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Di Umberto Ambrosoli ce n’è uno: che a differenza di altri ha rifiutato l’uso politico elettorale dei familiari delle vittime del terrorismo e delle mafie

L’avvocato Umberto Ambrosoli ha dunque rifiutato l’offerta fattagli dal PD di candidarsi come presidente della Regione Lombardia. Un gesto inaspettato e assai diverso dall’usuale accettare candidature elettorali da parte dei figli e delle vedove di eroi civili o di vittime della mafia o del terrorismo. Una buona occasione, quindi, per affrontare un tema spinoso, sul quale sovrabbondano la retorica e l’interesse peloso dei politici.

Umberto Ambrosoli è figlio di Giorgio Ambrosoli, avvocato milanese fatto uccidere il 12 luglio 1979  dal banchiere mafioso Michele Sindona perché in qualità di curatore fallimentare della sua Banca Privata Italiana non aveva voluto piegarsi, nonostante le pressioni di politici a quel tempo potenti come Giulio Andreotti, alle pretese di salvarla a tutti i costi  occultandone le gravissime magagne. La città di Milano a ricordo di questo eroe civile ha intitolato al suo nome una piazza. Il figlio ha seguito le orme del padre diventando avvocato anche lui, ma ha preferito andare a vivere lontano da Milano, nelle Marche. Ed ha sempre evitato di usare la figura paterna per farsi pubblicità o trarre vantaggi di qualunque tipo. L’anno scorso – in qualità di consulente editoriale della casa editrice Baldini Castoldi Dalai – gli proposi di scrivere un libro sulla figura di suo padre e della sua vita da bambino con lui, ma rifiutò e mi propose invece di scrivere un libro sui problemi della sua professione e più in generale della giustizia in Italia oggi. Proposta purtroppo non andata in porto per disinteresse dell’editore. Continua a leggere

Il Lupo 007 deve avermi scambiato per Cappuccetto Rosso. Mi è stata fatta a suo nome una bella proposta truffa: “Trovami 4 milioni di euro che facciamo liberare Emanuela Orlandi”. Cifra poi scesa, come in un suk di peracottari, ad appena 100 mila euro….

“250 mila euro per leggere il suo memoriale. Altri 250 mila per portartene via una copia. E 3 milioni e mezzo di euro per far liberare Emanuela Orlandi. Così tu diventi il giornalista più famoso del mondo”. La proposta mi lascia a bocca aperta. A farmela non è uno sconosciuto o un cialtrone, ma uno stimato professionista che conosco da 30 anni e che in passato ha avuto l’avventura di difendere in una causa civile un parente di un carabiniere di Bergamo che si chiama Luigi Gastrini. Sì, proprio il sedicente ex 007 dei nostri servizi segreti militari Sismi, asserito nome in codice Lupo, attuale proprietario di una fattoria in Brasile, che la sera del 16 giugno ha telefonato in diretta al programma Metropolis della tv privata capitolina RomaUno per dire che “Emanuela Orlandi è viva e si trova in un manicomio a Londra”. Scatenando così l’ennesima pista farsa sulla pelle della povera Emanuela. Che anche questo Lupo a Metropolis raccontasse fregnacce lo si capiva non solo per il fatto che è ormai fin troppo evidente che purtroppo Emanuela è morta, ma anche da altri due particolari. Il primo è che in Inghilterra i manicomi non esistono. Il secondo è che Lupo Gastrini in quella telefonata ha detto a Pietro Orlandi, fratello di Emanuela e presente in studio con Fabrizio Peronaci del Corriere della Sera, che suo padre, Ercole, aveva scoperto e forse coperto un brutto “giro di quattrini della banca Antonveneta”: il problema è che l’Antoneveneta è nata solo 16 anni DOPO i fatti descritti dal nuovo fantasista sedicente Lupo del Sismi. Continua a leggere