Tornare all’uomo primordiale

Dovremo tornare a vivere come l’uomo primordiale (“primitivo” lo usiamo in senso dispregiativo), nella piena consapevolezza che qualunque altra forma d’esistenza non è naturale né umana. Dovremo arrivare alla conclusione che un’esistenza umana è possibile solo se è conforme a natura, le cui leggi ci hanno preceduto nel tempo. Dovremo arrivarci in maniera scientifica, il che, stante l’attuale antagonismo sociale, sarà una grande contraddizione in termini. Infatti, come sarà possibile che, sviluppando al massimo grado la tecnologia, si arrivi alla convinzione che il sistema di vita più naturale e quindi più umano è stato quello in cui se ne usava di meno?

Una consapevolezza del genere dovrebbe essere acquisita rinunciando progressivamente alla scienza, o comunque rinunciando a una forma di civiltà che usa la scienza contro gli interessi umani e naturali. Ora, poiché non è questa la nostra strada, è da presumere che lo sviluppo abnorme della scienza, all’interno di una civiltà basata sull’antagonismo delle classi, ci porterà inevitabilmente a una catastrofe mondiale. Noi arriveremo a capire la verità di noi stessi non per virtù ma per necessità. Questo perché la nostra libertà vuole scandagliare tutte le possibili esperienze individualistiche e quindi irrazionali, per poter arrivare a capire che la migliore era la prima, l’unica davvero libera e collettivistica.

Dunque dalla scienza alla coscienza: ecco il percorso positivo che dobbiamo intraprendere. La coscienza deve diventare la scienza delle cose umane, da viversi in maniera condivisa, nel rispetto delle leggi riproduttive della natura. Questo percorso non è detto che sia lineare, anzi, sarà sicuramente a sbalzi, a zig-zag, con accelerazioni e retromarce, ma resta comunque un percorso verso una direzione.

Di tale percorso oggi possiamo con sicurezza dire che si sono fatti più progressi sul versante dell’umanesimo laico che non su quello del socialismo democratico. Se costretto, il capitalismo è più disposto ad accettare una tendenza verso l’indifferenza religiosa, persino un’esplicita professione di agnosticismo o di ateismo, che non il più piccolo richiamo a favore della necessità di gestire in maniera collettiva la proprietà privata.

Tutti i discorsi strutturali a favore del socialismo vengono accuratamente rimossi. Anzi, quanto più è forte la crisi del sistema, tanto più i governi borghesi utilizzano le leve dello Stato per risanare i buchi finanziari, i crolli borsistici, i fallimenti aziendali. Il bene pubblico viene utilizzato per sanare i guasti dell’economia privata.

Occorre creare un movimento popolare che nel contempo sia favorevole alla laicità e al socialismo, un movimento incentrato sui problemi quotidiani delle classi e dei ceti che più soffrono le contraddizioni di questo sistema. Se il movimento non sa affrontare i bisogni della gente, se sovrappone a questi bisogni dei discorsi astratti, ideologici, resterà inevitabilmente settario e inefficace.

Tale movimento dovrà saper coinvolgere il maggior numero possibile di persone, a prescindere dalla loro collocazione sociale, economica o politica. Senza ampi consensi non si realizza alcuna transizione. E soprattutto quand’esso propone forme di tutela ambientale, di risparmio energetico ecc., non dovrà farlo avendo di mira l’obiettivo di rendere più sopportabile il sistema.