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G7: non solo guerre ma anche il debito

di Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

In vista del Giubileo del 2025 la Santa Sede sta sollecitando la vasta rete delle organizzazioni internazionali, politiche, sociali e culturali, a formulare e promuovere politiche per condonare o almeno ridurre il fardello dei debiti dei paesi poveri.

Pochi giorni fa, parlando al simposio “Affrontare la crisi del debito nel Sud del mondo”, organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze, papa Francesco ha rinnovato la richiesta di una moratoria sui debiti. Naturalmente non si è limitato a questo appello ma ha prospettato la necessità di “una nuova architettura finanziaria internazionale audace e creativa”, cioè “ la creazione di un meccanismo multinazionale, basato sulla solidarietà e sull’armonia tra i popoli, che tenga conto del significato globale del problema e delle sue implicazioni economiche, finanziarie e sociali”, al fine di spezzare il circolo vizioso del finanziamento che diventa indebitamento.

D’altra parte è risaputo che la sola moratoria sui debiti crea un momentaneo sollievo alle economie dei paesi più poveri ma non affronta alla radice le vere cause, quali gli annosi problemi del sottoviluppo, della dipendenza e della sottomissione economica ai vecchi e nuovi colonialismi pubblici e privati.

La moratoria sui debiti nei confronti dei paesi poveri era stata sollecitata anche da papa Giovanni Paolo II per il Giubileo dell’Anno 2000. Il risultato dell’iniziativa fu la cancellazione del debito per 52 fra i paesi più poveri del mondo. Nel 2005, il G8, anche con una forte azione dell’Italia, condonò debiti per 40 miliardi di dollari e varie istituzioni finanziarie lo fecero per 130 miliardi.

Anche la cancellazione non basta. Infatti, passati meno di due decenni, la crisi del debito si presenta più minacciosa, soprattutto in Africa. Tra il 2013 e il 2022 la percentuale media del debito pubblico in Africa è raddoppiata, passando dal 30% al 60% del pil. Se paragonata con la media di oltre il 100% dei paesi cosiddetti avanzati o con il 138% dell’Italia, il livello africano potrebbe sembrare “virtuoso”. Per i paesi poveri, però, ripagare i prestiti è sempre più difficile e gli interessi crescono. Il debito di fatto diventa un sistema di colonizzazione che può considerarsi una vera e propria schiavitù.

Il pagamento degli interessi su un debito anche di dimensioni limitate può mandare in tilt il bilancio di uno Stato. Per esempio, l’Angola deve usare il 60% del suo pil per il servizio del debito. Ogni due mesi la Guinea Bissau chiede un prestito alla Banca dell’Africa occidentale non per nuovi investimenti bensì per pagare i salari dei dipendenti pubblici. Le spese correnti vengono coperte con i debiti, creando così un meccanismo perverso.
Il Papa è entrato nel merito del tipo di finanziamento finora concesso ai paesi poveri, rilevando che “ai popoli non serve un finanziamento qualsiasi, ma quello che implica una responsabilità condivisa tra chi lo riceve e chi lo concede.” Dipende dalle condizioni poste, da come viene usato e dalle specifiche situazioni in cui si trovano i singoli paesi indebitati. Infatti, troppo spesso i finanziamenti nascondono delle “trappole” mortali: condizioni di austerità insostenibili, il land grabbing, con il quale chi concede il credito si garantisce lo sfruttamento di grandi territori e delle materie prime. I finanziatori sono sempre più fondi finanziari anonimi che applicano le più ferree e dure leggi di mercato. A ciò vanno aggiunte altre perniciose tendenze interne ai paesi che chiedono e ricevono i finanziamenti, tra cui sicuramente la corruzione pervasiva, una gestione incompetente e la corsa all’acquisto di armamenti.
Come ha spesso fatto nei suoi interventi, il Pontefice afferma che “il debito ecologico e il debito estero sono le due facce di una stessa medaglia.” Al di la delle controversie circa gli studi sull’ambiente e sul cambiamento climatico è indubbio che i paesi occidentali abbiano un grande debito ecologico nei confronti dei paesi poveri, dovuto a molti decenni di sfruttamento incondizionato delle risorse. Esempi tangibili sono le miniere scavate senza alcun rispetto per l’ambiente. Per non dire della manodopera locale sfruttata e senza neanche i minimi diritti.

Che il Papa parli di questi argomenti è molto importante. Ci auguriamo che i governi del G7 e le grandi istituzioni internazionali, che hanno proprio la responsabilità politica di affrontare queste sfide, lo ascoltino. Purtroppo, temiamo che anche il G7 di Borgo Egnazia in Puglia possa restare muto di fronte a queste emergenze. Il problema però c’è ed è di prima grandezza!

