I peggiori alieni sono tra noi

Chiunque parli di alieni o di extraterrestri si deve rassegnare: non c’è nessun altro essere nell’universo che non sia “umano” o che non abbia “caratteristiche umane”. Tra essere umano e universo non vi è alcuna differenza di sostanza. Siamo tutti fatti di una medesima materia originaria e increata, da cui tutto dipende.

Possiamo considerare l’essere umano come l’autoconsapevolezza della natura, per cui, come non ha senso parlare di uomo senza natura, così non ha senso parlare di natura senza uomo. L’una senza l’altro è vuota, l’uno senza l’altra è cieco.

Qualunque problema noi si abbia, nessun altro può risolverlo se non noi stessi. Chiunque pensi che i nostri problemi siano così grandi da risultare per noi irrisolvibili o risolvibili solo per mezzo di “entità esterne”, s’inganna o è il malafede, sia perché non esiste alcuna “entità esterna” che non sia “umana”, sia perché nessun problema è irrisolvibile, anche perché non è la natura che crea problemi, ma solo l’uomo, usando male la libertà di cui dispone grazie appunto alla natura.

Credere negli alieni, in nome della scienza, è come credere nella divinità in nome della religione. Chiunque parli di alieni più intelligenti dell’essere umano o più pericolosi, lo sta facendo per impedire che i nostri problemi interni vengano risolti da noi stessi.

D’altra parte è da quando sono nate le civiltà che, di fronte ai propri drammatici conflitti sociali, che si acuiscono progressivamente, i poteri costituiti tendono a far dipendere da “motivazioni esterne” le cause di quei conflitti, nella convinzione che si possano più facilmente risolvere costruendosi l’immagine di un “nemico”, sempre molto pericoloso e privo di umanità.

Quando il nazismo dichiarò guerra alla Russia, tutti i tedeschi erano stati da tempo istruiti a credere che gli slavi in generale e i sovietici in particolare andavano sterminati e sottomessi proprio in quanto razza subumana, sottosviluppata, nei cui confronti di ogni atto di pietà o di generosità sarebbe stato interpretato come una forma di codardia, se non di tradimento nei confronti della propria patria.

Ancora oggi, quando assistiamo in televisione ai documentari in cui s’intervistano gli ultimi superstiti tedeschi di Stalingrado, li vediamo commossi per le perdite subite, affranti per non aver potuto salvare i propri compagni, disperati per la cocente sconfitta, al massimo adirati per l’incapacità dello Stato Maggiore di comprendere sino in fondo la gravità di quella situazione, ma non li vediamo mai pentirsi degli orrori compiuti in Russia, o criticare duramente la decisione di aver tentato di occupare quel paese. O comunque chi li intervista non li mette mai in condizione di riflettere sulla natura della guerra in generale e di quella imperialistica in particolare, proprio perché una qualunque nazione dell’Europa occidentale vuole apparire migliore di una qualunque nazione dell’Europa orientale, ne ha addirittura il “diritto”.

Naturalmente il potere non cerca mai di dipingere il nemico come migliore di sé, ma nelle società antagonistiche non si farebbe certo scrupolo di utilizzare per propri fini le convinzioni di quanti la pensano diversamente. Anzi, non è da escludere che sia proprio lo Stato a far credere che esistano forze oscure, misteriose, nei cui confronti bisogna prepararsi o ad accettarle o a combatterle. Le mistificazioni devono essere rapportate sia a un determinato livello di tecnologia che a un certo grado di secolarizzazione dei costumi.

in ogni caso, che questi alieni vengano considerati buoni o cattivi, se la gente pensa di non avere forze sufficienti per risolvere i propri problemi, inevitabilmente finirà col riporre ogni fiducia nei poteri dominanti. Alla fine si ripeterà quanto già visto nel racconto della creazione, in cui Adamo, dopo aver trasgredito l’ordine di non mangiare il frutto dell’albero della scienza, si giustificò dicendo ch’era stata Eva a farlo peccare. Al che Eva rispose: “E’ stato il serpente”.

3 commenti
  1. alessandro
    alessandro says:

    caro galavotti,
    condivido quello che scrivi, ma non capisco una cosa:
    che non abbia senso parlare dell´uomo senza la natura si puo´ essere d´accordo, ma in che senso non avrebbe senso parlare di natura senza l´uomo?
    Il problema e´ ,penso, che dovrei stare attento alle parole e ai verbi che usi e tu hai usato il verbo “parlare”(e non il verbo “esistere”, per es.).
    Ma, anche in questo caso, mi vengono dei dubbi perche´ il senso, nei due casi, sarebbe un senso diverso.
    Primo caso:non ha senso parlare di uomo senza la natura(stessa materia, increata);
    secondo caso:non ha senso parlare di natura senso uomo;solo che ora
    l´applicazione logica del primo caso salta, e la valutazione che fai
    e´, mi pare, non piu´ di tipo logico(la logica vorrebbe che anche senza uomo la natura ci sarebbe lo stesso) ma un´idea.
    ci potrebbe essere un´altra logica, la tua:
    ovvero, poiche´ siamo la coscienza della natura, senza l´uomo
    non avremmo discorso della(sulla)natura.
    Per esprimere certe cose, il linguaggio umano lascia sempre un´ombra:che cosa avra´ VERAMENTE voluto dire Galavotti con quelle espressioni?

    un caro saluto,
    alessandro.

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  2. Enrico Galavotti
    Enrico Galavotti says:

    Penso ci sia qualcosa che non va nei discorsi dei materialisti dialettici secondo cui la materia è totalmente indipendente dall’uomo, che pur ne rappresenta, con la sua coscienza, l’aspetto più alto.
    Qualcosa di assolutamente indipendente da noi ci induce a fare considerazioni metafisiche, intellettualistiche. Non possiamo fare della materia una nuova divinità. Se nell’universo esiste una divinità, siamo noi, che siamo fatti di materia.
    Il materialismo ha fatto bene a eliminare ogni riferimento a entità esterne di tipo meramente spirituale, ma se davvero l’uomo è la coscienza della materia, ovvero la materia giunta alla coscienza di sé, allora è eterno e infinito come la materia.
    La materia è autocosciente da sempre e nell’uomo si è soltanto manifestata per quello che è. Il fatto che sembra esistere un’evoluzione, cioè un progresso nel livello di coscienza umana, non significa affatto che ci attende un futuro con maggiore consapevolezza. Anzi, ritengo che la consapevolezza degli uomini esistiti prima della nascita delle civiltà, sia stata molto più alta della nostra, proprio perché strettamente legata ai processi della natura. Noi facciamo una fatica incredibile a evolverci, ma quando avremo raggiunto l’obiettivo, ci accorgeremo d’essere giunti al punto di partenza.
    ciaooo e buon anno!

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