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Un furto ai danni della cultura o del profitto?

L’altro giorno ho acquistato le Lezioni sulla filosofia della storia, di Hegel. Non ho potuto fare a meno di notare che il testo non contiene solo tante sciocchezze mistiche, ma anche una di tipo giuridico che le supera tutte e che lo stesso grande filosofo tedesco, con la sua ferrea dialettica, avrebbe considerata insostenibile. L’ha scritta, bene in evidenza, lo stesso editore Laterza: “E’ vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno e didattico”.

Quindi nessuna piccola percentuale ammessa (in genere il 15%): è vietato riprodurre anche una sola paginetta, anche se questa servisse per farci un commento sopra. Tanto meno valgono le esigenze didattiche: quindi gli studenti delle Superiori non potranno mai leggere alcunché di un testo destinato a un pubblico universitario. Interdetta persino la possibilità di fotocopiare qualcosa per esigenze personali, neppure pagando i diritti alla Siae, che non sono previsti: i 28 euro vanno spesi tutti, eventualmente cercando di farseli scontare da parte di qualche libraio.

Ma l’avviso minaccioso, perentorio, non è finito. “Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale, purché non danneggi l’autore“. Il corsivo è dell’editore, il quale è caduto in un piccolo lapsus: infatti al posto di se stesso, ha messo la parola “autore”. Qui, in effetti, si parla non di “danno culturale”, bensì di “danno economico”, che sarebbe piuttosto relativo per l’autore, in quanto già docente universitario, fruitore di un congruo stipendio, che gli permette di vivere senza particolari problemi.

Una diffusione massiccia della sua opera non potrebbe in realtà che favorirlo, sia per la sua professione di filosofo e critico (in quanto cultore dell’idealismo hegeliano) che per la sua professione di traduttore dal tedesco.

L’unico a subire un danno davvero economico dall’uso delle fotocopie è dunque l’editore, che campa non “di” cultura ma “sulla” cultura degli altri, e che non ha evidentemente altri introiti. E siccome il libro è del 2012, bisogna dire, vista la grande preoccupazione dell’editore, che gli affari non gli stiano andando molto bene. Infatti deve essersi accorto che nelle facoltà universitarie vige la prassi di fotocopiare “interi libri”, e siccome non è interessato a sapere se i giovani abbiano da spendere 28 euro per un unico volume, in quanto dà per scontato che chi frequenta quegli ambienti abbia tutte le possibilità di farlo, stigmatizza quelli che diffondono la cultura a prezzi stracciati.

Dice questo come se la cultura debba essere fatta da un’élite per un’élite (vengono qui in mente gli ambienti democratici di Copenhagen quando accusavano Kierkegaard d’essere soltanto “uno scrittore per scrittori”). Strano che un editore intenzionato a fare profitti, ami vendere le sue edizioni a così poche persone e che non abbia trovato il modo di allargare democraticamente la propria clientela.

Non a caso l’avviso prosegue quasi con accento disperato: “ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza”. Qui il riferimento ovvio del “modo” è a quello “cartaceo”, che viene minacciato non solo dall’uso delle fotocopiatrici (nate negli anni Sessanta e che in vent’anni si sono imposte in tutto il mondo), ma anche e soprattutto dal digitale, che col primo scanner, nel 1985, ha prodotto un’incredibile rivoluzione tecnologica, che l’editore Laterza guarda con grande terrore. Stranamente, a dire il vero, poiché, essendosi sempre vantato d’aver diffuso la cultura e, nella fattispecie, tante opere di Hegel, dovrebbe sapere che è una delle leggi fondamentali della dialettica il vedersi superare dalle vicende storiche per una sintesi superiore.

Non lo sa la Laterza che si sta già pensando a uno “scanner della mente”, cioè a una macchina capace di leggere i nostri ricordi o addirittura i nostri pensieri? Il primo che riuscirà a realizzarlo e che si metterà a scansionare il cervello dei più grandi filosofi e scienziati dell’umanità riceverà tante di quelle royalties che, al suo confronto, personaggi come Bill Gates o Mark Zuckerberg appariranno dei poveracci.

Allo stesso Hegel sarebbe parso quanto meno contraddittoria una frase del genere: “Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura”. Quindi il furto non è solo in ciò che si fotocopia, ma anche nello stesso strumento meccanico, che, come noto, serve a riprodurre molte altre cose non meno utili e spesso anzi assolutamente indispensabili. Dunque “un furto ai danni della cultura”: anche qui un nuovo lapsus, che il lettore, senza essere un grande filosofo o scienziato, può facilmente individuare.