*già sottosegretario all’Economia **economista

Sbugiarda gli eroici cialtroni del mainstream, del Pensiero Unico.

L’interruzione da pubblicità è fastidiosa, molto fastidiosa, ma il contenuto credo sia interessante. Sbugiarda gli eroici cialtroni del mainstream, del Pensiero Unico. E mette i puntini sulle i alle dichiarazioni tossiche contro papa Francesco colpevole di avere definito terrorismo il terrorismo israeliano.

https://www.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/morti-in-ucraina-morti-a-gaza-confronto-fra-numeri-e-obiettivi-di-russia-e-israele-che-papa-francesco-non-vede-3575761/

Se n’è accorto perfino il papa, anche se “un po'” in ritardo: “Oggi le coppie non vogliono avere figli, ma hanno due cani e due gatti. Così la civiltà diventa più vecchia e senza umanità”

Papa: “Oggi le coppie non vogliono avere figli, ma hanno due cani e due gatti. Così la civiltà diventa più vecchia e senza umanità”

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/01/05/papa-oggi-le-coppie-non-vogliono-avere-figli-ma-hanno-due-cani-e-due-gatti-cosi-la-civilta-diventa-piu-vecchia-e-senza-umanita/6445922/

Io non sono il papa, ma da anni vado dicendo quello che è evidente anche a un cieco e che alla fine ha notato anche questo papa. Il BelPaese è malato di mancanza d’amore per eccesso di benessere,  e conseguente egoismo. Motivo per cui la nostra “superiore civiltà” verrà ridimensionata. Anche perché mentre noi portiamo a spasso i cani e spendiamo e spandiamo anche per i gatti, per giunta rimbecillendoci di tv, “social”, mania della moda, polemiche del cazzo e cose simili, gli immigrati extracomunitari scopano e fanno figli.
Intendiamoci: ognuno è libero e ha il diritto di vivere la propria vita come meglio crede, compreso il preferire cani e gatti al fare figli. Però i cani e i gatti NON diventano ingegneri, fisici, chimici, architetti, artisti, industriali, politici, dottori, scienziati, progettisti, ecc. Perciò la società di queste figure di professionisti ne avrà carenza crescente. Con tutto il danno che ne consegue. Per la società. Oppure la carenza di quelle figure verrà mitigata o scongiurata dall’arrivo di extracomunitari qualificati. Che giustamente si inseriranno, si spera,  in quelle professioni. Facendo cambiare faccia e pelle all’attuale società malata di salvinismo, melonismo, leghismo e “nazionalismo” retorico ciarpame tossico ereditato dal (pessimo) passato.

Purtroppo il papa ha parlato di patria, dicendo pochi giorni fa che il calo demografico danneggia la patria. Termine e concetto pericoloso. Specie in bocca a chi ha vissuto in Argentina e ne è stato arcivescovo della sua capitale: quella Buenos Aires nella quale la dittatura militare faceva sparire migliaia di esseri umani ritenuti oppositori politici o comunque fastidiosi. Il tutto non solo nel silenzio della Chiesa locale, compreso l’allora arcivescovo cardinale Bergoglio, ma anche nella giustificazione fornita dal nunzio apostolico del Vaticano, non ricordo ora se dell’Argentina o del Cile, con la dichiarazione che i movimenti di opposizione avrebbero provocato la reazione “patriottica”. “Patriottismo” che ha torturato nei modi più bestiali migliaia di esseri umani facendone sparire decine di migliaia. Gettati ancora vivi nell’Atlantico dopo essere stati drogati con un’apposita iniezione su consiglio di un pio prelato locale che raccomandava alle belve in divisa di dare una morte “priva di sofferenze”, “più cristiana”

L’appello di papa Francesco per regolamentare la finanza

Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

 Che di fronte al dilagare incontrollato della finanza speculativa sia necessario “rivolgersi alla preghiera”, è uno schiaffo morale ai governi e alle istituzioni economiche internazionali preposte al controllo e alla regolamentazione dell’economia, della moneta e dei settori finanziari. E’, però, l’ammissione della loro incapacità d’intervento e della sottomissione al “mercato senza leggi” e al laissez faire più spregiudicato. Dinanzi all’intollerabilità della situazione, papa Francesco si è sentito in dovere di richiamare i credenti e i laici con un video dedicato alla preghiera per una “finanza giusta, inclusiva e sostenibile”.

