l’Urss, ormai chiaramente al collasso

Strano: i servizi segreti americani – che oltretutto costano cifre immense – sanno sempre tutto in anticipo, ma non fanno nulla per evitare le catastrofi, che si tratti di aerei di linea scagliati contro grattacieli o di aerei di linea da far saltare in volo con un passeggero demente dotato di mutande imbottite di esplosivo. Un passeggero del quale i sevizi Usa conoscevano da varie settimane nome, cognome e intenzioni. Come mai tanti fallimenti? Ma si tratta poi davvero di fallimenti o di una strategia voluta? Dài oggi e dài domani, alla fine è inevitabile nasca il sospetto che lo facciano apposta. Un modo cinico e brutale per spingere l’opinione pubblica ad accettare il clima di guerra continua che negli Usa vive ormai da sempre, modello Fort Apache eternamente assediato, sorvolando sul fatto che ammesso che sia assediato davvero – ad assediarlo sono solo poveri straccioni senza nessuna possibilità di conquistare nessun forte. Un modo cinico e brutale, ma lasciare che ci scappino un bel po’ di morti in casa propria, cioè nel forte, è il migliore per giustificare qualunque azione, anche la più ingiustificabile, con la comoda scusa che si tratta solo di “rompere l’assedio”, cioè di esercitare un diritto sacrosanto anziché un sopruso ammirevole. Insomma, un aggiornamento della strategia della tensione a suo tempo, negli anni ’60, varata in Italia.L’abbattimento delle Twin Tower di New York, nel famoso 11 settembre che pretende di cancellare tutti gli 11 settembre inflitti dagli americani a partire dalla Corea fino al Cile passando per l’India della catastrofe di Bophal, era evitabile solo che la Cia e affini avessero messo a frutto le informazioni che già avevano, e da un bel pezzo. Qualche inguaribile cretino preferisce dare la colpa a una cospirazione della lobby ebraica Usa, che pure esiste ed è talmente potente da contribuire in modo determinante alla elezione dei presidenti e da paralizzare la asserita buona volontà di Obama in Medio Oriente, quando invece è assai più razionale attribuire la responsabilità alla strategia adottata dalla Casa Bianca, qualunque ne sia l’inquilino, visto anche che si tratta poi della stessa strategia fatta adottare dagli Usa all’Italia con le bombe del 1969 e annessa strage del 12 dicembre di quell’anno in piazza Fontana a Milano. In Italia si facevano esplodere le bombe, per mano di fanatici neonazisti manovrati dai soliti “servizi” legati alla Nato. Negli Usa è più che lecito sospettare che lasciassero che i fanatici islamisti combinassero qualcosa di sanguinoso, in modo da far scattare la tagliola irachena e afgana preparata con cura già da tempo al Pentagono. Nessuno poteva però immaginare che anziché un botto da una “semplice” manciata di morti sarebbero venuti giù i due grattaceli simbolo della modernità di New York seppellendo oltre 4.000 disgraziati.

Che si tratti di una strategia voluta anziché di una disgrazia subita lo dimostra il fatto che la politica degli Usa verso Israele e i disgraziati palestinesi è rimasta la stessa di prima, pur essendo chiaro a tutti, dentro e fuori gli Usa, che dal punto di vista ideologico e delle motivazioni ufficiali l’insopportabile condizione dei palestinesi è stato il principale casus belli e boccone avvelenato. Che gli Usa hanno continuato a lasciar cucinare come se niente fosse, aggravando anzi la situazione con il loro dilagare militarmente anche in Afganistan e Iraq pur essendo chiaro anche ai ciechi che l’Iraq non solo non c’entrava niente con l’abbattimento delle Twin Tower, ma detestava i talebani e il loro capo Bin Laden. “All’11 settembre bisognava rispondere non con i missili, ma andando a costruire scuole e ospedali in Medio Oriente”, invece che per esempio bombardandoli e radendoli a suolo come si è fatto a Gaza, ha dichiarato Joshua Cooper Ramo, autore dell’interessante saggio “Il secolo imprevedibile. Perché il nuovo disordine mondiale richiede una rivoluzione del pensiero”, che cerca di capire chi guiderà il mondo nel futuro prossimo. A giudicare dal  nome, e dal ruolo di direttore della Kissinger Associates, cioè della società di consulenza dell’ex Segretario di Stato Usa Henry Kissinger, Joshua non è certo sospettabile di antisemitismo…

