Memoria e Natura

La memoria di cui abbiamo veramente bisogno non può riguardare solo la nostra attuale dimensione terrena. Noi siamo figli dell’universo e dobbiamo avere una “memoria universale”, che ci permetta di vivere umanamente in ogni luogo dell’universo.

In tal senso la memoria deve per forza andare al di là delle sue forme storiche, perché tutta la storia del genere umano possa ricordare quel che ha perduto e perché possa desiderare di ritrovarlo.

Il punto è: ci potrà ancora essere “storia”, cioè “movimento”, quando avremo ritrovato quel che si è perduto? Oppure il cammino, per poterlo ritrovare, non avrà mai fine?

Noi non abbiamo bisogno di distruggere per esistere, non abbiamo bisogno di odiarci per poter essere. Però abbiamo bisogno di problemi da risolvere, di contraddizioni da superare. La frustrazione ci è cara, anche se le comodità che andiamo a ricercare ci tolgono il gusto della vittoria, la soddisfazione personale di aver trovato una soluzione al problema.

Oggi per noi storia vuol dire “non aver pace”. I problemi ci angosciano, temiamo di perdere il benessere raggiunto, desideriamo averlo a tutti i costi per non essere schiacciati dall’egoismo altrui. Noi siamo costantemente insoddisfatti di quel che non siamo, perché quel che siamo ci appare come il “non essere”.

Dal non essere dobbiamo, anzi vogliamo passare all’essere, senza però sapere quale sia. Dovremmo farlo rispettando le libertà altrui, senza violare l’essere altrui, ma questo, nelle società e civiltà antagonistiche, non è mai stato fatto. La ricerca dell’identità è sempre avvenuta schiacciando le identità altrui.

Sappiamo solo una cosa, che il tempo è illimitato e che la materia è soggetta a continua trasformazione. Siamo terreni ma destinati all’universo. La memoria delle cose terrene deve diventare “memoria universale”, cioè ricordo dell’intero genere umano, che vuole essere se stesso.

Quindi di tutta la memoria storica sarà meglio per noi conservare quello che serve al nostro essere. Su questa terra dobbiamo scoprire qual è la memoria da ricordare, il desiderio da desiderare, l’esperienza da vivere nell’infinità del tempo.

Noi dobbiamo diventare quel che siamo veramente, perché abbiamo smesso di esserlo, e nonostante gli altissimi prezzi che di volta in volta abbiamo pagato, la nostra dimenticanza va aumentando. Noi non siamo più capaci di tornare ad essere noi stessi con le sole nostre forze.

Questo perché non lasciamo che sia la natura, con le sue leggi, a determinarci. Per noi la natura è solo una risorsa da sfruttare il più possibile, senz’altra preoccupazione.

La natura ha una memoria superiore alla nostra, ha delle leggi non scritte che risalgono alla nascita dell’universo o, quanto meno, del nostro sistema solare. Queste leggi si sono tramandate senza il concorso dell’uomo.

Il conflitto tra le nostre leggi e quelle della natura è inconciliabile. Se la natura vuole sopravvivere, non avrà molta scelta: dovrà liberarsi di noi, anche a costo di rendere se stessa invivibile, come nei deserti o nei ghiacciai.

Noi dobbiamo valorizzare gli esseri umani naturali, quelli che si oppongono al concetto di “civiltà” e che, allo stesso tempo, non fanno della natura un nuovo dio da adorare.