 Egli afferma che “mentre l’economia reale, quella che crea lavoro, è in crisi – quanta gente è senza lavoro! – i mercati finanziari non sono mai stati così ipertrofici come sono ora. Quanto è lontano il mondo della grande finanza dalla vita della maggior parte delle persone! La finanza, se non viene regolamentata, diventa pura speculazione animata da politiche monetarie. Questa situazione è insostenibile. È pericolosa. Per evitare che i poveri tornino a pagarne le conseguenze, bisogna regolamentare in modo rigido la speculazione finanziaria.”.

 Ricorda che la finanza deve essere uno strumento per servire le persone e per prendersi cura della casa comune e fa un appello “perché i responsabili della finanza collaborino con i governi, per regolamentare i mercati finanziari e proteggere i cittadini in pericolo.”

 In pratica riprende il discorso avviato nel 2015 con l’enciclica” Laudato sii” in cui si afferma che “la finanza soffoca l’economia reale. Non si è imparata la lezione della crisi finanziaria mondiale”. Secondo Francesco non è una questione di teorie economiche ma della loro applicazione fattuale nell’economia. Il mercato da solo non può garantire lo sviluppo umano integrale e l’inclusione sociale, né la protezione dell’ambiente e dei diritti delle generazioni future.  

 Nell’enciclica citata si sostiene: “La politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia… Il salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi dopo una lunga, costosa e apparente cura”.

 Secondo noi la crisi finanziaria del 2007-2008 ne è la prova: sarebbe stata l’occasione per sviluppare una nuova economia, non solo più attenta ai principi etici, ma, soprattutto, per regolamentare l’attività finanziaria speculativa e la ricchezza virtuale. Purtroppo non è stato così.

 Certo, sono concetti che papa Francesco ripete ormai costantemente. Lo ha fatto anche recentemente nell’enciclica “Fratelli tutti” e con molto coraggio anche nella lettera inviata al meeting della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, svoltosi lo scorso aprile. Egli afferma che “è ora di riconoscere che i mercati — specialmente quelli finanziari — non si governano da soli. I mercati devono essere sorretti da leggi e regolamentazioni che assicurino che operano per il bene comune, garantendo che la finanza – invece di essere meramente speculativa o finanziare solo sé stessa – operi per gli obiettivi sociali tanto necessari nel contesto dell’attuale emergenza sanitaria globale”.

 Ci preme sottolineare che la preghiera del papa ha avuto anche qualche orecchio attento. La Federcasse, la Federazione italiana delle Banche di Credito Cooperativo, una rete di 250 banche cooperative di comunità con un milione e 350 mila soci, l’ha fatta sua. Del resto essa fa della vicinanza al territorio, alle famiglie e ai piccoli imprenditori e artigiani la sua mission. In merito, il direttore generale Sergio Galli ha ribadito che “occorre elaborare nuove forme di economia e finanza realmente orientate al bene comune e rispettose della dignità umana”.

 Naturalmente le tematiche affrontate da papa Francesco sono tali che oggettivamente impongono ai governi decisioni rapide e stringenti. In questi giorni da più parti si sollecita il superamento dei brevetti sui vaccini. Tema che va affrontato. Si consideri che, mentre nei paesi industrializzati una persona su 4 ha già ricevuto almeno una dose di vaccino, nei paesi poveri, invece, l’ha avuta una su 500. Il caso più odioso è sicuramente quello dell’India, dove si produce il 70% dei vaccini mondiali, ma non per i propri cittadini, bensì per l’export.

 *già sottosegretario all’Economia  **economista

L’enciclica “Fratelli tutti” e l’economia

L’enciclica “Fratelli tutti” e l’economia

 

Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

 

La recente enciclica “Fratelli tutti” aprirà inevitabilmente un profondo e vivace dibattito, in tutti i settori della società, non solo all’interno delle gerarchie vaticane. Ben venga, ce n’era bisogno.

 

E’ una sfida forte al pensiero unico che la globalizzazione, economica, finanziaria e culturale, ha silenziosamente imposto nel mondo in questi ultimi decenni.

 

Senza sottovalutare il suo richiamo etico, morale, oltre che religioso, noi laicamente ne vorremmo evidenziare alcuni aspetti che toccano l’economia e l’organizzazione sociale. La pandemia, ha detto Papa Francesco, ha evidenziato la frammentazione che ha reso più difficile risolvere i problemi che toccano tutti, nonostante l’iper-connessione.

 

Tale frammentazione sembra in contraddizione con la globalizzazione. In realtà, il Papa dice che l’espressione ”aprirsi al mondo” è stata fatta propria dall’economia e dalla finanza. Essa, però, “si riferisce esclusivamente all’apertura agli interessi stranieri e alla libertà dei poteri economici di investire senza vincoli né complicazioni in tutti i Paesi”.