Ma come si è arrivati all’11 settembre prima e all’attentato con le mutande esplosive oggi? Come si è arrivati cioè alla allarmante diffusione del terrorismo islamista? Semplice: ci si è arrivati con la strategia e i soldi della Casa Bianca utilizzando la Cia e affini. E a partire da ben prima che l’Unione Sovietica invadesse l’Afganistan! Il consigliere per la sicurezza nazionale Usa sotto la presidenza di Jimmy Carter, vale a dire Zbigniew Brzezinski,   nel suo libro di memorie ha infatti scritto chiaro e tondo che gli aiuti americani ai mujaheddin cominciarono prima e non dopo l’invasione sovietica, con il preciso scopo di attirare i sovietici in una trappola mortale. “Non spingemmo i russi a intervenire, ma incrementammo consapevolmente la probabilità che lo facessero”, ha scritto Brzezinsky. Aggiungendo subito dopo: “IL giorno in cui le truppe sovietiche entrarono in Afganistan scrissi a Carter che avevamo finalmente l’opportunità di dare all’Urss il suo Vietnam”. Parole di un cinismo rivoltante. Peccato solo che il “Vietnam sovietico” e il crollo dell’Urss non furono le uniche conseguenze della feroce politica della Casa Bianca. E si noti che Carter passa per uno dei presidenti Usa più pacifisti. Detestato da Itzak Rabin e dai governi israeliani per la sua intenzione di concludere la partita israelo/palestinese dando finalmente uno Stato ai palestinesi, e detestato oggi dai nuovo governi israeliani per le accuse lanciate loro sia per l’assedio a Gaza che per l’invasione e la falsità delle motivazioni addotte per giustificarla, Carter era comunque deciso a porre fine alla politica di torture e omicidi dei generali golpisti in Argentina e ad altre porcherie in Sud America. Tant’è che proprio Kissinger nel ricevere a New York una delegazione di militari argentini li consigliò così: “Sbrigatevi a finire il lavoro [ndr: cioè a far sparire gli oppositori veri o presunti, per un totale di almeno 20.000 esseri umani buttati in mare dagli aerei militari], perché se Eleggono Carter non vi permetterà più di portarlo avanti”.

E quando a Carter successe Donald Reagan, ecco che il nuovo presidente Usa in tandem con l’Inghilterra della signora (?) Tatcher vara una nuova strategia. Quella che, pensata contro i sovietici e i Paesi arabi o comunque musulmani loro alleati, non allineati o socialisteggianti,  ha iniziato a tornarci pericolosamente indietro, per finirci poi addosso, come un micidiale  boomerang: direttamente o attraverso l’Arabia Saudita, spronata così a diventare la patria della Controriforma islamica e donde non a caso partiranno i kamikaze dell’11 settembre, l’Occidente fin dall’inizio degli anni ’80 prende ad armare e potenziare il fondamentalismo islamista per lanciarlo contro l’Unione Sovietica. E così un fiume di petrodollari rende gli islamisti, fino ad allora deboli e non pericolosi, molto più forti e temerari, da Gaza, estremità occidentale della Palestina, a Lahore, estremità orientale del Pakistan. Con questa spinta iniziale Gaza è diventata quel che è diventata, forse la principale vergogna odierna per l’intero Occidente. E il Pakistan, Terra Promessa della Riforma Islamica e democrazia benedetta dagli Usa anche col premio del lasciargli costruire le bombe atomiche, è man mano diventato sia il retroterra e la retrovia della guerra contro il gigante sovietico e sia il laboratorio e l’avamposto della Controriforma islamica ispirata e voluta dai sauditi. Il fondamentalismo islamista un po’ alla volta diventa parte integrante non solo della formazione scolastica dei pachistani, tramite l’apertura di una marea di “madrasse” – cioè di scuole coraniche culla e fucina di kamikaze, con soldi Usa e sauditi – ma anche delle stesse forze armate pachistane.

In tutto ciò c’è un dramma supplementare, che ci riporta alla balordaggine della Cia e affini. L’assalto all’Urss per interposto estremismo islamista venne supportato da una opinione pubblica alla quale venne fatto credere che l’Unione Sovietica stesse sviluppando una potenza economica e militare micidiale, quando invece la Cia e affini avevano tutte le informazioni necessarie per capire che Mosca era ormai un gigante dai piedi d’argilla. Gli Usa vollero combattere per interposto terrorismo islamista una guerra che avevano già vinto, perché tutti gli indicatori economici e sociali dimostravano che Mosca era al collasso. Come ebbe ad avvertire, inascoltato, negli anni ’80 Daniel Patrick Moyniham, futuro ambasciatore Usa all’ONU. Reagan e la Tatcher, cioè l’Inghilterra e gli Usa, vale a dire lo stesso tandem del grande inganno dell’invasione dell’Iraq e della presa in giro a danno dei palestinesi, hanno innescato così una serie di tragedie assolutamente inutili per quanto riguarda il contrastare l’Urss, ma tragicamente utili ad avvelenare il nostro presente oggi e a rendere incerto il nostro futuro.

Naturalmente non è il caso di pensare che gli americani siano tutti idioti e masochisti amanti del darsi la zappa sui piedi. L’unica risposta razionale che viene in mente per spiegare questi loro “fallimenti” dagli anni ’80 ad oggi è che siano dovuti al bisogno di continuare a funzionare e produrre del famoso “complesso militare industriale” denunciato a suo tempo come un pericolo nazionale già dal presidente Ike Eisenhower. Si calcola che il 25% dell’economia Usa sia formato da industrie e attività legate alla produzione di armi e annesse ricerche scientifiche per renderle sempre più micidiali. Ed è il complesso “militare industriale” che traina buona parte del progresso scientifica e tecnologico come ricaduta delle sua ricerche nel campo delle armi e annessi e connessi. Ricordiamoci per esempio che Internet, la novità che ha rivoluzionato il nostro modo di vivere, comunicare e immagazzinare conoscenze di ogni tipo, compreso il nostro piccolo blog, nasce come prodotto militare.

