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Fare attenzione a cosa ha detto e a cosa ha omesso di dire Trump, che NON è vero che vuole combattere l’ISIS

Nel suo discorso di insediamento come 45esimo presidente degli Stati Uniti il neo eletto Donald Trump ha detto alcune cose che vale la pena rilevare in modo particolare.
1) – “La Bibbia ci dice quanto è bello quando le persone vivono in armonia. Noi dobbiamo aprire le menti e agire in armonia e solidarietà. Così l’America è inarrestabile. Non c’è paura, saremo sempre protetti dalle forze dell’ordine di questo Paese. E, più importante, da Dio”.
Che vivere in armonia e solidarietà sia una bella cosa, oltretutto socialmente utile, è provato non solo storicamente, ma anche dalla pratica quotidiana di ognuno. Non dirlo non c’è quindi  bisogno di ricorrere alla bibbia, se non altro perché i  riferimenti alla bibbia e alla protezione o al favore accordato da Dio a un popolo o a una nazione “inarrestabile” è purtroppo inevitabile che facciano venire in mente echi di esperienze disastrose, comprese quelle della seconda guerra mondiale scatenata sulla base del  “Gott mit uns!”, che significa appunto “Dio  con noi!”. Ma anche a prescindere da tale inopportuna eco, è un dato storicamente accertato che chi molto contava sulla protezione di Dio  ha in realtà pagato costi pesanti, dagli ebrei ai cristiani delle crociate e agli iraniani nell’insensata guerra contro l’Iraq.
A parte queste pedanti osservazioni, fatte però libri di Storia alla mano, il riferimento a Dio è oggi particolarmente inopportuno per il semplice motivo che a Dio si riferiscono e in nome di Dio sono convinti di agire, tra gli altri nemici degli Usa e dell’Occidente in genere, proprio gli invasati e fanatici di quell’Isis e affini che lo stesso Trump ha già detto che deve sparire dalla faccia del pianeta Terra ( https://video.repubblica.it/mondo/usa-discorso-di-trump-alla-cia-dobbiamo-sbarazzarci-dell-isis/265776/266154 ). E sorvoliamo sul fatto che per far sparire l’Isis basterebbe che gli Usa, e parte dell’Europa, chiedessero con forza e convinzione all’Arabia Saudita di smettere di finanziarla. E di continuare a fare il bis di quanto già fatto a suo tempo con  Osama Bin Laden e i suoi talebani, i fanatici di Allah diventati praticamente i nonni dell’Isis, finanziati dalla stessa Arabia Saudita d’amore e d’accordo proprio con gli Usa, che li hanno addestrati e armati   per liberare dall’invasore sovietico l’Afganistan.  Liberato il quale, i talebani e affini ci hanno preso gusto, si sono messi in proprio partorendo Al Qaeda e decidendo, tra l’altro, di buttar giù le Twin Towers di New York.
Insomma, per un presidente Usa citare Dio e la bibbia nel discorso d’insediamento è oggi piuttosto inopportuno oltre che pleonastico, infatti nel suo Paese sul dollaro c’è già scritto da sempre “In God we trust”, vale a dire “Noi confidiamo in Dio”, e nei tribunali i testimoni  giurano proprio sulla  bibbia di dire “la verità, solo la verità, tutta la verità”-
Insediarsi alla Casa Bianca insistendo su certe affermazioni potrebbe infatti acuire il rischio che il già di per sé insensato “scontro di civiltà” venga condito con la salsa di un ancor più insensato scontro di religioni. Anche se, particolare grottesco, si tratta di religioni basate tutte sulla stessa bibbia, libro sacro infatti anche per l’islam, e quindi sullo stesso Dio, quale che sia il nome che ne viene dato nelle varie lingue dei suoi credenti.
