Iran: come sempre, il diavolo non è brutto come lo si dipinge. Anzi, sorpresa: l’Iran non è affatto il diavolo

Chi vincerà le elezioni presidenziali, inshallah?
“Chi verrà scelto dal popolo”.
Certo, ma – chiunque vinca – lei non crede sia comunque auspicabile un cambiamento?
“Il cambiamento ci sarà e sarà molto grande. L’opinione pubblica mondiale ne sarà sorpresa”.
E quali saranno i temi del cambiamento? Per esempio, quali sono i punti centrali del suo programma?
“Lo sviluppo economico, la politica estera, i diritti civili e i diritti delle donne”.
Ad Esfahan, mentre entriamo nella cattedrale cristiana armena di S. Gregorio, nota anche come cattedrale di Vank, la nostra guida Reza Sayah (a destra in entrambe le foto, con gli occhiali da vista) riconosce tra le guardie del corpo che lo circondano per farlo uscire senza intoppi Mehdi Karroubi, presidente del parlamento e – con Mir-Hossein Moussavi – uno dei due candidati riformisti alla presidenza della repubblica islamica dell’Iran, e con presenza di spirito gli grida al volo: “Presidente, sono con un gruppetto di giornalisti italiani in visita turistica. Perché non si fa intervistare?”. Karroubi è colto di sorpresa quanto noi e gli uomini della sua scorta, ma si ferma sorridendo forse solo per salutarci. Presi alla sprovvista, i miei colleghi si traggono d’impaccio additandomi: “Su, fagli delle domande”. Totalmente impreparato e anche incredulo, ho reagito d’istinto con la prima domanda, fin troppo diretta: tant’è che ho pensato bene di ingentilirla terminando con la parola “inshallah”, cioè “a Dio piacendo”. Poi è una giovane collega a chiedergli quali siano esattamente i punti del suo programma politico. E quando Karroubi nomina i diritti civili e quelli delle donne a volergli far domande siamo in molti, l’incontro casuale rischia di diventare una assemblea compresi i passanti e i curiosi, ma gli appuntamenti del candidatio presidenziale e l’insistenza della scorta non gli permettono di fermarsi se non per pochi minuti.
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