Che cos’è la sostanza delle cose?

Noi e la natura ci apparteniamo reciprocamente e, anche se non possiamo dimostrarlo ma solo intuirlo, esistiamo dall’eternità, in quanto, in natura – dice Antoine-Laurent de Lavoisier – nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Il sillogismo in fondo è molto semplice: se l’universo è eterno e infinito, e noi ne siamo parte organica, anche noi siamo eterni e infiniti. Cioè la nostra eternità e infinità non ha nulla né di superiore né di inferiore a quella della natura.

In tal senso dovremmo smetterla di dare l’attributo di “sostanza” a qualcosa che non sia anche naturale. E d’altra parte, in quanto esseri umani non possiamo attribuire la sostanza delle cose solo alla natura e tanto meno a cose extra- o sovrannaturali.

L’unico aspetto che distingue la specie umana da tutte le altre specie è la libertà di coscienza, in virtù della quale possiamo compiere scelte deliberate e non meramente istintuali, dettate da leggi assolutamente necessarie. L’essere umano può, entro certi limiti (quelli appunto naturali), scegliere come vivere. In tal senso è esatto dire che la libertà di coscienza è un prodotto della natura: quello più profondo, più complesso, irriducibile a qualunque definizione astratta o interpretazione univoca, quindi, in ultima istanza, indicibile.

La libertà di coscienza è, in natura, il massimo della libertà possibile; ed è una facoltà che, ogni volta che pretende di andare al di là dei limiti imposti dalla natura, finisce col negare se stessa. Andare oltre i limiti della natura significa autodistruggersi.

Questo stretto rapporto tra uomo e natura impedisce di credere che possa esistere qualcosa di superiore. Non esiste nulla di esterno all’uomo che non sia la stessa natura, di cui egli però è, da sempre, parte organica. Infatti, la natura non avrebbe mai potuto creare un essere così eccezionale come l’uomo (l’unico vivente a essere dotato di libertà di coscienza), se, almeno in potenza, non l’avesse già dentro di sé. La libertà di coscienza non può essere frutto di evoluzione, altrimenti dovremmo chiederci come mai non si trovi in alcun altro essere vivente, e non possiamo risolvere il problema della nostra sostanza dicendo che siamo un prodotto fortuito dell’universo, poiché non sarebbe razionale sostenere che l’elemento più significativo della materia, e cioè la coscienza, è stato un prodotto meramente casuale.

Un embrione umano fecondato, se venisse trapiantato nell’utero di un mammifero diverso dalla nostra specie, non produrrebbe un essere umano ma un mostro. Viceversa tra gli accoppiamenti animali gli ibridi vengono accettati con molta naturalezza.

L’universo ci è costitutivo e quel che si dice in figura, cioè che siamo “figli delle stelle”, sostanzialmente è esatto. Con una piccola precisazione, che se la coesistenza tra essenza umana ed essenza naturale è eterna, allora, in qualche maniera, anche le stelle sono figlie dell’uomo. All’origine dell’universo non c’è solo un’essenza naturale (la materia), ma anche un’essenza umana (la coscienza). La coscienza non è che l’aspetto immateriale della materia, la libertà impalpabile e insondabile nei suoi livelli più profondi.

Non esiste nulla di esterno all’uomo, di cui l’uomo non possa avere coscienza: non esiste alcun dio, né alcuna forza aliena, nulla che non sia naturale e umano.

Detto questo però, noi dobbiamo ammettere che della materia sappiamo ancora molto poco, anche perché essa stessa è eterna e infinita; e, per quanto riguarda l’essere umano, in questi ultimi seimila anni, siamo addirittura regrediti, in quanto le civiltà antagonistiche ci hanno fatto perdere la consapevolezza naturale dell’essenza umana.

Questa essenza viene vissuta in maniera sempre più artificiale, cioè sempre più alienante e spersonalizzante. Noi non sappiamo più chi siamo, e in queste condizioni ogni conoscenza della natura rischia d’essere falsificata in partenza, tant’è che oggi abbiamo perso il concetto stesso di natura non antropizzata.

Tutta la scienza e la tecnica che usiamo per conoscere la natura, parte sempre dal presupposto che una qualunque conoscenza deve essere finalizzata al dominio e allo sfruttamento delle risorse naturali. Questo significa avere della natura un concetto completamente sbagliato, e tutta la scienza che usiamo per cercare di studiarla, ha un valore prossimo allo zero. Una scienza che vede la natura come qualcosa da soggiogare, non dovrebbe neppure esistere.