2) – “Stiamo ridonando il potere al popolo” (  http://www.repubblica.it/esteri/2017/01/20/news/inauguration_day_e_il_giorno_di_trump_manifestazioni_e_proteste_a_washington_e_new_tork-156445231/  ) e “Il potere da Washington torna nelle mani del popolo americano” (  http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Donald-Trump-ha-giurato-45mo-presidente-Stati-Uniti-46657314-16a1-4ce1-a9e4-2ac1084a9259.html ).
Curiosa questa suggestiva immagine retorica, peraltro abusata in tutti i tempi e sotto tutti i cieli: infatti, sia pure in versione patinata, conferisce al molto multimiliardario neo presidente Trump un  sapore se non vagamente comunista almeno un po’ giacobino.  Straricco talmente generoso benefattore da permettersi una donazione speciale: “donare” al popolo il potere appena conquistato come inquilino della Casa Bianca. Dove però ci va lui, così come a Washington nella più spaziosa Capitol Hill ci va  anche questa volta non “il popolo”, ma la sua rappresentanza politica. As usual.
3) – “Quello che importa non è quale partito controlli il governo, ma se il popolo controlli il governo. Da oggi sarete di nuovo i veri legislatori. Non sarete più dimenticati. Decine di milioni di persone vogliono far parte di un movimento storico, che il mondo non aveva mai visto. Nella convinzione che una nazione esiste per servire i suoi cittadini: nel lavoro, nella scuola. Cose ragionevoli. Ma troppi dei nostri cittadini vivono intrappolati nella povertà, imprese che chiudono, l’istruzione che viene meno. E anche i crimini, le droghe che mietono vittime e ci tolgono tanto potenziale. Tutto questo finisce adesso, in questo momento”.
Parole, queste, condivisibili da qualunque persona dotata di buon senso, anche se – confessiamolo! – deja vu in varie epoche e parti del mondo. Trump non si spinge a echeggiare il Discorso della Montagna promettendo che “gli ultimi saranno i primi”, ma almeno ha promesso che gli ultimi non saranno più gli ultimi. Non ha moltiplicato i pani e i pesci né trasformato l’acqua in vino, però ha promesso che ce ne  saranno per tutti.
Tutto bene dunque? A parole sì. Il problema però è l’ultima frase: “Tutto questo finisce adesso, in questo momento”.
E’ infatti più facile moltiplicare i pani e i pesci per un piccolo pubblico e trasformare l’acqua in vino per un po’ di invitati che negli Usa finiscano “adesso, in questo momento” le disparità, le ingiustizie, la povertà, i crimini, le droghe e magari pure gli homeless, come se Trump avesse davvero la bacchetta magica o venga fulmineamente esaudito nei suoi desideri dal genio della lampada di Aladino. Nella migliore delle ipotesi ci vorranno anni, molti anni, e dei programmi giganteschi:  dei quali, però, a parte le chiacchiere non si vede neppure l’ombra.
Si intravvede invece l’ombra di nuove guerre laddove Trump nella sua sorprendente visita lampo alla Cia a proposito di lotta all’Isis ha dichiarato che finora
“non abbiamo usato tutta la nostra potenza. Ci siamo contenuti” ( https://video.repubblica.it/mondo/usa-discorso-di-trump-alla-cia-dobbiamo-sbarazzarci-dell-isis/265776/266154 ).
E’ inevitabile che se gli Usa smettono di “contenersi” si va o a uno scontro militare diretto contro altri big come la Russia e la Cina oppure alla frantumazione definitiva non solo della Siria, con annesso intervento diretto Usa e creazione di nuove basi militari USA all’estero,  esattamente come è avvenuto con l’Afganistan e l’Iraq, piaghe tuttora aperte. Il che però comporta l’esatto opposto di tutte le belle promesse fatte dal molto pettinato Trump nel suo bel discorso di insediamento.