Insomma, l’enorme industria militare, che macina profitti giganteschi privati con gigantesche iniezioni di danaro pubblico, e che con suoi stabilimenti nel Sud degli Usa ha dato lavoro a molti e quindi procurato voti elettorali ad alcuni, Bush figlio compreso, è un gigantesco Moloch alimentato con sangue umano. Al suo confronto, gli scannamenti di massa operati come rituali religiosi dai sacerdoti aztechi sulle loro piramidi sono giochi da ragazzi. In ogni caso, si direbbe proprio che come la Fiat ha impedito di riffa o di raffa l’esistenza di un servizio ferroviario decente, della diffusione di metropolitane e della navigazione fluviale per privilegiare la difusione delle sue auto, così l’apparato militare/industriale Usa impedisce la diffusione di una pace vera ovunque: per “vendere” ha bisogno di creare le condizioni adatte del “mercato” e di condizionarlo a proprio vantaggio.
Tutto ciò, unito al modello di produzione e di vita che inquina, saccheggia le risorse del pianeta e non può essere imitato anche dal non Occidente perché non ci sono risorse e ossigeno per tutti, beh, dovrebbe farci riflettere. O no?

280 commenti
« Commenti più vecchi
  1. marco tempesta
    marco tempesta says:

    La signora Bianchi è arrivata al punto di cancellare un commento di protesta di Marco Tempesta contro la pubblica affissione nel suo blog di insulti e calunnie contro di me e di continuare imperterrita a lasciare in rete nel blog gli insulti e le calunnie. Ogni commento è superfluo. Marco Tempesta potrà confermarle la circostanza, se legge questo mio commento.
    —————
    Confermo.
    Ho del tutto smesso di frequentare il sito dell’Espresso, da quando mi sono accorto che non era quel giornale imparziale e indipendente che credevo.

  2. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x marco tempesta (commento 250)

    Non è proprio così. O meglio, manca la frase conclusiva: “Avevano bisogno di una patria e gliel’abbiamo data. A spese altrui e prendendo almeno due piccioni con una fava. Abbiamo completato la nostra pulizia etnica nei loro confronti e abbiamo messo una spina nel fianco di chi ha il petrolio che ci serve”. Insomma, business as usual.
    Ma credo manchi il post scriptum: “Abbiamo però fatto i calcoli senza l’oste”.
    Mah.
    pino
    P.S. A proposito di osti: per le ore 12 del 30 vorremmo, finora in quattro, andare a magnà di nuovo al Merluzzo Felice. Vieni anche tu?

  3. marco tempesta
    marco tempesta says:

    Satana infatti pare sia in peccato permanente per definizione.
    ——–
    Beh, no, la sua funzione è diversa.
    Il Peccato è l’andare contro il volere di Dio ( come si faccia poi ad andare contro il volere di Dio senza incorrere nelle eresie della negazione dell’Assolutezza e della Perfezione di Dio, qualcuno dovrebbe spiegarmelo) e quindi è il prodotto dell’azione del Diavolo, che impersona invece la Tentazione. Se si cede alla Tentazione e quindi al Diavolo, si commette Peccato.
    Satana ha disubbidito a Dio una sola volta e secondo me con giusta ragione, visto il caratterino del Principale. E poi, certe tentazioni saranno pure peccato, ma vuoi mettere…
    Pur non essendo un satanista, qualche lancia a favore del tanto bistrattato Diavolo, la spezzerei. Dopotutto è un reietto perseguitato, benchè sia tuttora in netto vantaggio contro il Padreterno, perdente su tutti i fronti.

  4. Rodolfo
    Rodolfo says:

    xMarco
    Qui si usa il contratto di locazione, con quello si va´all´ufficio anagrafe che rilascia il certificato di residenza, con quello si va´all´ufficio stranieri, dove viene rilasciato un permesso di soggiorno.


    Forse ti e´sfuggito questo mio post:-
    Rodolfo { 08.01.10 alle 13:35 }

    xMarco
    Ieri sera ho ascoltato Vendola su “Anno Zero” , non lo conoscevo, non l´avevo mai sentito. A me e´piaciuto , devo dire molto.
    Tu cosa ne pensi? Un saluto. Rodolfo

  5. marco tempesta
    marco tempesta says:

    Per quel che riguarda il Merluzzo Felice, ritengo sia in Toscana.
    il 30 Gennaio sarò ancora a Bisceglie, sempre per la mostra della mia amica ebrea, che dovrebbe inaugurarsi il 1 Febbraio. Senza di me, la mostra non si inaugura.
    In ogni caso, se si tratta di caciucco, a me non piace. Come non mi piace un certo ex compagno.
    Piuttosto, quando capiterai a Roma, si potrà magari andare a mangiare in quel di Gaeta insieme a Pietro Falco, diventato mio vicino di città. Posso eventualmente ospitarti, ho una camera degli ospiti già collaudata.

  6. marco tempesta
    marco tempesta says:

    x Rodolfo:
    un politico non vale per quello che dice, ma per quello che fa. Vendola ha fatto diverse cose buone, ma è cascato sulla Sanità, dimostrando di non essere diverso da tanti altri che a noi non piacciono. Stando a quel che dice Francesco Boccia, sta impilando diversi errori l’uno sull’altro, in primis l’insistere sul personalismo esasperato. Io ho smesso di curarmi di politica locale, da quando non frequento più la redazione del giornale (saprai che ora vivo nel Lazio).

  7. marco tempesta
    marco tempesta says:

    Avevano bisogno di una patria e gliel’abbiamo data. ( Pino)
    ——–
    Beh, da quelle parti, diverse nazioni sono state costruite col righello sulla carta geografica, ad opera dei colonialisti europei. Israele non mi sembra un’eccezione, bensì la continuità di quel genere di politica.

