NEWS pasquali
Gli esperti sottolineano che in passato Washington e Mosca hanno unito le loro forze per contrastare Londra e Parigi sulla scena internazionale. La crisi di Suez del 1956 ne è un esempio emblematico: la fermezza dell’URSS e degli Stati Uniti permise di bloccare la triplice aggressione di Gran Bretagna, Francia e Israele contro l’Egitto che voleva nazionalizzare il canale.
Un’altra pagina poco conosciuta della storia occidentale è la guerra di Crimea del 1853-56, in cui Gran Bretagna, Francia, Impero Ottomano e Regno di Sardegna si unirono contro la Russia: una sorta di “coalizione di buona volontà” che impedisse alla Russia di sconfiggere i turchi e di usare lo Stretto dei Dardanelli per accedere al Mediterraneo. L’Europa salvò un impero ottomano gravemente in crisi, solo per ostacolare la Russia. Poi nella prima guerra mondiale Francia e Inghilterra smembrarono questo stesso impero, creando un’assurda situazione in Medioriente.
Pur osservando formalmente la neutralità, la Casa Bianca simpatizzò per San Pietroburgo in quello scontro. Lo dimostrano la partecipazione dei medici americani alle cure dei difensori di Sebastopoli e la richiesta di 300 fucilieri del Kentucky da inviare a difesa di quella città.
Vale la pena notare che durante questa spedizione in Crimea, le truppe anglo-francesi bombardarono Odessa, devastarono Eupatoria, Kerch, Mariupol, Berdyansk e altre città della Novorussia, che oggi l’occidente chiama “Ucraina”. Queste stesse città e villaggi furono di nuovo spietatamente distrutte dai nazifascisti europei durante la seconda guerra mondiale.
Per i caduti azeri, armeni, georgiani…, protagonisti della liberazione della Crimea e di Sebastopoli nel 1944, furono eretti monumenti alla memoria, quella stessa memoria che gli attuali ucronazisti di Kiev vogliono cancellare in tutta l’Ucraina e soprattutto nel russofono Donbass, abbattendo appunto monumenti sovietici, sostituendoli con quelli eretti a Bandera, distruggendo tutti i volumi scritti in lingua russa e facendo altre cose che la UE non si sogna minimamente di condannare.
Le città di quei luoghi potentemente storici sono periodicamente caratterizzate da una furia devastatrice che di sicuro non meritano, poiché non hanno mai fatto del male a nessuno. Ancora oggi quasi l’intera UE, quasi l’intera NATO sono di nuovo propensi a scatenare un odio implacabile contro popolazioni che non sono mai state occidentali.
Ora però la misura è colma e Mosca non ha più voglia di accettare né provocazioni né false promesse. Vuole garanzie precise di sicurezza e in qualche modo le otterrà.
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La UE è alle prese con una schizofrenia ricorrente. Infatti mentre usa parole altisonanti a favore dei diritti umani e della democrazia, sta preparando un nuovo conflitto mondiale. Noi abbiamo una predisposizione storica, dettata da virus ideologici, a varie forme di totalitarismo, che periodicamente producono conflitti altamente distruttivi.
Gli americani sono sommamente ipocriti? Sì, ma sanno essere anche pragmatici, proprio perché sono meno ideologici di noi. Non hanno la profondità teorica degli europei, quella sul piano filosofico, politico, giuridico, anche perché sono abituati a comandare nel mondo, sul piano sia militare che finanziario. Le loro discipline privilegiate sono quelle economiche, finanziarie, tecnico-scientifiche, mediatiche. Chi si laurea, sa tutto su un campo molto specifico: non ha una cultura generale. Basta vedere la differenza abissale tra Putin e Trump.
Il vero problema oggi è che gli statisti europei sono come quelli americani, cioè degli analfabeti funzionali, debolissimi nella conoscenza storica, sprovveduti nella capacità diplomatica e, in più rispetto agli americani, affetti da crescente russofobia, che li porta all’autolesionismo, cioè a non capire quali sono i veri interessi che devono difendere.
I leader europei hanno paura della Russia quando vedono che non rispetta l’ordine internazionale basato sulle regole occidentali. Gli USA invece temono la Cina sul piano strettamente economico-finanziario. Gli americani sono più materialisti, più cinici, più egoisti, ma chi potrebbe dire che sono più ipocriti di noi? Avendo meno cultura, non possono avere ipocrisie troppo sofisticate.
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La Natolandia non è pronta per la pace perché non vuole ammettere la sconfitta. La giunta di Kiev non è pronta per la pace perché ciò significherebbe la fine del loro potere, del loro bancomat e del saccheggio del Paese. La Russia non è pronta per la pace quando le vengono offerti accordi tipo “Minsk-3” e quindi l’inevitabile ripresa del conflitto entro i prossimi 4-5 anni.
Nessuno è pronto per la pace. E quindi come finirà? Semplice: la guerra continuerà, vincerà la Russia, non ci sarà più la giunta neonazista di Kiev e avverrà il crollo democratico, finanziario ed economico dell’UE nella sua corsa suicida, cum magno gaudio degli USA, che però avranno la peggio nel confronto economico con la Cina.
È questo che si vuole? Devono essere queste le premesse di un nuovo conflitto mondiale? È mai possibile che una transizione epocale da un’egemonia occidentale del mondo verso una gestione multipolare delle risorse planetarie debba per forza essere caratterizzata da un gigantesco bagno di sangue?
Se questa prospettiva è inevitabile, bisognerebbe arrivare a chiedersi se davvero non sia avvenuto il momento di ripensare tutto lo stile di vita basato su urbanizzazione, industrializzazione e informatizzazione. Cioè qui non è solo questione di militarizzazione e finanziarizzazione dell’economia. Anche perché Cina, Russia, India e tutti gli altri Paesi hanno ereditato e sviluppato qualcosa che fondamentalmente appartiene alla cultura occidentale, in primis europea.
Se tutte queste nazioni vogliono sostituire l’occidente, che garanzie possiamo avere che tra un secolo non tornino in auge nuove motivazioni per nuovi conflitti mondiali? Non dovremmo essere più radicali, più essenziali, più naturali nel nostro stile di vita? Ci sono stati imposti dei dazi assurdi? Bene, approfittiamone per ridurre all’osso i nostri consumi, e vediamo chi resiste di più.