Ricatti trumpiani
Trump sta ricattando il mondo intero. Gli sta facendo piovere addosso tutte le colpe del suo stesso Paese. Gli USA non stanno assumendo le loro responsabilità, ma è come se dichiarassero guerra all’umanità. “America first” vuol dire “America contro tutti”.
Qui non stiamo assistendo, come nel caso dell’URSS, a una sorta di “implosione”, ma a una vera e propria dichiarazione di guerra commerciale contro un pianeta giudicato ingrato, che ha voltato le spalle a chi fino adesso ha avuto la pretesa di guidarlo, di dirigerlo verso il benessere consumistico, la democrazia e i diritti umani.
Trump vuol far vedere che gli USA sono ancora i più forti, ma se c’è qualcosa di “forte” è soltanto la loro mancanza di realismo, la pervicacia con cui vogliono rimanere sulla cresta dell’onda in un mondo che non vuole essere più dominato dalla loro economia, anzi dalla loro finanza, né dalle loro armi.
Gli unici Paesi a non subire la ghigliottina dei dazi sono quelli che a causa delle tante sanzioni già presenti, non hanno nessun commercio diretto con loro. Ora per avere uno sconticino su queste tariffe unilaterali, bisogna umiliarsi, come un servo col suo padrone.
E pensare che la giustificazione con cui le ha imposte, è totalmente falsa: non è vero che ha guardato le tasse che i Paesi importatori mettono alle merci americane, ma ha guardato soltanto il dislivello nella bilancia commerciale tra import ed export. In questa maniera ha punito il fatto che certi beni sono molto apprezzati dagli stessi cittadini americani, come per es. il cibo italiano. Ha punito il libero commercio, in cui il migliore ha diritto di vincere la concorrenza.
Ha punito il suo stesso Paese, poiché non è colpa dei consumatori se negli anni ’70 gli USA han preferito dare più importanza alla moneta che non all’industria. Si sono nello stesso tempo finanziarizzati all’eccesso (soprattutto con la politica del petro-dollaro e con la vendita di appetibili titoli statali) e deindustrializzati, delocalizzando le loro imprese all’estero, là dove era più vantaggioso sul piano dei profitti.
Compravano gran parte delle merci del mondo con una moneta priva di un sottostante reale, anche se ben protetta dalla forza militare. E ora pensano improvvisamente di rimediare, ricattando il mondo intero, con un atteggiamento a dir poco mafioso.
Sono ancora convinti di poter imporre la loro volontà. Fino a Biden volevano far credere che questa volontà veniva imposta per un fine di bene – la democrazia – o per combattere l’impero del male – il comunismo –, ma con Trump la verità è venuta a galla: gli USA mirano anzitutto a tutelare se stessi e degli altri Paesi non gli importa proprio nulla.
Senonché il mondo è cambiato. Non si lascia più intimidire. Nessuno può impedire il libero commercio a livello mondiale. Sono nati nuovi attori globali: Russia, Cina, India; e nuovi attori regionali stanno crescendo d’importanza: Iran, Brasile, Sudafrica… I commerci internazionali sono ora di pertinenza di un mondo multipolare, in cui la sovranità nazionale gioca un peso rilevante.
Lo dimostra anche il fatto che in Italia molte aziende stanno trasferendo la loro sede giuridica a San Marino, dove i dazi americani sono solo del 10%. Sta accadendo quel che si era già visto nei rapporti tra USA, Cina e Messico. La Cina, supertassata dagli USA, aveva trasferito le proprie sedi di riferimento in Messico, continuando a essere molto competitiva sul mercato americano.
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Ovviamente penso che la politica dei dazi, lanciata dall’amministrazione di Trump, sia contraria al libero commercio mondiale, per quanto questo sia largamente compromesso dai monopoli delle multinazionali e da una gestione ricattatoria del credito finanziario, che penalizza soprattutto i Paesi più deboli.
Tuttavia penso che a questo punto si dovrebbe anche rivalutare l’autarchia. Questo perché non ha davvero alcun senso comprare dei beni che provengono da migliaia di chilometri di distanza, prodotti in una maniera non controllabile e, nel caso di quelli alimentari, assurdamente presenti in qualunque momento dell’anno.
Dovremmo approfittare di questa scriteriata politica commerciale per ripensare un consumismo che ci fa diventare schiavi di bisogni inventati, non indispensabili, che ci fa diventare ideologicamente materialisti e totalmente indifferenti alle sorti della natura. Le cose vengono consumate e dismesse con una voracità e una velocità che per l’ambiente è del tutto insopportabile.