  8. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x marco tempesta

    Ma no, il Merluzzo Felice (de che, visto che finisce in padella? Boh) è a Milano. Certo che se sei a Bisceglie non puoi essere a Milano. Mi spiace.
    Pietro Falco procura mozzarelle di bufala deliziose.
    Buona serata.
    pino

  9. marco tempesta
    marco tempesta says:

    Caro Pino, vivendo quando sono a Milano in un ristorante dove si cucina il pesce, con quel che ho sentito in giro dai vari fornitori e frequentatori, mi fido solo di Giulietta. Non hai idea di cosa si rischia di trovare in giro. Non sarà il caso del Merluzzo Felice, che magari è anche un ottimo ristorante con tutti i crismi, ma non mi fido ugualmente.
    Buona serata anche a te, marco

  10. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x marco tempesta

    Al Merluzzo ci siamo stati due volte (o tre?), direi oltre un anno e mezzo fa. Cucina siciliana, locale minuscolo, una sola stanzetta con pochissimi tavoli, mi pare 5 o 6, e un paio di marmocchi che ci razzolano, per entrare si deve suonare il campanello, famoso per le portate, buone e non poche specie quelle del menù diciamo tipico (non ricordo il termine esatto). C’eravamo AZ, CC (mi pare), Faust, Ignazio, io, Mario (stava in Cecoslovachia ed è sparito, perché fan di Ignazio) e Uro. Tutti ancora in buona salute, perbaccobaccone!
    Scorpacciata ottima, per riempirsi la panza basterebbe la sfilza di antipasti, con libagione abbondante e pure ottima, cannolo riempito al momento da una cuccuma colma di ripieno. Ma, insomma, quello che ha prevalso è la nostalgia. Se il 30 tu fossi a Milano ti ci porterei di peso.
    Che tempo di merda oggi (e domani) a Milano.
    Salutoni.
    pino

  11. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    La volete smettere di farmi venire l’acquolina in bocca. Perdindirindina! ina! ina!
    C.G.
    P.S.: la komare Anita, mi ci gioco la camicia, si starà chiedendo cosa significhi perdindirindina. Chi glielo spiega?

  12. Shalom: a proposito di deliri, ecco come i buoni cristiani hanno fatto dietro front, ma per continuare a soffiare sul fuoco... Questa volta contro  i musulmani.
    Shalom: a proposito di deliri, ecco come i buoni cristiani hanno fatto dietro front, ma per continuare a soffiare sul fuoco... Questa volta contro i musulmani. says:

    La radice che ci porta
    Christoph Schönborn, Rimini 1996

    Nel corso del Meeting di Rimini organizzato da “Comunione e Liberazione” nel 1996, l’Arcivescovo di Vienna ha tenuto una conferenza dal titolo: «Il popolo eletto e la salvezza delle nazioni». I legami tra cristianesimo ed ebraismo. «Non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te». Ne proponiamo un ampio stralcio.

    Il punto di partenza è un fatto (sia per gli ebrei che per i cristiani si tratta qui di una realtà e non semplicemente di una teoria): che una volta e solo una volta nella storia dell’umanità c’è stata e c’è una terra, una terra ben precisa che Dio ha preso in possesso per sempre come “sua eredità” (1 Sam 26,19) e che Egli ha affidato al popolo, che si è scelto in quanto sua “proprietà”, come eredità e dono (Dt 1, 36). […]

    Cosa significano queste molteplici relazioni, questi legami infiniti che uniscono il cristianesimo con Gerusalemme, con il tempio, con la terra di Israele? Certamente molti vanno in pellegrinaggio nella “Terra Santa”. Ma sono essi interessati alla Terra Santa nel senso della promessa biblica? Ha la terra per i cristiani, anche solo approssimativamente, raggiunto il significato che essa ha nelle promesse bibliche e che ha oggi per Israele? La missione cristiana ha portato la Torah, la Legge a tutti i popoli, ma li ha presentati loro attraverso una chiave di lettura ben precisa. Il professor Zwi Werblowsky dell’Università ebraica ha formulato il problema con precisione: «Già il Nuovo Testamento mostra una tendenza chiara a ciò che si potrebbe definire come “deterritorializzazione” dell’idea di santità, così come alla logica dissoluzione di simboli legati ad un luogo. Dice: non il tempio e il Sancta Sanctorum sono il punto centrale per i cristiani, ma Cristo; non la città santa o la Terra Santa rappresentano la sfera della santità, ma la nuova comunità, il Corpo di Cristo». Sorprendente analisi di un professore ebreo di Gerusalemme.

    In questo modo Gerusalemme e la Terra Santa, per la tradizione cristiana, possono in un certo senso essere dovunque vi siano uomini, che conducano una vita cristiana. Questa “universalizzazione” della promessa della terra potrebbe già annunciarsi nelle beatitudini di Gesù, quando dice: «Beati i miti perché erediteranno la terra» (Mt 5, 5).
    Ci sono ebrei che ci dicono che questa è una “falsificazione” della promessa della terra. Alcuni potrebbero forse sentire, come una sorta di “usurpazione”, che la speranza ebraica della Terra di Israele sia stata “spiritualizzata” dalla tradizione cristiana, e ciò con la pretesa di rappresentare il “vero Israele” e di essere così subentrati al posto del “vecchio”.