Come nel primo, anche nel nuovo discorso e nei primi provvedimenti concreti presi dal neo inquilino della Casa Bianca Donald Trump ci sono cose che meritano un rilievo maggiore di quello dato dai vari commenti di esperti e politici.
1) – E’ vero che Trump ha firmato un traumatico stop all’ingresso negli Usa di cittadini di 7 Paesi musulmani, la nuova lista nera della Casa Bianca, ma è anche vero che il divieto prevede, almeno per ora, durata breve: 4 mesi. Alla fine dei quali potrebbe anche sparire o assottigliarsi man mano, dimostrandosi così solo un’apparente mantener fede agli impegni elettorali da Sparafucile presi per farsi votare dalla parte più viscerale degli elettori.
2) – La lista nera dei 7 “esportatori di terroristi” non comprende Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar. Non comprende cioè i Paesi che notoriamente hanno finanziato Bin Laden e i talebani e ora finanziano l’ISIS come l’Arabia Saudita e il Qatar. O che hanno sostenuto e sostengono Al Qaeda  come il Kuwait o mestano nel torbido come  gli altri Stati islamici wahabiti del Golfo che finanziano anch’essi milizie e fanatici vari  per alimentare la Fitna. Per alimentare cioè l’eterna guerra civile tra islamici sunniti e islamici sciiti che oggi fa da supporto e pesce pilota alle sanguinose ribellioni in Libia, Siria, Sudan, Turchia…
Trump ha giustificato il suo ordine ricordando che “la politica del dipartimento di Stato impedì ai funzionari consolari di esaminare adeguatamente le richieste di visto di alcuni dei 19 stranieri che l’11 settembre 2001 abbatterono le Twin Towers di New York uccidendo così circa 3000 americani”.
Però ha omesso di ricordare che gli autori degli attentati provenivano, guarda caso, dall’Arabia Saudita, dagli Emirati Arabi Uniti, dall’Egitto e anche dal Libano: tutti Stati che Trump ha lasciato fuori dalla lista nera e nei quali possiede beni materiali di tutto rispetto.
Nella lista nera islamica manca anche la Turchia, nonostante il terrorismo che la tormenta e i rapporti pessimi con gli Usa pur essendo entrambi nella Nato. Forse i due grattacieli turchi di cui è padrone Trump gli hanno provocato l’amnesia in questione?
3) – Stando così le cose, che credibilità e che significato possono avere lo sbracciarsi di Trump nei confronti di Vladimir Putin in quello che viene definito il loro idillio – presentato come spodestamento del muso duro di Obama – e il suo dichiarare che i nuovi rapporti con la Russia
“saranno da pari a pari e avranno come primo obiettivo combattere l’Isis”?
Chiacchiere e cosmesi a parte, tutto ciò può significare solo una cosa: più che accordarsi per combattere l’Isis – per farla completamente basterebbe che gli Usa, e l’Inghilterra, imponessero ai sauditi e agli altri regni wahabiti di smetterla di finanziarla –  Trump e Putin si accorderanno per spartirsi le spoglie della Siria. Fallita la strategia di Obama di Usare la ribellione contro Bashar al-Assad per poter cacciare i russi dall’unico porto militare che conservano nel Mediterraneo, quello concesso loro dai siriani a Tartus, è probabile che Trump punti a piazzare basi militari Usa anche in Siria: esattamente come già fatto in Iraq e, in modo più silenzioso, nei Paesi ex sovietici a nord dell’Iran oltre che con i potenti radar piazzati in Polonia e cooptando nella Nato vari  Stati nati dalla disgregazione dell’Urss (Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Bulgaria e Romania, con Georgia e Ucraina in scalpitante attesa).    Secondo il Base Structure Report, pubblicato nel 2009 dal  Dipartimento della Difesa Usa il Pentagono,  possiede 716 basi e altre installazioni militari all’estero distribuite in 38 Paesi, ma è probabile che in realtà siano più di mille. Sono un migliaio solo le basi prese in affitto all’estero, specie in piccole isole.
Nota di colore, ma non solo: il Pentagono possiede ufficialmente 539mila edifici e altre strutture distribuite in 5579 siti militari cosa che lo rende il più grande proprietario immobiliare del mondo.  Le  basi, tra quelle in patria e quelle all’estero, coprirebbero una superficie totale di 2.202.735 ettari, sufficienti a fare del Pentagono anche uno dei più grandi proprietari terrieri del pianeta.fare
Eppure tutto ciò evidentemente non  basta. Perché? A questa domanda risponde il prossimo punto.
4) – Trump ci ha tenuto a chiarire fin da ora che intende “iniziare una grande ricostruzione delle forze armate americane, per sviluppare un piano per nuovi aerei, nuove navi, nuove risorse e strumenti per i nostri uomini e le nostre donne in uniforme”. Per infine concludere con un’affermazione non proprio modesta o di basso profilo: “Il nostro futuro è quello di essere la guida del mondo”.
Fantascienza? Può darsi. Però in linea con quanto scritto da Anders Stephanson nel suo libro emblematico fin dal titolo: “Destino manifesto. L’espansionismo americano e l’Impero del Bene”. L’editore Feltrinelli lo presenta così: “La fede di essere destinati a una missione redentrice universale ha animato l’immaginario degli Stati Uniti e la storia dei suoi rapporti con il resto del mondo. Stephanson ripercorre le vicende di questa idea a partire dai primi insediamenti inglesi nel Nord America attraverso le fasi dell’espansionismo territoriale sino agli anni della Guerra fredda e della presidenza Reagan e al dopo 11 settembre. Il richiamo a questa missione redentrice si è sempre accompagnato a fasi espansionistiche, in un intreccio di religiosità e razionalismo liberale, di richiamo alla salvaguardia dei valori di democrazia e libertà e di difesa degli interessi nazionali. Una sintesi storica delle ragioni e della matrice ideologico-culturale dell’espansionismo americano”.
Tutto ciò può essere d’aiuto per spiegare in modo abbastanza credibile cosa si cela in realtà dietro i sorrisoni e gli idilli di Trump.

