Russia, Cina e Occidente collettivo

La Russia non ha assolutamente la stessa capacità della Cina di condizionare il mondo dal punto di vista economico e finanziario. Non ha sviluppato l’industria leggera quando esisteva il socialismo statale, e fino alla guerra in Ucraina non si preoccupava di dipendere dalle aziende straniere per la fornitura di tantissimi beni industriali. Ciò in quanto era convinta che, grazie alle sue enormi risorse energetiche, vendute a buon mercato, i Paesi occidentali sarebbero stati dei folli a privarsene per qualche motivo ideologico o militare.
Solo quando queste aziende sono andate via dal suo territorio, dopo l’inizio della guerra in Ucraina, ha cominciato a sostituirle, o in proprio o facendo entrare aziende straniere non occidentali. Ma i suoi veri progressi restano quelli sul piano militare. E naturalmente resta potente sul piano energetico, anche se le sanzioni occidentali l’hanno inevitabilmente danneggiata.
È evidente, per motivi geografici, che la UE tema militarmente di più la Russia che la Cina. Questo perché è un Paese europeo che potrebbe politicamente condizionare altri Paesi europei e che potrebbe impedire a questi Paesi di espandersi militarmente verso oriente. La teme anche perché nella UE il capitalismo statale è in via di smantellamento dagli anni ’80: cosa sempre più evidente da quando abbiamo creato l’Unione Europea vera e propria, che praticamente è in mano a delle oligarchie private.
Ma sul piano produttivo, cioè economico, il terrore per noi resta la Cina, perché fa passi da gigante in tempi brevissimi, avendo molte più risorse, umane e materiali, di qualunque altro Paese al mondo. E quando un Paese come la Cina ti entra in casa sul piano economico, finanziario e commerciale, è inevitabile aspettarsi che prima o poi ti chieda il conto anche sul piano politico.
È vero, la Russia al momento sembra avere più prestigio al mondo, in quanto combatte da sola contro l’occidente collettivo, aiuta militarmente a liberarsi del colonialismo occidentale, fornisce aiuti umanitari a chiunque li chieda (spesso a titolo gratuito), e porta avanti il discorso sul multipolarismo, condiviso da tantissimi Paesi. Tuttavia se c’è un Paese destinato a ereditare (superandoli) gli sviluppi tecnico-scientifici, economico-finanziari e commerciali del capitalismo occidentale, è la Cina. Su questo non si possono avere dubbi.
È anche vero che in Cina sembra esistere un regime più autoritario di quello russo, più lontano da quello della democrazia rappresentativa occidentale. Peraltro in Cina non si potrebbe parlare, al momento, di “capitalismo statale” vero e proprio, come l’abbiamo conosciuto noi in Europa. Sarebbe meglio parlare di “socialismo mercantile”, poiché esiste un’ideologia ufficiale, quella del materialismo storico-dialettico, statalizzata a partire dal maoismo, e revisionata, significativamente, a partire da Deng Xiaoping, che ha occidentalizzato la Cina, dando più peso all’economia che non all’ideologia. A dir il vero in Cina l’elemento del collettivismo fa parte di una cultura ancestrale. Si potrebbe anzi dire che la Cina è socialista proprio in quanto è sempre stata collettivistica.
Viceversa, il socialismo scientifico non ha più una rilevanza significativa in Russia. Semmai qui esiste un’idea di “collettivismo” non meno antica, ma più che altro nella sua area asiatica. E comunque l’ideologia di Putin non ha nulla a che fare col socialismo. Si configura di più come un “nazionalismo ortodosso”, aperto ad altre confessioni religiose, dove il patriottismo, l’eroismo, il sacrificio di sé giocano, come valori collettivi, un ruolo fondamentale. Di qui l’importanza che si concede al militarismo, arma strategica con cui difendersi dalle mire imperiali dell’occidente.
Sotto questo aspetto né la Russia né la Cina costituiscono per l’occidente dei modelli da imitare, se non negli aspetti dell’efficienza produttiva e militare. Per es. la capacità che il regime cinese ha di controllare la popolazione suscita una certa ammirazione da parte delle élite occidentali, sempre più intenzionate a trasformare la democrazia formale in una dittatura reale del capitale.
Infatti, se andiamo avanti così, il destino dell’Unione Europea (che si configura come destino di un capitalismo sempre più privatizzato imposto a tutti i Paesi che fanno parte di questa entità politica) non sarà molto diverso da quello degli Stati Uniti e degli altri Paesi dell’occidente collettivo: sarà sicuramente un destino tragico.