Articoli

Che armi stanno arrivando in Ucraina?

C’è una gran segretezza sul tipo di armi che gli occidentali stanno inviando in Ucraina, che sembra essere diventato un territorio in cui sperimentarne l’efficacia, a spese della stessa popolazione, come se fossimo in un videogioco.

Tuttavia ogni tanto trapela qualcosa. Per es. il presidente Macron, in un’intervista rilasciata il 21 aprile al quotidiano “Ouest-France”, ha detto che la Germania consegnerà i carri armati Leopard, mentre la Francia prevede i missili anticarro Milan e i cannoni Caesar, più missili anticarro Javelin e missili antiaerei a corto raggio Mistral. Per usare i quali ci si è dovuti impegnare in un addestramento specifico del personale militare ucraino.

L’idea (assurda) è sempre quella di non entrare in cobelligeranza. Il che penso voglia dire non inviare proprie truppe e soprattutto l’aviazione. Di qui la definizione di “guerra per procura”.

Ormai il supporto umanitario, militare e finanziario, fornito dai Paesi del G7 e della UE, è così grande che pare da escludersi l’ipotesi di un conflitto di breve durata e soprattutto che non veda vittorioso l’occidente. Ormai chiunque ha capito che questa non è una guerra tra Russia e Ucraina. Quest’ultima è solo un territorio casuale ma ideale, in quanto molto vasto (due volte l’Italia), difficile da essere controllato per intero. Se anche i russi avessero occupato Kiev nei primi giorni, avrebbero poi avuto a che fare con un governo e un comando militare che, fuggiti all’estero, avrebbero organizzato una guerriglia interna di lunga durata, come fecero i talebani in Afghanistan.

La Francia dispone anche di almeno tre satelliti di osservazione con cui fornisce immagini quotidiane allo stato maggiore ucraino.

La cosa più sconcertante di queste forniture è che i missili Milan e Javelin e i cannoni Caesar prevedono l’uso dell’uranio impoverito. Il che fa pensare che all’interno della NATO nessuno abbia sollevato obiezioni sull’uso di queste armi, i cui effetti (sempre di lunga durata) sono altamente nocivi per la salute e l’ambiente naturale. L’uranio impoverito produce una polvere di ossido che non deve essere inalata, poiché può portare a depositi di uranio nei linfonodi, nelle ossa, nel cervello e nei testicoli. Ciò comporta sempre un forte aumento di vari tipi di cancro, tumori al seno e linfomi, nonché gravi difetti alla nascita.

Anche gli effetti sulle truppe stesse sono endemici: malattie respiratorie devastanti, problemi gastrointestinali, disturbi neurologici, calcoli renali, problemi alla pelle e alla vista e varie forme di cancro. Un certo numero di morti per leucemia, tra i 60.000 soldati italiani in servizio in Kosovo, sono stati collegati proprio all’uranio impoverito, usato dagli americani tenendo all’oscuro i nostri soldati.

Questo perché questo tipo di materiale artificiale è mille volte più radioattivo dell’uranio che si trova nel suolo e nelle rocce. Anzi i missili anticarro a spalla MILAN (utilizzati dalle forze militari di terra in 40 Paesi) contengono torio-232, un metallo che emette particelle sei volte più pericolose per la salute umana rispetto a quelle dell’uranio impoverito.

Dunque questa sostanza non è che un sottoprodotto radioattivo dell’arricchimento dell’uranio naturale per il combustibile nucleare. È in grado di fornire maggiore potere di penetrazione a proiettili e bombe, soprattutto contro carri armati e bunker.

Tali munizioni sono già state utilizzate dalla NATO nelle due guerre del Golfo in Iraq e Kuwait, in Siria e nella ex Jugoslavia (Bosnia, Serbia e Kosovo) e probabilmente anche in Afghanistan.

La Coalizione internazionale per vietare le armi all’uranio (ICBUW) vieta l’uso di queste armi solo per proiettili di carri armati da 105 e 120 mm, e proiettili di piccolo calibro (15/25/30 mm), ignorando completamente le bombe sganciate dagli aerei (GBU), i missili da crociera e altri tipi di missili anticarro. In Francia le munizioni all’uranio impoverito vengono sparate regolarmente in uno dei campi di prova noto come Canjuers.

È difficile sapere quanto lo stato maggiore ucraino conosca la pericolosità di queste armi, che renderanno impossibile vivere per molto tempo nell’area ove vengono impiegate.

