Abbiamo bisogno di eroi

Forse, per uscire dalla corruzione dilagante, abbiamo bisogno di eroismo. Forse in periodi di grande crisi motivazionale, di grande mancanza di valori si può recuperare un certo senso della vita impegnandosi in azioni coraggiose, quelle che suscitano ammirazione e che inducono a una sequela imitativa.

Tuttavia nelle società antagoniste – e la nostra certamente lo è – questa esigenza vuol dire soltanto una cosa, che è poi quella di tutte le civiltà degli ultimi seimila anni: far scoppiare una guerra (o una crociata), dimostrando in battaglia il proprio valore. Si ridiventa umani sterminando altri esseri umani, convinti di compiere la cosa giusta. E’ un eroismo al negativo e soprattutto al maschile.

Se poi un paese la guerra la subisce, è ancora più facile: si diventa eroi semplicemente limitandosi a difendere la patria. In tal caso le azioni di grande coraggio possono essere alla portata di chiunque: non c’è bisogno di essere dei valorosi combattenti al fronte.

Il Reich nazista chiedeva ai propri soldati di non arretrare mai, di resistere sino all’ultimo uomo, e loro si sentivano degli eroi e apprezzavano i riconoscimenti, le premiazioni. Eppure erano soltanto degli invasori, convinti di portare ai cosiddetti “popoli senza storia” una civiltà superiore, fatta di razzismo e di tecnologia.

Ma anche ai propri soldati la Russia stalinista, attaccata da Hitler, chiedeva la stessa cosa. Soldati imperialisti si sentivano eroi esattamente come i soldati comunisti che difendevano una delle peggiori dittature della storia; con la sola differenza che i primi avevano attaccato per dominare, mentre i secondi dovevano difendersi per sopravvivere. Entrambi sparavano per uccidere ed entrambi si sentivano responsabili di una missione ch’era stata loro affidata da autorità superiori.

Gli uomini non sanno esprimere il loro eroismo se non uccidendosi. Possibile che non possa esistere un altro modo per dimostrare il proprio valore sul campo?

La Russia una volta aveva gli “eroi del lavoro”, gli stakhanovisti, coloro cioè che riuscivano a compiere imprese mirabolanti nel loro ambito lavorativo, aumentando di molto l’efficienza di talune mansioni e la produttività in generale, a vantaggio dell’intera nazione. Venivano strumentalizzati dalla propaganda del regime per dimostrare che il sistema sovietico poteva reggere la concorrenza di qualunque altro sistema economico. Venivano esaltati per mistificare la realtà.

Ma degli eroi di questo genere non avrebbero alcun senso nell’occidente capitalista, dove, vigendo la proprietà privata dei mezzi produttivi, solo qualche ingenuo autolesionista ambirebbe al titolo di “eroe del lavoro”. Infatti gli unici “eroi” che il capitale riconosce sono gli stessi imprenditori e, al massimo, i loro lacché, cioè quelli che possono vantare profitti favolosi o premi di produttività, per aver saputo ingannare al meglio una determinata clientela.

Eroismo vuol dire generosità, altruismo, spirito di sacrificio, un qualcosa di significativo che possa valere per tutti, che sia dimostrabile sulla base di determinate azioni.

Eroi possono essere quelli che salvano la vita a qualcuno, specialmente se mettono a rischio la propria. A noi occidentali, così abituati al benessere e a dominare il mondo, fa un certo piacere quando un immigrato o una persona emarginata compie un gesto di eroismo o di particolare generosità nei nostri confronti, e siamo persino disposti a riconoscergli qualcosa di più di una semplice medaglia.

Invece questa o una semplice targhetta ci pare sufficiente quando a riceverla è un donatore di sangue: un vero altruista, che per tanto tempo s’è imposto uno stile di vita rigoroso, capace di resistere alle tentazioni della martellante pubblicità.

Ma questi non sono eroi che possono scuotere le fondamenta d’un sistema, che possono inaugurare una transizione costruttiva, che suscitano emulazioni di massa, anche perché le loro azioni o sono puramente casuali o restano circoscritte ad azioni specifiche.

Certo, sono eroi positivi, ma noi avremmo bisogno di qualcosa che possa essere praticato quotidianamente e soprattutto alla portata di tutti, senza distinzioni di alcun tipo.

In tal senso non basta neppure cadere sotto i colpi della criminalità organizzata, anche perché spesso queste vittime non si rendono conto di difendere uno Stato che è l’alleato n. 1 di quella criminalità.

Dunque cos’è che può farci diventare degli eroi nella nostra vita quotidiana? Solo una cosa dà veramente fastidio al sistema: associarsi in comunità che lottino con tutte le loro forze per rendersi indipendenti dal mercato, recuperando tutti quei mestieri, tutte quelle attività che nel passato favorivano l’autoconsumo. Dobbiamo diventare eroi dell’autogestione.

Una volta veniva considerato molto moderno quel borghese che riusciva a vivere come se dio non esistesse. Oggi dobbiamo considerarci molto moderni se riusciamo a vivere come se tutta la realtà borghese sia per noi una gigantesca finzione.