    In primo luogo vorrei richiamare l’attenzione ad un aspetto positivo di questa “universalizzazione” della promessa della terra. È piuttosto un’intuizione che una tesi elaborata e verificata. Credo che gli uomini e i popoli, cui arrivò la Bibbia come Parola di Dio, impararono con il popolo d’Israele, nella cui storia essi entrarono, anche l’amore per la terra della promessa, il desiderio di Gerusalemme; impararono così a conoscere qualcosa come “patria”; nella scuola della Bibbia, dei salmi, della storia santa crebbe qualcosa come una cultura dell’amor patrio.

    Mi domando se ciò che in Europa è conosciuto come amore della patria, forse anche come patriottismo, non sia anche un frutto di questa educazione sentimentale nel mondo della Bibbia. L’intero mondo biblico dell’immagine, della lingua e del sentimento riguardanti l’essere all’estero o in patria, l’esilio e il ritorno in patria ha formato il senso per l’amor patrio. Qualcosa della gioia per Erez Israel (la Terra di Israele) è passata agli altri popoli e ha dato loro lo splendore della patria. Qualcosa del desiderio della Terra di Israele ha formato anche il desiderio dei cuori per la propria patria. Forse questo si capisce più facilmente nel mondo tedesco dove la parola “aimat” ha una consonanza emozionale più forte di ogni altra lingua. Ma questo amore della patria rimase equilibrato quando conobbe, come contrappeso, il desiderio della Gerusalemme celeste, della patria eterna. Infatti i popoli impararono dalla Bibbia, con l’amore della patria, anche l’essere forestieri e inquilini con Abramo, di essere pellegrini, e che non abbiamo quaggiù alcuna fissa dimora.

    Ovviamente dove venne a mancare questo desiderio della terra futura, del mondo del cielo, della patria celeste, dove l’amor patrio divenne irreligioso, esso si capovolse in nazionalismo, che usurpa l’elezione di Israele e la conferisce ad un altro popolo, ad un’altra razza, ad un’altra classe, che così vengono assolutizzati e idolatrati.

    Questa perversione dell’amore della patria iniziò già molto presto nel cristianesimo. Per esempio quando Eusebio di Cesarea, sotto l’imperatore Costantino (nel IV secolo), identifica l’impero romano diventato cristiano, senza problemi, con il popolo di Dio: «Non un piccolo ed insignificante popolo che vive in un qualsiasi angolo della terra», ma il grande e numeroso impero romano è per lui «il nuovo popolo di Dio».

    L’identificazione del proprio popolo come quello eletto e così della propria terra come quella promessa è una delle fonti del nazionalismo europeo. Con tutte le sue perversioni si può interpretare il nazionalismo come usurpazione della promessa della terra fatta solo a un popolo, al popolo eletto da Dio. Ciò si profila in Francia già nel Medioevo. Ai tempi delle crociate si parla di Gesten Dei per Francos; la Francia sarebbe già il Regno di Dio, il “nuovo Israele”. Non è un caso che il sorgere delle ideologie degli Stati nazionali proceda di pari passo con l’espulsione degli ebrei: nel 1290 dall’Inghilterra, nel 1306 per opera di Filippo il Bello dalla Francia; nel 1492 per opera dei re cattolici dalla Spagna.

    Tuttavia solamente nel diciannovesimo secolo il nazionalismo assunse il volto minaccioso e perverso di una ideologia del potere che idolatra il proprio popolo, la propria nazione e che ha condotto alle grandi catastrofi del ventesimo secolo. La perversione radicale dell’elezione biblica e della promessa della terra avvenne nel razzismo del nazionalsocialismo e nell’ideologia marxista-classista del marxismo-leninismo. È di Ernst Bloch la frase terribile Ubi Lenin, ibi Jerusalem. In nessun caso questo può essere affermato.

    Segni precursori di queste perversioni furono le diverse forme di messianismo nazionale, presenti sia in Italia che in Francia, Germania, Polonia e in modo particolare in Russia, dove alla soglia del nostro secolo si arrivò a pesanti pogrom antisemiti. Il pogrom di Kischinew del 1903 getta una luce sinistra sulle catastrofi che seguiranno.
    Nell’ambito culturale del nazionalismo del diciannovesimo secolo l’ebreo agnostico-emancipato Theodor Herzl sviluppò il suo nazionalismo ebraico. Non è paradossale che egli, attraverso il giro vizioso del nazionalismo europeo, che è una perversione selvaggia della dottrina biblica della terra promessa, ritrovò le sue proprie radici ebraiche? Con la riflessione riguardante Erez Israel cominciò per l’agnostico Theodor Herzl la memoria delle sue radici giudaiche. Al primo congresso sionista a Basilea, precisamente 99 anni fa, Theodor Herzl disse: «Il sionismo è il ritorno all’ebraismo, ancor prima del ritorno nella terra degli ebrei».

    Cosa significa per noi Erez Israel? Vorrei sintetizzare per concludere:

    1. Fu d’importanza decisiva che il primo cristianesimo, la Chiesa di Roma abbia pronunciato un netto no a riguardo di Marcione e che così tutta la Bibbia, Antico e Nuovo Testamento, sia stato portata in tutto il mondo, a tutti i popoli. Le conseguenze positive di questo sì alla legge e ai profeti erano il tema principale delle mie riflessioni. A dire il vero un sì non è stato pronunciato per molti secoli e questa omissione ha avuto delle conseguenze pesantemente negative: il sì alla permanenza del popolo eletto anche là dove esso, in Gesù di Nazareth, non ha potuto riconoscere il Messia d’Israele.