Anche il governo inglese ha donato all’Ucraina migliaia di missili guidati anticarro (ATGM) e di armi leggere anticarro (NLAW) che includono una notevole quantità di uranio impoverito.

Molte di queste armi vengono prodotte, più o meno segretamente, in Svezia, che non fa parte della NATO ma che ha già chiesto di potervi aderire.

Da notare che anche i missili aria-terra e le bombe contenenti fosforo sono vietati dal diritto internazionale, poiché rappresentano un un crimine contro l’umanità. Eppure la NATO non si fa scrupoli a fornirli ai militari ucraini.

Fonte: https://21stcenturywire.com/2022/05/03/revealed-are-france-and-nato-shipping-depleted-uranium-weaponry-into-ukraine/

Gli esiti delle guerre civili

La Francia e l’Inghilterra sono diventate due grandi nazioni (coi rispettivi imperi mondiali) solo dopo cocenti sconfitte in politica estera e sanguinose guerre civili, che la politica interna, fosse essa autoritaria o diplomatica, non seppe in alcun modo impedire.

Delle due nazioni, quella che subì più sconvolgimenti interni, di più lunga durata e di più forte intensità fu l’Inghilterra, che, non per nulla, diventò la prima nazione al mondo sino alla fine della seconda guerra mondiale.

L’inizio della catastrofe inglese porta la data della battaglia di Bouvines (1214), con cui la Francia, appoggiata dal papato, ebbe la meglio sul sovrano inglese Giovanni Senza Terra e sull’imperatore tedesco Ottone IV di Brunswick, iniziando seriamente a pensare alla propria unificazione nazionale.

Quella fu una battaglia storica, la prima tra monarchie cattoliche. La sconfitta inglese comportò addirittura che la corona dovette accettare la prima Costituzione democratica del mondo moderno: la Magna Charta Libertatum (1215) e nel 1258, con le Provvisioni di Oxford, il primo Parlamento europeo, diviso in Camera Alta (nobiliare) e Camera Bassa (borghese).

La dinastia Lancaster cercò di trasformare l’Inghilterra da paese agricolo-feudale a borghese, senza però riuscirvi, anche perché proprio sotto questa dinastia scoppiò, per motivi formalmente dinastici, la guerra dei Cent’anni (1337-1453) contro la Francia, la quale ebbe la meglio, cacciando definitivamente gli inglesi dal proprio territorio.

Dopo questa guerra la Francia cercò, a partire dal 1494, di occupare il nostro Mezzogiorno, che nel 1246 il papato aveva concesso in feudo agli Angioini per eliminare gli Svevi, e che era stato loro sottratto dagli Aragonesi, chiamati dai siciliani durante la guerra del Vespro (1282-1302), e poi dilagati in tutto il Mezzogiorno sino alla vittoria definitiva a Napoli nel 1442.

Tuttavia dal confronto con la Spagna, enormemente arricchitasi dopo il 1492, la Francia uscì sconfitta (pace di Cateau-Cambresis del 1559) e dovette rassegnarsi a non occupare più l’Italia sino ai tempi di Napoleone.

Dal canto suo l’Inghilterra, distrutta dalla guerra dei Cent’anni, si trovò immersa in una durissima guerra civile, detta delle Due Rose (bianca e rossa), in cui due Casati nobiliari, York e Lancaster, si distrussero a vicenda per trent’anni (1455-85), sino a quando vennero sostituiti dalla dinastia dei Tudor, la quale però, avendo scelto la riforma anglicana come ideologia e la borghesia come classe di riferimento, si trovò ben presto a scontrarsi con la resistenza dei cattolici e dei feudatari, capeggiati dagli Stuart.

La rivoluzione inglese fu durissima e lunghissima: dal 1603 al 1688, nel corso della quale i puritani calvinisti, perseguitati dai cattolici e dagli anglicani, fuggirono nell’America del Nord, ponendo le basi di quello che sarebbe diventato, dopo la seconda guerra mondiale, lo Stato più forte del mondo.

La Francia comunque non restò con le mani in mano, poiché, dopo quarant’anni di guerra civile (1559-98), immediatamente successiva alla sconfitta in Italia contro la Spagna, e che si concluse con l’Editto di Nantes, che assegnò piena libertà agli ugonotti calvinisti, decise di far scoppiare una nuova guerra, questa volta contro una Spagna strettamente alleata all’impero asburgico. È la famosa guerra dei Trent’anni (1618-48), in cui la Francia ebbe la meglio, riuscendo persino a insediare un proprio ramo, quello Borbone, sul trono spagnolo, ancora oggi esistente.

