Wilco dal vivo, che gusto, mentre i Kasabian…..una delusione

Cos’hanno in comune Kasabian e Wilco? Per me, solo il posto dove li ho sentiti dal vivo, a qualche mese l’uno dall’altro, perché tanto gli inglesi sono rompitimpani e inconcludenti quanto gli americani ci vanno piano con il volume, ma forte con l’improvvisazione e i cambi di rotta. I decibel non mancano a nessuno dei due, e io certo non mi tiro indietro, ma quando il suono è così alto da diventare un magma indistinto volutamente caotico mi puzza tanto di “facciamo casino così non si sente se qualcosa non va”. E non si può dare la colpa, almeno stavolta, al palatenda che li ha ospitati, visto che i Wilco si sentivano da dio anche quando pestavano duro. Insomma, amplificazione a parte, i Kasabian non mi hanno convinto per niente, tant’è che dopo tre canzoni me ne sono andata via, annoiata, niente di nuovo né di meglio rispetto ai dischi, mentre con la band di Chicago, che spasso! Imprevedibili, coinvolgenti anche senza far tanto i gigioni con il pubblico (anzi, Jeff Tweedy è proprio un orso, al massimo si toglie ogni tanto il cappello o ringrazia), tutto arrosto e poco fumo (bella l’idea dei paralumi da abatjour che scendono dall’alto). Il contrario dei Kasabian, una valanga frastornante di luci ed effetti speciali inspiegabilmente interrotta da lunghe pause, buio e silenzio totali tra una canzone e l’altra, così se mai si creava una tensione positiva con il pubblico, ogni quattro, cinque minuti te la smorzavano sul nascere. I fans però non si sono lamentati, quando mai? E’ da anni che non sento uno spettatore che protesta, a teatro o a un concerto, anche se lo spettacolo fa pena. Quasi che il fatto stesso di aver acquistato il biglietto assicuri la buona qualità di quanto si va a sentire e vedere. Altrimenti forse ci si sente, oltre che delusi, anche fessi.

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