 

Il pensiero unico sembra unificare il mondo ma in realtà divide le persone, le nazioni e i continenti. Mentre nella società umana si indebolisce la dimensione comunitaria, “aumentano piuttosto i mercati, dove le persone svolgono il ruolo di consumatori o di spettatori”. Dove il più forte s’impone e protegge i propri interessi a discapito dei più deboli e poveri. Ovviamente, “in tal modo la politica diventa sempre più fragile di fronte ai poteri economici transnazionali che applicano il divide et impera”.  

 

L’aspirazione al dominio dei più forti, dei mercati, mira a “demolire l’autostima” degli altri. “Da ciò traggono vantaggio  l’opportunismo della speculazione finanziaria e lo sfruttamento, dove i poveri sono sempre quelli che perdono”, ammonisce Papa Francesco.

 

L’enciclica è una forte e precisa critica al liberismo economico, quale proiezione dell’individualismo più radicale.  Tanto che nel testo si dice che “la mera somma degli interessi individuali non è in grado di generare un mondo migliore per tutta l’umanità”. Ci si ingannerebbe se pensassimo che “accumulando ambizioni e sicurezze individuali potessimo costruire il bene comune.”

 

Secondo noi, questa falsità è la base dell’ideologia e della cosiddetta teoria del liberismo economico radicale. E’ stata elaborata già all’inizio del 1700 nel libro “La favola delle api: ovvero, vizi privati, pubbliche virtù” di Bernard de Mandeville. L’autore descrive la vita dell’alveare.  «Essendo così ogni ceto pieno di vizi, tuttavia la nazione di per sé godeva di una felice prosperità, era adulata in pace, temuta in guerra.. I vizi dei privati contribuivano alla felicità pubblica”. Ma, scriveva Mandeville, quando le api vollero diffondere per tutto l’alveare l’onestà e la giustizia, allora la vanità e il lusso, che davano lavoro e commercio, diminuirono e con essi anche la prosperità dell’alveare. 

 

“Il vizio è tanto necessario in uno stato fiorente quanto la fame è necessaria per obbligarci a mangiare. È impossibile che la virtù da sola renda mai una nazione celebre e gloriosa.”, sentenziava Mandeville.

 

Non si tratta evidentemente di una semplice favola per grandi. E’, invece, la giustificazione di una società ingiusta che ha avuto, però, una grande influenza su molti studiosi di economia, a partire da Adam Smith, del quale la “mano invisibile” regolerebbe in modo autonomo e automatico l’andamento dei mercati. 

 

In merito Papa Francesco fa sentire la sua voce. “Il mercato da solo non risolve tutto, benché a volte vogliano farci credere questo dogma di fede neoliberale. Si tratta di un pensiero povero, ripetitivo, che propone sempre le stesse ricette di fronte a qualunque sfida si presenti. Il neoliberismo riproduce sé stesso tale e quale, ricorrendo alla magica teoria del “traboccamento” o del “gocciolamento” – senza nominarla – come unica via per risolvere i problemi sociali. Non ci si accorge che il presunto traboccamento non risolve l’iniquità, la quale è fonte di nuove forme di violenza che minacciano il tessuto sociale”, afferma.

 

“La fragilità dei sistemi mondiali di fronte alla pandemia ha evidenziato che non tutto si risolve con la libertà di mercato”, ricorda ancora l’enciclica, denunciando che “la speculazione finanziaria con il guadagno facile come scopo fondamentale continua a fare strage.”

 

Come anche noi più modestamente abbiamo spesso scritto, il Papa ripete che «la crisi finanziaria del 2007-2008 era l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, e per una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale”. Purtroppo non c’è stato un ripensamento delle politiche economiche e sociali che governano il mondo!

 

L’enciclica, giustamente, vuole proporre una riforma nei rapporti economici e politici a livello globale. Poiché “ la società mondiale non è il risultato della somma dei vari Paesi, ma piuttosto è la comunione stessa che esiste tra essi”, serve “una nuova rete nelle relazioni internazionali”. Pertanto nel testo si afferma: “E’ necessaria una riforma sia dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che dell’architettura economica e finanziaria internazionale, affinché si possa dare reale concretezza al concetto di famiglia di Nazioni”.

 

Secondo Papa Bergoglio un’iniziativa urgente riguarda il debito dei paesi più poveri. Egli chiede che “si assicuri il fondamentale diritto dei popoli alla sussistenza e al progresso, che a volte risulta fortemente ostacolato dalla pressione derivante dal debito estero. Il pagamento del debito in molti casi non solo non favorisce lo sviluppo bensì lo limita e lo condiziona fortemente”.