    C’è stato bisogno di un lungo tempo, un tempo traboccante di sangue e ferite fino a quando, nella dichiarazione conciliare Nostra Aetate, si manifestò nella coscienza cristiana in modo chiaro quanto Paolo aveva già detto sulla fedeltà permanente di Dio al suo popolo e alla sua alleanza con Israele: dice, nel già citato capitolo 9 della Lettera ai Romani: «Essi sono Israeliti e possiedono l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne…» (Rm 9, 4-5); «perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili» (Rm 11, 29).
    Herzl parlava di ritorno all’ebraismo.

    Forse noi cristiani dobbiamo fare un ritorno alle nostre radici. Sempre più chiaramente si è coscienti della parola di Paolo: «Non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te» (Rm 11, 18). Prima di preparare la conferenza io non conoscevo il testo di don Giussani inviato per l’apertura della mostra “Dalla terra alle genti”, nel quale si legge: «Ci accomuna al popolo di Israele il senso di una storia, cui si appartiene per misteriosa scelta ad una missione. Da tempo ripeto che la storia del popolo ebreo deve diventare coscienza della storia della nostra persona, perché nella misura in cui questo non lo fosse, non saremmo cristiani veri. Gesù Cristo, infatti, che autocoscienza aveva?» (30 marzo 1996 ndr). E veramente dobbiamo compiere questo ritorno, anche con pentimento, perché abbiamo dimenticato che noi non portiamo le radici, ma le radici ci portano.

    2. Papa Giovanni Paolo II, il 17 novembre del 1980, ha detto a Magonza (Mainz) in Germania che «l’antica Alleanza non è mai stata disdetta». Questo patto obbliga gli ebrei a servire Dio nella Terra di Israele. Per questo il rientro in Israele è per gli ebrei un comando sacro, che risulta dalla permanenza dell’Alleanza. Certamente questo dovere non è identico con la fondazione di uno Stato sovrano. Questo lo sapeva lo stesso Herzl quando rifiutava una teocrazia per lo “Stato ebraico”. Ciò non deve essere d’impedimento ai cristiani nell’affermare e sostenere il desiderio del popolo ebraico di una patria nazionale. Solamente, questa fondazione dovrebbe accadere sul cammino di un faticoso e doloroso processo ancorato al diritto internazionale e che renda giustizia agli altri gruppi etnici e alle altre comunità religiose presenti sulla terra. La fatica di questo cammino dovrebbe avere delle conseguenze profonde sull’autocoscienza ebraica: la conoscenza dolorosa che il ritorno in Terra di Israele non rappresenta ancora la realizzazione della grande speranza d’Israele. Lo Stato d’Israele è un segno della speranza, ma non il suo compimento.

    Ci troviamo qui di fronte ad un avvicinamento alla convinzione cristiana, che nessuna realizzazione politica – neanche lo Stato di Israele – può essere messa alla pari con il Regno di Dio? Cresce la coscienza negli ebrei, che noi tutti, i figli di Abramo, possiamo comprenderci con lui come “forestieri (pellegrini) e inquilini”, alla ricerca di una città definitiva, di una patria eterna? Anche se la raccolta dei figli d’Israele nella terra è incominciata, essi sono ancora dispersi. E non cresce così la coscienza tra gli ebrei, che questa raccolta dei figli d’Israele dovrà essere allo stesso tempo una raccolta dei popoli (delle genti)? Cantiamo tante volte questo salmo: «Laudate Dominum omnes gentes, collaudate Eum omnes populi». Lodate il Signore tutti i popoli: ma chi canta questo Salmo? Lo canta da 3000 anni il popolo ebreo. È una cosa stupenda: nel desiderio del cuore di Israele, anche oggi vive questa speranza che tutte le nazioni canteranno la gloria di Dio. L’esperienza del ritorno nella Terra di Israele fa capire a Israele che gli ebrei non possono tornare soli, devono tornare con tutte le genti, per le quali hanno una missione universale. Israele non potrà tornare nella “terra promessa”, senza che i popoli (le genti) ritrovino la via del ritorno al Dio vivente.

    3. Tutto ciò significa anche che i popoli non potranno giungere a Dio e al suo messia Gesù Cristo senza gli ebrei. Il Catechismo della Chiesa cattolica lo dice in modo persuasivo nel capitoletto riguardante il mistero dell’Epifania (CCC 528): «I pagani non possono riconoscere Gesù e adorarlo come Figlio di Dio e Salvatore del mondo se non volgendosi ai Giudei (cfr Gv 4, 22) e ricevendo da loro la promessa messianica quale è contenuta nell’Antico Testamento (cfr Mt 2, 4-6)».