La Spagna, che aveva conquistato le terre americane in veste di paese feudale, ad un certo punto s’era accorta di non avere sufficienti mezzi contro nazioni di tipo borghese: la sua stessa flotta navale era già stata interamente distrutta da quella inglese nel 1588.

Quindi praticamente nel corso del XVII sec. si formarono in Europa due nazioni molto potenti: una sul continente, l’altra sui mari. E mentre l’Inghilterra non riuscirà mai più a conquistare militarmente l’Europa, la Francia invece riuscirà, seppur in ritardo rispetto agli inglesi, a farsi un impero coloniale di non poco conto: il ritardo peraltro venne recuperato proprio dopo la rivoluzione di fine Settecento, con cui si eliminò l’intera classe feudale.

Tutto questo per dire che le sconfitte che un paese subisce all’estero e le devastazioni procurate all’interno dalle guerre civili, di per sé non determinano affatto uno svolgimento negativo degli eventi. Anzi, i fatti hanno dimostrato che quanto più forti sono gli sconvolgimenti, tanto più è facile la transizione verso nuovi sistemi sociali. Questo perché le vecchie classi sociali subiscono un trauma da cui non riescono più a riprendersi, se non modificando radicalmente i propri comportamenti. Probabilmente la Francia ebbe bisogno di una propria cruenta rivoluzione un secolo dopo quella inglese proprio perché lo scontro tra aristocrazia e borghesia non era stato così risoluto nei secoli precedenti.

Da noi invece le guerre civili sono state molto rare e ci si è affidati di più al compromesso tra forze progressive e forze retrive. Le abbiamo avute ai tempi di Mario e Silla, che portarono all’istituzione del principato imperiale, e di nuovo nell’Ottocento per formare una nazione unita, che non a caso iniziò il proprio colonialismo in Africa, avendo creato più problemi di quanti ne aveva risolti; e poi ancora sotto il fascismo, che, non avendo risolto alcun vero problema economico, di nuovo portò all’avventura coloniale in Africa e nei Balcani;e poi ancora con la Resistenza, che portò l’Italia, tradendo se stessa, nell’alveo della democrazia formale borghese, all’americana; e poi infine nel decennio 1968-78, ove si contestò il formalismo della democrazia parlamentare, eliminando gli ultimi residui dell’autoritarismo fascista, senza però costituire alcuna valida alternativa alle contraddizioni del capitale.

Quanto più forti sono state le guerre civili in favore della borghesia, tanto più gli Stati han cercato di espandersi all’estero, a spese di altre popolazioni e di altri Stati. Oggi una guerra civile, se davvero vuole raggiungere la democrazia, non può più sperare di risolvere con la politica estera i problemi che non riesce a risolvere con la politica interna: scoppierebbe immediatamente una guerra mondiale.

Democrazia può soltanto voler dire una cosa: abbattere lo Stato e le sue istituzioni centralizzate. L’unico modo di realizzare la democrazia è quello di eliminare le istituzioni che la rendono formale e che presumono di rappresentarne l’idea stessa. L’unica alternativa possibile allo Stato centralista è la comunità locale, in cui vige la democrazia diretta, i bisogni della collettività vengono autogestiti e la proprietà dei mezzi produttivi è socializzata. Stato e mercato sono due obiettivi da abbattere, perché principali responsabili della dipendenza dei cittadini da realtà esterne alla loro volontà.

Le banche centrali hanno fallito. Non si può penalizzare il lavoro e le imprese.

Le banche centrali hanno fallito. Non si può penalizzare lavoro e imprese

Mario Lettieri* Paolo Raimondi**

Le recenti stime della Banca dei Regolamenti Internazionali ci dicono che dal 2007 al 2012 il debito aggregato globale, comprendente non solo quello del settore pubblico degli Stati ma anche quello delle famiglie e delle imprese non finanziarie, è cresciuto del 20% in rapporto al Pil, cioè di ben 33  trilioni di dollari! E’ cresciuto di circa il 40% negli Usa, di oltre il 50% in Francia e di circa il 65% nel Regno Unito. In Italia è aumentato del 25%. Pur se nel mezzo di un reale sviluppo economico, anche la Cina ha registrato una crescita di oltre il 50% del proprio debito aggregato in rapporto al Pil che, però, riguarda esclusivamente le famiglie e il settore delle imprese non finanziarie.

Continua a leggere