 

Il secolo XXI registra un’evidente perdita di potere degli Stati nazionali a causa dei caratteri transnazionali che oggettivamente ha l’odierna attività finanziaria, limitando così il ruolo della politica e le stesse scelte dei singoli governi. In questo contesto, l’enciclica afferma che “diventa indispensabile lo sviluppo di istituzioni internazionali più forti ed efficacemente organizzate, con autorità designate in maniera imparziale mediante accordi tra i governi nazionali e dotate del potere di sanzionare.”

 

Il testo è d’indubbio valore, per molti versi rivoluzionario, sicuramente stimolante per quei governanti che hanno ancora a cuore il destino non solo de proprio Paese ma anche quello del mondo in questo terzo millennio.

 

*già sottosegretario all’Economia **economista

 

 

 

COME HA DETTO ANCHE PAPA FRANCESCO, ECCO IL PERCHE’ DELLE GUERRE: GLI 80 MILIARDI DI DOLLARI DI ARMI VENDUTE OGNI ANNO NEL MONDO, CON GLI USA CHE DA SOLI NE VENDONO LA META’!

http://www.repubblica.it/esteri/2016/12/27/news/gli_usa_primi_fornitori_mondiali_di_armi_40_miliardi_di_dollari-154913187/?ref=HREC1-18

NEW YORK  – Gli Stati Uniti fornitori mondiali di armi. Nel 2015 ne hanno vendute per un valore di 40 miliardi di dollari, confermandosi leader delle vendite nel mondo. Al secondo posto la Francia con 15 miliardi di dollari.

E’ quanto emerge da uno studio condotto per il Congresso americano e riportato dal New York Times, secondo il quale lo scorso anno sono state vendute complessivamente armi per 80 miliardi di dollari, in calo rispetto agli 89 miliardi di dollari del 2015.

I Paesi avanzati restano anche nel 2015 i maggiori acquirenti di armi, con acquisti per 65 miliardi.

Il calo delle vendite globali è legato all’economia debole, spiega il rapporto. ”Problemi di bilancio hanno spinto molti Paesi a posticipare o limitare gli acquisti. Alcuni Paesi hanno scelto di non acquistare nuove armi e di ammodernare i loro sistemi esistenti”.

Ed ecco cosa ha detto papa Franecsxo nell’omelia a Santa Marta il 16 febbraio dell’anno scorso:

“Basta “imprenditori di morte” che vendono armi perché continui la guerra “Ma, siamo imprenditori!”, ribattono i venditori. Sì, di che? Di morte? E ci sono i Paesi che vendono le armi a questo, che è in guerra con questo, e le vendono anche a questo, perché così continui la guerra. Capacità di distruzione». «Ma prendete un giornale, qualsiasi, di sinistra, di centro, di destra…qualsiasi. E vedrete che – ha sottolineato il Pontefice – più del 90% delle notizie sono notizie di distruzione. Più del 90%. E questo lo vediamo tutti i giorni».

Un freno alla finanza che specula sul cibo

Un freno alla finanza che specula sul cibo

di Mario Lettieri e Paolo Raimondi

Il mondo si aspetta che lo slogan dell’EXPO “Nutrire il pianeta” diventi un reale impegno per sconfiggere la fame e per bloccare quella finanza che spregiudicatamente continua a speculare sul cibo. Altrimenti le belle parole sulle eccellenze alimentari, sulle indispensabili difese delle biodiversità e sullo sviluppo di una agricoltura diffusa e sostenibile, fatta di produttori e di consapevoli consumatori, striderebbero di fronte al miliardo di persone che ancora convivono con lo spettro della fame e dell’indigenza.

Da Milano dovrebbe partire un’azione decisa, da parte dei governi, insieme alle altre istituzioni e associazioni interessate, per proibire che banche e hedge fund giochino con i derivati, soprattutto con i futures, sull’andamento dei prezzi dei prodotti agricoli.

Il cibo fa parte, con il petrolio e le altre materie prime, delle cosiddette commodity che sono sempre di più oggetto di morbosa attenzione e di interesse da parte dei settori della finanza in cerca di speculazioni ad alto rischio.

Negli ultimi 10 anni si sono registrati momenti di altissima tensione e volatilità su questi mercati. Nel 2007, nel 2010 e nel 2012 si sono avuti dei boom dei prezzi seguiti poi da repentini abbassamenti. Ciò ha prodotto dal 2008 a oggi un aumento medio in termini reali di oltre il 50% dei prezzi delle derrate alimentari.

