Ancora oggi è così, ma per quanto tempo lo sarà?

Le stupidaggini sulla vita di Gesù Cristo le abbiamo lette e ascoltate per almeno diciotto secoli. Un’enormità di tempo, specie se si pensa che quanto detto e scritto da Pietro e Paolo, i veri fondatori del cristianesimo, non ha mai avuto alcun riscontro storico e non è molto diverso dalle favole che i genitori ci leggevano per farci addormentare.

Gli uomini hanno avuto bisogno di credere in queste favole perché non riuscivano a credere in loro stessi, nella loro capacità di vincere in maniera definitiva gli antagonismi sociali che li affliggevano e che ancora oggi li tormentano. La paura di non farcela, i fallimenti dei tentativi realizzati per tornare a un rapporto naturale con le cose e le persone, li aveva come paralizzati. E ancora oggi è così.

Gli uomini si era convinti di non avere più alcuna speranza di successo e continuavano a credere in una favola che li teneva ancora più oppressi. E da allora non è cambiato molto. Si drogavano, convinti, in questo modo, si sopportare meglio le contraddizioni, quando proprio quella droga era una delle fonti di quelle stesse contraddizioni, o comunque dell’incapacità a risolverle. Si cercava di fuggire dalle proprie responsabilità, per poi lamentarsi che le cose andavano sempre peggio. E oggi è lo stesso.

I primi a mettere in discussione il valore dei dogmi religiosi sono stati gli intellettuali borghesi, poiché la borghesia esprime un tentativo di pensiero autonomo, fondato sulla capacità personale di farsi strada nella vita, anche a costo di schiacciare i più deboli. Il borghese confida in se stesso, nella propria scienza e tecnologia, nella propria abilità affaristica e non sopporta le limitazioni della religione.

Questo processo di emancipazione laicista dalla religione è avvenuto in epoca moderna. Certo, l’ateismo è esistito anche prima del cristianesimo, ma l’ateismo consapevole di sé, quello che poteva avvalersi dei fallimenti e delle contraddizioni del cristianesimo (il quale a sua volta ebbe la pretesa si superare il politeismo pagano), poteva nascere soltanto in epoca moderna, con la fine del feudalesimo.

L’ateismo moderno nasce col cogito cartesiano, senza sicurezze apodittiche, anzi balbettando alquanto, proprio a causa del fatto che la sua filosofia era figlia della borghesia, cioè di una classe sociale che, basando il suo successo sullo sfruttamento del lavoro altrui, non poteva essere coerentemente atea.

Tale ambiguità è andata avanti sino alla nascita delle idee del socialismo scientifico, l’ideologia che, pur essendo nata tra la borghesia, voleva porsi al servizio del proletariato industriale.

La borghesia cominciò ad opporsi a questa ideologia cercando intese e alleanze proprio col nemico di un tempo: la chiesa cristiana. Nello scontro che ne seguì fu la borghesia a rimetterci, poiché molti paesi cominciarono a realizzare praticamente le idee del socialismo scientifico. Per la borghesia il destino sembrava segnato: era solo questione di tempo.

Improvvisamente però accadde qualcosa d’imponderabile: le stesse popolazioni che avevano realizzato il socialismo di stato, si accorsero ch’era giunto il momento di farlo fuori, in quanto di umano e democratico non aveva proprio nulla.

E così il cosiddetto “socialismo reale” implose, lasciandosi travolgere da idee borghesi e religiose, che sembravano definitivamente superate. Pur avendo capito da soli gli insopportabili difetti di un sistema amministrato dall’alto, i cittadini di questi paesi non sono stati capaci di darsi una veste più democratica, ovvero di trasformarsi in maniera umana, ma hanno preferito scimmiottare il peggio del capitalismo avanzato, il quale ha potuto assaporare il gusto di una vittoria trionfale senza sparare neppure un colpo.

Ma la soddisfazione è durata poco. La stessa borghesia dei grandi paesi capitalisti ha cominciato a entrare in crisi, dovendo affrontare problemi economici di una gravità eccezionale. L’indebitamento delle masse e la corruzione dei potentati economici, politici e ora anche finanziari si vanno ad aggiungere allo spettro dell’esaurimento delle materie prime strategiche, alla minaccia di una crisi ambientale senza precedenti…

Un’intera civiltà, quella tradizionale dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti, il cui benessere dipende in gran parte da un rapporto iniquo col Terzo Mondo, sta pericolosamente vacillando.

E mentre queste aree del pianeta subiscono irreversibili declini, vengono emergendo nuove potenze territoriali che, incapaci di risolvere i loro problemi in maniera democratica, si affidano a soluzioni analoghe a quelle occidentali. La Cina, l’India, la stessa Russia sono decollati in senso capitalistico, sfruttando le popolazioni e le risorse interne, che sono immense.

Quanto tempo potrà durare questa situazione? Quanto dureranno queste risorse interne? E quanto grande potrà essere il livello di sopportazione dello sfruttamento?

I paesi del capitalismo classico non vogliono morire senza reagire e quelli nuovi non possono svilupparsi senza comportarsi come quelli classici, cioè facendo pagare le conseguenze del loro benessere alle popolazioni più deboli. La terza guerra mondiale rischia di diventare inevitabile, proprio per ripartirsi nuovamente il territorio da sfruttare. Infatti per un paese capitalista non sono mai sufficienti le risorse interne.

La guerra è inevitabile perché non si vuole rinunciare alla logica dello sfruttamento del lavoro altrui, alle rendite di posizione, a vivere al di sopra delle proprie possibilità… Coi mezzi di sterminio attualmente in possesso, da parte di questi paesi egemoni ed emergenti, una qualunque guerra mondiale comporterà esiti altamente catastrofici per una gran parte dell’umanità.

Resteranno poche popolazioni in grado di capire che l’unica strada percorribile per evitare l’autodistruzione è quella del socialismo democratico e dell’umanesimo laico. Purtroppo esse dovranno sperimentare che proprio rifacendosi falsamente a questi principi, teorici e pratici, avverrà l’apocalisse.