    Dice il catechismo: «Gli ebrei non possono tornare in terra senza le genti, le nazioni», e noi non possiamo raggiungere la nostra missione, andare a tutta la terra, a tutte le nazioni, senza passare attraverso la promessa data al popolo ebraico. Il cammino del Vangelo dalla Terra alle Genti non potrà mai staccarsi dalla sua origine, da quella Terra, sulla quale la promessa è diventata una volta, una volta per tutte, realtà a Betlemme e Nazareth, in Gerusalemme. «Quand on pense, mon Dieu, quand on pense que cela n’est arrivé qu’une fois. Quand on pense, mon Dieu, quand on pense». È un testo di Péguy, di Charles Péguy, nel Mistero della carità. «Quando si pensa, mio Dio, quando si pensa che questo non è accaduto che una volta. Quando si pensa, mio Dio, quando si pensa».

    Il ritorno degli ebrei nella terra promessa ricorda a noi cristiani che il cristianesimo non è una teoria, ma una realtà, una realtà concreta come lo è la Terra di Israele, Erez Israel, concreta come il suo frutto più bello «terra dedit fructum suum» – la terra ha dato il suo frutto -: Gesù Cristo, il Dio fatto uomo da Maria, figlia di Sion. Fino a quando noi tutti, ebrei e cristiani, confesseremo veramente: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore».
    Grazie per la vostra grande pazienza.
    Amen. Alleluia!
    ___________
    [Fonte: Tracce/1996]

  13. x Rodolfo
    x Rodolfo says:

    La differenza tra Erez Israel e Erez Israel haShlema’ la conosco bene, ovviamente. Ma lei non può ignorare che per i gentili, specie nei nostri infelici giorni di propagande riprorevoli, Erez Israele significa di fatto Grande Israele. Un po’ come l’identificare automaticamente l’antisemitismo con l’antigiudaismo pur essendo due cose ben diverse tra loro. Anche perchè come dice Uroburo l’estensione geografica e i confini di Erez Israel non sono specificati perciò il sospetto è lecito se non obbligatorio.
    Quando si parla di certe cose è meglio essere per prudenza molto precisi.
    Shalom

  14. Peter
    Peter says:

    leggo su AOL che un automobilista svizzero si e’ beccato una multa di £180.000 (sterline) per eccesso di velocita’. Andava a circa 100 km/h in un centro abitato. Si legge che in Svizzera non danno punti alla patente, ma il giudice puo’ decidere l’entita’ della multa in base ai mezzi dei conducenti. Sembra che i mezzi del malcapitato fossero cospicui. AOL avverte i conducenti britannici che gli svizzeri possono inoltrare le multe alle autorita’ britanniche, e le multe sono a loro discrezione…

    Peter

  15. Peter
    Peter says:

    invece a Londra il numero due del Labour Party si e’ preso tre punti sulla patente (il massimo e’ 12) ed una multa di £435 dopo che il suo avvocato (!) ha ammesso colpevolezza al tribunale.
    Perbaccolina, ed io che l’anno scorso mi lamentavo di discriminazione anti-stranieri e violazione di diritti umani per 3 punti e £118 di multa! (senza avvocati che mediassero…)

    Peter

  16. Anita
    Anita says:

    Erez Israel, Hebrew, land of Israel,” signifies the Jewish Promised Land.

    Erez Israel is the Hebrew name given to the land governed by the British mandate,

    ___________

    Erez Israel, in ebraico, “terra d’Israele,” indica la Terra Promessa ebraica.

    Erez Israel e’ il nome ebraico dato la terra governata dal mandato britannico.

    Anita

  17. Uroburo
    Uroburo says:

    Ehi Gino, guarda che sono tre ore di auto e poco di più in treno …..
    Suvvia, non fare il pidocchio che al sabato non si lavora. U.

  18. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x C. G.

    Pensa, potresti venire in Lambretta! E magari andare assieme a fare un giro al Giambellino.
    Che roba, ragazzi!!!
    Un abbraccione.
    pino
    P. S. Oh, potresti dare un passaggio fin qui alla Marta.

  19. x pino
    x pino says:

    Questo è il messaggio apparso poco fa sul blog della bianchi:
    pino nicotri scrive:
    9 gennaio 2010 alle 00:35
    Le polemiche svoltesi sul blog di Federica in questi ultimi giorni, di cui prendo conoscenza solo ora, mi amareggiano moltissimo (non parlo neppure del sedicente dott. Scolaro, che non merita neppure una risposta, come tutti i mediocri impiegatucoli municipali suoi pari).
    Da tali polemiche traspira un odio che mi lascia affranto e che mi convince ancora di più della necessitá di instaurare quella nuova “cultura dell’amore” di cui parla il nostro Presidente del Consiglio.
    Anch’io, nel mio piccolo, voglio attenermi a queste amorevoli indicazioni. Vi informo quindi di aver ritirato la querela presentata tempo fa contro la stimata collega Federica Bianchi. Lascio invece quelle contro altri colleghi dell’Espresso che ben peggio di lei si sono comportati verso il sottoscritto. E’ un gesto di amicizia e distensione che mi pareva doveroso. Ancora cari saluti e auguri a tutti, pino nicotri

  20. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    x Pino
    sèèè..!
    Così mi si prende una bronchite e dopo sono io a sciropparmela finchè non gli passa. È una vecchia zimarra, mica una ventenne.
    Datemi le coordinate, fusse che fusse la vorta bbona…
    E se la Marta mi da pure le sue, la prendo volentieri, en passant.

    x U.
    Fai bene a dirlo, “il lavoro nobilita l’uomo ma lo rende simile a una bestia”. Non mi è dato di sapere chi la pronunciò, sicuramente uno che ce li aveva gonfi come mongolfiere.
    Comunque un saggio.
    C.G.