Questi improvvisi movimenti sui prezzi non sono il risultato del “gioco” della domanda e dell’offerta, ma di operazioni in derivati finanziari fatte da attori che non sono né coinvolti né interessati alla produzione o all’acquisto reale dei prodotti. Sono soprattutto futures, cioè scommesse sul prezzo futuro di un prodotto agricolo o di un minerale.

Esperti della Commodity Futures Trading Commission, l’agenzia americana che dovrebbe regolare questi derivati, hanno denunciato che, nel mezzo della grande crisi, i capitali speculativi sul mercato delle commodity di Chicago sono passati dai 29 milioni di dollari del 2003 ai 300 miliardi del 2007-8. Sono chiamati “investimenti passivi” in quanto assumono posizioni speculative di lungo periodo, scommettendo su importanti aumenti dei prezzi del petrolio e/o delle derrate alimentari. Sono capitali su cui, operando con la leva finanziaria, si possono creare derivati finanziari per un valore di 30-100 volte maggiore della base sottostante. In altre parole per ogni tonnellata di grano prodotto se ne possono artificialmente vendere e comprare cento! Si è così inventato anche il “grano di carta”! Prima, con la speculazione sul petrolio, c’erano i cosiddetti “barili di carta”. Sono i miracoli della finanziarizzazione dell’economia.

Adesso i prezzi del cibo sono oggetto anche del “high frequency trading”, cioè di operazioni finanziarie gestite automaticamente dai computer, per giocare su piccolissime variazioni del prezzo in millisecondi. Questo sistema, che muove il 90% dei volumi dei futures finanziari, ha già generato “situazioni valanga” con dei veri sconquassi del mercato.

In questo modo si manipolano sia le aspettative degli andamenti di borsa che i prezzi, inducendo l’intero mercato a ritenere inevitabile il prezzo indicato dai futures.

I profitti naturalmente sono enormi. Ma l’eccessivo aumento dei prezzi delle derrate alimentari provoca delle impennate inflattive sui prezzi del cibo con effetti devastanti soprattutto nei Paesi più poveri del Sud del mondo. Di conseguenza milioni di famiglie, che solitamente impegnano per l’alimentazione il 75% del loro bilancio, diventano incapaci di provvedere al loro minimo sostentamento, dando luogo, a volte, alle rivolte del pane. Si ricordi che tra le cause delle primavere arabe vi è stato anche l’aumento dei prezzi del cibo provocato dalla speculazione. .

Quando poi i prezzi scendono in modo altrettanto repentino, molti piccoli coltivatori, soprattutto dei Paesi emergenti, vengono messi fuori gioco, incapaci di reggere una volatilità così grande che si trasferisce velocemente dai mercati finanziari globali anche a quelli dei beni reali a livello locale.

E’ una aberrante deformazione dell’economia e della vita dei popoli. Le voci che si levano contro sono troppo poche.

Solo papa Francesco non si stanca di ripetere, come ha fatto di fronte alla FAO, che “è doloroso constatare che la lotta contro la fame e la denutrizione viene ostacolata dalla “priorità del mercato”, e dalla “preminenza del guadagno”, che hanno ridotto il cibo a una merce qualsiasi, soggetta a speculazione, anche finanziaria.”

Viviamo il paradosso dell’abbondanza: ci sarebbe cibo per tutti, ma molti non lo possono avere, nemmeno per sopravvivere.

In un mondo di crescenti conflitti, non solo politici e religiosi, perché non organizzare all’EXPO un incontro su questi temi, con rappresentati della cosiddetta “finanza islamica” che da sempre è schierata contro la speculazione sul cibo e sulle derrate alimentari? Sarebbe un contributo importante per dare concretezza ad idee largamente condivise sul piano teorico, ma, purtroppo, non facilmente attuabili rispetto alle perverse logiche della pura speculazione e del dio danaro.

1) – I “buchi” del grande questionario proposto a tutti i fedeli da papa Francesco. 2) – Urge un nuovo mercato dei capitali per le piccole e medie industrie europee

All’inizio dello scorso novembre Papa Francesco ha indetto la III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, da tenere in Vaticano dal 5 al 19 ottobre 2014 sul tema “Le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”.

