Mina, la più celebrata icona gay festeggia le nozze d’oro con la musica

C’è da sperarci e scommetterci: domani i riflettori dei mass media saranno puntati su di lei. Del resto chi non ha provato emozioni e sentimenti; chi non ha scambiato un bacio passionale sulle note di una sua canzone? Lei, Anna Maria Mazzini, per tutti, Mina, ha cantato gli amori al plurale in tempi non sospetti, diventando la prima ed affermata icona omosessuale.

Ogni drag queen che si rispetti ha nel suo repertorio una canzone di Mina, che sia “Ma chi è quello lì” o “Sacumbì Sacumdà” e non importa se il pubblico ne ha perso la visibilità televisiva, lei da tempo eremita dorata in quel di Lugano, c’è sempre quella gestualità inconfondibile del pollice e indice uniti e svolazzanti e gli occhi di nero kajal. Un’altra Mina è impossibile!

Impossibile ad altri – persino alla Carrà o a Celentano – mantenere stabile un successo, rifiutando contratti milionari e una adeguata presenza televisiva. La sua voce è il suo successo e tanto basta!

Non esiste una regola per diventare icona gay o forse molto sta nei testi che accompagnano la melodia; o forse ancora nella stessa melodia. Sicuramente molto conta nell’affermare con  semplicità che tutto è vita, armonia, saggezza, nel contemplare anche vite diverse da altre; amori diversi sapendoli amori.

Mina – ma il corollario delle icone musicali omosessuali prosegue con tanti altri artisti – ha saputo coniugare a suo modo e con le sue note, relazioni e affettività, certo con qualche furbizia che il mercato discografico proponeva (non solamente a lei, certo) per conquistarsi un mercato gay e gayfriendly; ma lei, a differenza di altri, ha lasciato che il pubblico glbt la amasse per le sue liriche, per la sua dolce semplicità nell’emozionare.

Furbizia o meno, Mina resta la cantante italiana più copiata nei palcoscenici delle drag queen italiane e forse anche straniere. Non spaventano neppure gli acuti insormontabili perché da noi, a differenza, ad esempio, degli spettacoli drag negli States, si canta in playback ed è la gestualità e la mimica a farla da traino e a decretarne il successo tra il pubblico.

Ci sarebbe da studiarla a scuola la signora Mazzini, proprio come accade per Fabrizio De Andrè, anche per come è rimasta il successo che è sempre stata; la sua voce che continua, nonostante il tempo, a narrare di lei: un fantasma massmediologo, una sacralità musicale che tutti osannano come  un dogma del pentagramma.

Ho dimenticato, ma forse inutilmente, che scrivo tutto questo perchè la “pantera” compie le sue nozze d’oro con la canzone italiana, avendo interpretato anche liriche dei Beatles e di altri autori stranieri; un traguardo non solamente importante per lei ma per il mercato discografico e più singolarmente per noi che continuiamo a cercarla tra gli scaffali musicali per inondare le nostre serate conviviali con la sua ugola.

Provate a pensare una vita, senza la musica di Mina: impossibile!

Allora, auguri signora Mazzini e grazie per questi 50 anni di vita musicale sua e che appartiene molto anche a noi e alle nostre rinnovate emozioni. Non spenga quella voce!