L’ARABIA SAUDITA FINAZIA IL TERRORISMO? COMPRESO l’11 SETTEMBRE DELLE TWIN TOWERS di NEW YORK?

USA: declassificare i documenti sui finanziatori dell’11 Settembre

 

Paolo Raimondi* Mario Lettieri** 

 

Il 7 gennaio, mentre a Parigi i giornalisti di Charlie Hebdo venivano massacrati dai terroristi islamici, a Washington si teneva un’importante conferenza stampa sulla necessità di rendere pubbliche le 28 pagine della Relazione d’Inchiesta del Congresso americano del 2002 che rivelerebbero i finanziamenti dell’Arabia Saudita ai terroristi dell’11 Settembre. Queste pagine furono secretate dal presidente George Bush. Purtroppo lo sono ancora.

La citata conferenza stampa è stata tenuta dall’ex senatore democratico Bob Graham insieme a due deputati, il repubblicano Walter Jones e il democratico Stephen Lynch, e alla co-presidente dell’Associazione delle Famiglie e dei Sopravvissuti dell’11/9, la signora Terry Strada.

Secondo noi si tratta di un evento politico di grandissima rilevanza che può contribuire a rendere più efficace la lotta al terrorismo e al fondamentalismo. Purtroppo la grande stampa europea ed internazionale lo ha ignorato. E’ davvero singolare se si considera che si dice a gran voce di voler colpire alla radice i sostenitori ed i finanziatori del terrorismo.

Bob Graham, che è stato anche governatore della Florida e membro del Senato Federale per tre mandati, nel 2001-2 era presidente della Commissione d’Intelligence del Senato.

Dopo l’attentato alle Torri Gemelle fu copresidente della Commissione d’Indagine conoscitiva attivata dalle Commissioni di Intelligence del Senato e della Camera.

Nel dicembre del 2002 venne redatto un rapporto di oltre 800 pagine. Quando però sei mesi dopo tale documento fu declassificato, si scoprì che 28 pagine mancavano. Proprio quelle che spiegavano il ruolo dell’Arabia Saudita nel finanziamento dei terroristi e dell’attentato dell’11/9.  

Va sottolineato che allora una maggioranza bipartisan di senatori e deputati, tra cui anche Joe Biden, attuale vice presidente, John Kerry, oggi Segretario di Stato e Hillary Clinton, si appellarono a Bush affinché le rendesse pubbliche, in quanto non pregiudizievoli per la sicurezza nazionale. Non vi riuscirono.

Perciò in questi anni il senatore Graham non ha mai smesso di chiederne la pubblicazione. Egli ne conosce bene il contenuto avendolo redatto e sottoscritto. Più volte ha portato alla luce dettagli importanti del coinvolgimento saudita nell’11/9. Ma, fintanto che il Presidente americano non le rende pubbliche per decreto, egli è tenuto al segreto sul contenuto delle 28 pagine.

Sic stantibus rebus, reputiamo che il contributo migliore alla verità sia citare parti dell’intervento svolto a Washington dal senatore Graham. “I Sauditi, ha detto, sanno quello che hanno fatto. Non sono persone che non conoscono le conseguenze delle azioni del loro governo. I Sauditi sanno che noi sappiamo quello che hanno fatto. Persone del Governo americano hanno letto le 28 pagine e hanno letto anche tutti gli altri documenti che sono stati fino ad oggi secretati. E i Sauditi lo sanno.”

“Quale potrebbe essere la reazione dei Sauditi che osservano come gli USA abbiano assunto una posizione di passività o di vera ostilità a che questi fatti siano resi pubblici? ”, ha chiesto il senatore.