E il Vicariato di Roma ha voluto precisare di che si tratta (  http://www.vicariatusurbis.org/spiov/spiov2013/index.php?option=com_content&view=article&id=107:un-questionario-per-la-famiglia&catid=20:attualita&Itemid=113 ): “La tematica di questo Sinodo s’inserisce in un itinerario di lavoro in due tappe: la prima, è l’Assemblea del 2014, volta a precisare lo status quaestionis e a raccogliere testimonianze e proposte dei Vescovi per annunciare e vivere credibilmente il Vangelo per la famiglia; la seconda, è l’Assemblea Generale Ordinaria prevista per il 2015, al fine di cercare linee operative per la pastorale della persona umana e della famiglia”.

Per la prima volta nella storia della Chiesa, in preparazione del Sinodo è stato pubblicato un documento preparatorio che contiene tra l’altro un questionario riguardante le principali sfide sulla famiglia. Il questionario ha 38 domande destinate a tutti i fedeli, una sorta di primarie, alla cui diffusione planetaria devono provvedere tutte le singole diocesi. In Italia la rivista “Il Regno” dei Dehoniani di Bologna lo ha pubblicato online invitando i lettori a compilarlo al seguente indirizzo: http://www.ilregno.it/it/cf-regno.php#2459.

Il paragone con le primare calza anche per le differenze tra “iscritti e non iscritti al partito”, che tante polemiche suscitò nel PD nella tornata dell’anno scorso a causa della pozione di e verso Matteo Renzi, e i dubbi che serpeggiano. Differenze e dubbi sintetizzati dall’intellettuale cattolico Raniero La Valle:

“Ma funzionerà la consultazione, davvero chiunque è abilitato a mandare le sue risposte al Sinodo, oppure varranno solo i documenti che perverranno attraverso le gerarchie delle diocesi e delle conferenze episcopali? Certo non tutti nella Chiesa sono contenti: forse si è osato troppo, può darsi che la cosa sia sfuggita di mano, può darsi che qualcuno nelle Sacre Logge ora vorrebbe tornare indietro. Tuttavia il fatto è che il papa ha fatto pubblicare le domande, gli uffici della Santa Sede le hanno fatte mettere su Internet (basta un clic per conoscerle!) e il nuovo segretario del Sinodo, mons. Baldisseri in diretta alla Radio Vaticana ha detto che la consultazione è canalizzata attraverso i vescovi, “però liberamente ciascuno potrà inviare un testo”, e poi lo ha confermato rispondendo a un quesito del National Catholic Reporter”. Continua a leggere

Economia e finanza: Papa Francesco, pensaci tu! Politiche monetarie troppo accomodanti? Negli Usa spinte al protezionismo.

Mario Lettieri* Paolo Raimondi** * Sottosegretario all’Economia del governo Prodi **Economista

Papa Francesco, pensaci tu!

Mentre il mondo dell’economia si “perde in chiacchiere” sulla necessità di rivedere il sistema della finanza globale, papa Francesco ha ripreso il suo lungo percorso di riflessione per stimolare i dirigenti politici a ”realizzare una riforma finanziaria che sia etica e che produca a sua volta una riforma economica salutare per tutti”.

Giovedì 16 maggio, parlando ad un gruppo di nuovi ambasciatori presso il Vaticano, ha ricordato che “mentre il reddito di una minoranza cresce in maniera esponenziale, quello della maggioranza si indebolisce. Questo squilibrio deriva da ideologie che promuovono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria, negando così il diritto di controllo agli Stati pur incaricati di provvedere al bene comune”.

Papa Bergoglio stigmatizza il consumismo fine a se stesso, il dominio e l’adorazione del denaro, la dittatura dell’economia senza volto né scopo realmente umano. Denuncia “la nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, del mercato che impone unilateralmente le sue leggi e le sue regole”. Egli vi contrappone la solidarietà, l’etica, il bene comune, la convivenza e la lotta dei popoli contro la povertà.

Non si tratta di un appello moralista. E’ invece un vero e proprio manifesto che pone al centro della società e dell’economia l’uomo con i suoi valori e i suoi bisogni. Continua a leggere

Uomini, costituiamoci parte civile nei processi per delitti bestiali contro le donne come quello di Corigliano Calabro. Continua l’involuzione politica e democratica di Israele

Dopo la bestiale uccisione di Fabiana Luzzi, mi sono convinto che urge un’associazione maschile che si costituisca parte civile nei processi per delitti contro donne come quello di Corigliano Calabro.

Sono sempre stato e sempre sarò fermamente contrario alla pena di morte. Specie contro minorenni Ma ci sono casi di violenza talmente bestiali da far vacillare questa mia fermezza.

L’efferata, orribile uccisione di Fabiana Luzzi aCorigliano Calabro da parte di un bipede di nomeDavide – del quale non si conosce il cognome perché protetto dall’essere lui ancora minorenne, anche se ancora per poco – è di una bestialità tale da far davvero pensare che la galera, fosse anche l’ergastolo, non basta.

