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Che cos’è il diritto laico?

Quando si parla di “diritto laico” s’intendono, generalmente, due cose: la libertà di coscienza e il regime di separazione tra chiesa e Stato. Là dove manca anche uno solo dei due elementi, è impossibile parlare di “diritto laico”, se non in maniera molto approssimativa.

Una piena libertà di coscienza non è mai esistita in Europa occidentale, almeno da quando esistono le civiltà basate sugli antagonismi sociali. Infatti quando una minoranza comanda una larga maggioranza, o quando il potere statuale domina la società civile, la concessione di una piena libertà di coscienza fa sempre paura. Non a caso essa è stata negata ai cristiani per i primi tre secoli della nostra era bimillenaria, e i cristiani l’hanno negata agli altri per i secoli rimanenti.

Per avere la libertà di credere in una confessione cristiana diversa da quella cattolico-romana s’è dovuta attendere la fine della Guerra dei Trent’anni (1648), e unicamente per dire, col principio cuius regio eius religio, che i sudditi dovevano conformarsi alla religione del loro principe (cattolico o protestante che fosse) oppure emigrare.

Quindi c’era poco di cui gloriarsi. Le rivoluzioni borghesi (olandese, inglese e francese) han sempre fatto molta fatica a concedere la libertà di coscienza. I protestanti olandesi e gli anglicani inglesi la negavano ai cattolici, impedendo loro di accedere alle cariche più prestigiose del potere politico, militare o giudiziario.

Spesso si sente dire che l’Olanda protestante concedeva la libertà di coscienza a qualunque perseguitato per motivi di religione. Eppure si dovette aspettare la rivoluzione liberale del 1848 prima di veder soppressa la religione di stato e trasformate le confessioni religiose in associazioni di diritto privato.

Quanto ai rivoluzionari francesi, il massimo che riuscirono a fare, con Robespierre, fu quello di sostituire tutti i culti religiosi col culto filosofico, organizzato dallo Stato, della dea Ragione. L’anticlericalismo dei giacobini fu esasperante, specie quando vollero imporre la scristianizzazione con la forza.

D’altra parte la rivoluzione americana non era stata migliore: il presidente doveva giurare sulla Bibbia e persino sulle banconote doveva essere scritto (e lo è ancora oggi) “In God we trust”. Il presidente americano è sempre stato considerato una sorta di “papa laico”, seguace di una delle tante fedi religiose di quel paese, generalmente di tipo protestantico.

Nessun paese cristiano o ebraico o islamico ha mai concesso la piena libertà di coscienza, e se l’ha fatto – spinto dalle pressioni popolari -, al massimo ha tutelato la libertà di credere in una qualche fede monoteistica, certamente non quella di non credere in alcuna religione.

Il primo Stato che ha equiparato giuridicamente la fede all’ateismo, cercando di legittimare entrambe le scelte, è stato quello russo l’indomani della rivoluzione d’ottobre. La quale, non a caso, aveva proclamato il regime di separazione dello Stato da tutte le chiese, dicendo ai credenti di opporsi, se del caso, alle leggi civili o alla loro applicazione in quanto “cittadini”, non in quanto “credenti”.

Ma già sotto Stalin s’iniziò a fare dell’ateismo una sorta di “religione laica di Stato”. Lo Stato sovietico, infatti, smettendo d’essere laico, era diventato ideologico, anche se, in maniera ufficiale, solo quello albanese diceva d’essere “ateo”.

La storia dell’Europa occidentale (ivi inclusa la sua parte russa) è passata dunque da un confessionalismo religioso a un confessionalismo ateistico. Di conseguenza non è mai esistito uno Stato davvero laico, cioè “separato” da tutte le chiese, intenzionato non solo a non permettere alcuna ingerenza clericale nei propri affari, ma anche a non esercitarla nei confronti di alcuna chiesa, se non appunto per tutelare la propria laicità.

“Diritto laico” vuol dire che uno deve essere lasciato libero di credere in ciò che vuole, se ciò non è lesivo del diritto altrui di fare altrettanto. Vuol dire rispettare tutte le fedi religiose e, nel contempo, l’assenza di qualunque fede.

Uno Stato è laico soltanto quando tutela la “forma” della libertà di coscienza, non il suo contenuto. Bisogna infatti fare attenzione che uno Stato resta confessionale anche quando, pur dichiarandosi aperto a tutte le religioni, tende a preferire quella maggioritaria o quella considerata nazionale per motivi storici.

I contenuti laici o religiosi devono essere tutelati dai diretti interessati, i quali forse un giorno smetteranno d’aver bisogno di un ente esterno che insegni loro a vivere pacificamente, senza fare delle diversità di opinione, di fede, di credenza un motivo per odiarsi reciprocamente.