“Bene, ha aggiunto Graham, per prima cosa essi hanno continuato e forse accresciuto il loro sostegno allo wahabismo, una delle forme più estremiste dell’Islam, a livello mondale ed in particolare nel Medio Oriente. In secondo luogo hanno sostenuto il fervore religioso delle organizzazioni che portavano avanti queste forme estreme di Islam con appoggi finanziari e di altro tipo. Queste comprendono moschee, madras e strutture militari. Al Qaeda era una creatura dell’Arabia Saudita e gruppi regionali come quello di Shabaab, (la cellula somala di Al Qaeda) sono stati in gran parte creature dell’Arabia Saudita; e adesso l’ISIS è l’ultima creatura… l’ISIS è una conseguenza non una causa, è una conseguenza dell’espandersi dell’estremismo in gran parte sostenuto dall’Arabia Saudita:.” Il senatore americano ha poi detto: ”La conseguenza della nostra passività nei confronti dell’Arabia Saudita ha fatto anche tollerare una moltiplicazione di organizzazioni violente, estreme e fortemente dannose per la regione mediorientale e una minaccia a tutto il mondo, come abbiamo visto questa mattina a Parigi.”

Trattasi di accuse molto gravi che, data l’autorevolezza della fonte, richiedono il massimo di chiarezza.

Alla conferenza i deputati Jones e Lynch hanno annunciato di aver presentato alla Camera una risoluzione, la H Res. 14, per richiedere al Presidente Obama di togliere il segreto alle suddette 28 pagine.

Sia il testo della legge che il video della conferenza stampa sono disponibili sui siti dei due parlamentari, www.jones.gov e www.lynch.gov .

La signora Terry Strada, da parte sua, ha ribadito che “tutti sanno che Al Qaeda e Osama bin Laden ci hanno attaccato l’11/9, ma questa è solo metà della verità. Crediamo che l’altra metà stia nelle 28 pagine redatte dalla Commissione d’Inchiesta”. “Dobbiamo declassificarle e denunciare i finanziatori dell’attacco terroristico e intraprendere azioni contro di loro”, perché, ha aggiunto, “le famiglie delle vittime e dei sopravvissuti dell’11/9 hanno il diritto di conoscere la verità”.

A questo punto sarebbe opportuno che non solo i singoli Stati ma anche l’Unione Europea sollecitassero l’Amministrazione Obama per ottenere il massimo di trasparenza su una vicenda tanto dolorosa quanto inquietante.

*Economista

**già Deputato e Sottosegretario all’Economia

Il colonialismo non è affatto morto: lo dimostrano la guerra alla Libia, simile alla tragica guerra di secessione del Biafra, e il veto Usa all’Onu contro la nascita dello Stato palestinese (decisa a suo tempo dalla stessa Onu!). Ovvero: dal miserabile fallimento del “Nuovo Medio Oriente” di Bush e del “Nuovo rapporto con l’Islam” di Obama alla “Nuova Libia” di Levy-Sarkozy

Il colonialismo europeo pareva morto. Finita in tragedia con milioni di morti l’occupazione del Vietnam e fallito nel sangue il tentativo della Francia di indorare la pillola nordafricana dichiarando l’Algeria “territorio metropololitano francese”, dichiarando cioè che i due Paesi su sponde opposte del Mediterraneo erano in realtà un Paese unico. Ora invece si scopre che il colonialismo europeo, capitanato proprio dalla Francia, non è affatto morto. L’intervento militare in Libia, stravolgendo ancora una volta una risoluzione Onu, è infatti sempre più chiaramente e scopertamente un’iniziativa francese, e inglese, per poter continuare ad avere dei protettorati e delle colonie petrolifere in Nord Africa. La Francia ha già le mani sporche di sangue di un paio di milioni di nigeriani vittime del suo avere finanziato, armato e appoggiato la secessione del Biafra dalla Nigeria perché nel Biafra c’era il grosso del petrolio nigeriano. Prima di quella tragedia la Nigeria era un Paese in via di forte sviluppo, poi invece si è ridotto all’emigrazione di nigeriane per fare le prostitute in Europa, solo a Torino ce una ventina di anni fa ce n’erano ben 7.000. Ora Sarkozy sta facendo il bis con la Libia.

Non esiste nessuna “rivoluzione democratica” e nessuna “primavera libica”, esistono invece la volontà e l’intervento militare franco-inglese per buttar giù Gheddafi e sostituirlo con un governo più o meno come il suo, ma prono alla volontà di Parigi e Londra. Alla stessa stregua con la quale gli Usa hanno invaso l’Iraq, per mettere in piedi una caricatura di democrazia tenendosi però ben stretti gli accessi, i giacimenti e i privilegi petroliferi. Speriamo che i cinesi o gli indiani non prendano esempio da noi per invadere la Francia o l’Inghilterra o l’Italia per imporre governi e regimi a loro graditi. Continua a leggere