Non può bastare. E sono certamente fuori luogo le lagne buoniste del vescovo di Santo Marciano che s’è precipitato a dire o a far dire alla madre di Fabiana che “in fondo anche Davide è una vittima”. Se è una vittima, è vittima in primo luogo di se stesso, di una educazione sgangherata o assente dei suoi genitori e anche di un modo di intendere la religione ridotto dalla Chiesa, specie al Sud, a superstizione.

Non è un caso se la criminalità organizzata da Napoli a Palermo i suoi adepti li arruola con cerimonie di stampo religioso: giuramenti, santini bruciati, denominazioni blasfeme del tipo Sacra Corona Unita. Oltre a dire, peraltro giustamente, che “c’è bisogno di una rivoluzione educativa sui giovani”, il vescovo dovrebbe spiegare ad alta voce di chi è la responsabilità. Continua a leggere

In ricordo di don Andrea Gallo, amico mio e di tutti i semplici.

“Hai visto che il titolo che ho proposto io era purtroppo più indovinato del tuo? Io ho detto che il titolo del libro doveva essere “Non uccidete il futuro dei giovani”, tu preferivi “Non rubiamo il futuro ai giovani”. Vedi che il loro futuro glielo hanno non solo rubato, ma anche ucciso?”. A parlare è don Andrea Gallo, il prete da marciapiedi, come amava definirsi lui, e il libro al quale si riferisce è, appunto, “Non uccidete il futuro dei giovani”, scritto assieme nell’estate del 2011. Dopo la pubblicazione, avvenuta a ottobre, ci siamo visti più d’una volta, nella sua comunità a Genova, a Milano e a Roma a dibattiti sul libro, a Torino alla Fiera del Libro. Ci siamo anche sentiti un po’ per telefono e con qualche mail, sempre più rara perché mi diceva “non sto tanto bene”, e mi faceva arrivare qualche messaggio tramite amici. Mettendo assieme le cose dette, se ne ricava quella che può essere definita la sua ultima intervista.

Domanda – Andrea, ce la farà questo governo a raddrizzare la barca?
Risposta – Ma che dici! Per riparare ai danni, specie a quelli arrecati al futuro dei giovani, ci vorranno due o tre generazioni, cioè dai 40 ai 60 anni. Altro che un governo!

D – E cosa possono fare nel frattempo i giovani?
R – Agitarsi! Indignarsi! Ribellarsi! Ecco cosa possono e devono fare nel frattempo. Senza mai mollare. Vedi cosa è successo con la primavera araba? L’hanno trasformata in autunno, se non già in inverno.

D – Sì, ma in Italia ci sono oltre due milioni di giovani che non studiano e non solo non lavorano, ma il lavoro neppure lo cercano. Rassegnati, più che indignati e ribellati?
R – Guarda, la fase di stanca c’è sempre, ma prima o poi passa. Certo, la nostra generazione ha colpe enormi rispetto questa massa di giovani portati a starsene fermi. Le mamme sono troppo protettive. E i padri sono spariti. Che fine hanno fatto i padri? Sai quante donne mi dicono “Caro don Gallo, il problema è che sono spariti gli uomini, non solo i padri. Di fare sul serio e magari anche mettere su famiglia e far figli non ci pensano proprio, neppure da lontano. Almeno fino ai 30 anni. E noi donne quando diventiamo madri?”. Eh, sì, lo so, è dura. Troppa televisione, troppa moda, troppa pubblicità, troppi modelli e stili di vita sballati. Mica possono fare tutti le modelle e i calciatori.
Il mondo è malato, non solo l’Italia è malata, ma il mondo intero. E lo possono guarire solo i giovani. Noi vecchi abbiamo fallito. Abbiamo fatto la resistenza e dato la democrazia e il benessere all’Italia, poi però ci siamo lasciati fregare. Guarda i comunisti…. per non parlare dei piddini di D’Alema, Veltroni, Bersani.

D – E di Matteo Renzi?
R- Beh, ma lui almeno parla un linguaggio più vicino a quello dei giovani, meno burocratese, meno politichese, meno blateratore. Quando in tv nel confronto tra lui e Bersani ho sentito quest’ultimo dire che “è meglio un passero in mano che un tacchino sul tetto” mi sono cascate diciamo le orecchie a terra! Ma come si fa?! Un passero in mano?! E un tacchino sul tetto?! Ma non poteva dire “Meglio un uovo oggi che una gallina domani”? Continua a leggere