Eugenio Finardi, la musica è sempre ribelle

“La musica è ribelle”: l’avevo scritto con la bic sul tettuccio di tela della 500 di mia sorella, una tag per dire che era anche mia. Ed è ancora ribelle la musica di Eugenio Finardi, che ha dato voce alle canzoni di Vladimir Vysotsky, poeta e cantante russo censurato dal regime sovietico fino alla morte nel 1980, suonate dall’ensemble di musica contemporanea “Sentieri selvaggi” nel disco “Il cantante al microfono”. “Non solo la musica, ma l’arte, la cultura possono avere una forte valenza sociale e politica quando sviluppano il pensiero individuale – mi racconta – il messaggio di Vysotsky è anarchico, antitotalitario, contro il potere che usa gli ideali e i sogni della gente per rivoltarglieli contro”. Nel disco inciso con Sentieri Selvaggi Eugenio perfeziona una ricerca nell’uso della voce intrapresa ancora negli anni Settanta: “Merito di mia madre, soprano mozartiano e insegnante, che mi ha passato i rudimenti fin dai miei esordi . Ora ho aggiunto alla vocalità tipica del blues, che uso in questi ultimi anni, quella che io chiamo “camera di risonanza”. Non si inventa nulla, ma si possono combinare tecniche diverse: Demetrio Stratos, ad esempio, mio maestro, spaziava dalla tradizione mongola a quella tibetana”.

“Ho ormai abbandonato il pop, niente più stronzate, faccio solo musica pesante, ovvero di peso, di spessore”. Ma non disprezza alcuni colleghi più giovani e “leggeri”: “A Sanremo mi sono piaciuti Scanu e Mengoni, soprattutto quando ha cantato con il Solis quartet. Tra i cantautori stimo moltissimo Bersani, intelligente e autonomo, fuori dai soliti giochini, e Roberta Di Lorenzo, che ho volentieri prodotto, forte di una visione al femminile molto intrigante per noi maschi”.

Son quasi quarant’anni di musica: un bilancio? “E’ così lunga che vado per decenni. Gli anni Settanta, quelli della Cramps, degli Area e dell’utopia; gli Ottanta della delusione e del duro scontro con la realtà, la nascita di mia figlia Elettra, handicappata; i Novanta con il tentativo, riuscito soprattutto con “La forza dell’amore”, di giocare il gran premio delle case discografiche; dal Duemila rinuncio al pop per seguire i miei amori, come il blues. Il successo lascia abbastanza aridi, va e viene, io voglio inseguire l’arte. Non mi rende economicamente molto, ma ho le mie belle soddisfazioni. Lo scorso gennaio ho cantato alla Scala e mi hanno invitato nuovamente l’anno prossimo”.