  21. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    Komare!!
    Venga, se può, pure lei, così ci fidanziamo una volta per tutte e non se ne parla più.
    Buonaseeera.
    C.G.

  22. Anita
    Anita says:

    x Peter

    L’ho visto e sentito in TV oggi.

    pa.press.net, Updated: 08/01/2010 02:01

    £182,000 speeding fine for driver
    A millionaire caught speeding in Switzerland has been hit with a record-breaking £182,000 fine.

    A millionaire caught speeding in Switzerland has been hit with a record-breaking £182,000 fine.

    Judges at the cantonal court in St Gallen arrived at the sum by basing it on his estimated personal wealth of over £16 million.

    The court said the repeat offender drove up to 35 mph faster than the 50 mph limit.

    The unidentified driver can still appeal the decision to the Swiss supreme court.

    The fine was more than twice the previous Swiss record.
    _______________________________________________

    La multa e’ dovuta alle alte finanze del proprietario dell’auto….

    Qui mi avrebbero sospesa la patente per mesi o anche un anno ed una multa, secondo i priori.
    Tre’ anni di probation.

    Anita

  23. AZ Cecina LI
    AZ Cecina LI says:

    Caro C.C. condivido le tue osservazioni sugli incidenti a Rosarno. C’è solo da meravigliarsi che gente che vive (per modo di dire) in quelle condizioni habbia sopportato tanto e che la ribellione sia scoppiata solo quando due immigrati sono stati “gambizzati”.
    Basta però sentire le sparate di maroni (word mi da errore ma lo lascio minuscolo) sulla tolleranza della sinistra per capire che le taniche di benzina da buttare sul fuoco erano li pronte. Questa gentaglia senza pudore incolpa la sinistra di essere responsabile dell’immigrazione clandestina, loro che hanno governato per 8 degli ultimi 10 anni , con la legge sull’immigrazione in vigore che porta il nome “Bossi/Fini”ma si può essere più falsi e più impudenti di così!?!?.

    Caro Ulisse che fai ??“ci racconti le balle???”

    Non lo sai che, come sempre, c’è chi invece ci ha già spiegato tutto citando i libri sacri. Ssicuramente la colpa di quelle fosse comuni è degli egiziani …. E che C..zo ci stavano a fare loro nel Sinai, non lo sapevano che quella (con altre) sono “terre promesse” da Yahvè al suo popolo prediletto, bastava che se ne fossero scappati in tempo e non succedeva niente. …… Scopa con quelli di sopra.

    Antonio antonio.zaimbri@tiscali.it

    PS. Nutro una certa simpatia per Vendola ma la lettura di un paio di post recenti mi suggerisce un’analisi più accurata del personaggio.

  24. AZ Cecina LI
    AZ Cecina LI says:

    La vicenda di Rosarno , ma mi fa tornare indietro di 41 anni. Non so neppure bene perché forse perché si parla di braccianti, di soprusi, di ribellione e di indifferenza. Avola 2 dicembre ’68 la storia per chi non la conosce ve la faccio raccontare con una splendida ballata scritta da Dario Fo e dal dal “cantastorie” Enzo Del Re. Precisa come una cronaca giudiziaria nella descrizione dei fatti, a tratti ironica ma con una straordinaria carica emotiva ed un finale di un’amarezza infinita.

    http://www.youtube.com/watch?v=dnFYPC7_GX0

    Chissà se ci saranno un Fo e un Del Re di oggi a raccontare la vicenda di Rosarno, speriamo.

    Antonio antonio.zaimbri@tiscali.it

  25. Anita
    Anita says:

    x Controcorrente

    Caro CC,
    ci sono diversi libri in inglese di autori Americani, almeno dal cognome, sui linciaggi di Italiani e non solo.

    La parola Lynching deriva da un Land Owner della Lousiana dal nome Lynch, noto per i suoi numerosi linciaggi.

    “Undici gli americani italiani furono linciati a New Orleans il 14 marzo 1891, da una folla di ventimila persone, raccolti dagli affari politici, e le élite di lavoro il giorno dopo che una giuria ha assolto sei americani- italiani dell’omicidio del capo della polizia della citta’.
    Nessuno e’ stato accusato o condannato per questa ingiustizia.
    Il linciaggio provocato una disconnessione tra il Presidente e al Congresso degli Stati Uniti, e Washington e Roma.
    La crisi e’ stata utilizzata da nativisti per limitare l’immigrazione e di reprimere le popolazioni immigrate e ha anche introdotto una nuova parola al vocabolario americano: mafia.”

    A quei tempi, nel deep sud, gli Italiani erano considerati al di sotto dei neri.
    _________________________

    Io mi riferivo alla massive immigrazioni Italiane degli anni 1920-29.

    Anita

  26. Mario
    Mario says:

    ….”C’eravamo AZ, CC (mi pare), Faust, Ignazio, io, Mario (stava in Cecoslovachia ed è sparito, perché fan di Ignazio) e Uro”….
    Sbagliato, caro Pinuccio!! Io sono non fan ma AMICO di Ignazio, cosa di cui mi onoro, e non sono sparito ma sono stato “pregato” di togliere il disturbo!
    Pace e bene a tutti!!
    Mario
    P.s.Io vivo in Slovacchia, la Cecoslovaccia non c´é piu´da cca 20 anni…..

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