Conflitto finito tra Gaza e Israele? Per ora

Dopo 11 giorni di guerra i palestinesi morti a Gaza sotto i bombardamenti israeliani sono stati 243, inclusi 66 bambini e 39 donne. I feriti sono 1910. Gli sfollati 60.000. Israele ha avuto 12 morti e centinaia di feriti. Le reazioni dei sionisti sono sempre sproporzionate.

Il cessate il fuoco reciproco e senza condizioni è avvenuto tramite la mediazione di Egitto e ONU. Netanyahu ha ringraziato Biden per l’appoggio dato al diritto di difendersi. Come noto gli USA rifiutano di considerare il partito Hamas un interlocutore.

I razzi lanciati da Gaza contro Israele sono stati 3.440, intercettati al 85-90% dal sistema di protezione Iron Dome: circa 500 sono ricaduti all’interno della stessa Striscia. Sotto i raid aerei sono finiti non solo i tunnel e i bunker di Hamas, ma anche l’unico laboratorio in funzione per l’analisi Covid dei tamponi (il virus ha già ucciso più di 930 persone a Gaza), un orfanotrofio, un liceo femminile, gli uffici del ministero della Salute e la torre che ospitava Al Jazeera, la Associated Press e altri uffici di media internazionali. I soliti effetti collaterali, che Netanyahu giustifica ribadendo che Hamas “piazza deliberatamente obiettivi militari dentro la popolazione civile”.

Nella UE l’unica a non chiedere la fine delle ostilità è stata l’Ungheria di Viktor Orbán.

Intanto sul fronte dell’Autorità Palestinese la leadership del presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen), che guida il partito di al-Fatah e che è al governo in Cisgiordania dal 2005, si sta sgretolando sempre più, anche a seguito del recente conflitto. Questo per dire che i palestinesi non vogliono sentirsi delle pecore nei confronti di Israele. Non a caso Abu Mazen viene additato di “collaborazionismo” con Israele, anche perché il 29 aprile ha deciso di rinviare a data da destinarsi le elezioni generali per il Parlamento palestinese, il presidente dell’Autorità palestinese e il Parlamento dell’Olp, che si sarebbero dovute tenere in questo mese e a giugno dopo oltre 15 anni. Il presidente aveva giustificato il rinvio, dicendo che “gli israeliani non hanno concesso il permesso di votare nel distretto di Gerusalemme Est”. Ma non è escluso che Abu Mazen tema la fine della sua carriera a tutto vantaggio di Hamas.

Questo per dire che il conflitto non ha favorito gli elementi moderati della politica palestinesi ma quelli radicali, che l’occidente definisce con la parola “estremisti”, se non addirittura “terroristi”, come se la democrazia esistesse solo in Israele, e come se solo Israele abbia il diritto di difendersi, mentre i palestinesi hanno solo il dovere di subire la progressiva espropriazione delle terre da parte dei coloni.

Perché il sistema di difesa israeliano è così forte?

Israele è difeso da una cupola di ferro. Lo spiega bene il sito “Analisi Difesa” www.analisidifesa.it.

Grande protagonista degli scontri di questo mese, come in precedenti occasioni, si è confermato il sistema antibalistico israeliano a breve raggio, chiamato Iron Dome, cioè “cupola di ferro”, realizzato dal colosso dell’industria militare israeliana Rafael, ed entrato in servizio nel 2011. È attualmente efficiente per l’85-90%, cioè da 10 a 15 ordigni nemici ogni 100 presi di mira dal sistema possono raggiungere città e installazioni ebraiche. Senza poi considerare che il sistema prende di mira solo i missili lanciati su obiettivi sensibili ed è posizionato solo per colpire i missili provenienti da Gaza.

Ovviamente Israele non ha solo questo tipo di difesa, anche perché Iron Dome si limita a intercettare oggetti volanti di piccole dimensioni e anche di limitato sviluppo di volo (da un minimo di 4 e un massimo di 70-72 km dalla posizione della batteria). È cioè rivolto a razzi, missili o anche granate di mortaio. Non è in grado d’intercettare ordigni che provengano da una distanza inferiore a 4 km e che abbiano un tempo di volo inferiore a 28 secondi.

Il grosso della sua realizzazione è stato finanziato dal più potente alleato d’Israele, gli Stati Uniti, per un totale calcolato in un miliardo di dollari, secondo dati ufficiali. Tutta la difesa israeliana è finanziata soprattutto dagli USA. Anche perché costa l’ira di Jahvè: ogni missile dell’Iron Dome va dai 40.000 ai 100.000 dollari, laddove il prezzo di ogni razzo sparato dai gruppi palestinesi si aggira sui 1.000-5.000 dollari.

Ma la cosa più curiosa è che gli americani vogliono testare proprio attraverso le guerre d’Israele (che dal 1948 non sono mai finite) l’effettiva efficacia della cupola di ferro, onde verificare se un analogo sistema può funzionare nel proprio territorio, che però ha un’estensione colossale. Ecco perché una prima batteria di Iron Dome è già stata consegnata agli USA e attivata alla base di Fort Bliss alla fine del 2020, e nei prossimi mesi dovrebbe essere consegnata una seconda batteria.

Per combattere i palestinesi Israele non ha altre armi che l’uso delle armi. 4000 anni di cultura ebraica buttati nella Geenna.